Licenziamento discriminatorio: il regime probatorio agevolato e la peculiarità della fattispecie rendono irrilevante il motivo concorrente lecito

Teresa Zappia
21 Marzo 2023

Le conseguenze derivanti dall'accertato carattere discriminatorio del licenziamento, diversamente da quello determinato da motivi ritorsivi, non è inciso dalla sussistenza di un concorrente motivo lecito anche economico.

Qualora il lavoratore sia anche rappresentante sindacale, può ritenersi discriminatorio il licenziamento successivo ad accertamenti investigativi disposti dal datore solo nei suoi confronti e non anche rispetto ad altri colleghi? Può essere determinante la prova di un concorrente motivo giustificante il recesso datoriale quale quello economico?

Nel caso in cui vengano in considerazione profili discriminatori o ritorsivi nel comportamento datoriale, il giudice, alla luce di una interpretazione costituzionalmente orientata e non in contrasto con la normativa comunitaria, deve tenere conto, sia in base all'art. 3 Cost. che in considerazione della specifica tipizzazione come discriminatorie in via diretta o indiretta, di specifiche condotte lesive dei diritti fondamentali.

In ordine alla possibilità di qualificare come discriminatorio il licenziamento in applicazione del regime probatorio “agevolato” - introdotto per effetto del recepimento delle direttive n. 2000/78/CE, n. 2006/54/CE e n. 2000/43/CE, così come interpretate dalla CdgUE - incombe sul lavoratore l'onere di allegare e dimostrare il fattore di rischio (es. ruolo di rappresentante sindacale) e il trattamento che assume come meno favorevole rispetto a quello riservato a soggetti in condizioni analoghe (es. avvio di investigazioni private), deducendo al contempo una correlazione significativa tra questi elementi, mentre il datore deve dedurre e provare circostanze inequivoche, idonee ad escludere, per precisione, gravità e concordanza di significato, la natura discriminatoria del recesso.

La nullità del licenziamento discriminatorio, si precisa, discende direttamente dalla violazione di specifiche norme di diritto interno (art. 4 l. n. 604/1966, l'art. 15 Stat. lav., art. 3 l. n. 108/1990) nonché di diritto europeo (direttive n. 2000/78/CE, n. 2006/54/CE e n. 2000/43/CE), sicché non è necessaria la sussistenza di un motivo illecito determinante ex art. 1345 c.c., né la natura discriminatoria può essere esclusa dalla concorrenza di un'altra finalità, pur legittima, quale il motivo economico.