La società in house è soggetto passivo IVA

Francesco Brandi
07 Aprile 2023

Ai fini IVA la società in house providing ha piena autonomia rispetto all'ente pubblico sua azionista. La società, infatti, non può essere considerata semplice articolazione dell'ASL, dunque l'attività della prima va imputata ad essa e non all'azienda sanitaria locale, con conseguente assoggettamento della contribuente all'imposta sul valore aggiunto.

Lo ha stabilito la Cassazione con sentenza 9199 del 3 aprile 2023, con cui ha rigettato il ricorso della srl partecipata al 100 per cento dall'ASL, avverso il silenzio-rifiuto dell'amministrazione finanziaria per il rimborso IVA in relazione ad alcune prestazioni da essa rese in favore dell'ASL.

Società in house e recupero aiuti di Stato. Anche in tema di recupero degli aiuti di Stato si è evidenziata la sostanziale alterità ed autonomia della società in house (si tratta di una società di diritto privato) rispetto al socio pubblico, anche totalitario. Secondo Cass. 25899/2017, in tema di recupero di aiuti di Stato dichiarati incompatibili con il mercato comune dalla Commissione, l'Agenzia delle entrate ha l'obbligo di procedere mediante ingiunzione al recupero delle imposte non versate anche nei confronti delle società “in house” a partecipazione pubblica totalitaria. La vicenda riguardava l'impugnazione di una comunicazione-ingiunzione da parte di una società municipalizzata (istituita ai sensi dell'articolo 22 della legge n. 142/1990 per la gestione dei servizi pubblici locali) con cui l'Agenzia delle entrate aveva proceduto al recupero dell'aiuto di Stato fruito dalla società nei periodi di imposta 1997, 1998 e 1999 in relazione alle imposte non corrisposte in ragione del regime di esenzione fiscale goduto all'epoca (ai sensi della L. n. 549 del 1995, art. 3, comma 70, e del D.L. n. 427 del 1993, art. 66, comma 14). La Ctp, accogliendo il ricorso, aveva osservato che la società, a capitale interamente pubblico, operava come longa manus degli enti pubblici da cui era partecipata ed aveva perciò diritto di godere delle esenzioni fiscali. La Ctr Lombardia ribaltava il verdetto facendo leva non sulla composizione del capitale (in mano totalmente pubblica) ma sulla circostanza dirimente concernente le condizioni del mercato in cui si esplicava l'attività della società.

Ne conseguiva il ricorso per Cassazione con cui l'azienda sosteneva che la Ctr non aveva compreso che la decisione della Commissione e la normativa che ne era seguita «trova applicazione solo per le società ex lege n. 12/1990 partecipate anche da soci privati e che operino nel mercato come normali imprese in regime di concorrenza e non alle società, come quella in esame, posseduta in modo totalitario da Enti locali e operante esclusivamente al servizio di questi ultimi». Il ricorso è stato rigettato sulla base del principio per cui in tema di recupero di aiuti di Stato dichiarati incompatibili con il mercato comune, l'Agenzia delle entrate ha l'obbligo di procedere mediante ingiunzione al recupero delle imposte non versate in forza del regime agevolativo anche nei confronti delle società “in house”, a partecipazione pubblica totalitaria, risultando irrilevante la composizione del capitale sociale rispetto all'obiettivo di evitare che le imprese pubbliche, beneficiarie del trattamento agevolato, possano concorrere nel mercato delle concessioni dei cd. servizi pubblici locali, che è un mercato aperto alla concorrenza comunitaria, in condizioni di vantaggio rispetto ai concorrenti (Cass. n. 2396/2017).

Il caso concreto. Il non assoggettamento all'IVA richiede la necessaria ricorrenza congiunta di due condizioni: l'esercizio di attività da parte di un ente pubblico e la sussistenza di veste di pubblica autorità (cfr. Corte di Giustizia Ue in causa C-174/14). Tuttavia, nel caso in esame, la società in house providing esercita la propria attività in modo indipendente, sopportandone il relativo rischio. La società di capitali con partecipazione pubblica non muta la sua natura di soggetto di diritto privato solo perché gli enti pubblici ne posseggano le partecipazioni, in tutto o in parte. A nulla rileva la persona dell'azionista, dato che la società, quale persona giuridica privata, opera comunque nell'esercizio della propria autonomia negoziale. Il rapporto tra la società e l'ente locale è di sostanziale autonomia, al punto che non è consentito all'ente pubblico di incidere unilateralmente sullo svolgimento del rapporto medesimo - e sull'attività dell'ente collettivo - mediante l'esercizio di poteri autoritativi o discrezionali; tale caratteristica non viene meno in caso di società in house providing, in funzione dell'esistenza di un controllo analogo dell'ASL nei confronti della società; il controllo serve a consentire all'azionista pubblico di svolgere un'influenza dominante sulla società, ma la relazione che s'instaura non incide sull'alterità soggettiva della società rispetto all'amministrazione pubblica, in quanto la società in house rappresenta pur sempre un centro di imputazione di rapporti e posizioni giuridiche soggettive diverso dall'ente partecipante. Dunque, la posizione dell'ASL all'interno della società è unicamente quella di socio in base al capitale conferito; ed è in tale veste che l'ente pubblico può influire sul funzionamento della società, avvalendosi non di poteri pubblicistici, ma dei soli strumenti previsti dal diritto societario, da esercitare a mezzo dei membri presenti negli organi della società. La srl, secondo elementi di fatto accertati dal giudice di appello, è peraltro disciplinata da disposizioni di diritto privato e non dispone, per l'esecuzione dei compiti pubblici affidatile, di alcuna delle prerogative dei poteri pubblici dell'ASL. Di conseguenza, non si può sostenere che tale società eserciti un'attività nell'ambito di un regime di diritto pubblico.

Fonte: Diritto e Giustizia

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.