Dalle Sezioni Unite un “vademecum” sugli strumenti a tutela del consumatore in caso di vessatorietà delle clausole

Roberta Metafora
18 Aprile 2023

Le Sezioni Unite sono state chiamate a stabilire se possa essere ancora contestato il carattere abusivo delle clausole di un contratto di finanziamento posto a fondamento di un decreto ingiuntivo non opposto e, in caso di risposta positiva, con quali strumenti processuali.
Massima

Il giudice del monitorio:

a) deve svolgere, d'ufficio, il controllo sull'eventuale carattere abusivo delle clausole del contratto stipulato tra professionista e consumatore in relazione all'oggetto della controversia;

b) a tal fine procede in base agli elementi di fatto e di diritto in suo possesso, integrabili, ai sensi dell'art. 640 c.p.c., con il potere istruttorio d'ufficio, da esercitarsi in armonia con la struttura e funzione del procedimento d'ingiunzione:

b.1.) potrà, quindi, chiedere al ricorrente di produrre il contratto e di fornire gli eventuali chiarimenti necessari anche in ordine alla qualifica di consumatore del debitore;

b.2) ove l'accertamento si presenti complesso, non potendo egli far ricorso ad un'istruttoria eccedente la funzione e la finalità del procedimento (ad es. disporre c.t.u.), dovrà rigettare l'istanza d'ingiunzione;

c) all'esito del controllo:

c.1) se rileva l'abusività della clausola, ne trarrà le conseguenze in ordine al rigetto o all'accoglimento parziale del ricorso;

c.2) se, invece, il controllo sull'abusività delle clausole incidenti sul credito azionato in via monitoria desse esito negativo, pronuncerà decreto motivato, ai sensi dell'art. 641 c.p.c., anche in relazione alla anzidetta effettuata delibazione;

c.3) il decreto ingiuntivo conterrà l'avvertimento indicato dall'art. 641 c.p.c., nonché l'espresso avvertimento che in mancanza di opposizione il debitore-consumatore non potrà più far valere l'eventuale carattere abusivo delle clausole del contratto e il decreto non opposto diventerà irrevocabile.

Il giudice dell'esecuzione:

a) in assenza di motivazione del decreto ingiuntivo in riferimento al profilo dell'abusività delle clausole, ha il dovere – da esercitarsi sino al momento della vendita o dell'assegnazione del bene o del credito - di controllare la presenza di eventuali clausole abusive che abbiano effetti sull'esistenza e/o sull'entità del credito oggetto del decreto ingiuntivo;

b) ove tale controllo non sia possibile in base agli elementi di diritto e fatto già in atti, dovrà provvedere, nelle forme proprie del processo esecutivo, ad una sommaria istruttoria funzionale a tal fine;

c) dell'esito di tale controllo sull'eventuale carattere abusivo delle clausole – sia positivo, che negativo - informerà le parti e avviserà il debitore esecutato che entro 40 giorni può proporre

opposizione a decreto ingiuntivo ai sensi dell'art. 650 c.p.c. per fare accertare (solo ed esclusivamente) l'eventuale abusività delle clausole, con effetti sull'emesso decreto ingiuntivo;

d) fino alle determinazioni del giudice dell'opposizione a decreto ingiuntivo ai sensi dell'art. 649 c.p.c., non procederà alla vendita o all'assegnazione del bene o del credito;

(ulteriori evenienze)

e) se il debitore ha proposto opposizione all'esecuzione ex art. 615, primo comma, c.p.c., al fine di far valere l'abusività delle clausole del contratto fonte del credito ingiunto, il giudice adito la riqualificherà in termini di opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c. e rimetterà la decisione al giudice di questa (translatio iudicii);

f) se il debitore ha proposto un'opposizione esecutiva per far valere l'abusività di una clausola, il giudice darà termine di 40 giorni per proporre l'opposizione tardiva - se del caso rilevando l'abusività di altra clausola – e non procederà alla vendita o all'assegnazione del bene o del credito sino alle determinazioni del giudice dell'opposizione tardiva sull'istanza ex art. 649 c.p.c. del debitore consumatore.

Il giudice dell'opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c.:

a) una volta investito dell'opposizione (solo ed esclusivamente sul profilo di abusività delle clausole contrattuali), avrà il potere di sospendere, ex art. 649 c.p.c., l'esecutorietà del decreto ingiuntivo, in tutto o in parte, a seconda degli effetti che l'accertamento sull'abusività delle clausole potrebbe comportare sul titolo giudiziale;

b) procederà, quindi, secondo le forme di rito.

Il caso

In forza di un decreto ingiuntivo non opposto un creditore spiegava intervento in una procedura di espropriazione immobiliare intrapresa nei confronti della medesima debitrice da altro creditore, la quale sfociava nella vendita dei beni pignorati e nel successivo deposito del progetto di distribuzione della somma ricavata; quest'ultimo, tuttavia, veniva impugnato dalla debitrice ai sensi dell'art. 512 c.p.c. contestandosi l'insussistenza del diritto di credito del creditore intervenuto perché basato su un decreto ingiuntivo emesso da un giudice territorialmente incompetente in quanto adìto sulla scorta di una clausola del contratto di fideiussione illegittimamente derogatrice del foro del consumatore (i.e. di una clausola abusiva).

Avverso l'ordinanza con cui il giudice dell'esecuzione dichiarava esecutivo il progetto di distribuzione veniva proposta dalla debitrice opposizione ex art. 617 c.p.c., ribadendosi le difese già fatte valere in sede di opposizione distributiva.

Il giudice adito rigettava l'opposizione proposta, osservando che la contestazione proposta avrebbe dovuto essere enucleata nelle forme dell'opposizione tardiva a decreto ingiuntivo ex art. 650 c.p.c., rimedio che tuttavia la debitrice non aveva tempestivamente azionato.

Avverso la decisione veniva proposto dalla esecutata ricorso straordinario per cassazione, articolato in due motivi, con cui veniva dedotta «la violazione e/o errata interpretazione della direttiva 93/13 e dell'art. 19 del TUE, con riferimento al principio di effettività della tutela del consumatore, mettendo in discussione l'impossibilità, a fronte di decreto ingiuntivo non opposto, sia di “un secondo controllo d'ufficio nella fase dell'esecuzione sulla abusività delle clausole contrattuali”, sia di “una successiva tutela, una volta spirato il termine per proporre opposizione nei confronti del decreto ingiuntivo”» (§ 3.1. della sentenza).

Dopo la fissazione dell'udienza, la debitrice rinunciava al ricorso; il P.G. presso la Cassazione, pur chiedendo che giudizio venisse dichiarato estinto, sollecitava la Corte ad enunciare il principio di diritto nell'interesse della legge, a causa della «particolare rilevanza della questione e della situazione di grave incertezza interpretativa determinata dalle quattro recenti sentenze del 17 maggio 2022 della Corte di Giustizia, tutte relative ad analoghe vicende, inerenti le sorti del giudicato nazionale dinanzi alla normativa eurounitaria qualificata inderogabile dalla CGUE».

La Sezione terza, così compulsata, riteneva opportuno rimettere gli atti al Primo Presidente, il quale assegnava il ricorso alle Sezioni Unite.

La questione

Le Sezioni Unite, dunque, sono state chiamate a stabilire, nell'interesse della legge, se possa essere ancora contestato il carattere abusivo delle clausole di un contratto di finanziamento posto a fondamento di un decreto ingiuntivo non opposto e, in caso di risposta positiva, con quali strumenti processuali.

Le soluzioni giuridiche

Le Sezioni Unite, dato atto dell'intervenuta rinuncia agli atti del giudizio ad opera della ricorrente, dichiarano l'estinzione del giudizio, contestualmente esercitando il potere ad esse attribuito dall'art. 363 c.p.c. di pronunciare il principio di diritto nell'interesse della legge, anche in virtù del ricorrere nel caso di specie delle condizioni per l'esercizio del rinvio pregiudiziale di cui all'art. 363-bis c.p.c.

Le S.U., ribadito il principio secondo cui il giudice nazionale ha il compito di interpretare il diritto interno rendendolo conforme al diritto dell'Unione o, laddove ciò non sia possibile, di disapplicarlo, rammenta che: 1) di recente la Corte di Giustizia dell'Unione Europea, con la sentenza “SPV/Banco di Desio”, del 17 maggio 2022, ha statuito che gli artt. 6 paragrafo 1, e 7 paragrafo 1 della direttiva 93/13 CEE, concernenti le clausole abusive contenute nei contratti stipulati tra consumatore e professionista, vanno interpretate nel senso che il giudice dell'esecuzione deve procedere a un esame d'ufficio dell'eventuale carattere abusivo delle clausole contenute nel contratto da cui scaturisce il titolo esecutivo, anche se il decreto ingiuntivo non è stato opposto dal debitore; 2) tale decisione, oltre ad essere fonte di diritto eurounitario, ha effetto vincolante e diretto nel nostro ordinamento ai sensi degli artt. 11 e 117 Cost. (C. cost., 22 dicembre 2022, n. 263), applicandosi anche ai decreti ingiuntivi non opposti emessi prima del 17 maggio 2022.

Ciò premesso, per le Sezioni Unite il riequilibrio della «posizione strutturalmente minorata del consumatore» può realizzarsi in sede processuale onerando il giudice del procedimento monitorio del potere-dovere di «esaminare d'ufficio il carattere abusivo della clausola contrattuale e di dare conto degli esiti di siffatto controllo».

Laddove ciò non avvenga e il debitore, ignaro della sua qualità di consumatore e, per l'effetto, dell'abusività della clausola contenuta nel contratto sui cui il decreto ingiuntivo è fondato, non proponga opposizione avverso il provvedimento monitorio, va escluso che quest'ultimo acquisti la stabilità propria del giudicato; ciò per l'evidente ragione che «l'impedimento al contraddittorio, differito, sulla pregiudiziale dell'abusività delle clausole, conseguente all'omissione del giudice» del monitorio impedisce al consumatore di tutelare in via giurisdizionale la propria posizione giuridica in aperta violazione dei principi del “giusto processo” di cui agli artt. 47 CDFUE e 6 CEDU e degli artt. 24 e 111 Cost.

Consapevoli di ciò, le Sezioni Unite, avendo quale obiettivo quello di attuare i principi cardine dell'Unione Europea, al contempo tentando di preservare laddove possibile «i doverosi margini di autonomia procedurale» dell'ordinamento nazionale, delineano i possibili scenari che si porranno per il futuro.

Poiché per il giudice eurounitario il giudice nazionale è tenuto ad esaminare d'ufficio la natura abusiva di una clausola contrattuale, connessa all'oggetto della controversia, potendo a tal fine chiedere alle parti di addurre ulteriori elementi probatori, deve ammettersi nell'ordinamento italiano il potere-dovere del giudice della fase monitoria di controllare l'eventuale carattere abusivo delle clausole del contratto stipulato tra professionista e consumatore, a ciò non ostando le disposizioni interne, visto che dagli artt. 633-644 c.p.c. si ricava agevolmente il dovere del giudice del monitorio di verificare i presupposti di fatto e di diritto della concessione dell'ingiunzione e, quindi, anche la validità o meno delle clausole contrattuali in forza delle quali l'ingiunzione è richiesta. A ciò si aggiunga poi che ai sensi dell'art. 641 c.p.c. il decreto ingiuntivo deve essere motivato, per cui è onere del giudice di dare al consumatore l'informazione circa l'assolvimento del controllo officioso sulla presenza di clausole vessatorie a fondamento del contratto posto a base del decreto ingiuntivo, in modo da permettere al debitore consumatore di valutare adeguatamente se occorra proporre opposizione avverso il decreto ingiuntivo.

Aggiunge la Corte che nell'avvertimento di cui all'art. 641, comma 1, c.p.c. circa la possibilità di proporre opposizione al decreto ingiuntivo occorrerà aggiungere, onde rendere la norma «conforme al diritto eurounitario di cui alla direttiva 93/13/CEE» anche l'avvertimento al consumatore circa la decadenza, in caso di mancata opposizione, della «possibilità di far valere l'eventuale carattere abusivo” delle clausole del contratto» tramite altri strumenti di tutela giurisdizionale.

La S.C. prende poi in esame l'eventualità che il giudice del monitorio emetta il decreto ingiuntivo senza rispettare le indicazioni appena riportate, preannunciando che le conclusioni a cui perviene devono ritenersi valevoli anche per i decreti ingiuntivi già adottati alla data del 17 maggio 2022 e divenuti irrevocabili per mancata opposizione.

Per le S.U., laddove sia stato avviato un procedimento esecutivo sulla base di un decreto ingiuntivo emesso senza il previo controllo circa l'abusività della clausola, spetta al giudice dell'esecuzione, sino al momento della vendita o dell'assegnazione del bene o del credito, rilevare d'ufficio l'esistenza di una clausola abusiva che incida sulla sussistenza o sull'entità del credito oggetto del decreto ingiuntivo, provocando il contraddittorio delle parti sul punto secondo il modello deformalizzato di cui agli art. 485, 530 e 543 c.p.c.

All'esito, il g.e., se rileva il carattere abusivo della clausola contrattuale su cui si fonda il provvedimento monitorio, ne informa le parti e avvisa il debitore consumatore (ciò che varrà come interpello sull'intenzione di avvalersi o meno della nullità di protezione) che entro 40 giorni (in luogo degli usuali 10 previsti dall'art. 650 c.p.c.) da tale informazione può proporre opposizione tardiva a decreto ingiuntivo e «così far valere (soltanto ed esclusivamente) il carattere abusivo delle clausole contrattuali incidenti sul riconoscimento del credito oggetto di ingiunzione»; ciò in quanto, il requisito che legittima la proposizione dell'opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c., ovvero il “caso fortuito o forza maggiore”, va rinvenuto nell'omessa motivazione circa il dovere del giudice del monitorio di controllare il carattere abusivo delle clausole contrattuali, per cui se nel decreto ingiuntivo non è dato ravvisare alcun riferimento al riguardo, ciò costituisce per il debitore ragione non imputabile della mancata opposizione tempestiva, e quindi causa di legittimazione all'opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c.

Qualora il debitore abbia già proposto un'opposizione al precetto ai sensi dell'art. 615, comma 1, c.p.c., il «giudice adito riqualificherà l'opposizione come opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c. e rimetterà la decisione al giudice di questa, fissando un termine non inferiore a 40 giorni per la riassunzione», mentre se già pende un'opposizione esecutiva, «il giudice dell'opposizione rileverà d'ufficio la questione e interpellerà il consumatore se intende avvalersi della nullità di protezione. Ove il consumatore voglia avvalersene, il giudice darà al consumatore un termine di 40 giorni per proporre l'opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c. e, nel frattempo, il G.E. si asterrà dal disporre la vendita o l'assegnazione del bene o del credito».

Tutto ciò, fermo restando il potere del giudice dell'opposizione a decreto ingiuntivo di sospendere ai sensi dell'art. 649 c.p.c. l'esecutorietà del decreto ingiuntivo in modo totale o parziale, «a seconda degli effetti che potrebbe comportare l'accertamento sulla abusività clausola che viene in rilievo».

Osservazioni

Le Sezioni Unite, consapevoli del carattere dirompente della decisione da loro emessa, adducono numerosi argomenti a fondamento della soluzione da esse patrocinata.

In primo luogo, sostengono che l'esperibilità dell'opposizione tardiva di cui all'art. 650 c.p.c. permette di tutelare adeguatamente il consumatore sia dopo che prima dell'inizio dell'esecuzione e, addirittura già prima della notificazione del precetto, anche in considerazione della circostanza che tramite tale strumento il giudice adito ben può sospendere l'esecutorietà del titolo giudiziale evitando che il consumatore possa subire l'esecuzione.

Inoltre, l'opposizione ex art. 650 c.p.c. permette al giudice di svolgere nel pieno rispetto del principio del contraddittorio una cognizione piena sull'eventuale abusività della clausola non effettuata in precedenza, con la possibile revoca del decreto ingiuntivo. Tale soluzione si fa dunque preferire rispetto a quella dell'attribuzione al g.e. del compito di accertare l'abusività delle clausole contrattuali, sia perché i poteri cognitivi attribuiti al g.e., «sebbene arricchiti dalle più recenti riforme legislative rispetto all'assetto originario, sono pur sempre funzionali allo svolgimento della procedura esecutiva», sia perché il rilievo officioso del giudice dell'esecuzione avrebbe un valore soltanto endoprocedimentale, per cui l'ordinanza declaratoria della chiusura della procedura in caso di accertata abusività della clausola «non potrebbe essere idonea alla formazione di un giudicato», con il rischio per il consumatore di essere esposto al rischio di nuove procedure esecutive.

Lo scenario tratteggiato dalla S.C., a ben vedere, non appare pienamente convincente.

L'attribuzione della facoltà di proporre opposizione tardiva a decreto ingiuntivo al consumatore ignaro che non abbia ricevuto dal giudice del monitorio adeguate indicazioni circa il suo diritto di eccepire la nullità della clausola abusiva appare francamente ultroneo rispetto al compito (che la Corte si era dichiaratamente prefissato) di interpretare il diritto nazionale alla luce dei principi fondamentali del diritto eurounitario. Nel § 5 della sentenza in commento si legge testualmente che «L'autonomia procedurale degli Stati membri, in materia di armonizzazione minima come quella regolata dalla direttiva 93/13/CEE, è, …, un valore che la stessa CGUE si preoccupa di tenere ben fermo, configurandolo come recessivo solo a certe condizioni, ossia per dare piena espansione ai principi di equivalenza ed effettività della tutela giurisdizionale. Ciò sta a significare che le categorie e gli istituti di diritto processuale interno potranno mantenere intatto il proprio fisiologico spazio applicativo là dove sia possibile rinvenire nel sistema, e fintanto che lo sia, l'apparato di tutela giurisdizionale che garantisca appieno l'effettività del diritto eurounitario, per come interpretato dalla CGUE nel suo ruolo di fonte del diritto c.p.c.». Se ciò è vero, sarebbe bastato affermare che nel caso di mancato rilievo ufficioso dell'abusività della clausola ad opera del giudice del monitorio e di mancata proposizione dell'opposizione a decreto ingiuntivo da parte del consumatore, spetta al giudice dell'esecuzione far valere tale eccezione in quanto capace di superare la preclusione pro iudicato del decreto ingiuntivo non opposto, così dando seguito alle indicazioni della CGUE. Così non è stato: la S.C. per evitare di attribuire concentrare nelle mani dei giudici dell'esecuzione il compito del rilievo ufficioso della clausola hanno letteralmente riscritto l'art. 650 c.p.c. o, meglio, gli hanno affiancato un “alias” dalla struttura e dai presupposti autonomi, prevedendo un sottotipo di opposizione tardiva da utilizzare per la specifica ipotesi portata alla sua attenzione.

In particolare, le S.U. hanno individuato il “caso fortuito o forza maggiore” che legittima la proponibilità dell'opposizione nell'omessa motivazione circa il dovere del giudice di controllare l'(in)esistenza di clausole abusive nel contratto. Come è stato osservato, tale scelta si appalesa tuttavia pericolosa, in quanto laddove questo significato di “causa non imputabile” dovesse essere interpretato in via generale per ogni tipologia di provvedimento, si aprirebbe la porta ad un numero infinito di istanze di rimessione in termini, con evidente nocumento per il nostro sistema delle impugnazioni (SCARSELLI, La tutela del consumatore secondo la CGUE e le Sezioni Unite, e lo Stato di diritto secondo la civil law, in www.judicium.it, § 2.3). Secondariamente, per le Sezioni unite all'opposizione in discorso non si applica il termine di dieci giorni dal primo atto di esecuzione (come invece stabilito dal comma 3 dell'art. 650 c.p.c.), ma quello pretorio di quaranta giorni; inoltre, viene impedito al giudice dell'esecuzione di procedere alla vendita del bene pignorato sino a quando detto termine non è inutilmente spirato. In tal modo, viene creato uno strumento ad hoc per una specifica fattispecie che di sicuro non avrà modo di verificarsi per il futuro, ma che appare essere utile unicamente per le ipotesi patologiche verificatesi in passato, con patente pregiudizio non solo per i principi di coordinamento del diritto nazionale con quello comunitario, nonostante le dichiarazioni di principio compiute in limine della sentenza, ma anche per il sistema processuale interno che sconta ogni giorno di più i rischi di una frammentazione pericolosa dei meccanismi di tutela giurisdizionale.

Riferimenti
  • Crivelili, Appunti sulla requisitoria del P.G. presso la Corte di Cassazione in ordine ai poteri del g.e. rispetto alle clausole abusive nei contratti con i consumatori, in Riv. esec. forz., 2022, 699;
  • D'Alessandro, Il decreto ingiuntivo non opposto emesso nei confronti del consumatore, in www.judicium.it;
  • De Stefano, Il decreto ingiuntivo contro il consumatore dopo le sentenze della Corte di Giustizia dell'UE, in www.giustiziainsieme.it;
  • Fiengo, Il decreto ingiuntivo non opposto privo di motivazione emesso nei confronti del consumatore: alla ricerca del rimedio effettivo, in www.questionegiustizia.it;
  • Rasia, Giudicato, tutela del consumatore, ruolo del giudice in sede monitoria ed esecutiva, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2023;
  • Rossi, Decreto ingiuntivo non opposto e tutela effettiva del consumatore, in www.judicium.it;
  • Scarselli, La tutela del consumatore secondo la CGUE e le Sezioni Unite, e lo Stato di diritto secondo la civil law, in www.judicium.it;
  • Soldi-Capponi, Consumatore e decreto ingiuntivo: le soluzioni ermeneutiche percorribili per l'integrazione tra diritto eurounitario e diritto interno, in www.judicium.it.