Rinvio pregiudiziale alla Corte di Cassazione

Pasqualina Farina
12 Maggio 2023

A mente del nuovo art. 363-bis c.p.c. il giudice di merito, con ordinanza e dopo aver sentito le parti costituite, può effettuare un rinvio pregiudiziale degli atti alla Corte di cassazione per la risoluzione di una questione esclusivamente di diritto.
Inquadramento del nuovo istituto

Ispirandosi alla cd. saisine pour avis di cui all'art. 1031-1 del code de procédure civile, il legislatore del 2022 ha innestato nel nostro sistema processuale il rinvio pregiudiziale alla Cassazione. A mente del nuovo art. 363-bis c.p.c. il giudice di merito, con ordinanza e dopo aver sentito le parti costituite, può effettuare un rinvio pregiudiziale degli atti alla Corte di cassazione per la risoluzione di una questione esclusivamente di diritto. In questo modo dovrebbe essere possibile per il giudice (e per le parti) ottenere dalla Corte un principio di diritto espresso in tempi rapidi, idoneo ad incidere concretamente nella formazione e nel successivo consolidamento della giurisprudenza di merito in una specifica materia.

La prima considerazione che viene da trarre è nel senso che l'istituto del rinvio pregiudiziale, lungi dal contribuire a smaltire l'arretrato, addossi alla Cassazione una nuova potestà decisoria. Da qui la considerazione che i benèfici effetti di tale innovazione - che opereranno direttamente e in prima battuta a favore dei giudici di merito - non si realizzeranno in tempi brevi, ma solo nel lungo periodo per quelle fattispecie che difficilmente sarebbero approdate in sede di legittimità e quelle in cui una determinata questione di diritto si pone in maniera seriale (v. ad es., le controversie fiscali o laburistiche).

Continuiamo col dire che il nuovo istituto presenta alcune affinità sia con il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE, come regolato dall'art. 267 del Trattato UE, azionabile dal giudice domestico, laddove intenda ottenere l'interpretazione delle norme di diritto europeo o della validità di una norma europea di diritto secondario; sia con la disciplina del rinvio alla Consulta per le questioni di legittimità costituzionale. A quest'ultimo proposito va brevemente ricordato che il giudice non può rimettere alla Corte la decisione sulla costituzionalità di una legge se non si rispettano due requisiti di ammissibilità del giudizio di costituzionalità. Si tratta del requisito della non manifesta infondatezza (egli dubita della legittimità costituzionale della legge e ritiene, quindi, che la questione di costituzionalità non sia manifestamente infondata come risulta dalla motivazione); e del requisito della rilevanza (nel senso che il giudice stesso è tenuto ad applicare quella legge nell'ambito del suo processo e che, ai sensi dell'art. 23 l. n. 87/1953 presenta, altresì, il requisito della pregiudizialità, cioè della necessaria influenza della decisione della Corte sul giudizio). Discorso identico deve farsi anche nel rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE, che non si pronuncia sulla questione sollevata dal giudice nazionale se priva di rilevanza rispetto al giudizio a quo, nel senso che occorre l'effettiva sussistenza di un nesso di pregiudizialità con la decisione richiesta.

I presupposti di ammissibilità e l'ambito di applicazione

Non a caso, dunque, il legislatore del 2022 ha individuato proprio nella rilevanzadella questione di puro dirittouno dei presupposti perché il rinvio pregiudiziale (effettuato dal giudice di merito per definire, totalmente o parzialmente, la controversia) alla Corte di cassazione sia ammissibile.

Segnatamente, quanto alle caratteristiche della questione di diritto, il nuovo art. 363-bis, prevede che: a) essa sia necessaria alla definizione, anche parziale del giudizio, senza che sia stata ancora risolta dalla Corte di cassazione e, pertanto, che sia rilevante; b) presenti gravi difficoltà interpretative, posto che proprio tali difficoltà – dalla prospettiva del giudice del merito – giustificherebbero il rinvio alla Corte; c) sia suscettibile di porsi in numerosi giudizi.

A quest'ultimo riguardo, va aggiunto che la formulazione letterale a maglie larghe consente di coprire non solo controversie analoghe già pendenti, ma anche quelle proponibili in via ipotetica. Dal tenore letterale della norma si evince, inoltre, la necessaria coesistenza di tutti i presupposti richiesti, risultando insufficiente la sussistenza solo di alcuni di essi.

Resta da dire che il nuovo strumento non presuppone la soccombenza; pertanto non integra un mezzo di impugnazione. Difetta qualsiasi limitazione nel dato normativo in ordine al tipo di giudizio o rito, né in relazione alla fase o al grado (incluso il giudizio d'appello ed i giudizi speciali) in cui il giudice può avvalersi del rinvio. Non solo; la genericità della previsione è tale da consentirne l'operatività anche presso le corti di giustizia tributaria, posto che l'art. 1, comma 2, cod. proc. trib. stabilisce che, per tutto quanto non disposto da tale normativa, si applicano, se compatibili, le norme del c.p.c. e che le sue pronunce, com'è noto, sono sempre ricorribili per cassazione per violazione di legge. Alla luce del rapporto tra giurisdizione ordinaria e tributaria, senz'altro i giudici tributari sono, dunque, ammessi alla proposizione di tale rinvio pregiudiziale, come detto in forza dell'art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 546/1992.

Va altresì considerato che nel progetto di riforma del giudizio tributario era stata prevista – proprio sub art. 363-bis c.p.c.- la facoltà del Procuratore generale della cassazione a demandare il principio di diritto in materia tributaria, per qualunque stato e grado della causa, senza preclusioni di sorta e senza che alle parti fosse consentito altresì d'interloquire di fronte a siffatto potere discrezionalmente imposto. Fortunatamente tale progetto di riforma è rimasto lettera morta ed il legislatore ha optato per una diversa funzione dell'art. 363-bis c.p.c., a favore dei soli giudici di merito.

Discorso a parte va fatto, invece, per i giudici amministrativi, in quanto le loro decisioni sono ricorribili in Cassazione solo per questioni di giurisdizione; ciò specie ove si consideri che, come rimarcato anche dalla nuova formulazione dell'art. 362 c.p.c. (per il quale: possono essere impugnate con ricorso per cassazione, nel termine di cui all'art. 325, comma 2, c.p.c. le decisioni in grado d'appello o in unico grado del giudice amministrativo odi un giudice speciale, per motivi attinenti alla giurisdizione del giudice stesso), tale giudice sempre con più difficoltà può essere annoverato tra i giudici speciali, accostandosi ormai il nostro sistema sempre più a quello francese.

L'ordinanza di rimessione

Quanto alle caratteristiche dell'ordinanza di rimessione, il comma secondo dell'art. 363-bis c.p.c. ne impone, analogamente a quella con cui viene sollevata una questione di legittimità costituzionale, la motivazione.

In particolare, il giudice remittente è tenuto, come visto, ad indicare la rilevanza della questione di diritto ai fini della decisione; rilevanza che viene meno laddove la Cassazione si sia già pronunciata sul punto (non così se sul punto, invece, sono già state rese una o più pronunce di merito). Per facilitare il lavoro della Corte e, al contempo, a giustificazione della impasse in cui si è venuto a trovare il giudice del merito, questi è, altresì, tenuto ad illustrare tutte le diverse interpretazioni possibili, proprio come richiesto dal requisito illustrato sub lett. b).

La pronuncia dell'ordinanza di rimessione presuppone sempre il rispetto del principio del contraddittorio tra le parti costituite. Dalla violazione di tale principio, consegue, dunque, la dichiarazione d'inammissibilità del rinvio pregiudiziale, senza che l'eventuale deposito delle memorie scritte dalle parti prima della decisione della Corte sulla questione possa sanare tale vizio. Del resto, se così non fosse si rischierebbe di dare la stura al problema della cd. terza via.

Il deposito dell'ordinanza che dispone il rinvio pregiudiziale comporta, inoltre, la sospensione del procedimento di merito; viene sempre fatto salvo il compimento degli atti urgenti e dell'attività istruttoria non dipendente dalla soluzione della questione oggetto del rinvio pregiudiziale.

Non può tacersi che la sospensione del giudizio di merito lascia perplessi in un momento storico quale quello attuale, particolarmente grave per lo stato in cui versa la giustizia civile. È, inoltre, esperienza comune che tutti quei giudizi in cui opera un'ipotesi di sospensione tecnicamente pregiudiziale a norma dell'art. 295 c.p.c. aprono al sistema dei rimedi impugnatori e, pertanto, presentano ulteriori inevitabili ricadute sul profilo della ragionevole durata del processo.

Il procedimento dinanzi alla Corte di cassazione

Un preliminare esame delle ordinanze di rimessione è affidato dal comma terzo dell'art. 363-bis c.p.c. al primo presidente della Cassazione, il quale, ricevuti gli atti, entro il termine di novanta giorni, valuta la sussistenza dei presupposti di cui si è detto poc'anzi.

In caso di riscontro positivo sui presupposti, assegna la questione alle sezioni unite o alla sezione semplice, nel rispetto delle regole di riparto del contenzioso; altrimenti dichiara inammissibile la questione con decreto.

Posto che le questioni di diritto oggetto di rinvio pregiudiziale presentano il carattere della novità e, come anticipato, dovrebbero sempre essere foriere di interpretazioni plurime e rilevanti per numerosi giudizi, la Corte, sia a sezioni unite sia a sezione semplice, pronuncia sempre in pubblica udienza con la requisitoria scritta del pubblico ministero e con la facoltà per le parti di depositare brevi memorie, nei termini ex art. 378 c.p.c.

A differenza della normativa francese ove si prevede (art. 1031-3) che “La Cour de cassation rend son avis dans les trois mois de la réception du dossier”, nulla dispone l'art. 363-bis c.p.c. sulle tempistiche con cui la nostra Corte consegna al giudice del merito il principio di diritto. In effetti, il terzo comma dell'art. 363-bis c.p.c. si limita a stabilire il termine (di tre mesi) per la sola assegnazione della questione alla sezione ovvero per l'adozione della pronuncia d'inammissibilità per mancanza dei presupposti, senza specificare i tempi della decisione ove il rinvio pregiudiziale sia risultato ammissibile.

Il legislatore tace, dunque, sui tempi concessi alla Corte per rendere il principio di diritto; tempi che inevitabilmente sono destinati a ricadere sulla durata del giudizio di merito, rimasto sospeso nelle more.

Con ogni probabilità, la scelta di non inserire un termine è dovuta all'enorme mole d'arretrato che grava sulla Corte e che difficilmente le consentirebbe l'effettivo rispetto di un termine “ragionevole”. Non a caso, già il CSM, nell'ambito della delibera del 15 settembre 2021 aveva suggerito al legislatore l'inserimento di un termine, sia per un vaglio del quesito alla luce dei presupposti normativi, sia per la decisione della questione da parte della Corte

Tuttavia, perché l'operatività di tale istituto possa davvero determinare effetti positivi nel nostro sistema giurisdizionale, è essenziale che il principio di diritto venga reso celermente, non solo per scongiurare il rischio di una sospensione del giudizio di merito troppo ampia ed una violazione del diritto di azione e dell'art. 24 Cost., ma anche perché il nuovo istituto, e con esso la Corte di cassazione, possano concretamente svolgere la funzione di “puntuale” orientamento della giurisprudenza di merito.

Il principio di diritto

Il procedimento davanti alla Cassazione si conclude con l'enunciazione del principio di diritto che, a differenza dell'omologo istituto francese - strutturato come un parere giudiziario particolarmente autorevole e persuasivo per i giudici di merito - ha efficacia vincolante nel giudizio di merito nell'ambito del quale è stata rimessa la questione. Con l'ulteriore precisazione che, in caso di estinzione, il principio di diritto enunciato vincola le stesse parti ed il giudice, finanche nel nuovo processo eventualmente intrapreso con la riproposizione della medesima domanda.

Dalla disciplina del principio di diritto enunciato dalla Cassazione e dalla circostanza che nella nuova normativa manca uno sbarramento temporale al rinvio pregiudiziale, si evince che dopo l'enunciazione del principio, rimangono a questo vincolati tutti i giudici poi chiamati a pronunciarsi all'interno del procedimento, incluso l'eventuale giudice di appello (in caso di rinvio pregiudiziale da parte del giudice di primo grado) e la stessa Corte di Cassazione.

Sulla falsariga di quanto previsto per la violazione del principio di diritto ex art. 384, comma 2, c.p.c., la mancata applicazione ad opera del giudice (del merito) dovrebbe essere censurabile in sede di impugnazione. Ciò in quanto il principio di diritto vincola il giudice del rinvio anche in caso di violazione di norme di diritto sostanziale o processuale, o per errore del principio di diritto affermato, la cui giuridica correttezza non è sindacabile dallo stesso giudice del rinvio, né dalla Cassazione, neppure sulla base di arresti giurisprudenziali successivi, diversamente orientati (Cass. 14 gennaio 2020, n. 448). Al contempo, analogamente a quanto previsto per il giudizio di rinvio di cui all'art. 384 surrichiamato, il giudice di merito è sciolto dal vincolo laddove vengano successivamente accertati – fermi i limiti delle preclusioni maturate - altri profili fattuali che definiscono un nuovo thema decidendum non affrontato dal principio elaborato della Corte (Cass. 19 ottobre 2018, n. 26521).

L'entrata in vigore

Particolarmente complessa è stata la disciplina relativa all'entrata in vigore dell'art. 363 bis c.p.c. Con particolare riferimento alle impugnazioni, il comma 5 dell'art. 35, d.lgs. n. 149 del 2022, aveva stabilito che la novella avrebbe operato per le impugnazioni proposte nei confronti delle sentenze depositate dopo il 30 giugno 2023 e, quindi, a partire dal 1° luglio 2023. Del resto, rendere tale normativa applicabile solo ai giudizi introdotti in primo grado a partire dal 30 giugno 2023 avrebbe comportato, in relazione alle fasi di gravame, il differimento di anni dell'effettiva entrata in vigore della riforma.

Ciò premesso, una prima vistosa deroga a questo regime è stata subito stabilita per il giudizio di legittimità. Ed infatti, in forza del comma 6 dell'art. 35 poc'anzi citato, gli artt. 372, 375, 376, 377, 378, 379, 380, 380-bis, 380-bis.1, 380-ter, 390 e 391-bis c.p.c., come modificati o abrogati dal decreto, si applicano anche al giudizio in cassazione introdotto con ricorso già notificato alla data del 1° gennaio 2023. Si tratta, in sintesi, di tutte quelle norme che hanno, da un lato, condotto all'abrogazione del procedimento camerale applicato presso la cd. «sesta sezione ovvero cd. sezione filtro» e, dall'altro, introdotto il nuovo giudizio accelerato per la definizione dei ricorsi inammissibili o manifestamente infondati, oltre al nuovo rito dei procedimenti in camera di consiglio. Tale anticipata entrata in vigore è chiaramente dovuta alla natura deflattiva dei nuovi istituti ed ai loro potenziali effetti benefici sull'accelerazione dei tempi per la definizione del giudizio in cassazione.

Più prudente appariva invece la scelta di prevedere l'operatività delle norme in materia di rinvio pregiudiziale, di cui all'art. 363-bis c.p.c., a far data dal 30 giugno 2023; salvo precisare che l'ambito d'applicazione del nuovo istituto avrebbe riguardato sia i procedimenti di merito di nuova introduzione, sia quelli pendenti; ciò nell'auspicio che l'impiego del rinvio pregiudiziale contribuisca ad evitare il proliferare di procedimenti seriali vertenti su identiche questioni di diritto. In questo già complesso e disomogeneo quadro normativo, è intervenuta la recente legge di bilancio (la n. 197 del 2022) che ha di fatto anticipato al 28 febbraio 2023, rispetto alla data del 30 giugno 2023, individuata in precedenza dal d. lgs. n. 149 del 2022.

Riferimenti
  • C. Asprella, Riforma processo civile: il rinvio pregiudiziale in cassazione, in IUS Processo civile (ius.giuffrefl.it), del 10 novembre 2022;
  • A. Briguglio, Il rinvio pregiudiziale interpretativo alla Corte di cassazione, in www.judicium.it, del 21 dicembre 2022;
  • B. Capponi, La nomofilachia tra equivoci ed autoritarismi, in www.judicium.it, del 6 luglio 2022;
  • E. D'Alessandro, Il procedimento pregiudiziale interpretativo dinanzi alla Corte di giustizia, Torino 2011;
  • M. Fabiani, Rinvio pregiudiziale alla corte di cassazione: una soluzione che non alimenta davvero il dibattito scientifico, in Riv. dir. proc., 2022, 197 ss.;
  • A. Graziosi, La riforma del giudizio in cassazione nell'anno 2022, in Judicium, 2022, 561 ss.;
  • G. Scarselli, Note sul rinvio pregiudiziale alla Corte di cassazione di una questione di diritto da parte del giudice di merito, in www.giustiziainsieme.it dal 5 luglio 2021;
  • E. Scoditti, Brevi note sul nuovo istituto del rinvio pregiudiziale in cassazione, in www.questionegiustizia.it, 2021, 3 ss.;
  • G. Trisorio Liuzzi, La riforma della giustizia civile: il nuovo istituto del rinvio pregiudiziale, in www.judicium.it, del 10 dicembre 2021.
Sommario