Accertamento pregiudiziale della validità ed interpretazione dei contratti collettivi
19 Settembre 2018
Inquadramento
La riforma dell'art. 420-bis c.p.c. trova la propria giustificazione nell'esigenza riscontrata dal legislatore di deflazionare il contenzioso del lavoro e di alleggerire così l'allora pretura ed il Tribunale Amministrativo Regionale. Già nel settore pubblico, infatti, a causa delle numerose controversie seriali proposte dai dipendenti degli enti pubblici, il legislatore aveva approvato l'art.30 del d.lgs. n. 80/1998 che introduceva l'art.68-bis al d.lgs.n. 29/1993 (la cd. privatizzazione del pubblico impiego) rubricata come “Accertamento pregiudiziale sull'efficacia, validità ed interpretazione dei contratti collettivi”, proprio con la medesima finalità di ridurre il contenzioso. La norma citata stabiliva che, laddove, per la definizione di una controversia inerente ad un rapporto di lavoro fosse preliminarmente necessario fare luce sulla portata di una norma proveniente dalla contrattazione collettiva di categoria, il giudice dovesse sospendere il giudizio e far instaurare un sotto-procedimento di natura sindacale per verificare se le parti contrattuali fossero riuscite a raggiungere un'interpretazione univoca sulla clausola contrattuale richiamata nel ricorso. In difetto di accordo sull'interpretazione della norma invocata, il giudice avrebbe dovuto decidere con sentenza la sola questione pregiudiziale sull'interpretazione della norma.
L'art. 420-bis c.p.c. è stato introdotto con l'art. 18 del d.lgs. 2 febbraio 2006 n. 40 e prevede l'istituzione di una procedura di accertamento pregiudiziale inerente l'interpretazione delle clausole dei contratti collettivi di categoria richiamati nel ricorso proposto dinanzi al giudice del lavoro. La norma si applica ai ricorsi per cassazione proposti avverso le sentenze non definitive e gli altri provvedimenti pubblicati a decorrere dalla data di entrata in vigore del medesimo decreto e cioè dal 2 marzo 2006 (art. 27, comma 2, del citato d.lgs.). L'art. 420 c.p.c. risulta concepito dal legislatore al fine di consentire lo snellimento dei procedimenti di lavoro, laddove sorga una questione interpretativa pregiudiziale proveniente dalla contrattazione collettiva. Qualora infatti detta questione pregiudiziale verta su norme rilevanti per la definizione della controversia ed il dubbio interpretativo non sia di facile soluzione, il giudice dovrà sospendere il giudizio e far instaurare un procedimento sindacale onde consentire una interpretazione “autentica” di quanto riportato dalle parti nell'atto sottoscritto. Diversamente, il giudice deciderà con sentenza parziale la sola questione pregiudiziale mentre il giudizio di merito di norma verrà sospeso (trattasi in questo caso di sospensione necessaria) in attesa della definizione della questione pregiudiziale. Tale questione, per espressa previsione della normativa dell'art. 146-bis disp. att. c.p.c., introdotto dall'art. 19 del d.lgs. n. 40/06, segue analogicamente quanto stabilito dal nuovo articolo 420-bis c.p.c. prevedendo l'applicazione dell'art. 64 d.lgs. n. 165/2001, dovrà essere proposta secondo termini e decadenze del rito del lavoro, unicamente nel primo grado di giudizio; in difetto, ogni questione relativa all'interpretazione delle clausole contrattuali, dovrà ritenersi cristallizzata. Giova ricordare che, ai sensi dell'art. 369, comma 2, n. 4, c.p.c., la parte ricorrente dovrà, a pena di improcedibilità del ricorso, depositare tempestivamente il testo integrale – e non un mero stralcio – del contratto collettivo cui la vicenda sottoposta al vaglio della Corte si riferisce.
Il ricorso per cassazione
Come indicato al paragrafo che precede, la norma dell'art. 420-bis c.p.c. si applica ai ricorsi per cassazione proposti avverso le sentenze parziali sulle questioni pregiudiziali e gli altri provvedimenti pubblicati a decorrere dal primo marzo 2006. Il ricorso dovrà essere proposto a pena di inammissibilità nel termine di 60 giorni dalla comunicazione di cancelleria della sentenza, non potendosi far decorrere tale termine dalla notifica ad opera della controparte del provvedimento. Il ricorrente dovrà depositare il ricorso presso la Corte di cassazione entro 20 gg. dalla notificazione alle altre parti, curando altresì il deposito di una copia del ricorso notificato presso la cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato; detto giudice a quo provvederà a sospendere il giudizio in attesa della definizione dinanzi alla Corte di legittimità, potendo in alternativa fissare udienza di rinvio a distanza non inferiore ai 90 giorni. Contestualmente, potranno essere sospesi anche tutti gli altri procedimenti la cui decisione dipende dalla soluzione del contrasto interpretativo delle norme collettive. Il controllo della Suprema Corte verterà esclusivamente sulla documentazione prodotta nel giudizio di merito, così seguendo le regole dettate dal codice di rito per i giudizi in Cassazione anche in ossequio del principio di ragionevole durata, consacrato dall'art. 111 Cost.. Quanto alla struttura del ricorso ed al suo contenuto, in assenza di indicazione contraria, si ritiene che sia applicabile l'art. 366, comma 1, c.p.c.. Si veda, sullo svolgimento di tale giudizio, una interessante pronuncia in tema (Cass. civ., sez. lav., sent., n. 19710/2007), con cui la Suprema Corte ha chiarito i termini del giudizio ex art. 420-bis c.p.c.: – oggetto del giudicato può anche essere una questione già proposta sulla quale vi sia disaccordo nelle interpretazioni fornite dai giudici di merito; – la questione sottoposta al vaglio della Corte deve riguardare «l'efficacia, validità ed interpretazione dei contratti e accordi collettivi» e deve essere potenzialmente idonea a risolvere contrasti esistenti; – la pronuncia resa all'esito del giudizio ex art. 420 c.p.c. ha carattere di vincolatività rispetto alle decisioni future che saranno prese sul medesimo argomento sottoposto al vaglio della Corte. Come detto, nel momento in cui viene proposto ricorso in Cassazione avverso una sentenza non definitiva resa ex art. 420 c.p.c., il giudice a quo sospende il processo; poiché il giudizio in Cassazione può riguardare anche altri giudizi relativi alle medesime clausole collettive di cui si chiede la corretta interpretazione, i giudici che vengono a conoscenza di tale circostanza possono alternativamente: sospendere anch'essi i processi (trattandosi però di sospensione facoltativa), oppure emettere sentenza non definitiva, che potrà essere impugnata in Cassazione. Ulteriormente, il giudice che non ritenga dirimente la decisione della Cassazione su una questione sottoposta al proprio vaglio, potrà disporre la prosecuzione del giudizio e consentire così alle parti la scelta di un metodo di impugnazione “ordinario” (appello, Cassazione su sentenza definitiva in appello).
Casistica
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