Accertamento pregiudiziale della validità ed interpretazione dei contratti collettivi

Marco Proietti
Roberta Castaldi
19 Settembre 2018

L'istituto introdotto dall'art. 420-bis c.p.c. ha come obiettivo quello di filtrare le controversie lavoristiche attraverso l'esame delle norme collettive di categoria che vengono richiamate e sulle quali le controversie si fondano.
Inquadramento

La riforma dell'art. 420-bis c.p.c. trova la propria giustificazione nell'esigenza riscontrata dal legislatore di deflazionare il contenzioso del lavoro e di alleggerire così l'allora pretura ed il Tribunale Amministrativo Regionale. Già nel settore pubblico, infatti, a causa delle numerose controversie seriali proposte dai dipendenti degli enti pubblici, il legislatore aveva approvato l'art.30 del d.lgs. n. 80/1998 che introduceva l'art.68-bis al d.lgs.n. 29/1993 (la cd. privatizzazione del pubblico impiego) rubricata come “Accertamento pregiudiziale sull'efficacia, validità ed interpretazione dei contratti collettivi”, proprio con la medesima finalità di ridurre il contenzioso.

La norma citata stabiliva che, laddove, per la definizione di una controversia inerente ad un rapporto di lavoro fosse preliminarmente necessario fare luce sulla portata di una norma proveniente dalla contrattazione collettiva di categoria, il giudice dovesse sospendere il giudizio e far instaurare un sotto-procedimento di natura sindacale per verificare se le parti contrattuali fossero riuscite a raggiungere un'interpretazione univoca sulla clausola contrattuale richiamata nel ricorso. In difetto di accordo sull'interpretazione della norma invocata, il giudice avrebbe dovuto decidere con sentenza la sola questione pregiudiziale sull'interpretazione della norma.

In evidenza

L'istituto introdotto dall'art. 420-bis c.p.c. ha dunque come obiettivo quello di filtrare le controversie lavoristiche attraverso l'esame delle norme collettive di categoria che vengono richiamate e sulle quali le controversie si fondano. La corretta interpretazione della norma collettiva dovrebbe favorire, all'esito della procedura richiamata, o la conciliazione della controversia o il suo abbandono nel caso in cui dovesse risultare erroneo il presupposto contrattuale su cui è stata incardinata.

Procedimento ex art. 420 c.p.c.: ORIENTAMENTI A CONFRONTO

Oggetto del giudicato

L'accertamento pregiudiziale ex art. 420-bis c.p.c. riguarderà soltanto le clausole contrattuali sulle quali poggiano causa petendi e petitum della domanda, non potendo invece afferire a disposizioni contrattuali richiamate dal convenuto per eccepire l'infondatezza del diritto della controparte (Cass. civ., sez. lav., 6 febbraio 2008, n. 2796; Cass. civ., sez. lav., 8 febbraio 2008, n. 3098).

Termine per il deposito del ricorso e preclusioni processuali

La regola di cui all'art. 420-bisc.p.c., che onera il ricorrente, a pena di inammissibilità del ricorso, a depositarne copia presso la cancelleria del giudice che ha emesso la sentenza impugnata entro venti giorni dalla notificazione del ricorso medesimo, resta applicabile anche laddove il deposito tardivo abbia determinato comunque la sospensione del giudizio di merito, atteso che il termine in questione deve qualificarsi, ai sensi dell'art. 152, comma 2, c.p.c., di natura perentoria, essendo lo stesso stabilito a pena di inammissibilità dell'impugnazione, sicché esso, secondo il divieto di cui all'art. 153 c.p.c., non ammette proroghe o sanatorie (Cass. civ., sez. lav., 17 luglio 2008, n. 19754; Cfr. Cass. civ., sez. lav., 7 marzo 2007, n. 5230).

L'istituto

L'art. 420-bis c.p.c. è stato introdotto con l'art. 18 del d.lgs. 2 febbraio 2006 n. 40 e prevede l'istituzione di una procedura di accertamento pregiudiziale inerente l'interpretazione delle clausole dei contratti collettivi di categoria richiamati nel ricorso proposto dinanzi al giudice del lavoro.

La norma si applica ai ricorsi per cassazione proposti avverso le sentenze non definitive e gli altri provvedimenti pubblicati a decorrere dalla data di entrata in vigore del medesimo decreto e cioè dal 2 marzo 2006 (art. 27, comma 2, del citato d.lgs.).

L'art. 420 c.p.c. risulta concepito dal legislatore al fine di consentire lo snellimento dei procedimenti di lavoro, laddove sorga una questione interpretativa pregiudiziale proveniente dalla contrattazione collettiva.

Qualora infatti detta questione pregiudiziale verta su norme rilevanti per la definizione della controversia ed il dubbio interpretativo non sia di facile soluzione, il giudice dovrà sospendere il giudizio e far instaurare un procedimento sindacale onde consentire una interpretazione “autentica” di quanto riportato dalle parti nell'atto sottoscritto. Diversamente, il giudice deciderà con sentenza parziale la sola questione pregiudiziale mentre il giudizio di merito di norma verrà sospeso (trattasi in questo caso di sospensione necessaria) in attesa della definizione della questione pregiudiziale.

Tale questione, per espressa previsione della normativa dell'art. 146-bis disp. att. c.p.c., introdotto dall'art. 19 del d.lgs. n. 40/06, segue analogicamente quanto stabilito dal nuovo articolo 420-bis c.p.c. prevedendo l'applicazione dell'art. 64 d.lgs. n. 165/2001, dovrà essere proposta secondo termini e decadenze del rito del lavoro, unicamente nel primo grado di giudizio; in difetto, ogni questione relativa all'interpretazione delle clausole contrattuali, dovrà ritenersi cristallizzata.

Giova ricordare che, ai sensi dell'art. 369, comma 2, n. 4, c.p.c., la parte ricorrente dovrà, a pena di improcedibilità del ricorso, depositare tempestivamente il testo integrale – e non un mero stralcio – del contratto collettivo cui la vicenda sottoposta al vaglio della Corte si riferisce.

Il ricorso per cassazione

Come indicato al paragrafo che precede, la norma dell'art. 420-bis c.p.c. si applica ai ricorsi per cassazione proposti avverso le sentenze parziali sulle questioni pregiudiziali e gli altri provvedimenti pubblicati a decorrere dal primo marzo 2006.

Il ricorso dovrà essere proposto a pena di inammissibilità nel termine di 60 giorni dalla comunicazione di cancelleria della sentenza, non potendosi far decorrere tale termine dalla notifica ad opera della controparte del provvedimento. Il ricorrente dovrà depositare il ricorso presso la Corte di cassazione entro 20 gg. dalla notificazione alle altre parti, curando altresì il deposito di una copia del ricorso notificato presso la cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato; detto giudice a quo provvederà a sospendere il giudizio in attesa della definizione dinanzi alla Corte di legittimità, potendo in alternativa fissare udienza di rinvio a distanza non inferiore ai 90 giorni.

Contestualmente, potranno essere sospesi anche tutti gli altri procedimenti la cui decisione dipende dalla soluzione del contrasto interpretativo delle norme collettive.

Il controllo della Suprema Corte verterà esclusivamente sulla documentazione prodotta nel giudizio di merito, così seguendo le regole dettate dal codice di rito per i giudizi in Cassazione anche in ossequio del principio di ragionevole durata, consacrato dall'art. 111 Cost..

Quanto alla struttura del ricorso ed al suo contenuto, in assenza di indicazione contraria, si ritiene che sia applicabile l'art. 366, comma 1, c.p.c..

Si veda, sullo svolgimento di tale giudizio, una interessante pronuncia in tema (Cass. civ., sez. lav., sent., n. 19710/2007), con cui la Suprema Corte ha chiarito i termini del giudizio ex art. 420-bis c.p.c.:

oggetto del giudicato può anche essere una questione già proposta sulla quale vi sia disaccordo nelle interpretazioni fornite dai giudici di merito;

– la questione sottoposta al vaglio della Corte deve riguardare «l'efficacia, validità ed interpretazione dei contratti e accordi collettivi» e deve essere potenzialmente idonea a risolvere contrasti esistenti;

– la pronuncia resa all'esito del giudizio ex art. 420 c.p.c. ha carattere di vincolatività rispetto alle decisioni future che saranno prese sul medesimo argomento sottoposto al vaglio della Corte.

Come detto, nel momento in cui viene proposto ricorso in Cassazione avverso una sentenza non definitiva resa ex art. 420 c.p.c., il giudice a quo sospende il processo; poiché il giudizio in Cassazione può riguardare anche altri giudizi relativi alle medesime clausole collettive di cui si chiede la corretta interpretazione, i giudici che vengono a conoscenza di tale circostanza possono alternativamente: sospendere anch'essi i processi (trattandosi però di sospensione facoltativa), oppure emettere sentenza non definitiva, che potrà essere impugnata in Cassazione.

Ulteriormente, il giudice che non ritenga dirimente la decisione della Cassazione su una questione sottoposta al proprio vaglio, potrà disporre la prosecuzione del giudizio e consentire così alle parti la scelta di un metodo di impugnazione “ordinario” (appello, Cassazione su sentenza definitiva in appello).

Casistica

CASISTICA

Applicazione del termine di cui all'art. 297 c.p.c. anche in caso di sospensione ex art. 420 c.p.c.

Anche quella oggetto del ricorso ex art. 420-bisc.p.c., è una questione pregiudiziale intesa in senso tecnico, vale a dire una questione la cui decisione è destinata a proiettare le sue conseguenze giuridiche, oltre che sul rapporto controverso, su altri rapporti, al di fuori della causa, con la formazione, appunto, della cosa giudicata, a tutela di un interesse che trascende quello inerente alla soluzione della controversia nel cui ambito la questione è stata sollevata.

E l'art. 297 c.p.c. in tanto prevede il termine semestrale (nel testo, applicabile ratione temporis, previgente rispetto alla novella di cui all'art. 46 l. n. 69/2009) per la riassunzione in quanto la sospensione consegua alla necessità di definire una causa pregiudiziale, i cui tempi non sono determinabili a priori, di guisa che tale termine non può che decorrere dalla cessazione della causa di sospensione (Cass. civ., sez. lav., 28 marzo 2018, n. 7696).

Sul sindacato della Suprema Corte nel giudizio ex art. 420 c.p.c.

Il Giudice di legittimità, allorché venga denunciata la violazione della norma di un contratto o di un accordo collettivo nazionale, deve procedere autonomamente alla diretta interpretazione del contenuto del contratto e dell'accordo ricercando all'interno del complessivo testo contrattuale ogni clausola, anche non oggetto di esame delle parti o del giudice di merito che venga ritenuta utile all'interpretazione ed alla soluzione del caso concreto) senza essere vincolato ad una lettura interpretativa prospettata nella formulazione del motivo.

Il che equivale ad affermare che dopo la riforma dell'art. 360 n. 3 ad opera del legislatore del 2006 non è più necessario che il ricorrente il quale censuri l'erronea applicazione di una disposizione contrattuale collettiva da parte del giudice di merito alleghi la specifica violazione dei canoni di ermeneutica contrattuale (1363 e ss. c.c.) e le modalità con le quali il giudice di merito se ne è discostato.

In sostanza, una volta attribuita dal legislatore alla Corte di legittimità la funzione di nomofilachia sui contratti collettivi, la medesima controlla ed eventualmente corregge autonomamente l'interpretazione resa dal giudice di merito in base alle norme codicistiche di ermeneutica negoziale (artt. 1362 e ss. c.c.) come criterio interpretativo diretto e non come canone esterno di commisurazione dell'esattezza e della congruità della motivazione (Cass. civ., sez. lav., 23 aprile 2018, n. 9955).

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