Attacco al danno morale: la scienza medico-legale e la prova presuntiva a difesa dell'integrale risarcimento del danno

06 Giugno 2023

L'autonoma valutazione e liquidazione del danno morale, richieste dalla Corte di Cassazione, rischiano di tradursi in una negazione di tale voce di danno se non si riconosce l'esistenza di un fisiologico rapporto fra sofferenza soggettiva e lesione alla salute fisica e la validità della prova presuntiva anche come unica prova del danno non patrimoniale.
Introduzione

Nel marzo 2018 veniva pubblicata l'ordinanza numero 7513 della Terza Sezione della Corte di Cassazione, diventata famosa come “il decalogo di Rossetti”.

Con questa pronuncia, dopo 10 anni, è tornato ad accendersi un faro sul danno morale, dopo che le sentenze di San Martino del 2008 avevano depotenziato le differenze fra le varie declinazioni del danno non patrimoniale.

Con l'ordinanza 7513/2018, la Suprema Corte chiede ai giudici di merito di fornire una motivazione autonoma per il riconoscimento del danno morale rispetto al dinamico relazionale, ed in particolare un'autonoma valutazione e liquidazione. Tanto si renderebbe necessario in quanto il dolore dell'animo, la vergogna, la disistima di sé, la paura o la disperazione, sarebbero pregiudizi che non hanno fondamento medico-legale.

Tale necessità di valutazione autonoma, dice la Cassazione, troverebbe conferma nel testo degli articoli 138 e 139 codice assicurazioni, così come modificati dall'articolo 1 comma 17 della Legge 124/2017. Effettivamente, sia l'articolo 138 che l'articolo 139 codice assicurazioni, prevedono delle regole specifiche per la determinazione del danno morale, diverse da quelle previste per il dinamico relazionale, ma pur sempre collegate alla valutazione di quest'ultimo.

Danno biologico macro-permanente

In relazione al danno biologico macro-permanente, la lettera E) del comma 1 dell'articolo 138 codice assicurazioni chiede che venga individuata una percentuale di incremento del valore del danno dinamico relazionale, e specifica che tale percentuale deve essere progressiva (tanto maggiore quanto più alto è il danno alla salute fisica) e personalizzata rispetto al singolo caso di specie.

Come si possa tradurre tutto questo nella realtà pratica, lo possiamo vedere analizzando le tabelle di Roma 2019. Queste, infatti, individuano una percentuale di aumento progressiva, ad esempio pari al 12,5% per i danni dall'1 al 10%, del 20% per i danni dall'11 al 20%, con progressivo aumento fino a giungere al 60%. Al fine, poi, di consentire la personalizzazione richiesta dell'articolo 138, il Tribunale di Roma inserisce le predette percentuali al centro di un range all'interno del quale lasciare al giudice il compito della personalizzazione.

Così, ad esempio, per un danno biologico del 15%, il giudice saprà di dover individuare la percentuale di incremento per danno morale nel range fra il 10% e il 30%, laddove il 10% costituisce una percentuale di incremento minima, il 20% quella media ed il 30% quella massima.

L'articolo 139 codice assicurazioni, invece, prevede per il danno biologico micro-permanente regole diverse per la quantificazione del danno morale. Prima di tutto, a differenza di quanto previsto dall'articolo 138 - che non parla di soglie minime risarcibili - per le micro-permanenti viene stabilito un livello minimo, quello della sofferenza di particolare intensità.

Quindi, tutte le volte in cui il danno biologico micro-permanente avrà comportato una sofferenza soggettiva standard e comune a tutti cittadini, alcun risarcimento potrà essere riconosciuto al danneggiato. Oltre ad essere prevista una soglia minima, l'art. 139 prevede, altresì, una soglia massima di risarcibilità. Anche quando il danneggiato abbia subito un danno morale eccezionale o di particolare intensità, questo potrà incrementare la somma riconosciuta per il danno dinamico relazionale di non oltre il 20%.

Ci si è chiesto: ma è conforme a Costituzione non risarcire il danno morale standard o medio in caso di danni micro-permanenti?

A questa domanda ha risposto la Corte Costituzionale con la sentenza 235/2014. La Corte Costituzionale ha sostenuto che il risarcimento del danno morale non è un valore assoluto e intangibile, ma, lungi dal ritenerlo un diritto accessorio o eventuale, la Corte fa nascere il proprio ragionamento da quanto statuito dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nel 2008, confermando il danno morale come componente intrinseca ed essenziale del danno biologico.

La Corte Costituzionale ammette la limitazione all'integrale risarcimento del danno morale come eccezione, da bilanciare con la tutela di altri valori meritevoli di difesa. In quel caso, tali valori furono individuati nella possibilità di far ottenere un risarcimento del danno alla persona a seguito di circolazione di veicoli a quanti più cittadini possibile, tramite il sistema dell'assicurazione obbligatoria, attuato dalle compagnie assicuratrici anche a fini solidaristici mediante il concorso al fondo di garanzia per le vittime della strada.

Al riguardo, appare oggi necessario riportare il tema all'attenzione della Corte Costituzionale a seguito dell'estensione, con la legge Balduzzi prima e con la legge Gelli Bianco poi, dell'applicazione dell'articolo 139 codice assicurazioni anche al settore della responsabilità civile medica.

Oggi il sacrificio della parziale risarcibilità del danno morale nella responsabilità civile medica da quale valore verrebbe bilanciato?

L'articolo 10 della legge 24/2017 prevede, infatti, che l'obbligo assicurativo per le aziende sanitarie possa essere evitato con l'uso di non meglio definite “analoghe misure” per la responsabilità civile verso terzi. Chiunque, a qualunque titolo, si occupi di responsabilità civile medica sa benissimo, tuttavia, che in mancanza dei decreti attuativi che avrebbero dovuto disciplinare tali fantomatiche analoghe misure, per molte aziende sanitarie italiane l'“analoga misura” consiste semplicemente nel non avere alcun tipo di garanzia a tutela della responsabilità civile verso terzi.

Per tale ragione, almeno fino all'auspicata emanazione dei decreti attuativi di cui all'articolo 10 legge 24/2017, le motivazioni espresse dalla Corte Costituzionale con la sentenza 235/2014 non potranno essere ritenute valide a giustificare il sacrificio del danno morale nella responsabilità civile medica, e ci si augura quindi una nuova pronuncia della Corte che possa dichiarare l'incostituzionalità dell'articolo 139 codice assicurazioni in parte qua, o individuare diversi valori idonei a bilanciare nel campo della responsabilità civile medica il non integrale risarcimento del danno.

All'ordinanza 7513/2018 della Suprema Corte di Cassazione è seguita una enorme confusione fra i giudici di merito, che sta producendo negli ultimi due anni una giurisprudenza di primo grado idonea a realizzare un attacco al danno morale e all'integralità del risarcimento che, si ritiene, non fosse nelle intenzioni del redattore del “decalogo”.

Questa confusione si fonda su due circostanze. La prima è l'acritica accettazione dell'affermazione secondo cui il danno morale non ha fondamento medico-legale, tesi che avrebbe meritato un maggior approfondimento e che di fatto ha solo finito per privare i giudici del merito del prezioso aiuto dei propri ausiliari tecnici.

Seconda circostanza è la non perfetta conformità al dettato dell'articolo 138 codice assicurazioni delle tabelle di Milano che, nonostante la correzione grafica del 2021, prevedono oggi solo la percentuale di incremento standard per il danno morale, senza alcun autonomo criterio per una personalizzazione al ribasso o al rialzo.

Questa situazione di caos è stata, del resto, di recente aggravata da pronunce di legittimità, come la 15924 del 2022 della Terza Sezione che, gettando all'aria le poche certezze evincibili dal testo dell'articolo 138 codice assicurazioni, ha definito il danno morale come non oggettivamente misurabile, non standardizzabile e non personalizzabile, facendo ritrovare gli operatori del diritto innanzi allo spettro del libero arbitrio.

Nel tentativo di uscire dal tunnel del caos, si può iniziare ad approfondire la tematica del ruolo del medico legale nell'accertamento e valutazione del danno morale. La Simla, Società italiana di medicina legale e delle assicurazioni, ha quest'anno pubblicato l'aggiornamento di un proprio documento di valutazione del danno in cui si legge espressamente che “l'apprezzamento e la graduazione della sofferenza morale lesione e menomazione correlata nel danno alla persona costituiscono un ambito di specifica competenza specialistico medico-legale”.

Leggendo queste parole una prima riflessione nasce spontanea: chi è più legittimato a stabilire cosa ha fondamento medico legale? la Simla o la Corte di Cassazione?

Andando ad esaminare il documento di valutazione del danno della Simla, vediamo che lo stesso si basa sulla presunzione, per giungere, a partire dall'accertamento di un fatto noto - come può essere l'uso di un antidolorifico o di stampelle - ad un fatto ignoto, quale può essere il livello di sofferenza soggettiva partita dal danneggiato. Tutto ciò in base a una massima di esperienza comunemente accettata, secondo cui chi ha necessità di più farmaci, più presidi sanitari o di una maggiore assistenza infermieristica, proverà più dolore, vergogna o disistima di sé rispetto a chi ha meno necessità di tali ausili sanitari.

Il coordinamento di tale scheda valutativa con i criteri di cui all'articolo 138 codice assicurazioni potrebbe condurre ad un'agevole determinazione della percentuale di incremento per danno morale.

Così, tornando all'esempio prima citato del danno permanente del 15% liquidato in base alle tabelle di Roma, il giudice potrà ben motivare un incremento del 10% nel caso in cui lo score aggettivale risultante dalla scheda sia “sofferenza lievissima”, e il 30% nel caso in cui si giunga a uno score aggettivale di “sofferenza elevatissima”.

Del resto, l'uso della presunzione e delle massime di esperienza per la valutazione del danno morale non è certo un'invenzione della Simla, ma un criterio probatorio più volte apprezzato dalla Corte di Cassazione. Nella sentenza 25164/2020 della Terza Sezione civile, è possibile leggere che “non si ravvisano ostacoli sistematici al ricorso al ragionamento probatorio fondato sulla massima di esperienza specie in tema di danno morale” e che “un attendibile criterio logico presuntivo funzionale all'accertamento del danno morale è quello della corrispondenza su di una base di una proporzionalità diretta della gravità della lesione rispetto all'insorgere di una sofferenza soggettiva”. Già nel 2019, con la sentenza 23146/2019, la Sesta Sezione della Corte di Cassazione aveva utilizzato gli stessi criteri, cassando la sentenza di appello che aveva negato il riconoscimento del danno morale “non facendo discendere dal fatto noto indicato (frattura rotula sinistra e piede destro ed uso di potente antidolorifico) la necessaria conseguenza in termini di sofferenza morale”.

Da quest'ultima pronuncia possiamo desumere non solo che il danno morale ha un fondamento medico-legale, ma che l'utilizzo da parte della magistratura dello schema di valutazione del danno da sofferenza soggettiva proposto dalla Simla, troverebbe una facile sponda negli insegnamenti della Suprema Corte in tema di prova presuntiva.

A fronte di una tale apparentemente semplice soluzione al problema della valutazione e liquidazione del danno morale, leggiamo oggi sentenze di merito che negano la risarcibilità del danno morale anche in caso di danno macro-permanente accertato da c.t.u. medico-legale.

Casistica

CASO 1

Tribunale di Napoli, Sentenza del 27/4/2023

Danno biologico accertato in CTU del 42%. Esame obiettivo: rigidità iatrogena da stabilizzatore fulcro lombosacrale in sito; Contrattura antalgica: presente; Dolore irradiato: dx e sx; Parestesie dorso piede sinistro. Deficit della flessione dorsale del piede sinistro e lieve caduta del passo per sofferenza radicolare a sinistra. DEAMBULAZIONE In generale: alterata, rigidità al fulcro lombosacrale. Lieve caduta del passo a sinistra per sofferenza radicolare. Marcia antalgica.

Negato il risarcimento del richiesto danno morale con la seguente motivazione: “Pertanto, posto che nel caso in esame non è stata data la prova del danno morale e inteso come “rappresentazione di uno stato d'animo di sofferenza interiore, che prescinde del tutto (pur potendole influenzare) dalle vicende dinamico-relazionali della vita del danneggiato” (Cass cit), tale voce di danno non può essere liquidata”.

CASO 2

Tribunale di Foggia, Ordinanza 620/2022 del 26/10/2022

Danno biologico accertato in CTU del 16%. Esame obiettivo: assenza dello stimolo defecatorio, per la defecazione utilizza Peristeen per lo svuotamento periodico del retto sigma.- Stato ansioso reattivo. Presenza in sede sovrapubica di dolore alla palpazione profonda in corrispondenza di laparocele mediano con porta erniaria di circa 2 cm riducibile ma non contenibile.

Negato il risarcimento del richiesto danno morale con la seguente motivazione: «esclusa la componente relativa al danno morale neppure specificamente allegato»

CASO 3

Tribunale di Napoli Nord, Sentenza del 2/3/2023

Danno biologico accertato in CTU del 16%. Esame obiettivo: Alla prova di Mingazzini non livellamento dei 4 arti. ROT iperelicitabili ai 4 arti. Segno di Babinski positivo a sinistra. Lieve dismetria alla prova indice naso, presenza di adiadococinesia alla prova di prona supinazione delle mani a braccia tese. Deambulazione autonoma con andatura tendenzialmente a base allargata.

Negato il risarcimento del richiesto danno morale con la seguente motivazione: «nel caso di specie, parte attrice non ha affatto assolto agli oneri di allegazione su di essa gravanti in difetto di indicazione e prova delle peculiarità del caso concreto che avrebbero potuto indurre il Giudice a procedere ad una personalizzazione del risarcimento»

CASO 4

Tribunale di Napoli, Sentenza n. 341/2023 del 12/01/2023

Danno biologico accertato in CTU del 22%. Esame obiettivo: Ginocchio asciutto, con rotula normomobile, non incrementato nel perimentro. La sua flessione è dolente negli ultimi 10°. Moderato, diffuso ispessimento di gamba, collo-piede e piede rispetto al controlato. I movimenti della tibio-tarsica sono ridotti poco più della metà, sottoastragalica libera. Deambulazione con lieve steppage a sinistra e con ausilio di bastone canadese.

Negato il risarcimento del richiesto danno morale con la seguente motivazione: “Nulla è dovuto a titolo di ristoro del danno da sofferenza (vecchia figura del danno morale) non essendo state dedotte e dimostrate adeguate e specifiche circostanze di fatto idonee ad integrare la richiamata voce di danno, se non con richiami a formule stereotipate non sufficienti a costituire prova in concreto del pregiudizio»

Conclusioni

La giurisprudenza di merito qui sopra riportata mostra chiaramente la tendenza a non tenere in alcun conto l'esame obiettivo redatto dal c.t.u. e il ragionamento presuntivo per giungere alla prova della sussistenza del danno morale.

Nel caso in cui questa giurisprudenza diventasse maggioritaria, si giungerebbe al paradosso di avere due regimi probatori differenti per il medesimo danno da sofferenza soggettiva, a seconda che i sentimenti provati dal danneggiato derivino dalla morte di un proprio congiunto o da un danno alla propria salute.

Ricordiamo, infatti, che sempre nel 2018, sempre relatore Dott. Rossetti, la Corte di Cassazione con la sentenza 3767/2018 ha confermato che, pur in caso di morte del fratello che vive all'estero, “l'esistenza stessa del rapporto di parentela deve far presumere secondo l'id quod plerumque accidit, la sofferenza del familiare superstite, […] non spettando alla madre e ai fratelli della vittima provare di avere sofferto per la morte del rispettivo figlio e fratello”.

Non si ritiene conforme al dettato dell'art. 3 della Costituzione l'ammissibilità del paradosso per cui oggi può essere sufficiente produrre un certificato anagrafico per provare la sofferenza per la morte di un fratello, ma si devono “articolare estenuanti capitoli di prova” (citando Cassazione 25164/2020) per provare il dolore, la vergogna, la disistima di sé sofferte a seguito di una sopravvenuta impossibilità nel deambulare o nell'espletare le funzioni fisiologiche primarie.

L'attacco al danno morale sferrato da una parte della magistratura di merito negli ultimi anni va fermato, usando come muri di contenimento l'apporto scientifico medico legale e la prova presuntiva, per difendere il diritto all'integrale risarcimento del danno alla salute.

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