Esclusa la responsabilità dell'amministratore verso il condominio per l'esecuzione di un contratto se l'assemblea ratifica anche tacitamente il suo operato

06 Marzo 2023

Con la sentenza in commento, il Supremo Collegio ha confermato la decisione di merito, che aveva escluso la responsabilità, nei confronti del condominio, del suo amministratore, il quale aveva dato esecuzione al contratto di appalto concernente i lavori di rifacimento del tetto, senza che, però, venissero rimosse e conferite in discarica, secondo la normativa di riferimento, le lastre in eternit di cui era composta la copertura dell'edificio, sul rilievo fondante che l'assemblea dei condomini fosse consapevole che i suddetti lavori non avrebbero potuto essere eseguiti in ragione dell'insufficienza del budget economico stanziato per essi.
Massima

In tema di condominio, l'amministratore non è responsabile per l'esecuzione di un contratto afferente a lavori straordinari sul bene comune, quando risulti, in modo univoco, la volontà dell'assemblea dei condomini, ancorché tacitamente espressa, di rendere efficace tale negozio, atteso che la ratifica consiste in una manifestazione di volontà del dominus diretta ad approvare l'operato del suo mandatario, per la quale non sono richieste formule sacramentali, occorrendo che la volontà di fare propri gli effetti del negozio già concluso sia manifestata in modo chiaro ed inequivoco, non necessariamente per iscritto, ma anche con atti o fatti che implichino necessariamente la volontà di far proprio il medesimo contratto ed i suoi effetti.

Il caso

La causa, sottoposta di recente all'esame del Supremo Collegio, traeva origine da una domanda, proposta da un Condominio, in qualità di committente, nei confronti dell'ex Amministratore e dell'Impresa appaltatrice, al fine di ottenere il risarcimento del danno derivante dall'inadempimento dell'Amministratore e dell'Impresa, per avere, il primo, abusivamente inserito nel contratto di appalto una clausola che - contrariamente a quanto in precedenza deliberato dall'assemblea - consentiva all'appaltatrice di non rimuovere le lastre di amianto, ma di procedere al loro incapsulamento, e per non avere, la seconda, eseguito i lavori a regola d'arte, con conseguenti danni da infiltrazioni.

Il Tribunale, istruita la causa con produzioni documentali e CTU, accoglieva parzialmente la domanda attorea e, per l'effetto, condannava l'Impresa al pagamento di una determinata somma in favore del Condominio, rigettando, però, l'altra pretesa risarcitoria, spiegata da quest'ultimo, nei confronti dell'ex Amministratore.

Sul gravame interposto dal soccombente, la Corte d'Appello confermava il provvedimento impugnato.

Con particolare riguardo alla censura relativa all'intervenuta ratifica tacita del Condominio in ordine all'operato dell'Amministratore e all'asserito potere di quest'ultimo di modificare il contenuto del contratto approvato dall'assemblea, il giudice distrettuale osservava, preliminarmente, che il Condominio aveva chiesto, in primo grado, il risarcimento del danno all'Amministratore e all'Impresa appaltatrice, sia per l'inserimento della clausola modificativa del regolamento contrattuale sia per la mancata esecuzione dei lavori a regola d'arte (da cui erano derivate infiltrazioni), mentre, in appello, aveva proposto la diversa domanda di risarcimento per i danni derivanti dalla mancata realizzazione di un nuovo tetto nuovo.

Quanto, poi, alla ripartizione dell'onere probatorio, la Corte territoriale affermava che, nella specie, non si poneva alcun problema circa la prova dell'inadempimento, avendo il Tribunale ritenuto che l'inserimento, da parte dell'ex Amministratore, della clausola contrattuale - che facoltizzava l'appaltatrice a procedere all'incapsulamento delle lastre (anziché alla loro integrale sostituzione) - esorbitava dai limiti del suo mandato, per cui, fermo l'inadempimento, spettava all'attore la prova del danno patito e del nesso causale tra il dedotto inadempimento e il danno, non sostanziandosi quest'ultimo nella circostanza dedotta dal Condominio di essere rimasto con il tetto vecchio, nonostante la corresponsione integrale del saldo all'impresa appaltatrice.

In proposito, il giudice di secondo grado accertava, però, che il Condominio, nel deliberare il conferimento dell'appalto alla ditta appaltatrice, era perfettamente a conoscenza dell'inadeguatezza dell'importo stanziato a coprire i costi per il totale rifacimento del tetto mediante la completa rimozione delle vecchie lastre di eternit e il loro smaltimento secondo la normativa di settore, circostanza, questa, confermata dalla perizia di un ingegnere, commissionata dallo stesso Condominio prima della realizzazione delle opere.

Aggiungeva il giudice di merito che, in tale situazione, il Condominio, nella successiva assemblea, prendendo atto dei dubbi manifestati dal perito sulla bontà dell'intervento proposto dalla ditta, conferiva mandato ad un condomino al fine di trovare una soluzione meno onerosa.

Sulla base di siffatte circostanze, la Corte d'Appello riteneva che, nel porre a fondamento della domanda risarcitoria il mancato rifacimento del tetto e lo smaltimento delle vecchie lastre in eternit, si sarebbe dovuto dimostrare la compatibilità dell'offerta della ditta e il prezzo pagato a quest'ultimo ad assolvere gli adempimenti di legge connessi alla rimozione delle lastre e al loro conferimento nella discarica autorizzata.

Infatti, stimato che il prezzo e il lavoro proposto dalla ditta convenuta erano chiaramente inadeguati rispetto all'entità del lavoro commissionato - anche a fronte della necessità di osservare la speciale normativa riguardante lo smaltimento dell'eternit - il Condominio non poteva pretendere un risarcimento del danno commisurato all'effettivo costo del totale rifacimento del tetto, avendo l'assemblea scartato le offerte delle ditte che includevano i costi della totale rimozione e del conferimento in discarica delle lastre in eternit secondo la normativa di riferimento.

La questione

Al fine di esaminare la fondatezza della pretesa risarcitoria avanzata dal Condominio, originario attore, si trattava di tener conto della condotta complessiva delle parti relativa all'esecuzione del contratto, al fine di verificare se il dedotto inadempimento dell'Amministratore si ponesse in rapporto causale con l'evento, per poi verificare la sussistenza del danno, segnatamente alla luce del collaudo finale dei lavori, attestante la sostituzione delle lastre e non l'incapsulamento delle stesse, come tale idoneo a dimostrare, appunto, la sussistenza del nesso causale e del danno, peraltro, dissimulando la sostituzione delle lastre così da far sembrare i lavori svolti apparentemente conformi a quanto deliberato dall'assemblea.

Le soluzioni giuridiche

I giudici di Piazza Cavour hanno ritenuto infondate le doglianze del Condominio, mandando conseguentemente assolto l'ex Amministratore da ogni responsabilità (seppur la motivazione della gravata sentenza è apparsa meritevole di correzione ai sensi dell'art. 384, comma 4, c.p.c.).

Invero, la Corte distrettuale, pur affermando che il problema dell'inadempimento non si pone, avendo il Tribunale ritenuto che, effettivamente, esorbitava dai limiti del mandato dall'assemblea l'inserimento della clausola che dava facoltà all'appaltatore di procedere all'incapsulamento delle lastre anziché alla loro sostituzione con un tetto nuovo, si è poi pronunciata - più che sulla questione relativa alla prova del danno risarcibile - sulla responsabilità dell'ex Amministratore, laddove ha valutato il comportamento tenuto dalle parti, accertando, di conseguenza, la sussistenza, in concreto, di una ratifica tacita da parte del Condominio dell'operato dello stesso Amministratore.

In altri termini, il giudice di secondo grado ha accertato che il Condominio, nel deliberare il conferimento dell'appalto alla Ditta, era perfettamente a conoscenza del fatto che il prezzo omnicomprensivo approvato - riguardante non solo il rifacimento del tetto, ma anche altri lavori pertinenti la palazzina - era del tutto insufficiente ed inidoneo a coprire i costi per il totale rifacimento del tetto che comportasse la rimozione delle vecchie lastre di eternit ed il loro smaltimento secondo la normativa di settore.

Inoltre, il giudice del gravame ha accertato che la proposta contrattuale della Ditta, accettata dal Condominio, non prevedeva specificamente i costi per lo smaltimento nella discarica autorizzata, ragion per la quale il Condominio, nella successiva assemblea, dava mandato ad un condomino al fine di giungere ad una soluzione meno onerosa (mandato che, poi, veniva assolto).

La Corte distrettuale ha, altresì, rilevato che il Condominio, in una successiva assemblea, aveva scartato le offerte delle Ditte concorrenti, che includevano nel prezzo - pari oltre al doppio dell'offerta originaria - i costi della totale rimozione e conferimento in discarica delle lastre in eternit in base alla vigente normativa.

Così ricostruita la vicenda, gli ermellini evidenziano che il giudice distrettuale ha comunque esteso la sua valutazione in ordine alla responsabilità contrattuale dell'Amministratore, rilevando l'assenza di responsabilità di quest'ultimo, stante la consapevolezza, da parte del Condominio, dell'impossibilità di realizzare un tetto nuovo per l'insufficienza del budget economico messo a disposizione per detti lavori, nonché il comportamento complessivamente osservato dallo stesso Condominio, dal quale è stata desunta un'accettazione tacita dell'operato dell'amministratore.

Osservazioni

La sentenza in commento si rivela in linea con l'insegnamento della magistratura di vertice, secondo la quale la ratifica consiste in una manifestazione di volontà del dominus, diretta ad approvare l'operato del rappresentante o del mandatario, per la quale non sono richieste formule sacramentali, occorrendo, però, che la volontà di fare propri gli effetti del negozio già concluso sia manifestata in modo chiaro ed inequivoco, non necessariamente per iscritto, ma anche con atti o fatti che implichino necessariamente la volontà di far proprio il contratto e i suoi effetti (Cass. civ., sez. III, 12 gennaio 2016, n. 408; Cass. civ., sez. I, 8 aprile 2004, n. 6937); ne deriva l'ammissibilità della ratifica tacita quando, dal contegno del dominus o del mandante, risulti in modo univoco la volontà di rendere efficace il negozio.

Nella specie, la Corte del merito, facendo buon governo delle regole sul riparto dell'onere probatorio di cui all'art. 1218 c.c., valutati i documentali allegati dall'ex Amministratore, ha escluso la responsabilità da inadempimento di quest'ultimo e, quindi, la fondatezza dell'istanza risarcitoria avanzata, nei suoi confronti, dal Condominio attore: invero, in tema di prova dell'inadempimento di un'obbligazione, costituisce ius receptum che il creditore, il quale agisce per la risoluzione del contratto e/o per il risarcimento del danno, deve solo provare la fonte negoziale o legale del suo diritto, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre grava sul debitore l'onere probatorio dell'esatto adempimento, dell'impossibilità sopravvenuta della prestazione o della non riferibilità dell'inadempimento al debitore (v., ex multis, Cass. civ., sez. II, 21 maggio 2019, n. 13685; Cass. civ., sez. VI, 12 ottobre 2018, n. 25584).

La sentenza in commento si pone, altresì, nella stessa lunghezza d'onda dei principi codicistici in materia condominiale, rimasti sostanzialmente invariati anche a seguito della parziale riforma della normativa di settore di cui alla l. n. 220/2012.

Basti pensare, da un lato, all'art. 1129 c.c., che rimette all'assemblea la nomina e la revoca dell'amministratore, e, dall'altro, all'art. 1131 c.c., secondo cui l'amministratore ha la rappresentanza dei partecipanti nei limiti delle attribuzioni stabilite dall'art. 1130 c.c. “o dei maggiori poteri conferitigli dal regolamento di condominio o dall'assemblea”: il tutto milita, quindi, per delineare l'amministratore in una posizione subalterna dell'amministratore nei confronti dell'assemblea, trovando ciò conferma nell'immutato art. 1133 c.c., che ammette il ricorso all'assemblea da parte dei singoli condomini contro i provvedimenti dell'amministratore, permettendo così alla prima di riesaminare, anche nel merito, i provvedimenti adottati dal secondo.

Pertanto, si consente all'assemblea di riesaminare i provvedimenti presi dall'amministratore, e ciò consegue, come logico corollario, anche dal rapporto di mandato, espressamente sancito dal novellato art. 1129, comma c.c., nel senso che l'assemblea, quale mandante, può sia annullare il provvedimento del mandatario (se lo ritiene non conforme alla legge o al regolamento oppure solamente inopportuno), sia, come nel caso di specie, ratificarlo (facendo così proprio il suo operato, ma non potendo avare pretese risarcitorie di sorte).

D'altronde, quanto sopra si rileva coerente con il carattere aperto dell'elencazione legislativa delle attribuzioni riconosciute all'assemblea condominiale: infatti, in quanto organo destinato ad esprimere la volontà collettiva dei partecipanti, l'assemblea può adottare qualunque provvedimento, anche non previsto dalla legge o dal regolamento di condominio, incontrando - a differenza dell'amministratore, i cui maggiori poteri sono regolati dal citato art. 1131 c.c. - il solo limite del perseguimento di finalità extracondominiale.

L'effettività del controllo dell'assemblea sull'operato dell'amministratore impone, così, l'affidamento all'organo collegiale di entrambe le fasi dell'impugnazione: quella rescindente, consistente nell'annullamento o nella revoca del provvedimento dell'amministratore viziato, ma anche quella rescissoria, che comporta l'adozione di un nuovo atto di gestione destinato a sostituire il primo.

Applicazione dei summenzionati principi è stata fatta, in passato, dai magistrati del Palazzaccio (Cass. civ., sez. II, 13 agosto 1985, n. 4437), i quali, in una fattispecie che registrava il licenziamento del portiere di un edificio condominiale disposto dall'amministratore, ai sensi dell'art. 1130, n. 2), c.c., non hanno escluso il potere dell'assemblea, la quale era intervenuta sul medesimo oggetto su richiesta dell'amministratore per ratificarne l'operato, di revocare il licenziamento stesso.

Riferimenti

Benedetti, La responsabilità dell'amministratore condominiale nel contratto di appalto, in Amministr. immobili, 2017, fasc. 219, 14;

Cirla, L'amministratore: un mandatario che deve gestire il condominio nel rispetto della legge, in Immob. & proprietà, 2013, 143;

Russo, La polizza globale fabbricati: responsabilità di condomini e amministratore, in Immob. & proprietà, 2003, 147;

De Tilla, Sui poteri dell'amministratore di condominio e sulla ratifica del suo operato, in Riv. giur. edil., 1992, I, 856;

Tortorici, Il contratto di appalto: la responsabilità dell'amministratore condominiale, in Arch. loc. e cond., 1989, 629.

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