Rinnovo dei contratti a termine, somministrazione e trasparenza: la legge di conversione modifica ma non risolve tutte le questioni del Decreto lavoro

05 Luglio 2023

L'articolo proposto ha l'obiettivo di analizzare sinteticamente le novità apportate dal testo di legge n. 85/2023, che ha convertito il d.l. n. 48/2023, c.d. Decreto lavoro. Sarà oggetto di analisi la disciplina dei contratti a termine, che allarga il proprio spettro nei confronti dei rinnovi a-causali, rimanendo purtuttavia ancora presenti varie criticità, oggetto di riflessione. Vengono anche affrontati i temi riguardanti la somministrazione, lo smart working e gli obblighi informativi; questi ultimi oggetto di leggera revisione per quanto concerne la possibilità di rimando al contratto collettivo applicabile ed alla legge per l'assolvimento degli obblighi in capo al datore di lavoro.

È stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale la legge 3 luglio 2023, n. 85 di conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 4 maggio 2023, n. 48 (c.d. Decreto lavoro) recante «Misure urgenti per l'inclusione sociale e l'accesso al mondo del lavoro».

Di seguito le principali novità introdotte dalla l. n. 85/2023 per i contratti a termine e di somministrazione; contratto di espansone; obblighi di informativa ex d.lgs. n. 104/2022, c.d. Decreto Trasparenza; prestazioni occasionali e proroga dello smart working.

Contratti a termine

Per quanto concerne i contratti a termine, con la conversione in legge del Decreto lavoro, la più rilevante modifica riguarda la previsione dell'a-causalità allargata anche nel caso in cui si opti per il rinnovo del contratto, sempre nel limite dei primi 12 mesi. In altre parole, il contratto può essere prorogato e/o rinnovato liberamente nei primi 12 mesi e, successivamente, solo in presenza delle causali di cui all'articolo 19, comma 1, che vengono confermate nella forma e nella sostanza già previste dal Decreto lavoro, quali:

1. in presenza di specifiche previsioni previste dalla contrattazione collettiva ex art. 51 del d.lgs. n. 81/2015 (contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e i contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro RSA/RSU);

2. in assenza di regolamentazione da parte della contrattazione collettiva, qualora le ragioni tecniche, organizzative e produttive siano individuate (e riportate nel contratto) dalle parti contraenti, e quindi datore di lavoro e lavoratore, ma solo fino al 31 dicembre 2024;

3. per sostituire altri lavoratori.

A tal fine, nel computo dei dodici mesi, non si tiene conto del periodo temporale previsto dai contratti stipulati prima del 5 maggio 2023. Resta incondizionato il limite massimo di 4 rinnovi/proroghe, nonché il limite massimo dei 24 mesi di durata per i contratti a termine, purché siano rispettate le causali indicate dalla norma.

Sebbene tutti fossero in attesa di un intervento forte sulla tematica delle causali (magari eliminandole del tutto), il testo di legge lascia inalterata la disposizione sulle causali, introducendo comunque l'importante possibilità del rinnovo a-causale nei primi 12 mesi.

A primo impatto, se da un lato questa misura potrebbe sostenere i datori di lavoro, che hanno una chiara facilità di rinnovare nei primi 12 mesi il contratto tempo determinato, dall'altro lato potrebbe portare a maggiore instabilità per i lavoratori dipendenti, che potrebbero trovarsi di fronte ad un numero di rinnovi maggiore prima di poter accedere ad una condizione stabile alle dipendenze del proprio datore di lavoro.

La legge di conversione ha lasciato altresì pendenti molteplici questioni, già sorte in verità in sede di pubblicazione del Decreto lavoro, in merito ai contratti a termine, in ragione dell'applicazione delle causali previste dall'art. 19 del d.lgs. n. 81/2015. In particolare, non sono stati dati limiti, misure e forma sulle ragioni tecniche – organizzative – produttive che dovrebbero seguire alla scelta rimessa alle parti quale causale scelta, nel silenzio nella contrattazione collettiva. Ma altresì, il dato attuale ci riporta una contrattazione collettiva che non presenta in ogni settore l'esplicazione di causali che possano fare alla casistica richiesta in sede di rinnovo/proroga superiore a 12 mesi.

Se è vero che il termine del 30 aprile 2024 dovrebbe servire alle organizzazioni sindacali per adeguarsi, non sono state fornire delle linee giuda adeguate al fine di comprendere se sarà pur sempre necessario osservare specifici e limitati requisiti produttivi, tecnici od organizzativi – la cui definizione, tra l'altro, non è operazione del tutto facile - oppure la contrattazione collettiva potrà prescindere da questi parametri e trovare delle causali ad hoc e scelte con tutti i partecipanti sociali.

Altra questione che potrebbe restare pendente riguarda, il caso in cui dopo l'accordo individuale, intervenga la disciplina della contrattazione collettiva dapprima assente. Il legislatore non ha fornito una risposta chiara; in previsione, anche in virtù della carente contrattazione collettiva, ci sarà un eccessivo ricorso alla contrattazione tra le parti, che però dovrebbe venire meno nel caso in cui la contrattazione collettiva regoli le causali. Ma in caso di contrasto tra causali, quale delle due dovrebbe sopravvivere? La risposta verrà sicuramente fornita dalla casistica, anche se da una prima lettura, si potrebbe sostenere la rimanenza delle statuizioni pattizie rispetto ad una contrattazione collettiva intervenuta successivamente, a condizione che la causale di rinnovo/proroga inserita tra le parti è in linea con il rispetto delle previsioni di legge, salvo poi non farne più ricorso successivamente.

Per il resto viene confermato l'attuale struttura dei contratti a termine prevista dal d.lgs. n. 81/2015.

Contratti di somministrazione

Con riferimento alla somministrazione, il Decreto lavoro interviene sulle modalità di calcolo della soglia per l'assunzione dei lavoratori somministrati a tempo indeterminato. Come è noto, il d.lgs. n. 81/2015 prevede, per l'utilizzatore, limiti quantitativi all'utilizzo di lavoratori forniti in somministrazione. Orbene, il testo modificato con la conversione del Decreto lavoro, stabilisce che nella soglia di utilizzo della somministrazione a tempo indeterminato (20% dei lavoratori a tempo indeterminato occupati presso l'utilizzatore) non si computano i lavoratori assunti con contratto di apprendistato, i percettori di ammortizzatori sociali e lavoratori svantaggiati rientranti nelle categorie individuate dalla normativa comunitaria.

La modifica portata in tema di somministrazione sicuramente potrà avere il migliore impatto nei confronti delle imprese che ricorrono a questa tipologia contrattuale, in previsione del fatto che il numero dei somministrati può aumentare esponenzialmente alla luce delle categorie di lavoratori non assoggettati nel computo.

Obblighi informativi sul rapporto di lavoro

Altro intervento sul Decreto lavoro operato dalla legge di conversione riguarda la modifica dell'articolo 26 dello stesso, che a sua volta novella l'articolo 1 del decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 152 (così modificato dal d.lgs. n. 104/2022 c.d. Decreto Trasparenza). Il nuovo articolo approvato stralcia la fattispecie di cui alla lettera p) dell'articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 152 dall'elenco delle ipotesi in cui è consentito assolvere gli oneri informativi verso il lavoratore ricorrendo all'indicazione del riferimento normativo o del contratto collettivo, anche aziendale, che ne disciplina le materie. In particolare, quindi, dovrà essere inserito il riferimento esplicito nel contratto di lavoro quando il rapporto di lavoro, caratterizzato da modalità organizzative in gran parte o interamente imprevedibili, non prevede un orario normale di lavoro programmato, e si dovrà informare dettagliatamente il lavoratore circa:

1. la variabilità della programmazione del lavoro, l'ammontare minimo delle ore retribuite garantite e la retribuzione per il lavoro prestato in aggiunta alle ore garantite;

2. le ore e i giorni di riferimento in cui il lavoratore è tenuto a svolgere le prestazioni lavorative;

3. il periodo minimo di preavviso a cui il lavoratore ha diritto prima dell'inizio della prestazione lavorativa e, ove ciò sia consentito dalla tipologia contrattuale in uso e sia stato pattuito, il termine entro cui il datore di lavoro può annullare l'incarico;

Per il resto, restano invariate le disposizioni precedentemente introdotte, prevedendo che possono ritenersi adempiuti anche con la sola indicazione del riferimento normativo e/o del contratto collettivo (anche aziendale) gli obblighi informativi di cui alle lettere h), i), l), m), n), o) e r) del comma 1 del d.lgs. n. 152/1997 relativi a:

- la durata del periodo di prova;

- il diritto a ricevere la formazione erogata dal datore di lavoro;

- la durata del congedo per ferie nonché degli altri congedi retribuiti cui ha diritto il lavoratore;

- la procedura, la forma e i termini del preavviso in caso di recesso del datore di lavoro o del lavoratore;

- l'importo iniziale della retribuzione o comunque il compenso e i relativi elementi costitutivi, con l'indicazione del periodo e delle modalità di pagamento;

- la programmazione dell'orario normale di lavoro e le eventuali condizioni relative al lavoro straordinario e alla sua retribuzione nonché le eventuali condizioni per i cambiamenti di turno, se il contratto di lavoro prevede un'organizzazione dell'orario di lavoro in tutto o in parte prevedibile;

- le informazioni, qualora il rapporto di lavoro non preveda un orario normale di lavoro programmato, riguardanti la variabilità della programmazione del lavoro, l'ammontare minimo delle ore retribuite garantite, la retribuzione per il lavoro prestato in aggiunta alle ore garantite, le ore e i giorni di riferimento in cui il lavoratore è tenuto a svolgere le prestazioni lavorative, il periodo minimo di preavviso a cui il lavoratore ha diritto prima dell'inizio della prestazione lavorativa e, ove ciò sia stato pattuito, il termine entro cui il datore di lavoro può annullare l'incarico;

- per sistemi automatizzati, che sono stati oggetto fin da subito di molte interpretazioni, da adesso ne dovrà essere data informativa solo se questi sono “integralmente automatizzati”. In buona sostanza il Decreto lavoro, ha armonizzato questo punto alle linee giuda del Ministero Lavoro, con Circolare n. 19 del 20 settembre 2022, secondo cui: «Nella sostanza, il decreto legislativo richiede che il datore di lavoro proceda all'informativa quando la disciplina della vita lavorativa del dipendente, o suoi particolari aspetti rilevanti, siano interamente rimessi all'attività decisionale di sistemi automatizzati […] Diversamente, non sarà necessario procedere all'informativa nel caso, ad esempio, di sistemi automatizzati deputati alla rilevazione delle presenze in ingresso e in uscita, cui non consegua un'attività interamente automatizzata finalizzata ad una decisione datoriale»;

- gli enti e gli istituti che ricevono i contributi previdenziali ed assicurativi dovuti dal datore di lavoro e qualunque forma di protezione in materia di sicurezza sociale fornita dal datore di lavoro stesso.

Resta quindi confermata la direzione del legislatore che ha ridotto nettamente gli oneri in capo al datore di lavoro, allineandosi maggiormente con la direttiva comunitaria recepita attraverso il d.lgs. n. 104/2022.

La scelta di togliere la lettera p) dell'articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 152 potrebbe essere stata dettata dal fatto che si è cercato di tutelare maggiormente quelle situazioni lavorative dove, in presenza di una forte turnazione, immagino ad esempio all'interno di strutture turistiche, al lavoratore debbano essere garantita una miglior trasparenza su orario, retribuzione e risposo. Altresì ritengo che questa impostazione sarà maggiormente tutelante per quelle categorie di contratti maggiormente non sorretti da stabilità, come ad esempio il contratto intermittente (c.d. Job on Call), favorendo il lavoratore che potrà avere una più chiara conoscenza delle ore previste, della retribuzione per ora, ma soprattutto per quanto riguarda il preavviso della chiamata, nonché della possibilità di annullare la stessa.

Contratto di espansione

Infine, quale intervento di rilevanza, l'art. 25 si integra l'art. 41 del d.lgs. n. 148/2015 in tema di contratto di espansione, prevedendo che, fino al 31 dicembre 2023, per consentire la piena attuazione dei piani di rilancio dei gruppi di imprese che occupano più di 1.000 dipendenti, per i contratti di espansione di gruppo stipulati entro il 31 dicembre 2022 e non ancora conclusi, è possibile, con accordo integrativo in sede ministeriale, rimodulare le cessazioni dei rapporti di lavoro entro un arco temporale di 12 mesi successivi al termine originario.

Prestazioni occasionali

Per gli utilizzatori che operano nei settori dei congressi, delle fiere, degli eventi, degli stabilimenti termali e dei parchi divertimento:

- è elevato da € 10.000 a € 15.000 il limite annuo complessivo dei compensi dovuti da ciascun soggetto alla totalità dei prestatori occasionali dal medesimo utilizzati;

- possono ricorrere alle prestazioni occasionali i soggetti che occupano fino a 25 lavoratori subordinati a tempo indeterminato.

Si è poi optato per un'ulteriore semplificazione delle modalità di acquisto e utilizzo delle prestazioni mediante “Libretto Famiglia” prevedendo la possibilità che il libretto venga acquistato presso le rivendite di generi di monopolio.

Proroga dello smart working

Durante l'iter di conversione sono stati inseriti l'art. 28-bis e l'art. 42, comma 3-bis recanti proroghe in materia di lavoro agile fino al:

- 30 settembre 2023 per i lavoratori dipendenti pubblici e privati rientranti nelle condizioni individuate dal D.M. 4 febbraio 2022;

- 31 dicembre 2023 per i soggetti fragili e i lavoratori genitori di figli under 14 di richiedere che la prestazione di lavoro sia svolta in modalità di lavoro agile, a condizione che (i) nel nucleo familiare non vi sia altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito con sospensione o cessazione dell'attività lavorativa, o privo di impiego (ii) siano ritenuti maggiormente esposti al rischio COVID-19, in ragione dell'età o della condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti di malattie oncologiche o comorbilità, sulla base di valutazioni opportunatamente certificate dal medico competente ove presente.

V. anche le news: Decreto lavoro convertito in legge: le novità introdotte, in particolare su contratti a termine, di espansione, somministrazione e misure di inclusione sociale; Decreto lavoro: in sintesi le novità operate in sede di conversione in legge

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