Fideiussione plurima o co-fideiussione? La Cassazione ribadisce la netta distinzione tra fattispecie
26 Luglio 2023
Massima In caso di fideiussione prestata da una pluralità di garanti, ricorre l'ipotesi della co-fideiussione, con conseguente possibilità di esercitare l'azione di regresso ai sensi art. 1304 c.c., quando possa riconoscersi un vincolo di solidarietà tra più fideiussori ed un unico debitore e, a tal fine, è necessario che la garanzia sia prestata per il medesimo debito, anche se non contestualmente, nella reciproca consapevolezza dell'esistenza dell'altrui garanzia e con l'intento di garantire congiuntamente il medesimo debito; quando invece non vi sia solidarietà tra i fideiussori - perché risultano prestate distinte fideiussioni da diversi soggetti in tempi successivi e con atti separati, senza alcuna manifestazione di reciproca consapevolezza tra essi o, al contrario, con espressa convenzione con il creditore volta a tenere differenziata la propria obbligazione da quella degli altri e, in ogni caso, se manchi un collegamento correlato ad un interesse comune da parte dei fideiussori - la fideiussione deve qualificarsi "plurima" e non trova applicazione l'art. 1304 c.c. Il caso Su ricorso della banca creditrice, il Tribunale di Firenze ingiungeva a una società e a quattro garanti (anche soci della debitrice) il pagamento dell’importo di oltre 800 mila euro per capitale, derivante da scoperto di conto corrente. Uno dei garanti proponeva opposizione a decreto ingiuntivo, sostenendo che la banca avesse erroneamente presupposto l’esistenza di quattro distinte fideiussioni; al contrario, secondo l’opponente, i quattro soci-garanti avevano prestato un’unica co-fideiussione per Euro 500 mila, già interamente escussa, e per tale ragione chiedeva la revoca del decreto ingiuntivo; in via di subordine affermava l’attore che, in ogni caso, egli avrebbe dovuto rispondere al più nei limiti dell’affidamento in conto corrente garantito - pari ad Euro 700 mila -, chiedendo perciò la riduzione della somma oggetto d’ingiunzione, in ragione dell’importo già escusso. Per contro, la banca argomentava che i garanti avevano prestato plurime fideiussioni, trattandosi peraltro di fideiussioni c.d. omnibus. Pronunciando sull’opposizione, il Tribunale respingeva la tesi della co-fideiussione, condannando l’opponente al pagamento della minor somma di circa 300 mila euro, tenuto conto dell’importo già versato alla banca da uno dei fideiussori. In accoglimento dell’appello proposto dal garante soccombente in primo grado, la Corte d’appello di Firenze riformava la decisione del Tribunale, ritenendo che nulla fosse dovuto all’istituto di credito. A tale conclusione la Corte territoriale perveniva sul rilievo che i distinti atti negoziali, con cui i soci avevano prestato la garanzia fideiussoria in favore della società, integravano a ben vedere un’unica operazione; e ciò in virtù di una serie di inequivoci e concordanti elementi, presuntivi della reciproca consapevolezza, in capo a ciascun garante, del collegamento della propria obbligazione con quella degli altri. Tra gli indici valorizzati dal giudice d’appello spiccano: (i) il vincolo societario - il fatto cioè che i garanti fossero anche soci della debitrice principale -, significativo del comune interesse dei (co)fideiussori; (ii) la sostanziale contestualità, comprovata dal fatto che la garanzia era stata assunta dai quattro soci in pari data, e con lo stesso testo contrattuale; (iii) l’unicità del debitore e del credito. In questa prospettiva, secondo la Corte fiorentina, emergeva con evidenza il nesso tra le obbligazioni di garanzia, senza che potesse rilevare, in senso contrario, la mancata esplicitazione del collegamento nei singoli atti negoziali, atteso che in materia di fideiussione la manifestazione di volontà non deve necessariamente rivestire la forma scritta. A supporto della qualificazione unitaria dell’operazione, la Corte d’appello valorizzava altresì l’esistenza: (a) di un estratto dell’archivio della centrale-rischi della Banca d’Italia, riferito a uno dei garanti, da cui emergeva il riferimento a tutti i fideiussori quali cointestatari dell’importo garantito di 500 mila euro, nonché (b) di una segnalazione della stessa banca creditrice alla centrale-rischi, nella quale i garanti erano parimenti indicati quali cointestatari dell’importo garantito. In un simile contesto probatorio, non appariva significativa la clausola, inserita negli accordi negoziali, a tenore della quale la garanzia avrebbe avuto effetto “indipendentemente da qualsiasi garanzia personale o reale già esistente o che fosse in seguito prestata”; secondo la Corte territoriale, infatti, si trattava di clausola di stile, non preclusiva della possibilità di ricondurre l’impegno dei garanti alla fattispecie della co-fideiussione. La questione La questione giuridica in esame attiene alla qualificazione, in termini di co-fideiussione ai sensi dell'art. 1946 c.c. (vale a dire, l'assunzione di una garanzia da parte di più fideiussori obbligati in solido), di separati atti negoziali, sottoscritti dai garanti anche in tempi successivi, ma nella reciproca consapevolezza della altrui obbligazione. A tal fine, si tratta di individuare i presupposti in presenza dei quali ritenere integrata: (a) la fattispecie della co-fideiussione, la quale dà ingresso alla disciplina della solidarietà passiva ai sensi dell'art. 1292 s. c.c.: si pensi alla regola per cui il pagamento dell'intero, ad opera di uno dei coobbligati, estingue il debito; ed al conseguente diritto regresso nei rapporti tra condebitori; e non invece (b) una mera pluralità di fideiussioni distinte, prestate per il medesimo importo (potendo il creditore escutere ciascuna di esse in via indipendente, così cumulando le garanzie fino alla concorrenza del debito principale). Le soluzioni giuridiche Nel rigettare il ricorso della banca creditrice - sostanzialmente volto all'inammissibile riesame dei fatti, sulla cui base il giudice d'appello aveva ritenuto perfezionata la fattispecie ai sensi art. 1946 c.c., con l'ordinanza in commento la Corte di cassazione ha dato seguito ai principi di legittimità in materia di co-fideiussione, ribadendo la distinzione rispetto all'ipotesi delle fideiussioni plurime. Nella specie, anche qualora siano stipulati diversi atti negoziali, da parte di più fideiussori a garanzia del medesimo debito, può ritenersi integrata l'ipotesi della co-fideiussione, in presenza di taluni indici comprovanti lo stretto collegamento teleologico di tali atti siccome diretti alla costituzione di un'unica garanzia in solido. In particolare, sulla scia di alcuni precedenti, la Corte ha ribadito che, perché ricorra la fattispecie della co-fideiussione, è necessario ravvisare l'intento, comune a tutti i fideiussori, “di collegarsi reciprocamente nella garanzia del debito principale verso lo stesso creditore garantito” (Cass. 12 settembre 2011 n. 18650), non essendo necessaria una manifestazione di volontà contestuale, e ben potendo le fideiussioni essere contratte in tempi successivi e separatamente. L'istituto in esame, come puntualizza la Suprema Corte, è invero caratterizzato da un collegamento tra le obbligazioni assunte dai singoli fideiussori, “mossi consapevolmente, anche se non contestualmente, dal comune interesse di garantire lo stesso debito ed il medesimo creditore, salva la divisione dell'obbligazione nei rapporti interni in virtù del diritto di regresso, che, ex art. 1954 c.c., spetta a colui che ha pagato per l'intero” (Cass. 24 febbraio 2016 n. 3628). Non si tratterà invece di co-fideiussione, ma di fideiussioni plurime, laddove (sempre a fronte di atti separati, conclusi in tempi diversi) non sia riscontrabile alcuna manifestazione di reciproca consapevolezza tra fideiussori, e quindi alcun intento di garantire congiuntamente il debito, tanto più se con espressa convenzione, volta a tenere differenziate le obbligazioni dei garanti; e in ogni caso “se manchi un collegamento correlato ad un interesse comune da parte dei fideiussori” (cfr. Cass. 14 luglio 2010 n. 16561). In definitiva, per potersi parlare di co-fideiussione, occorre il riscontro e di un elemento di segno oggettivo, rappresentato dal collegamento tra gli atti negoziali e dalla presenza di un interesse comune in capo ai fideiussori (nel caso in esame, comprovato dal vincolo societario); e di un elemento di carattere soggettivo, costituito dall'intento di prestare congiuntamente la garanzia, nella consapevolezza del nesso che geneticamente connota le reciproche obbligazioni. Trattasi, come ben si vede, di requisiti complementari e per così dire inscindibili, che definiscono il peculiare profilo causale dell'operazione, e destinati a un apprezzamento unitario da parte del giudice di merito. Non a caso, l'ordinanza in esame pone l'accento sulla corretta interpretazione della volontà delle parti, in applicazione dei canoni di ermeneutica negoziale, volti a individuare la comune intenzione dei contraenti in armonia con la causa concreta del rapporto, escludendo interpretazioni contrastanti con gli interessi che le parti abbiano voluto effettivamente perseguire. Osservazioni La distinzione tra co-fideiussione e fideiussioni plurime non ha rilievo meramente astratto: nettamente diverse si rivelano infatti, all'atto pratico, le conseguenze della alternativa qualificazione giuridica, sia per il creditore che per i fideiussori (oltre che, evidentemente, per il debitore principale). Se ricorre un'ipotesi di co-fideiussione, il creditore potrà rivolgersi a ciascuno dei garanti-coobbligati, ma una volta ottenuto da alcuno dei fideiussori il pagamento dell'intero, nulla potrà più pretendere dagli altri, secondo la disciplina della solidarietà passiva; in altri termini, il creditore potrà escutere la garanzia una tantum. Per converso, nei rapporti interni, al co-fideiussore che abbia pagato l'intero spetta il diritto di regresso pro quota nei confronti degli altri garanti. Nel caso di fideiussioni plurime, stante la piena autonomia dei rapporti tra creditore e garanti, e la mancanza di un vincolo solidale, non è configurabile l'azione di regresso tra fideiussori (ammettendosi unicamente la surroga, nei diritti del creditore soddisfatto, del garante che abbia estinto l'obbligazione garantita: solo per tal via il solvens potrà allora rivolgersi agli altri fideiussori; si veda Cass 16 novembre 2017 n. 27243). Dal canto suo, il creditore potrà giovarsi della cumulativa escussione delle distinte garanzie, sino all'integrale estinzione del debito principale: ciò che rappresenta un indubbio vantaggio specie laddove, come nel caso concreto di cui all'ordinanza in commento, il debito complessivo sia di importo ben superiore a quello oggetto di fideiussione. Visti i notevoli risvolti pratici della questione, si rivelano assai utili le coordinate tracciate dall'elaborazione giurisprudenziale, per discernere tra l'una e l'altra figura. Peraltro, come si può cogliere dalla recente ordinanza della Suprema Corte, se la distinzione tra co-fideiussione e fideiussioni plurime appare assai nitida sul piano degli elementi costitutivi di fattispecie, meno immediata può divenire la ricognizione della reale intenzione delle parti, soprattutto a fronte di indici non sempre univoci. Decisiva rimane quindi la delicata operazione ermeneutica affidata, caso per caso, al giudice di merito, tesa a far emergere il concreto assetto causale del rapporto, secondo la volontà delle parti. Bussole di inquadramentoPotrebbe interessarti |