Le opere parzialmente interrate devono rispettare le distanze legali

Redazione scientifica
01 Agosto 2023

Nella vicenda in esame i giudici erano stati chiamati a valutare la violazione delle distanze legali da parte del convenuto che aveva realizzato un solaio di copertura di un piano interrato con sporgenza di 15 cm dell'estradosso del manufatto di nuova realizzazione. In sede di merito però non erano stati valutati né la complessità dell'opera, né la sua sporgenza dal suolo e dal livello del fondo contiguo.

In seguito alla denuncia di nuova opera sporta dalla società attrice nei confronti del confinante relativamente al solaio di copertura del piano interrato realizzato in violazione delle distanze legali ed urbanistiche, il Tribunale di Brindisi ordinava la sospensione dei lavori e la successiva demolizione. In sede di appello, la decisione veniva ribaltata e la questione è dunque giunta all'attenzione della Cassazione su ricorso della società soccombente.

Il ricorso lamenta che la Corte territoriale abbia ritenuto che il manufatto non rientrasse nel concetto di costruzione perché interamente interrato (l'estradosso fuoriusciva di solo 15 cm), mentre secondo quanto risultava dalla CTU l'opera si trovava fuori terra rispetto al piano di calpestio di oltre 3 metri. La censura risulta fondata.

Come affermato dalla giurisprudenza, in tema di distanze legali l'art. 873 c.c. «nello stabilire per le costruzioni su fondi finitimi la distanza minima di tre metri dal confine o quella maggiore fissata dai regolamenti locali, va interpretato, in relazione all'interesse tutelato dalla norma, nel senso che la nozione di "costruzione" comprende qualsiasi manufatto avente caratteristiche di consistenza e stabilità, o che emerga in modo sensibile dal suolo, sporgendone stabilmente, e che, per la sua consistenza, abbia l'idoneità a creare intercapedini pregiudizievoli alla sicurezza ed alla salubrità del godimento della proprietà (Cass., sez. 2, 17 dicembre 2012, n. 23189), senza riferirsi necessariamente ad un edificio ma ad un qualsiasi manufatto (come un'autorimessa o una tettoia), avente le suddette caratteristiche» (Cass. civ. sez. II n. 15282/2005; Cass. civ. sez. II n. 3199/2002).

Esiste dunque una nozione unica di costruzione, consistente in qualsiasi opera non completamente interrata avente i caratteri della solidità ed immobilizzazione rispetto al suolo, indipendentemente dalla tecnica costruttiva adoperata, la quale non può essere modificata dai regolamenti comunali, sia pure al limitato fine del computo delle distanze legali, poiché il rinvio contenuto nella seconda parte dell'art. 873 c.c. ai regolamenti locali, costituenti norme secondarie, è circoscritto alla sola facoltà di stabilire una distanza maggiore (Cass. civ. sez. II n. 23843/2018).

Ancora, è stato chiarito che l'art. 873 c.c. non comprende né le opere completamente realizzate nel sottosuolo né i manufatti che non si elevino oltre il livello del suolo, non ricorrendo per le une o per gli altri la ragione giustificatrice della norma stessa (Cass. sez. II n. 2956/1996), mentre il parziale interramento del manufatto rileva ai fini delle distanze allorché, oltre ad avere le caratteristiche di solidità, stabilità e immobilizzazione dal suolo, presenti un collegamento fisso ad un corpo di fabbrica contestualmente realizzato o preesistente, e ciò indipendentemente dal livello di posa ed elevazione dell'opera stessa (Cass. sez. II n. 23856/2018).

Nel caso di specie, tali principi sono stati disattesi essendosi la Corte territoriale limitata a valorizzare la sporgenza di soli 15 cm. dell'estradosso del solaio del manufatto di nuova realizzazione, senza tener conto né della complessità dell'opera, né della sua sporgenza dal suolo e dal livello del fondo contiguo, così pervenendo ad un giudizio parziale.

Il ricorso viene dunque accolto e la sentenza impugnata viene cassata con rinvio alla Corte d'appello di Lecce.

Fonte: dirittoegiustizia.it

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