Verbale assembleare

Alberto Celeste
25 Settembre 2017

La verbalizzazione di tutto ciò che accade in sede di assemblea di condominio costituisce un'attività molto delicata; premesso che la redazione del verbale delle deliberazioni condominiali consacra la determinazione volitiva del consesso assembleare, dalla predetta funzione documentale si ricava anche il contenuto minimo che tale verbale deve possedere; stante che la funzione del verbale è soprattutto quella di documentare la valida costituzione dell'assemblea, la formazione della volontà dell'organo gestorio e il contenuto della decisione adottata, nel predetto verbale devono essere riportati gli elementi indispensabili per verificare la validità della costituzione dell'assemblea e delle sue deliberazioni.
Inquadramento

Il verbale ha una funzione importante all'interno delle dinamiche condominiali in quanto costituisce il resoconto scritto di tutto quanto è stato fatto e detto in assemblea (corrispondendo, grosso modo, al verbale dell'udienza del processo civile di cui agli artt. 126 e 130 c.p.c.).

Il verbale assembleare non va confuso, però, con la deliberazione, che costituisce un fatto che esiste a prescindere dal verbale e, per ipotesi, potrebbe esistere un verbale di un'adunanza che non contenga alcuna decisione.

A ben vedere, il codice civile detta solo una concisa norma relativamente al suddetto verbale: infatti, l'ultimo comma dell'art. 1136 c.c. stabilisce soltanto che «delle riunioni dell'assemblea si redige processo verbale da trascrivere nel registro tenuto dall'amministratore».

Le modifiche introdotte sul punto dalla l. n. 220/2012 riguardano, direttamente, l'oggetto della verbalizzazione, che prima faceva riferimento alle sole «deliberazioni» e, indirettamente, lo stesso «registro dei verbali delle assemblee» - rientrante tra le attribuzioni dell'amministratore, come delineate in maniera particolareggiata dal novellato art. 1130, n. 7), c.c. - in cui devono, altresì, essere annotate anche «le eventuali mancate costituzioni … nonché le brevi dichiarazioni rese dai condomini che ne hanno fatto richiesta».

Il contenuto minimo

Il contenuto del verbale va necessariamente correlato all'intero iter, al procedere, allo svolgimento della stessa assemblea: il verbale deve, quindi, anche riportare le verifiche preliminari nonché la fase centrale dell'adunanza (discussione e votazione), in quanto il processo di verbalizzazione inizia con la costituzione dell'assemblea e termina con la dichiarazione di chiusura della riunione (detto anche «scioglimento dell'assemblea»).

E' vero che, nel verbale, è sufficiente che sia indicato il processo formativo della volontà assembleare, specificando nominativamente i condomini intervenuti, i millesimi rappresentati, gli argomenti trattati e le singole decisioni prese, ma è altrettanto vero che il verbale deve essere una fedele trasposizione per iscritto di ogni momento degno di interesse dell'assemblea condominiale, nel quale vanno annotate non solo le deliberazioni adottate dalla maggioranza, ma anche tutti gli accadimenti che si verificano durante la riunione e che sono pertinenti con la stessa (ad esempio, l'indicazione dell'ora di inizio e di fine riunione, l'annotazione che un partecipante presente si allontana, la dichiarazione rivolta dall'amministratore ai condomini, l'intervento personale di un condomino in precedenza rappresentato per delega, ecc.).

Dalla prassi si può enucleare una sorta di decalogo - il cui rispetto risulta spesso agevolato dall'utilizzo di moduli prestampati - che stabilisce i requisiti contenutistici che deve avere il verbale dell'assemblea condominiale:

  • luogo (città, edificio, locale), data dell'assemblea (giorno, mese, anno) ed orario di convocazione;
  • specificazione se assemblea tenuta in prima o in seconda convocazione e, in questo secondo caso, riferimento alla data della prima ed alle ragioni che hanno impedito lo svolgimento della stessa;
  • menzione della regolarità della convocazione, indicando le modalità di ricevimento dei relativi avvisi, per esempio, per apposito elenco fatto «girare» tra gli abitanti dello stabile, lettera semplice, lettera raccomandata, cartello apposto in portineria, fax, PEC, e quant'altro (questi documenti rimarranno agli atti dell'assemblea quali prove necessarie della ritualità della stessa);
  • elenco nominativo dei soggetti intervenuti in assemblea, con specificazione se di persona o per delega (che dovrà essere allegata al verbale, specie adesso che è richiesta la forma scritta), e, a fianco, i rispettivi valori millesimali;
  • trascrizione dell'ordine del giorno come si ricava dall'avviso di convocazione;
  • nomina del presidente e del segretario dell'assemblea (per acclamazione, appello nominale o schede segrete);
  • dichiarazione, da parte del primo, di validità dell'assemblea, previa verifica della regolarità dei predetti adempimenti preliminari e constatazione del quorum necessario per la costituzione;
  • lettura dei singoli punti all'ordine del giorno ed apertura della discussione sugli stessi;
  • riassunto di tale discussione, inserendo a verbale, a richiesta dei condomini interessati, le loro dichiarazioni attinenti all'argomento trattato (pur dovendo rispettare il fine di costituire il resoconto completo, si opta per un criterio di redazione sintetico piuttosto che analitico);
  • sottoposizione a votazione delle singole proposte decisorie, indicando il metodo seguito per la votazione ed i voti riportati per ciascuna proposta;
  • compiuto lo scrutinio, proclamazione del risultato della votazione, con menzione dell'approvazione o meno della proposta messa ai voti (e degli eventuali provvedimenti adottati in conseguenza della stessa), specificando i condomini (e relativi millesimi) favorevoli, contrari, astenuti (in quest'ultimo caso, volontariamente o a seguito di conflitto di interessi);
  • registrazione puntuale di eventuali allontanamenti (temporanei o definitivi) di qualche partecipante prima dell'inizio di date votazioni;
  • annotazione o menzione di eventuali allegati (come dichiarazioni unilaterali, produzione, conteggi, capitolati, preventivi, ecc.), da far parte integrante del verbale, purché vi sia un preciso e perfetto collegamento tra il verbale ed i predetti allegati;
  • lettura ai condomini presenti del verbale (da redigersi in carta semplice) ad opera del segretario, e sottoscrizione dello stesso anche da parte del presidente (non necessariamente in ciascun foglio di cui è composto);
  • dichiarazione di quest'ultimo della fine della riunione e dello scioglimento dell'assemblea, che preclude qualsiasi altra discussione, votazione o deliberazione, ad esempio, per quanto riguarda i condomini arrivati in ritardo (lo scioglimento della riunione sarà adottato, ovviamente, anche quando l'assemblea non possa dirsi validamente costituita, con la necessità di rimandarla alla successiva convocazione o ad una nuova).
Il c.d. verbale di diserzione

Sul versante contenutistico, vale la pena spendere alcune considerazioni soprattutto in ordine all'eventuale mancanza di deliberazioni.

Comunemente, si riteneva che l'inesistenza dell'obbligo di verbalizzazione quando l'assemblea, pur regolarmente costituita, non pervenisse ad alcuna deliberazione, deducendo l'inesistenza dell'obbligo di comunicazione del verbale assembleare da parte dell'amministratore, e la carenza dell'interesse processuale e sostanziale al riguardo, in quanto la mancata verbalizzazione rendeva prive di giuridico effetto nei confronti del condomino assente le deliberazioni eventualmente adottate.

In parole povere, qualora l'assemblea non adottava alcuna decisione, non vi poteva essere dissenso da tutelare con il diritto di impugnativa di cui all'art. 1137 c.c., stante appunto l'inesistenza di un atto deliberativo idoneo a ledere qualsivoglia situazione giuridica.

Questione connessa era quella inerente all'obbligo o meno di redigere il verbale qualora si accertasse che l'assemblea in prima convocazione non si era tenuta per difetto del numero legale previsto dall'art. 1136, comma 1, c.c. (c.d. verbale di diserzione), sia quando ciò derivasse dalla completa assenza dei condomini, sia che dipendesse dall'insufficiente partecipazione degli interessati.

La prassi, sul punto, era nel senso di negare tale obbligo, stante la mancata influenza sulla validità ed efficacia delle deliberazioni adottate in seconda convocazione: invero, la mancata costituzione per difetto del quorum dell'assemblea in prima convocazione non era che il presupposto di fatto affinché si svolgesse l'assemblea in seconda convocazione, presupposto che avrebbe potuto essere dimostrato, se contestato, con qualsiasi mezzo probatorio (di solito, l'amministratore, anziché redigere un apposito verbale, quando si apriva la seduta in seconda convocazione, faceva questa premessa: «poiché la prima convocazione, che era stata convocata per il giorno …. è andata deserta per mancanza del numero legale, …. »).

Del resto, anche la giurisprudenza di legittimità era costante nel senso che l'omessa redazione del verbale che consacrava la mancata riunione dell'assemblea in prima convocazione non impediva che si tenesse l'assemblea in prima convocazione, né la rendesse invalida, in quanto la relativa verbalizzazione era necessaria soltanto quando si dovessero registrare le deliberazioni prese e non quando le deliberazioni non risultassero adottate.

Infatti, in tema di assemblea condominiale, la sua seconda convocazione era condizionata dall'inutile e negativo esperimento della prima, sia per completa assenza dei condomini, che per insufficiente partecipazione degli stessi in relazione al numero ed al valore delle quote; la verifica di tale condizione poteva essere espletata nella seconda convocazione, sulla base delle informazioni orali rese dall'amministratore, il cui controllo poteva essere svolto dagli stessi condomini, che o erano assenti alla prima convocazione o, essendo stati presenti, erano in grado di contestare tali informazioni.

D'altronde, non si riusciva a comprendere che cosa potesse farsene di una notizia di tal fatta, ossia dell'adunanza andata deserta, il condomino assente, posto che egli, come tutti gli altri condomini, con l'avviso di convocazione a suo tempo diramato a cura dell'amministratore, era stato convenientemente e tempestivamente notiziato dell'ora e del giorno in cui avrebbe avuto luogo la seconda convocazione, con le seguenti varianti, ben note, circa i diversi criteri, più semplici ed agevoli, di formazione delle maggioranze e di approvazione delle deliberazioni, o, comunque, di formazione delle decisioni.

Mutando opinione, i giudici di legittimità, sul presupposto che la redazione del verbale costituisce una delle prescrizioni di forma, che devono essere osservate dall'assemblea al pari delle altre formalità richieste dal procedimento collegiale - avviso di convocazione, ordine del giorno, costituzione, discussione, votazione, ecc. - e la cui inosservanza importa l'impugnabilità della deliberazione per vizio di forma (in quanto presa non in conformità alla legge ex art. 1137 c.c.), ha ritenuto che, una volta convocata l'assemblea, occorre dare conto, tramite la verbalizzazione, di tutte le attività compiute - anche se non si sono perfezionate - per permettere a tutti i condomini, compresi quelli dissenzienti ed assenti, di controllare lo svolgimento del procedimento collegiale e di assumere le opportune iniziative.

In pratica, stante che la redazione del verbale raffigura un momento necessario del procedimento collegiale, ed atteso che la mancata o l'irregolare redazione raffigura uno dei vizi di forma, che legittima l'impugnazione, ne consegue che, alla predetta verbalizzazione, deve procedersi sempre, anche quando l'assemblea non si sia regolarmente costituita o non abbia deliberato, trovando ciò conferma, attualmente, nella nuova versione dell'art. 1130, n. 7), c.c. che, all'interno del registro dei verbali delle assemblee, prescrive che siano annotate, altresì, «le eventuali mancate costituzioni».

Pure in quest'ultimo caso, infatti, sussiste la necessità di dare conto delle attività afferenti alla vita del collegio e di consentire il controllo di ogni fase procedimentale: convocata l'assemblea, si rende necessario documentare tutte le attività che si sono svolte nella riunione condominiale, comprese quelle che non si sono perfezionate; invero, i condomini - come hanno interesse ad impugnare una deliberazione approvata a conclusione di un procedimento viziato - potrebbero avere interesse a denunciare ed a far accertare l'irregolarità dell'interruzione di un procedimento, che invece era valido e che doveva portarsi a compimento.

Pertanto, atteso che la consacrazione delle operazioni collegiali in un verbale assembleare è ritenuta indispensabile alle sentite esigenze di certezza e trasparenza dell'organizzazione condominiale, deve essere redatto sempre il predetto verbale anche quando l'organo gestorio non perfeziona alcun deliberato, conseguendone che le risultanze e le discussioni emerse in seno all'assemblea devono obbligatoriamente essere relazionate per iscritto anche qualora non racchiudano o non concretizzino statuizioni decisorie.

PRIMA ASSEMBLEA DESERTA: ORIENTAMENTI A CONFRONTO

Irrilevanza della mancata redazione del relativo verbale

- In tema di assemblea condominiale, la sua seconda convocazione è condizionata dall'inutile e negativo esperimento della prima, sia per completa assenza dei condomini, sia per insufficiente partecipazione degli stessi in relazione al numero ed al valore delle quote; la verifica di tale condizione va espletata nella seconda convocazione, sulla base delle informazioni orali rese dall'amministratore, il cui controllo può essere svolto dagli stessi condomini, che o sono stati assenti alla prima convocazione, o, essendo stati presenti, sono in grado di contestare tali informazioni; pertanto, una volta accertata la regolare convocazione dell'assemblea, l'omessa redazione del verbale che consacra la mancata riunione dell'assemblea in prima convocazione non impedisce che si tenga l'assemblea in seconda convocazione, né la rende invalida. (Cass. civ., sez. II, 24 aprile 1996, n. 3862).

- Una volta accertata la regolare convocazione dell'assemblea condominiale in prima ed in seconda convocazione, in relazione ai termini che vanno osservati, la mancata redazione del verbale, che consacri la mancata riunione dell'assemblea in prima convocazione, non impedisce, ne invalida l'assemblea indetta in seconda convocazione (Cass. civ., sez. II, 24 gennaio 1980, n. 590).

Necessità di verbalizzare tutto ciò che accade nella riunione condominiale

Poiché la redazione del verbale dell'assemblea costituisce una delle prescrizioni di forma che devono essere osservate al pari delle altre formalità richieste dal procedimento collegiale - avviso di convocazione, ordine del giorno, costituzione, discussione, votazione ecc. - e la cui inosservanza importa l'impugnabilità della delibera, in quanto non presa in conformità alla legge (art. 1137 c.c.), una volta che l'assemblea sia stata convocata, occorre dare conto, tramite la verbalizzazione, di tutte le attività compiute, anche se le stesse non si sono perfezionate e non siano state adottate deliberazioni, allo scopo di permettere a tutti i condomini, compresi quelli dissenzienti ed assenti, di controllare lo svolgimento del procedimento collegiale e di assumere le opportune iniziative (nella specie, un condomino aveva chiesto l'accertamento dell'obbligo del condominio di rilasciargli la copia del verbale di un'assemblea in questione, e, sulla base del riportato principio, ha si è annullata la sentenza impugnata, che aveva rigettato la domanda enunciando la tesi che quando l'assemblea non perviene ad alcuna delibera sia insussistente l'obbligo di verbalizzazione e manchi l'interesse del condomino al rilascio di una copia del verbale) (Cass. civ., sez. II, 22 maggio 1999, n. 5014)

Le modalità di redazione

Non vi sono prescrizioni di legge che richiedono particolari requisiti nella redazione da parte del segretario, purché sia scritto, senza correzioni, abrasioni, spazi in bianco, trasporti a margine, in lingua italiana (v., però, Trib. Rovereto 25 luglio 2005, secondo il quale la maggioranza assembleare di un condominio posto all'interno della Repubblica italiana, nella specie nel Trentino-Alto Adige, può validamente deliberare che il verbale, in quanto atto privato e non pubblico, sia redatto in una lingua diversa dall'italiano, segnatamente, in tedesco); comunque, si esclude qualsiasi onere di vidimazione o/e bollatura (sul punto, una datata circolare del Ministero delle Finanze del 15 dicembre 1956).

Una volta che il verbale sia stato sottoscritto dal presidente, lo stesso non può essere più variato, salva l'esistenza di errori materiali o di calcolo, che vanno rilevati dal solo presidente in calce al verbale stesso, sottoscritto nuovamente, conservando però la leggibilità del testo originario e la chiara imputabilità agli autori della correzione medesima (in quest'ottica, desta perplessità quanto statuito, di recente, da Cass. civ., sez. II, 31 marzo 2015, n. 6552, la quale, ribadito il principio secondo cui il verbale dell'assemblea di condominio, ai fini della verifica dei quorum prescritti dall'art. 1136 cod. civ., deve contenere l'elenco dei condomini intervenuti di persona o per delega, indicando i nomi di quelli assenzienti o dissenzienti, con i rispettivi valori millesimali, rimanendo comunque valido ove, pur riportando l'indicazione nominativa dei soli partecipanti astenuti o che abbiano votato contro, consenta di stabilire per differenza coloro che hanno votato a favore, ha aggiunto che tale scrutinio di validità dell'adottata delibera non può essere inficiato neppure qualora risulti la correzione del verbale effettuata dopo la conclusione dell'assemblea, allo scopo di eliminare gli errori relativi al computo dei millesimi ed ai condomini effettivamente presenti all'adunanza.

Per individuare alcune istruzioni operative per la redazione, si possono mutuare, in proposito, le norme contenute nell'art. 46 disp. att. c.p.c., dedicato alla forma degli atti giudiziari: «I processi verbali e gli atti giudiziari debbono essere scritti in carattere chiaro e facilmente leggibile, in continuazione, senza spazi in bianco e senza alterazioni o abrasioni (mentre) le aggiunte, soppressioni o modificazioni eventuali debbono essere fatte in calce all'atto, con nota di richiamo senza cancellare la parte soppressa o modificata».

Sull'argomento, una non recente, ma sempre attuale, pronuncia del Supremo Collegio (Cass. Civ., sez. II, 12 novembre 1968, n. 3727) ha escluso che il verbale dell'assemblea condominiale debba essere redatto da un notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato ad attribuire al verbale pubblica fede, in quanto tale esigenza è prevista soltanto, giusta il comma 2 dell'art. 2375 c.c., per le deliberazioni adottate dalle assemblee straordinarie delle società, mentre per le assemblee ordinarie non è, invece, prescritto che il verbale sia redatto da un notaio e quando questo non interviene, il verbale è validamente compilato dal presidente dell'assemblea e dal segretario (art. 2375, comma 1, c.c.); a fortiori, tale principio è applicabile ai verbali delle deliberazioni condominiali, rispetto alle quali il legislatore non ha nemmeno creduto opportuno formulare una disposizione analoga a quella dettata in tema di società, segno, questo, che in nessun caso la presenza del notaio è condizione di validità delle deliberazioni prese dall'assemblea dei condomini.

Ovviamente, il verbale redatto da un notaio avrebbe la capacità di soddisfare particolari requisiti di forma - scrittura privata autenticata o atto pubblico - eventualmente necessari per il raggiungimento di date finalità giuridiche (per esempio, la trascrizione); il notaio, però, manterrebbe la veste di segretario, rimanendo necessaria la presenza di un presidente.

E' oggetto di discussione se la redazione del verbale debba essere contestuale all'assemblea o se possa essere differita ad un momento successivo.

Posto che il verbale non debba essere «approvato» dall'assemblea, non essendo oggetto di deliberazione e costituendo solo una mera documentazione dell'adunanza, si ritiene, però, deprecabile la prassi di prendere in assemblea soltanto alcuni appunti durante la discussione, per poi, nei giorni seguenti, redigere il verbale della riunione - o, addirittura, convalidarlo in una successiva seduta - perché il verbale di assemblea deve essere compilato «seduta stante» e non successivamente (anche se, poi, compilato dalle persone all'uopo incaricate dalla volontà unanime degli intervenuti alla riunione); lo stesso verbale, infatti, serve per documentare quanto si è fatto e detto nella riunione, ed una sua redazione successiva potrebbe far sorgere dubbi per lo spostamento del giorno della redazione, agli effetti dell'eventuale impugnativa, in quanto il termine decorre sempre dalla data della riunione per i condomini presenti.

Il supporto informatico

Si potrebbe opinare che possa redigersi il processo verbale dell'assemblea, in alternativa al cartaceo, come documento informatico, a condizione che venga sottoscritto dal presidente e dal segretario con le loro firme elettroniche, avanzate o digitali; al riguardo, per «documento informatico», non deve intendersi solo il documento redatto tramite il computer, potendo anche essere un file video o audio, costituendo, infatti, il suddetto documento «la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti» (art. 1, comma 1, d.lgs. n. 82/2005).

In questa prospettiva, le riunioni condominiali potrebbero essere registrate in formato video o audio, a condizione che siano apposte sul file digitale le firme elettroniche del presidente e del segretario; per problemi di privacy, sarebbe meglio, però, ottenere il previo consenso al relativo trattamento dei dati personali da parte dei presenti (condomini o loro delegati) alla riunione, a meno che un'apposita disposizione del regolamento legittimi tale modalità di registrazione (in proposito, il recente vademecum emanato dal Garante della privacy in data 10 ottobre 2013 puntualizza che «l'assemblea condominiale può essere videoregistrata, ma solo con il consenso informato di tutti i partecipanti», aggiungendo che «la documentazione, su qualsiasi supporto, deve essere conservata al riparo da accessi indebiti»).

Il file in tal modo sottoscritto digitalmente avrebbe l'efficacia della scrittura privata come il processo verbale di tipo cartaceo, con il vantaggio di ridurre i tempi di redazione del relativo documento e di evitare i rischi di un'errata o infedele trascrizione del medesimo documento; non si nasconde, però, che potrebbero verificarsi problemi pratici nell'eventualità che il processo verbale assembleare rappresentato dal documento informatico debba essere esibito a terzi, ad esempio, all'autorità giudiziaria per dimostrare il contenuto di una deliberazione adottata in quella riunione o all'istituto bancario per provare l'autorizzazione all'amministratore ad aprire il conto corrente.

La trascrizione nel registro

Il verbale dell'assemblea va, infine, trascritto in un apposito registro tenuto dall'amministratore; recita, infatti, l'ultimo comma dell'art. 1136 c.c. (così come novellato dalla l. 220/2012): «delle riunioni dell'assemblea si redige processo verbale da trascrivere nel registro tenuto dall'amministratore».

Lo scopo della trascrizione è quello di permettere la conservazione precisa in ordine cronologico delle deliberazioni assembleari risultanti dai verbali; non deve essere vidimato, anche se, ai fini di una buona tenuta, appare opportuno - a meno che non vi siano apposite disposizioni del regolamento di condominio che lo impongano - che le pagine siano numerate progressivamente senza lacune di sorta.

In evidenza

Resta inteso che la formalità della trascrizione non incide minimamente né sulla validità del verbale, né tanto meno sulla validità della deliberazione.

Tale registro va, però, distinto da quelli, pur rientranti tra gli obblighi dell'amministratore, come ora delineati dall'art. 1130, n. 6) e 7), c.c., ossia il registro dell'anagrafe condominiale, il registro di nomina e revoca dell'amministratore, e il registro di contabilità, la cui non corretta tenuta rientra tra le «gravi irregolarità» che giustificano la revoca giudiziaria dell'amministratore in virtù dell'art. 1129, comma 12, n. 7), c.c.

Dunque, l'art. 1136, ultimo comma, c.c. prevede che le decisioni assembleari siano verbalizzate e, quindi, trascritte nell'apposito registro tenuto dall'amministratore, ma nulla esclude, però, che la verbalizzazione avvenga direttamente nel registro.

In altri termini, circa il momento temporale della trascrizione, si possono fare due ipotesi: nella prima, più frequente, il verbale si confeziona in assemblea, poi viene dattilografato, e infine inserito nel registro; nella seconda, più rara, il processo verbale è redatto direttamente nel registro, per cui il registro viene portato in assemblea e consegnato al presidente della stessa.

L'ultima ipotesi non pone problemi, mentre dubbi potrebbero sorgere nella prima, stante che il legislatore non ha prescritto alcun termine entro il quale deve operarsi la predetta trascrizione (che, al limite, potrebbe intervenire anche dopo una successiva deliberazione); in ogni caso, sembra che agli assenti, ai fini della decorrenza del termine di cui all'art. 1137 c.c., debba essere inviata copia estratta dall'originale del processo verbale anziché del registro (che non è altro che il documento di un documento).

In ordine alle modalità di trascrizione, non è superfluo ricordare che il predetto verbale deve essere trascritto integralmente, mediante o copiatura fedele del testo del verbale o allegazione del verbale originale, con gli eventuali errori, omissioni e/o imprecisioni; l'amministratore, quindi, non può portare variazioni, correggere errori di calcolo, aggiungere rettifiche o togliere imprecisioni; trascrivere, infatti, significa riportare nel registro il processo verbale sottoscritto dal presidente e dal segretario (Cass. civ., sez. II, 19 marzo 1996, n. 2297); unico rimedio, in questi casi, è l'intervento correttivo, da parte del presidente e del segretario, del verbale originario, salvo e impregiudicato il diritto di impugnazione da parte del condomino interessato.

CASISTICA

Foglio allegato al verbale

E' valida la deliberazione di un'assemblea condominiale anche se il risultato della relativa operazione di voto sia stato riportato in un separato allegato verbale, poichè il detto allegato fa parte del verbale stesso (Cass. civ., sez. II, 11 gennaio 1966, n. 2012).

Rendiconto presentato dall'amministratore

L'omessa trascrizione, nel verbale dell'assemblea condominiale, del rendiconto presentato dall'amministratore non comporta l'invalidità della deliberazione che ha approvato tale atto, in quanto, nel mentre siffatta trascrizione non é richiesta dalle norme sul condominio di edifici, non sono applicabili a quest'ultimo le diverse disposizioni che regolano la redazione e l'approvazione dei bilanci delle società (Cass. civ., sez. II, 25 novembre 1975, n. 3936).

Guida all'approfondimento

Celeste, La (inopportuna) redazione e correzione del verbale dopo la chiusura della riunione, in Immob. & proprietà, 2015, 629;

Riccio, Il registro dei verbali delle assemblee, in Amministr. immob., 2013, fasc. 174, 309;

Nucera, Assemblea andata deserta in prima convocazione e obbligo di redazione del relativo processo verbale, in Arch. loc. e cond., 2013, 437;

Pironti, E' obbligatorio redigere il verbale quando l'assemblea di condominio non adotta alcuna deliberazione, in Giust. civ., 1999, I, 2973;

Maglia - Brunetti, Le formalità relative alla redazione del verbale dell'assemblea condominiale, in Arch. loc. e cond., 1999, 561.

Sommario