Dal fattore tempo al fattore produttività: quale evoluzione per il lavoro subordinato?
22 Agosto 2023
In che termini possiamo parlare oggi di settimana corta?
Una recente sentenza della Corte di Cassazione in tema di scarso rendimento (si tratta di Cass., sez. lav., 6 aprile 2023, n. 9453) fornisce l'occasione per affrontare un tema oggi particolarmente sentito, quello della settimana corta a parità di retribuzione. O meglio, quello della riduzione dell'orario di lavoro, concretamente possibile dando maggiore spazio alla valutazione della prestazione lavorativa subordinata in termini di risultato e di produttività.
Il tema è particolarmente delicato, ma gli anni appena trascorsi hanno avuto il pregio di far conoscere le potenzialità – proprio in termini di efficienza e produttività – insite non tanto nel lavoro da remoto (quello vero, non quello pandemico) quanto nell'autonoma e responsabile gestione dei tempi di lavoro, che può essere attuata solo se le parti del rapporto di lavoro abbiano coltivato e fatto crescere tra loro da un lato la fiducia nelle reciproche relazioni e dall'altro, sistemi di gestione dell'attività lavorativa fondati su una chiara definizione degli obiettivi attesi e sulla conseguente capacità di misurarne poi l'effettiva realizzazione.
Risulta così utile valutare da questo punto di vista l'evoluzione che ha avuto negli ultimi anni la giurisprudenza in materia di licenziamento per scarso rendimento che, come è noto, è inquadrabile nell'ambito del licenziamento per giustificato motivo soggettivo. L'ultima giurisprudenza stabilisce da questo punto di vista che «il licenziamento per cosiddetto scarso rendimento costituisce un'ipotesi di recesso del datore di lavoro per notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore, che, a sua volta, si pone come specie della risoluzione per inadempimento di cui agli artt. 1453 e ss. c.c., sicché, fermo restando che il mancato raggiungimento di un risultato prefissato non costituisce di per sé inadempimento, ove siano individuabili dei parametri per accertare se la prestazione sia eseguita con diligenza e professionalità medie, proprie delle mansioni affidate al lavoratore, lo scostamento da essi può costituire segno o indice di non esatta esecuzione della prestazione, sulla scorta di una valutazione complessiva dell'attività resa per un apprezzabile periodo di tempo» (così Cass., sez. lav., 6 aprile 2023, n. 9453; Cass., sez. lav., 9 luglio 2015, n. 14310). Nel lavoro subordinato il fattore tempo non è più l'unico parametro
Al di là del merito della questione sottoposta ai giudici, non possiamo oggi parlare di “scarso rendimento” senza avere ben chiaro che sono cambiate le metriche per misurare e valutare la prestazione lavorativa. Il fattore tempo non è più l'unico parametro per la misurazione dell'attività lavorativa, proprio perché il lavoro da remoto ha messo in evidenza non solo che è possibile lavorare senza essere tutti contemporaneamente nello stesso luogo, ma che se si lavora per obiettivi, è anche possibile lavorare in modo efficace e con tempi non sincroni. La concreta possibilità di misurare il risultato della prestazione lavorativa del lavoratore subordinato è così entrata prepotentemente nei modelli di organizzazione del lavoro e - per coloro che hanno approfittato di questa occasione anche una volta terminata l'emergenza sanitaria - si sta consolidando come modello di gestione, tanto di diventare il presupposto per poter ragionare di efficientamento realizzato attraverso la possibile riduzione dell'orario di lavoro e, quindi in termini di settimana corta.
Due sono i presupposti giuridici sulla base dei quali possiamo concretamente intravedere quale possibile evoluzione potrà avere il lavoro del futuro. Uno è il punto di partenza di questa evoluzione, ossia il lavoro agile, che ci fornisce precisi parametri di valutazione dell'autonomia e della responsabilità con cui è possibile ripensare al tempo e allo spazio di lavoro nell'ambito del rapporto di lavoro subordinato. L'altro è proprio l'evoluzione che ha avuto in questi anni la giurisprudenza in tema di “scarso rendimento”, come attestato proprio dalla sentenza della suprema Corte di Cassazione appena citata. Tale giurisprudenza fornisce alcuni parametri per poter ripensare la stessa causa del contratto di lavoro subordinato. L'avvicinamento tra lavoro subordinato e lavoro autonomo
Si tratta delle due facce della stessa medaglia, in pratica il necessario adattamento delle regole al contesto in cui oggi si è chiamati ad operare. Una realtà che vede in definitiva un progressivo avvicinamento tra lavoro autonomo e lavoro subordinato e che vede ampliarsi quella “zona grigia” e di confine in cui autonomia e subordinazione non vengono più distinte unicamente attraverso il ricorso ai tradizionali criteri del vincolo della presenza e dell'orario di lavoro ma attraverso una diversa valutazione del parametro della etero-direzione (poi etero-organizzazione). Segno evidente di questo nuovo “equilibrio” sono, da un lato, l'apertura verso un lavoro (subordinato) “più responsabile”, nel quale si richiede, in cambio di una più ampia libertà da forme di controllo spazio-temporale, una sorta di “auto-determinazione” nella gestione del risultato della prestazione lavorativa e, dall'altro, una più accentuata sensibilità da parte del legislatore verso una maggiore tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale.
Senza la sperimentazione forzata del lavoro da remoto avvenuta durante gli ultimi tre anni non ci troveremmo a discutere di produttività (e di criteri di misurazione dello scarso rendimento) e senza aver toccato con mano cosa vuol dire lavorare in modo autonomo, attraverso una gestione consapevole e responsabile dei tempi e dei luoghi di lavoro, non potremmo parlare in modo concreto di settimana corta e di riduzione dell'orario di lavoro a parità di salario. Cosa prevede la disciplina del lavoro agile?
Se oggi possiamo ritenere ormai sdoganato il parametro del “risultato” anche nell'ambito del lavoro subordinato, lo possiamo fare proprio grazie alla stessa definizione del lavoro agile. A quel fondamentale principio del lavoro per obiettivi – propriamente per fasi, cicli e obiettivi - senza precisi vincoli di tempo e di spazio che è il presupposto per la regolazione del lavoro da remoto nella forma del lavoro agile, così come ci viene indicato dalla norma (art. 18, comma 1, l. n. 81/2017) ovvero, in chiave evolutiva, del lavoro ibrido – parte in presenza e parte in remoto. Il presupposto per poter parlare di autonomia e responsabilità nell'ambito del rapporto di lavoro subordinato è un accordo tra lavoratore e datore di lavoro diretto a regolare la flessibilità nell'organizzazione del lavoro. E' questo lo strumento – negoziale in senso civilistico – per la regolazione e il bilanciamento degli opposti interessi: l'esigenza di conciliazione (vita-lavoro) e l'obiettivo del mantenimento della competitività (e produttività) dell'impresa. (Segue) …ed in che termini possiamo parlare di rendimento atteso?
Per poter parlare di flessibilità nell'organizzazione del lavoro e di gestione autonoma dei tempi di lavoro – e quindi di possibile riduzione dell'orario di lavoro - è necessario avere ben chiaro il concetto che ho provato recentemente a definire di “rendimento atteso” ed essere in grado di definire i parametri sulla base di quali è possibile misurare la realizzazione degli obiettivi definiti nell'ambito del lavoro subordinato. Nell'attuale sistema contrattuale del lavoro subordinato (art. 2094 c.c.) il rendimento del lavoratore non è mai stato un parametro utile, né per la misurazione del tempo di lavoro – di durata predefinita su base settimanale e nella prassi anche giornaliera – né per la determinazione del corrispettivo della prestazione lavorativa, ossia della retribuzione.
La causa del contratto di lavoro subordinato è infatti costituita dal mero scambio tra tempo di lavoro (disponibilità delle energie psicofisiche del lavoratore da parte del datore di lavoro) e retribuzione mensile senza alcun richiamo al parametro del risultato prodotto dalla attività eterodiretta del lavoratore all'interno della organizzazione produttiva.
Secondo lo schema consolidato, con il contratto di lavoro subordinato ahimè si “acquista” non un risultato atteso di attività del dipendente ma solo una certa quantità – mensile - di disponibilità di tempo, senza alcuna garanzia circa il risultato finale, proprio perché la retribuzione è unicamente commisurata per ciascun settore e per ciascun livello, alla quantificazione del tempo dedicato alla prestazione lavorativa. Tanto è vero che il nostro diritto del lavoro non ha mai consentito ad esempio di risolvere il rapporto di lavoro in base al solo mancato raggiungimento degli “obbiettivi” programmati o attesi dal datore di lavoro, a meno che non integrino – appunto secondo la giurisprudenza in tema di licenziamento per scarso rendimento – la violazione degli obblighi di diligenza, correttezza e buona fede attesi dal datore di lavoro, creditore della prestazione.
Ne consegue che il nostro ordinamento giuridico non consente, in via generale, di introdurre unilateralmente parametri di valutazione della prestazione lavorativa svincolati dal tempo di lavoro e collegati a “scarso rendimento” o “bassa performance”. Nel rapporto di lavoro subordinato è certamente possibile fare ricorso alla categoria giuridica dell'inadempimento connesso ad un comportamento negligente del lavoratore nell'esecuzione della prestazione lavorativa, ma sempre nel quadro degli obblighi di diligenza, fedeltà e non concorrenza stabiliti dal codice civile (artt. 2104 e 2105 c.c.). In questo ambito, il datore di lavoro oltre a dover provare il mancato raggiungimento di un determinato risultato atteso, deve dimostrare che si sia realizzato un “notevole inadempimento” degli obblighi contrattuali (diligenza, buona fede e correttezza) imputabile al lavoratore sulla base di una serie di comportamenti da valutare nel loro complesso – quindi non episodici e/o isolati – posti in essere in un determinato arco temporale. La segnalata evoluzione giurisprudenziale è fondata principalmente sulla valutazione positiva di alcuni parametri che devono però essere concretamente pre-definiti. Quando il datore di lavoro abbia pertanto fissato questi parametri e possa effettivamente riscontrarsi – in relazione alla diligenza e professionalità medie proprie delle mansioni affidate al lavoratore - l'eventuale “discostamento” da detti “parametri” sarebbe possibile affermare che ci troviamo dinnanzi ad una non esatta esecuzione della prestazione lavorativa, portando alla revisione ad esempio delle mansioni, alla negoziazione di un diverso contratto e nei casi più gravi ed estremi, anche alla risoluzione del rapporto di lavoro. Quel licenziamento per scarso rendimento che è fondato su un giustificato motivo soggettivo, come ci dice l'ultima ordinanza della Corte di Cassazione. Un nuovo patto alla base del rapporto di lavoro
Sulla scorta di tali considerazioni, tenendo conto del fatto che un sistema produttivo sempre più pervaso dalla tecnologia consente agli individui di non essere più tutti presenti contemporaneamente nello stesso luogo e che la gestione autonoma e responsabile degli obiettivi assegnati costituisce anche presupposto di efficienza organizzativa, possiamo ritenere oggi possibile che anche nell'ambito del rapporto di lavoro subordinato la performance e quindi il perseguimento di un risultato, divengano caratteri essenziali della prestazione. Caratteri essenziali della prestazione che, una volta definiti, possono consentire di ragionare anche in termini di efficientamento connesso alla possibile riduzione dell'orario di lavoro.
Ma quale è lo strumento attraverso il quale possiamo dare concretezza a questo obiettivo?
Il rapporto di lavoro subordinato va trasformato in un patto di rendimento tra azienda e lavoratore, avendo ben chiara la necessità di organizzare la prestazione per fasi, cicli e obiettivi – in ottica di risultato appunto - avvalendosi della tecnologia e, quindi, di strumenti di pianificazione settimanale, mensile, multi-periodale dell'attività (sulla base della disciplina dell'orario di lavoro) e di KPI che assicurino la concreta misurazione dei risultati attesi per area e settore di riferimento.
Un nuovo patto alla base del rapporto di lavoro subordinato, costruito non sul mero scambio tra retribuzione e tempo dedicato all'esecuzione della prestazione lavorativa ma su fiducia e responsabilità, favorito dalla tecnologia in modo da accompagnare quell'evoluzione dei modelli di organizzazione del lavoro che sta guidando l'organizzazione del lavoro 5.0. |