Tra le controversie per le quali il D.lgs. n. 28 del 2010 prevede l'obbligatorietà della mediazione vi sono le controversie in materia di locazione. L'applicazione delle regole in tema di mediazione presenta numerosi aspetti problematici specifici con riguardo alle controversie locatizie: tra questi, oltre alla questione interpretativa che concerne la stessa definizione di controversia in materia di locazione, si segnala la questione che deriva dalla previsione dell'art. 5, comma 4, del decreto che limita l'obbligatorietà della mediazione, quanto al procedimento per intimazione e convalida di sfratto (art. 657 e ss. c.p.c.), alla sola fase successiva al provvedimento che disponga il mutamento del rito ai sensi dell'art. 667 c.p.c.Da sottolineare poi che la disciplina dettata dal decreto legislativo n. 28 del 2010 è stata parzialmente modificata dal d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 149 (cd. riforma Cartabia): le modifiche hanno interessato anche – e sotto diversi profili - le controversie in materia locatizia.
Inquadramento
Il decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28 ha introdotto nel nostro ordinamento la figura della mediazione obbligatoria quale strumento per la risoluzione stragiudiziale delle controversie.
La disciplina dettata dal decreto legislativo anzidetto (che già era stata oggetto di un primo intervento di riforma ad opera del decreto-legge n. 69 del 2013 convertito con modificazioni in legge n. 98 del 2013) è stata ora parzialmente modificata dal decreto legislativo 10 ottobre 2022 n. 149 (cd. riforma Cartabia).
Le norme ora ricordate prevedono il ricorso obbligatorio alla mediazione nel caso di controversie che concernano una serie di materie, tra le quali vi è anche la materia locatizia.
Secondo quanto dispone l'art. 5 del d.lgs. 4 marzo 2010 n. 28 infatti “chi intende esercitare in giudizio un'azione relativa a una controversia in materia di … locazione, comodato, affitto di aziende, … è tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto …”. Viene così stabilita l'obbligatorietà della mediazione per le controversie locatizie: obbligatorietà che si traduce nella previsione della improcedibilità della domanda giudiziale che non sia preceduta dallo svolgimento della procedura di mediazione.
Con riguardo alla specifica materia costituita dalle controversie locatizie l'istituto della mediazione dà luogo ai problemi che qui di seguito brevemente considereremo.
La definizione di controversia in materia di locazione
La prima questione che si pone concerne l'individuazione – ai fini dell'applicazione della normativa in tema di mediazione obbligatoria - del significato dell'espressione “controversia in materia di locazione”, espressione utilizzata dall'art. 5 del decreto n. 28.
Atteso che per le controversie in materia di locazione nel decreto introduttivo della mediazione obbligatoria non vi è una previsione quale quella che è dettata dall'art. 71-quater disp. att. c.c. per le controversie in materia di condominio (previsione questa in base alla la quale “per controversie in materia di condominio” ai fini dell'applicazione delle norme in tema di mediazione obbligatoria “si intendono quelle derivanti dalla violazione o dall'errata applicazione” di una serie di specifiche disposizioni di legge elencate con precisione nella norma), l'elemento cui deve essere fatto riferimento per individuare le controversie locatizie ai fini dell'applicazione delle norme in tema di mediazione è quello che può ricavarsi dall'elaborazione della giurisprudenza in sede di applicazione dell'art. 447-bis c.p.c. (si noti infatti che la norma che ci interessa riproduce esattamente l'espressione letterale – “controversie in materia di locazione” – che è utilizzata dall'art. 447-bis c.p.c.).
Orbene: a proposito di ciò che viene indicato dall'art. 447-bis c.p.c. si ritiene che “controversie locatizie” siano tutte le controversie comunque riferibili ad un contratto di locazione che attengano non solo alla sua esistenza, validità ed efficacia ma anche ad ogni altra possibile vicenda, comprese quelle concernenti l'adempimento o l'inadempimento degli obblighi derivanti dal rapporto.
Costituiscono controversie locatizie – tra le altre - quelle che derivino dalla domanda del locatore volta al risarcimento dei danni ed al pagamento dei canoni non corrisposti pur se proposta dopo il rilascio dell'immobile (Cass. civ., sez. III, 24 luglio 2001, n. 10070), quelle inerenti l'esercizio dei diritti di prelazione e riscatto attribuiti al conduttore dagli artt. 38 e 39 l. 392/1978 (App. Trieste, 21 gennaio 2004; Tribunale Nocera Inferiore, 4 dicembre 2002), quella instaurata dal conduttore per la ripetizione di somme indebitamente corrisposte “in nero” ed in violazione dei divieti e limiti di legge (Corte Appello Milano, 4 febbraio 2006), quella in cui si controverta di un rapporto ancora da costituire ma di cui si invochi la costituzione in forma specifica exart. 2932 c.c. sulla base di un contratto preliminare (Cass. civ., Sez. I, ord. 16 gennaio 2003, n. 581), la lite sulla determinazione di quanto dovuto dal conduttore in mora nella riconsegna della cosa locata exart. 1591 c.c. (Cass. civ., sez. III, 27 marzo 2001, n. 4439), le controversie instaurate nei confronti dei fideiussori per il pagamento dei canoni di locazione (Tribunale Monza, 1 febbraio 2005).
Alla locuzione “locazione” di cui all'art. 447-bis c.p.c. deve attribuirsi dunque un significato assai ampio, che include le controversie in qualsiasi modo attinenti ad un contratto di locazione, attinenti cioè non solo alla sua esistenza, validità ed efficacia, ma anche alle possibili sue vicende ed in particolare a quelle che involgano l'adempimento delle obbligazioni derivanti dal rapporto in base alla disciplina codicistica o a quella di settore della legislazione speciale (Tribunale Ivrea, 9 giugno 2020).
E' appunto in base a queste considerazioni che potranno individuarsi le controversie locatizie anche ai fini dell'applicazione delle norme in tema di mediazione obbligatoria.
Da segnalare che del resto la prima giurisprudenza che ha affrontato il tema con riguardo alle disposizioni in tema di mediazione obbligatoria ha dato – appunto sulla scia dell'orientamento formatosi in sede di applicazione della previsione dell'art. 447 bis c.p.c. – una lettura estensiva della nozione di controversia locatizia: si è ritenuto, per esempio, che la domanda volta ad ottenere il rilascio di un immobile occupato senza titolo e la condanna dell'occupante al versamento dell'indennità di occupazione, traendo titolo da un rapporto latu sensu locativo, dovesse essere preceduta dall'esperimento della procedura di mediazione exart. 5, comma 1, d.lgs. 28/2010 (Trib. Modena, ord. 5 maggio 2011).
Il procedimento di sfratto
L'art. 5, comma 4, del d.lgs. n. 28 elenca una serie di specifici procedimenti giudiziali o di specifiche fasi di procedimenti pur relativi a materie per cui è prevista l'obbligatorietà della mediazione per i quali tale obbligatorietà non è prescritta. Tra i procedimenti elencati vi è il procedimento per intimazione e convalida di sfratto.
Si dispone al riguardo che la mediazione non sia obbligatoria per la fase iniziale del procedimentodi sfratto (id est la fase riconducibile al procedimento speciale disciplinato dagli artt. 657 e ss. c.p.c.) e che essa sia invece obbligatoria per la fase successiva del procedimento.
La ragione dell'esclusione si collega alla necessità che il procedimento di sfratto – considerato e disciplinato quale procedimento urgente – possa svolgersi senza essere ritardato dalla necessità del previo svolgimento di un altro procedimento.
Da notare inoltre che secondo l'orientamento univoco della giurisprudenza (Cass. civ., sez. III, 5 marzo 2009, n. 5356; Cass. civ., sez. III, 28 febbraio 2023 n. 5955; Cass. civ., sez. III, 8 maggio 2023, n. 12131; Cass. civ., sez. VI, 10 gennaio 2023, n. 324) nel giudizio nelle forme ordinarie che segue il procedimento speciale di sfratto possono essere proposte domande anche ulteriori e diverse da quella proposta con l'atto di intimazione di sfratto. Il mutamento è consentito “purché la nuova domanda risulti connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e non abbia determinato la compromissione delle potenzialità difensive della controparte ovvero l'allungamento dei tempi processuali” (Cass. civ., Sez. III, 28 febbraio 2023 n. 5955). Alla luce di questa regola può comprendersi come dalla previsione della obbligatorietà della mediazione solo per la fase successiva del procedimento derivi – assai opportunamente – che la mediazione debba avere luogo solo con riguardo alla controversia quale si presenti a seguito della formulazione definitiva delle domande delle parti.
In evidenza
Non è necessario, dunque, che la procedura di mediazione preceda né la notifica al conduttore dell'atto di intimazione di sfratto né lo svolgimento dell'udienza fissata per la convalida dello sfratto: essa è invece obbligatoria solo nella fase successiva.
Considerando in concreto le possibili vicende del procedimento, una volta che abbia avuto svolgimento l'udienza di comparizione delle parti fissata con l'atto di intimazione della licenza o dello sfratto possono prospettarsi i seguenti diversi possibili esiti:
che della licenza o dello sfratto sia disposta la convalida (prima ipotesi): in questo caso la procedura resterà definita e non si porrà la questione dell'esperimento della procedura di mediazione;
che invece della licenza o dello sfratto non sia disposta la convalida, esito che potrebbe conseguire a tutta una serie di distinte ipotesi (dal caso in cui l'intimato si opponga alla convalida dello sfratto a quello in cui l'intimante non chieda la convalida dello sfratto all'udienza ovvero – ancora - al caso in cui il giudice rilevi il difetto dei requisiti per la convalida): in tutte queste ipotesi il giudice disporrà la conversione del rito fissando un'udienza per la comparizione delle parti e la discussione (art. 667 c.p.c.). Ciò ferma comunque la possibilità che il giudice pronunci – su istanza del locatore intimante - l'ordinanza di rilascio con riserva delle eccezioni del convenuto prevista dall'art. 665 c.p.c.
È dunque in questa seconda ipotesi ed a questo punto del procedimento che emergerà la necessità dell'esperimento della procedura di mediazione: ed il giudice, con il provvedimento con cui disporrà il mutamento del rito ex art. 667 c.p.c. fissando l'udienza per la prosecuzione del giudizio, disporrà appunto che abbia svolgimento la mediazione obbligatoria assegnando eventualmente alle parti un termine per la promozione della relativa procedura.
È dunque a questo punto che emerge il profilo della obbligatorietà della mediazione e che si prospetta, nel caso di mancato esperimento della mediazione, la sanzione della improcedibilità della domanda giudiziale (Trib. Busto Arsizio, 20 marzo 2018).
Da notare poi che nel fissare, con il provvedimento che sopra si è indicato, la data della nuova udienza il giudice terrà conto anche del tempo necessario perché il procedimento di mediazione abbia svolgimento: si tratterà pertanto di considerare non soltanto il termine che da parte del giudice fosse stato assegnato alle parti per la promozione della procedura ma anche il periodo (della durata massima di 3 mesi) necessario perché il procedimento di mediazione abbia svolgimento (Trib. Modena, decreto 5 maggio 2011).
Da sottolineare che a seguito della modifica della disciplina realizzata con la riforma Cartabia non è più previsto che nel caso che qui si considera il giudice debba assegnare alle parti (come prevedeva in precedenza la norma) il termine di 15 giorni per la promozione del procedimento di mediazione: la fissazione di un termine per la promozione di tale procedura sarà pertanto oggetto di una scelta del giudice e la stessa misura del termine che eventualmente egli fissasse sarà lasciata alla discrezione del giudice. Il che supera le questioni che si erano poste a proposito degli effetti del mancato rispetto del termine assegnato dal giudice per la proposizione della domanda di mediazione, questioni in relazione alle quali parte della giurisprudenza aveva ritenuto che il termine anzidetto dovesse essere rigorosamente rispettato e che “la mediazione tardivamente attivata” rendesse “improduttivo l'incombente provocando gli effetti del mancato esperimento di esso” con la conseguenza dell'“applicazione della sanzione della improcedibilità della domanda giudiziale” (Trib. Firenze, 4 giugno 2015) sì che nel caso di mancato tempestivo avvio della procedura di mediazione il giudice dovesse dichiarare all'udienza successiva l'improcedibilità della domanda condannando alle spese l'intimante inerte (Trib. Roma Sez. dist. di Ostia, ord. 26 marzo 2012).
L'estensione dell'applicabilità della procedura di sfratto ai casi di comodato e affitto di azienda
Va poi segnalato che con la riforma Cartabia è stata estesa la possibilità del ricorso al procedimento di licenza e di sfratto alle ipotesi del contratto di comodato avente ad oggetto un bene immobile e del contratto di affitto di azienda.
L'estensione deve comunque rispettare i caratteri propri dei due contratti ora indicati: essa pertanto opera – quanto al contratto di comodato – limitatamente all'ipotesi della scadenza del contratto, non consentendo la natura essenzialmente gratuita del contratto di comodato (art. 1803 c.c.) il ricorso allo sfratto per morosità. Quanto all'affitto di azienda, per questo non è richiesto che l'oggetto del contratto comprenda un bene immobile.
Ciò che interessa notare è che anche nel caso del procedimento di sfratto che concerna contratti di comodato o di affitto di azienda varrà la regola per cui l'obbligatorietà dell'esperimento della procedura di mediazione non sarà riferita alla fase del procedimento speciale ma riguarderà solo la fase successiva del procedimento, propria del giudizio nelle forme ordinarie.
La competenza territoriale per la mediazione
Altro aspetto da considerare è quello relativo alla competenza territoriale.
Deve essere ricordato che l'art. 447-bis c.p.c. esclude che per le cause locatizie la competenza territoriale sia derogabile (si veda in questo senso: Cass. civ., sez. I, 16 gennaio 2003, n. 581 che ha sottolineato come le controversie “in materia di locazione” siano attribuite dagli artt. 21 e 447-bis c.p.c. alla competenza territoriale appunto inderogabile del giudice del luogo in cui si trova l'immobile oggetto della locazione).
Di contro la competenza per territorio quanto al procedimento di mediazione è derogabile su accordo delle parti: l'art. 4 del decreto legislativo n. 28 (“Accesso alla mediazione”) così come modificato dalla riforma Cartabia infatti – dopo avere disposto che “la domanda di mediazione relativa alle controversie di cui all'articolo 2 è depositata da una delle parti presso un organismo nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia” – prevede appunto che “la competenza dell'organismo è derogabile su accordo delle parti”.
Ordinanza di rilascio ex art. 665 c.p.c. ed improcedibilità del giudizio per omesso svolgimento della procedura di mediazione
Un problema delicato – che presenta anche importanti effetti sostanziali – concerne l'onere dell'esperimento della procedura di mediazione obbligatoria nel caso in cui, promosso un procedimento di sfratto il giudice abbia pronunciato (su istanza del locatore intimante: Cass. civ., sez. III, 27 agosto 2013, n. 19602), l'ordinanza di rilascio con riserva delle eccezioni del convenuto prevista dall'art. 665 c.p.c. ed abbia fissato l'udienza per la prosecuzione del giudizio nelle forme ordinarie.
Vi è da chiedersi se, ove non sia promosso il procedimento di mediazione ed il giudizio divenga pertanto improcedibile, l'ordinanza di rilascio anzidetta mantenga la propria efficacia. È chiaro che a seconda della risposta che si dà a questo interrogativo, la parte interessata a promuovere la procedura di mediazione sarà il locatore o invece il conduttore.
Sulla questione – che non è ancora stata esaminata dalla Corte di cassazione – la giurisprudenza di merito è divisa, come rappresentato negli “orientamenti a confronto” che seguono:
CONSEGUENZE DELLA MANCATA PROMOZIONE DEL PROCEDIMENTO DI MEDIAZIONE SULL'ORDINANZA DI RILASCIO
EXART. 665 C.P.C.
: ORIENTAMENTI A CONFRONTO
Effetti sull'ordinanza di rilascio con riserva delle eccezioni del conduttore della mancata promozione della procedura di mediazione
Secondo un primo orientamento (Trib. Milano, 18 febbraio 2016) dal momento che l'ordinanza non impugnabile di rilascio ex art. 665 c.p.c. soggiace al regime previsto dall'art. 310 c.p.c. che, nel disciplinare gli effetti dell'estinzione del processo, sancisce l'inefficacia di tutti gli atti compiuti ad eccezione delle sentenze di merito pronunciate nel corso del processo e di quelle che regolano la competenza, tale ordinanza non è idonea a dispiegare i propri effetti al di fuori del processo e resta travolta dalla declaratoria di improcedibilità che segua all'omesso esperimento del procedimento di mediazione disposto dal giudice.
Secondo altra opinione invece (Trib. Bologna, 17 novembre 2015) l'ordinanza non impugnabile di rilascio, in quanto provvedimento anticipatorio di condanna al rilascio soggetto alla condizione risolutiva consistente nella pronuncia successiva di sentenza di merito negativa, è idonea a dispiegare i propri effetti al di fuori del processo e non è travolta dalla declaratoria di improcedibilità che segua all'omesso esperimento del procedimento di mediazione disposto dal giudice: ne deriva che con riguardo alla ipotesi della promozione del procedimento di sfratto in cui sia pronunciata alla prima udienza l'ordinanza di rilascio con riserva delle eccezioni del convenuto e sia disposto il prosieguo del giudizio ai sensi dell'art. 667 c.p.c. “l'ordinanza di rilascio, non impugnabile e idonea alla stabilizzazione, non risulta intaccata dalla pronuncia di improcedibilità (anche perché essa è definita non impugnabile dall'art. 665 c.p.c. e quindi non è neppure modificabile-revocabile)”.
Da notare che, alla base della seconda opinione (Trib. Bologna, 17 novembre 2015), vi è l'assunto che con riguardo al procedimento di sfratto l'espressione«condizione di procedibilità della domanda di cui al decreto legislativo 28/2010» vada intesa con riferimento solamente«alla domanda di accertamento negativo del diritto al rilascio proposta dall'intimato opponente»ovvero «alle ulteriori domande (diverse da quella originaria di condanna al rilascio stante l'intervenuta risoluzione del contratto di locazione per inadempimento del conduttore) proposte dal locatore e/o dall'intimato».
Procedimento locatizio ordinario
Come si è già ricordato, per le controversie locatizie la modalità ordinaria di svolgimento prescritta è quella del rito locatizio previsto dall'art. 447 bis c.p.c., forma di procedimento che è modellata sul rito del lavoro.
Il giudizio viene promosso con ricorso da depositarsi dalla parte attrice presso la cancelleria del tribunale (da ricordare che per le controversie locatizie è prevista la competenza funzionale del tribunale): il giudice fissa quindi con decreto l'udienza di comparizione delle parti. Il ricorso con il decreto devono essere a quel punto notificati alla parte convenuta.
A proposito di queste modalità di svolgimento delle cose si è posto il problema del corretto modo di procedere con riguardo alla necessità dello svolgimento della procedura di mediazione. In argomento è stato affermato che in materia di locazione, se sia proposto un ricorso senza l'osservanza della condizione di procedibilità costituita dalla previa promozione della procedura di mediazione, la notificazione del ricorso e del decreto ai sensi dell'art. 415, comma 4, c.p.c. dovrà essere effettuata ad iniziativa del ricorrente senza attendere l'inutile esperimento del tentativo di mediazione, ma la data dell'udienza di discussione andrà fissata dal giudice tenendo conto del termine previsto dall'art. 5, comma 1, d.lgs. 28/2010 per lo svolgimento del procedimento di mediazione (oltre che del termine di 10 giorni di cui all'art. 416, comma 1, c.p.c., per la costituzione del convenuto) (Tribunale Prato, decreto 30 marzo 2011).
Qualora poi nell'udienza fissata per la comparizione delle parti e per la discussione emergesse il difetto relativo al mancato esperimento della procedura di mediazione dovrà trovare applicazione la regola fissata dall'art. 5 del d.lgs. 28 che prevede che l'improcedibilità debba essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza.
A completamento di questa disciplina la norma ricordata prevede che “il giudice, quando rileva che la mediazione non è stata esperita o è già iniziata, ma non si è conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all'articolo 6” e che “a tale udienza, il giudice accerta se la condizione di procedibilità è stata soddisfatta e, in mancanza, dichiara l'improcedibilità della domanda giudiziale”.
Domande riconvenzionali
Ci si chiede se per le materie soggette a mediazione obbligatoria la promozione della procedura di mediazione costituisca condizione di procedibilità anche rispetto alle domande riconvenzionali che venissero proposte.
Alla questione – che presenta profili complessi con riguardo al procedimento di sfratto, in considerazione del fatto che questo si svolge nelle due fasi che si sono sopra ricordate - la giurisprudenza non ha dato risposte univoche.
DOMANDA RICONVENZIONALE E OBBLIGO DI MEDIAZIONE : ORIENTAMENTI A CONFRONTO
Obbligo della previa mediazione anche per le domande riconvenzionali
Secondo una prima opinione le domande riguardanti materie soggette a mediazione obbligatoria sono sottoposte alla disciplina prevista per tale procedimento quale che sia la parte proponente e quale che sia la fase del giudizio in cui la domanda venga introdotta: ne consegue che nel caso di domanda riconvenzionale avanzata in materia di locazione nel corso di un procedimento di sfratto dovrà disporsi - previa separazione delle cause contestualmente all'ordinanza di convalida – che sia avviata la mediazione per l'esperimento del relativo procedimento di cui all'art. 5, comma 1, d.lgs. 28/2010 (Tribunale Roma sez. distaccata Ostia ord. 15 marzo 2012).
Mediazione obbligatoria solo per la domanda attorea
Secondo altra opinione vanno escluse dall'ambito della mediazione obbligatoria tutte le domande che siano diverse da quella proposta dall'attore con l'atto introduttivo del giudizio, quali appunto le domande riconvenzionali (Trib. Palermo, sez. dist. Bagheria, 11 luglio 2011)
Da notare peraltro che nel caso del procedimento “locatizio” (che – come detto - si svolge secondo le forme proprie del rito del lavoro) la domanda riconvenzionale dovrà essere proposta dalla parte convenuta con la memoria di costituzione con contestuale richiesta al giudice di fissazione di una nuova udienza di discussione: nel caso si riproporrà il problema cui si è fatto cenno supra con riguardo alla considerazione da parte del giudice, in sede di rifissazione dell'udienza di discussione, del periodo di tempo necessario per lo svolgimento della domanda di mediazione relativa alla domanda riconvenzionale.
Opposizione a decreto ingiuntivo
Quanto al procedimento di mediazione, si pongono problemi anche con riguardo all'ipotesi del giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo relativo a controversia locatizia.
Al riguardo va ricordato innanzitutto che in base a ciò che prevede il comma 4 dell'art. 5 d.lgs. n. 28l'obbligatorietà della mediazione insorge, quanto al procedimento monitorio, solo in sede di giudizio di opposizione e solo dopo che il giudice si sia pronunciato in quella sede sulla provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto.
Ne deriva che nel casodi opposizione al decreto ingiuntivo in materia locatizia – giudizio che deve essere promosso con ricorso, da depositarsi entro il termine di cui all'art. 641 c.p.c. (Cass. civ, Sez. III, 1 giugno 2000, n. 7263; in questo senso anche Corte cost., ord. 24 maggio 2000, n. 152) – non vi è l'obbligo di proporre la domanda di mediazione prima della promozione del giudizio (d'altronde la necessità del rispetto del termine perentorio di cui all'art. 641 c.p.c. non consentirebbe nemmeno sul piano dei fatti lo svolgimento preventivo di tale procedimento).
L'obbligo di proporre la domanda di mediazione insorgerà invece – come detto – solo dopo che il giudice dell'opposizione si sarà pronunciato sulla provvisoria esecuzione del provvedimento monitorio opposto.
In relazione al giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo ci si è chiesti quale sia il soggetto che deve promuovere la procedura di mediazione: se l'attore opponente o il convenuto opposto.
Sulla questione era intervenuta la Corte di cassazione, che dopo avere in un primo tempo affermato che nel caso del procedimento per decreto ingiuntivo cui segua l'opposizione, la parte su cui grava l'onere di introdurre il procedimento obbligatorio di mediazione ex d.lgs. 28/2010 è la parte opponente (Cass. civ., sez. III, 3 dicembre 2015, n. 24629), aveva poi, in un secondo tempo, mutato completamente orientamento (si veda Cass. civ., sez. un., 18 settembre 2020, n. 19596) ed aveva affermato che “nelle controversie soggette a mediazione obbligatoria ai sensi dell'art. 5, comma 1-bis, d.lgs. 28 del 2010, i cui giudizi vengano introdotti con un decreto ingiuntivo, una volta instaurato il relativo giudizio di opposizione e decise le istanze di concessione o sospensione della provvisoria esecuzione del decreto, l'onere di promuovere la procedura di mediazione è a carico della parte opposta: ne consegue che, ove essa non si attivi, alla pronuncia di improcedibilità di cui al citato comma 1-bis conseguirà la revoca del decreto ingiuntivo” (in questo stesso senso si era poi espressa Cass. civ., sez. III, ord. 13 maggio 2021, n. 12896).
Sulla questione è intervenuta ora la riforma Cartabia che ha introdotto nel d.lgs. n. 28/2010 un nuovo articolo specifico, l'art. 5-bis (“Procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo”), con il quale ha disposto che “quando l'azione di cui all'articolo 5, comma 1, è stata introdotta con ricorso per decreto ingiuntivo, nel procedimento di opposizione l'onere di presentare la domanda di mediazione grava sulla parte che ha proposto ricorso per decreto ingiuntivo” e che “il giudice alla prima udienza provvede sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione se formulate e, accertato il mancato esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all'articolo 6”. La previsione è completata dall'ulteriore disposizione secondo cui il giudice “a tale udienza, se la mediazione non è stata esperita, dichiara l'improcedibilità della domanda giudiziale proposta con il ricorso per decreto ingiuntivo, revoca il decreto opposto e provvede sulle spese”.
Rapporti con la commissione paritetica di cui al d.m. 16 gennaio 2017
L'articolo 6 del d.m. 16 gennaio 2017 relativo ai contratti di locazione abitativa agevolati, transitori e per studenti universitari regolati dalla legge n. 431/1998 detta alcune disposizioni a proposito di una «commissione di negoziazione paritetica e conciliazione stragiudiziale».
Si tratta di una figura che ha il compito di cercare di trovare un accordo tra le parti del contratto di locazione in relazione ad alcuni temi specifici indicati nel decreto (controversie circa l'interpretazione e l'esecuzione dei contratti di locazione; rispondenza del contenuto del contratto di locazione all'accordo locale; fissazione eventuale di un nuovo canone nel caso di variazione dell'imposizione fiscale sull'immobile o di sopravvenienza di qualsiasi altro elemento nuovo che risulti rilevante sulla congruità del canone; ecc.).
Vi è da chiedersi quale rapporto debba vedersi tra il ricorso a tale commissione e la procedura di mediazione di cui al d.lgs. n. 28/2010.
Non è chiaro infatti che senso abbia uno strumento della natura sopraindicata con riguardo a materia per la quale è già previsto che per ogni controversia sia obbligatoria la mediazione: pare proprio ciò che si prevede sia null'altro che un doppione dal momento che la disposizione indicata del decreto ministeriale in tema di locazioni agevolate prevede in sostanza una fase di pre-mediazione facoltativa che dovrebbe comunque essere poi seguita, ove essa non avesse condotto alla definizione della questione in discussione, da una successiva fase di mediazione obbligatoria.
In ogni caso è certo che il ricorso alla commissione anzidetta – al pari di qualunque altro contatto o tentativo di accordo di natura diversa da quella propria della mediazione regolata dal D.lgs. n. 28 che fosse esperito prima dell'inizio della causa - non concreterebbe comunque la condizione di procedibilità prevista dalle norme in tema di mediazione obbligatoria.
Riferimenti
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Nicola, La nuova mediazione dopo il cd. decreto “del fare” e la mediazione condominiale, in Immobili & proprietà, 2013, p. 587;
Nucera, Mediazione obbligatoria e controversie latu sensu locatizie. Dal Tribunale di Modena una pronuncia che offre interessanti spunti di riflessione, in Archivio delle locazioni e del condominio, 2012, p. 79;
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Scalettaris, Qualche riflessione in tema di mediazione e conciliazione nelle controversie aventi ad oggetto il rilascio dell'immobile locato, in Archivio delle locazioni e del condominio, 2011, p. 15;
Scalettaris, La riforma del processo civile. Il procedimento di sfratto si applica anche nel caso del comodato e dell'affitto di azienda, in Archivio delle locazioni e del condominio, 2023, 3;
Serra-Tosatti, La mediazione, in Archivio delle locazioni e del condominio, 2023, 219;
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Zanello, Sezioni Unite 19596/2020: la joint venture di processo e mediazione, in Foro It., 2020, I, 3424.