Mediazione e opposizione a decreto ingiuntivo

23 Novembre 2023

Il tema viene esaminato alla luce degli interventi giurisprudenziali ed, in particolare, della pronuncia delle Sezioni Unite del 2020 che ha individuato come onerato all'introduzione del procedimento di mediazione, in ipotesi di opposizione a decreto ingiuntivo, la parte opposta. La riforma processuale del 2022, col nuovo art. 5 bis dl.g. n. 28, ha validato quest’interpretazione.

Inquadramento

Il comma 6 dell'art. 5, d.lgs. 28/2010 individua le esclusioni dalla mediazione in riferimento alla natura speciale di taluni procedimenti regolati dal IV libro della procedura, alcuni dei quali dotati di struttura tendenzialmente bifasica.

Anzitutto, l'esclusione riguarda la fase sommaria del procedimento monitorio e di quello per convalida di licenza o di sfratto.

L'esclusione dalla procedura conciliativa non è priva di giustificazione. In materia di lavoro, la Corte costituzionale (C. Cost., 13 luglio 2000, n. 276) aveva escluso l'applicabilità del tentativo di conciliazione (colà previsto) al procedimento monitorio.

Per entrambi i procedimenti speciali (monitorio e per convalida di sfratto), la Relazione Illustrativa  al dlg. n. 28/2010 ha  precisato che l'esclusione si giustifica «per il fatto che in essi ci troviamo di fronte a forme di accertamento sommario con prevalente funzione esecutiva». Conclude la Relazione sul punto evidenziando che: «la mediazione può trovare spazio all'esito della fase sommaria, quando le esigenze di celerità sono cessate». L'affermazione è coerente col dettato normativo con riguardo alla struttura del procedimento per convalida di sfratto e, seppur in misura minore, con quella del procedimento monitorio.

Il procedimento per convalida di sfratto, l'opposizione a decreto ingiuntivo ed i procedimenti possessori, accomunati da una struttura processuale (eventualmente) bifasica, sono parzialmente esentati dalla mediazione.

Il rilievo è conseguente al significato complessivo della disciplina dettata in materia, in funzione deflativa rispetto al giudizio; ovvero, consistente nell'escludere il previo esperimento della mediazione finalizzata alla conciliazione per quei procedimenti (tra cui il procedimento per convalida di licenza o di sfratto ex artt. 657 e ss. c.p.c., come pure quello monitorio ex artt. 633 e segg. c.p.c.) che potrebbero concludersi senza insorgenza di conflitto tra le parti, in modo semi-consensuale. Ciò è verificabile nel procedimento per convalida di sfratto, il quale può terminare con pronunzia di ordinanza di convalida, laddove il convenuto non compaia in udienza o comparendo non si opponga (art. 663 c.p.c.), come pure nel procedimento per decreto ingiuntivo, laddove il monito non venga opposto, passando in giudicato.

Gli istituti menzionati nel comma 6 (novellato) dell'art. 5 del d.lgs. 28/2010 possono rimanere «procedimenti» senza trasformarsi in processi e senza insorgenza di «controversia» ai sensi dell'art. 2 del decreto stesso. Laddove il mutamento di rito si verifichi, invece, in funzione deflattiva del contenzioso, appare giustificata la previsione dell'obbligatoria introduzione della procedura compositiva.

Identica considerazione va ripetuta con riferimento al procedimento monitorio.

Laddove il decreto ingiuntivo venga opposto, il procedimento non si conclude, ma si trasforma in processo contenzioso, a cognizione piena, con intervento (ed impegno) della giurisdizione.

Opposizione a decreto ingiuntivo

Il decreto ingiuntivo può essere opposto dal debitore, con inversione dell'iniziativa processuale delle parti. L'opposizione impedisce la celere formazione del titolo esecutivo, determinando, per converso, l'apertura di un processo ordinario di cognizione avente ad oggetto l'accertamento del rapporto creditorio.

Con riferimento alla mediazione, dispone l'art. 5, comma 6, lett. a), d.lgs. 28 che: la mediazione non è necessaria «nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l'opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione, secondo quanto previsto dall'art. 5 bis». Soluzione opposta, invece, è stata seguita in ipotesi di opposizione a decreto ingiuntivo nelle materie nelle quali sussiste l'obbligo di tentare la negoziazione assistita (art. 3, comma 3, d.l. 132/2014: «la disposizione di cui al comma 1 non si applica nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l'opposizione»).

Questo significa che, risoltasi senza esito la fase sommaria volta alla formazione del titolo esecutivo, e, dovendo proseguire il processo ad iniziativa del debitore che ritiene di avere argomenti da spendere avverso 

il monito, va esperita la procedura di componimento.

L'accesso alla procedura alternativa è ammissibile in presenza di duplice espressa limitazione che è segnata dall'ambito applicativo (oggetto o materia), oltre che dalla natura del credito dedotto in monitorio, che deve essere liquido (condizione dell'azione speciale).

Anzitutto, l'ambito applicativo delle controversie suscettibili di mediazione è determinato dall'elencazione tassativa delle materie indicate al  comma 1 dell'art. 5 (come novellato).

Sono poi in concreto ipotizzabili esclusivamente procedimenti compositivi susseguenti a decreti ingiuntivi pronunziati nelle materie per le quali sussista un credito certo, liquido ed esigibile (art. 633 c.p.c.). Si può, ad es., ipotizzare un decreto ingiuntivo pronunziato per omesso pagamento di oneri condominiali, ovvero di un contratto di finanziamento bancario, ovvero, per mancato versamento del canone locatizio, ovvero, per quanto dovuto per affitto dell'azienda. Non scontano, invece, la procedura di mediazione la pretesa creditoria dell'appaltatore nei confronti del     committente, del professionista, o del prestatore d'opera verso il cliente, o, ancora, quella del venditore nei confronti del compratore per pagamento del prezzo di vendita.

Neppure la mediazione entra in gioco quando il credito non sia liquido, com'è il credito risarcitorio per danni susseguenti a sinistro stradale o per responsabilità medica, ovvero, derivante da diffamazione a mezzo di stampa.

Una volta individuate le materie per le quali la mediazione è obbligatoria in presenza di monito, va chiarito in quale fase processuale il tentativo stragiudiziale di componimento si collochi.

Diversamente dall'opposizione a convalida di sfratto, per l'opposizione a decreto ingiuntivo l'instaurazione della procedura di risoluzione alternativa della controversia è obbligatoria in seguito a pronunzia «sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione», espressamente escludendo che tale tentativo sia esperibile antecedentemente il dispiegarsi dell'opposizione.

Ciò significa che il procedimento va esperito in corso di giudizio, endo-processualmente, una volta pronunziati i provvedimenti interinali di cui agli artt. 648 e 649 c.p.c. semprechè sull'istanza il giudice abbia provveduto.

La scelta di tecnica legislativa di posticipare la mediazione (quantomeno) successivamente alla prima udienza di trattazione del processo di opposizione a decreto ingiuntivo nel corso della quale è ipotizzabile che il giudice abbia deciso sulle istanze preliminari, appare comprensibile (per quanto non sia l'unica ipotizzabile). Tale opzione si giustifica considerando la struttura biascia del giudizio di opposizione a  decreto ingiuntivo caratterizzato da perentorietà del termine (di quaranta giorni dalla notifica del decreto ingiuntivo; art. 641 c.p.c.) di opposizione.

La struttura del giudizio oppositorio avrebbe, altrimenti, reso problematico l'esperimento del tentativo compositivo.

Se la scelta tecnica del legislatore è plausibile, la stessa però ne dimostra la sostanziale inadeguatezza. Con essa il legislatore ha mostrato di non credere troppo alle virtù conciliative della  mediazione.

Dato che in tal caso la procedura di componimento va introdotta, a pena di improcedibilità, a processo pendente, quando l'esito della lite appare già orientato e segnato a seguito della pronunzia interinale  ed allo stato degli atti provvisoria assunta dal giudice sulla  provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo (o sulla sospensione di essa). Con essa il giudice (in modo embrionale) ha espresso il suo convincimento con riguardo all'esito della controversia, orientandone lo sviluppo successivo.

Individuazione dell'onerato all'instaurazione della procedura compositiva

Una questione pregna di effetti pratici, oltre che di concreta rilevanza pratica, nel recente passato aveva agitato la materia.

Ci riferiamo all'individuazione del soggetto onerato dell'instaurazione del procedimento di mediazione, a fronte dell'introduzione del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo ed alla conseguente pronunzia dei provvedimenti di cui agli artt. 648 e 649 c.p.c.

La questione, alimentata dalla scarsa chiarezza del dato positivo, aveva determinato l'insorgenza di un contrasto interpretativo.

La giurisprudenza di merito (e con essa gli studiosi) aveva evidenziato un palese conflitto interpretativo. 

Un primo orientamento (primo anche in ordine cronologico) riteneva che l'onere di instaurazione della procedura compositiva facesse carico al creditore opposto, attore in senso sostanziale (non sul debitore), ovvero colui che «intende esercitare in giudizio un'azione» (Trib. Varese 18 maggio 2012, in Giur. it., 2012, 2620, con nota di Tedoldi). Laddove non fosse stata instaurata la  procedura compositiva, il giudizio avrebbe dovuto chiudersi con una pronunzia in rito e, in particolare, con  sentenza che, dichiarando l'improcedibilità della domanda monitoria, revocasse il decreto ingiuntivo,  con condanna della parte opposta al rimborso delle spese processuali.

Viceversa, secondo l'opposta, maggioritaria, impostazione dogmatica, l'onere di instaurazione della mediazione sarebbe gravato sulla parte opponente ed il mancato esperimento della procedura avrebbe determinato l'improcedibilità dell'opposizione a decreto ingiuntivo, con susseguente passaggio in cosa giudicata dello stesso.

In tal caso, la domanda improcedibile ex art. 5, comma 1 bis, d.lgs. 28 sarebbe stata quella formulata con l'atto di citazione in opposizione (Trib. Rimini 14 luglio 2014, in www.mondoadr; Trib. Nola, 24 febbraio 2015, in DeG, 2015), non quella monitoria; in forza del considerazione secondo cui la condizione di procedibilità opera unicamente nella fase di opposizione (Trib. Firenze, 30 ottobre 2014).

Struttura del giudizio oppositorio

Le difficoltà incontrate dagli interpreti di fornire risposta univoca alla questio iuris appare conseguenziale alla difficile opera di coordinamento interpretativo che la nuova normativa pone; ovvero, tra principi generali del processo di opposizione a decreto ingiuntivo ed il contemporaneo silenzio normativo emergente dalla disciplina sul procedimento di componimento stragiudiziale.

Dal primo punto di vista, la tecnica utilizzata dal codice di rito per l'introduzione del processo di opposizione a decreto ingiuntivo è imperniata sull'inversione dell'onere dell'iniziativa processuale, che si concreta nell'introduzione di un processo ordinario di cognizione ad iniziativa del debitore. In esso restano immutate le posizioni delle parti, sotto il profilo sostanziale, nel senso che il creditore mantiene la veste di attore, l'opponente quella di convenuto, anche sotto il profilo probatorio (Cass. civ., 27 gennaio 1999, n. 807). Questo rappresenta effetto logico della constatazione secondo cui il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo verte sull'esistenza e sull'accertamento sulla sussistenza del rapporto obbligatorio dedotto in giudizio. Dato che l'opposizione, come si insegna tralaticiamente, non consiste in un'impugnazione del decreto pronunciato dal giudice (Cass. civ., 22 febbraio 2002, n. 2573).

Ancora, è stato osservato che il meccanismo introduttivo rispecchi, mutatis mutandis, un'impugnazione. L'opponente, se vuole evitare la decadenza ed il passaggio in    giudicato del monito, è tenuto a rispettare il termine perentorio di opposizione fissato in quaranta giorni, con l'ulteriore onere di costituirsi in giudizio tempestivamente (art. 647 c.p.c.).

In forza dei principi, su di lui grava l'onere di dare impulso al processo, pena la conclusione anticipata, mercè pronuncia di estinzione e con passaggio in giudicato del decreto ingiuntivo opposto (art. 653 c.p.c.).

In forza dei principi, l'onere di coltivare il giudizio oppositorio grava sull'opponente.

Il soggetto interessato alla conclusione del giudizio oppositorio con pronunzia nel merito sul rapporto    obbligatorio non è il creditore opposto, il quale è salvaguardato dal monito conseguito  (eventualmente dichiarato provvisoriamente esecutivo dal giudice ex art. 642 o ex art. 648 c.p.c.), ma parte opponente. Quest'ultima ha interesse ad evitare di subire una pronunzia di improcedibilità per    effetto dell'omesso esperimento della mediazione; pronunzia assimilabile a quella di estinzione    del processo, a norma dell'art. 653, con passaggio in giudicato del decreto ingiuntivo.

Egli mantiene interesse alla revoca del monito, non certo al suo definitivo consolidamento.

La soluzione offerta da Cass. 24629/2015

Il contrasto concernente individuazione dell'onerato all'introduzione del procedimento di mediazione aveva trovato soluzione a livello nomofilattico grazie ad una pronunzia che aveva affermato il seguente principio di diritto: «l'onere di esperire il tentativo di mediazione di cui all'art. 5 d.lgs. 28/2010 grava sulla parte che ha interesse al processo e ad introdurre il giudizio di merito, parte che, in ipotesi di opposizione a decreto ingiuntivo, è individuabile nell'opponente» (Cass. civ., 3 dicembre 2015, n. 24629, in Giustizia civile. com, 2015, con nota adesiva di Masoni; in Guida dir., 2016, 3, 14, con nota di Marinaro; in Foro it., 2016, I, 1319, con nota contraria di Brunialti; con nota di Dalfino; in Giusto proc. civ., 2016, 2016, 111, con nota adesiva di Trisorio Liuzzi; in Riv. dir. proc., 2016, 1283, con nota contraria di Balena).

La Corte aveva ritenuto di onerare l'opponente dell'instaurazione del procedimento di mediazione. L'interpretazione nomofilattica traeva fondamento nella r atio legis sottesa al d.lgs. 28/2010, di trasparente significato deflattivo, e da intendere alla luce del principio costituzionale di ragionevole durata del processo (art. 111, comma 2, Cost.). Cosicchè la stessa affermava che l'onere di esperire il tentativo di obbligatorio componimento di cui all'art. 5 d.lgs. 28/2010 andava «allocato presso la parte che ha interesse al processo e ha il potere di iniziarlo»; è infatti l'opponente ad avere «il potere e l'interesse ad introdurre il giudizio di merito, cioè (a percorrere) la soluzione più dispendiosa, osteggiata dal legislatore». Mentre l'attore-opposto, avendo perseguito la strada del procedimento monitorio (artt. 633 e ss. c.p.c.), ha «scelto la linea deflattiva, coerente con la logica dell'efficienza processuale e della ragionevole durata del processo», ovvero, la «via più breve», come precisava la pronunzia. La soluzione prescelta dalla nomofilachia, di far gravare sul debitore opponente l'onere di attivazione della procedura di a.d.r., si coordinava con i principi emergenti dal rito monitorio, dalla disciplina processuale dettata in tema di estinzione del giudizio di opposizione, oltre che con la finalità deflattiva assegnata dal legislatore delegato all'istituto della mediazione delle controversie civili e commerciali.

L'intervento delle Sezioni Unite

La pronunzia nomofilattica del 2015 richiamata, che aveva onerato parte opponente di introdurre la procedura di mediazione, non aveva convinto gli interpreti.

Dato che parte della dottrina e della giurisprudenza non aveva condiviso gli esiti cui era pervenuto l'approdo. Indizio significativo di questa situazione, non del tutto stabilizzata, si percepiva nell'ordinanza di remissione  al Primo Presidente per l'esame delle Sezioni Unite della «questione di massima di particolare importanza» concernente l'individuazione del soggetto onerato alla mediazione nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo (Cass. civ., 12 luglio 2019, n. 18741, in DeG, con nota di Summa).

Ebbene, il rovello era stato di recente risolto dalle Sezioni Unite (Cass. civ., sez.un., 18 settembre 2020, n. 19596, in Guida dir., 2020, 41, 119; Giust. Civ., 2021, con nota di Esposito; in Ius Processo civile, con nota             adesiva di Caputo)

La Corte afferma claris verbis il seguente, antitetico, rispetto al suo giudicato del 2015, principio: «nelle controversie soggette a mediazione obbligatoria ai sensi dell'art. 5, comma 1-bis, del d.lgs. 28/2010, i cui giudizi vengano introdotti con richiesta di decreto ingiuntivo, una volta instaurato il relativo giudizio di opposizione e decise le istanze di concessione o sospensione della provvisoria esecuzione del decreto, l'onere di promuovere la procedura di mediazione è a carico della parte opposta; ne consegue che, ove essa non si attivi, alla pronuncia di improcedibilità di cui al citato comma 1-bis conseguirà la revoca del decreto ingiuntivo».

La pronunzia afferma che una triplice serie di argomenti corroborerebbero l'assunto; di natura testuale, sistematica e costituzionale.

Dal primo punto di vista, la nomofilachia richiama taluni dati testuali. In particolare, l'art. 5, comma 1-bis, d.lgs. 28/2010, laddove onera della mediazione «chi intende esercitare in giudizio un'azione», soggetto che la Corte individua senza esitazione nell'attore c.d. sostanziale; poi, il comma 6 della medesima norma, che dispone: «dal momento della comunicazione alle altre parti, la domanda di mediazione produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale» e determina un effetto impeditivo alla decadenza. Secondo la Corte, tali effetti si collegherebbero ad un'iniziativa assunta dal creditore.

Ancora, si richiama l'art. 4, comma 2, del d.lgs. cit., che individua il contenuto dell'istanza di mediazione («l'istanza deve indicare l'organismo, le parti, l'oggetto, le ragioni della pretesa»). Nel pensiero nomofilattico, le tre norme in oggetto avrebbero significato univoco nel senso di onerare il creditore opposto di introdurre il procedimento compositivo. La Corte richiama, ancora, l'argomento sistematico, come pure quello di ordine costituzionale, ed in particolare i principi       dettati in tema di c.d. giurisdizione condizionata (enunciati da Corte cost. 18 aprile 2014, n. 98). Secondo quest'ultimo arresto, l'accesso alla giurisdizione che sia condizionato al previo adempimento di taluni oneri è illegittimo laddove l'esperimento di rimedi amministrativi si ricolleghi alla decadenza dall'azione   giudiziaria. Infine, le Sezioni Unite ritengono che la finalità deflattiva della mediazione, volta a garantire la ragionevole durata del processo (art. 111,2 comma, Cost.), non possa andare a discapito della garanzia del diritto di difesa (art. 24 Cost.), che «ultima deve prevalere». Il principio di diritto è seguito della successiva interpretazione nomofilattica (Cass. 22 marzo 2021, n. 8015; Cass. 13 maggio 2021, n. 12.896; Cass. 11 aprile 2022, n. 11.598), come pure dalla giurisprudenza di merito).

Il nuovo art. 5 bis d.lgs. n. 28

Validando l'orientamento delle Sezioni Unite, il legislatore (con la riforma processuale del 2022, di cui al d.lgs. n. 149), ha confermato che l'onere di proporre istanza di mediazione, dopo la concessione dei provvedimenti ex artt. 648 e 649 c.p.c., è posto a carico dell'opposto: “q uando l'azione di cui all'articolo 5, comma 1, è stata introdotta con ricorso per decreto ingiuntivo, nel procedimento di opposizione l'onere di presentare la domanda di mediazione grava sulla parte che ha proposto ricorso per decreto ingiuntivo. Il giudice alla prima udienza provvede sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione se formulate e, accertato il mancato esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all'articolo 6. A tale udienza, se la mediazione non è stata esperita, dichiara l'improcedibilità della domanda giudiziale proposta con il ricorso per decreto ingiuntivo, revoca il decreto opposto e provvede sulle spese” (art. 5 bis d.lgs. n. 28/2010, come novellato dal d.lgs. n. 149/2022).

La relazione della Commissione Luiso (p. 24) evidenziava che la soluzione proposta dal legislatore di onerare l'opposto consisteva nel recepimento dell'orientamento cassazionale, nell'ottica di evitare l'insorgenza di ulteriori contrasti interpretativi sul punto. In tal senso, si è indirizzata la legge delega (art. 1, comma 4, lett. d), l. n. 2016 del 2021), a cui il decreto delegato ha dato attuazione con il nuovo testo dell'art. 5 bis d.lgs. n. 28.

Il disposto novellato ha chiarito in modo certo quali siano le conseguenze scaturenti dal mancato accoglimento dell'invito giudiziale a procedere a mediazione nei successivi tre mesi (ex art. 6): precisando che se la mediazione non è esperita, il giudice “dichiara l'improcedibilità della domanda”, “revoca il decreto ingiuntivo e provvede sulle spese”.

La disposizione di nuovo conio ribadisce quanto già dispone l'art. 648 c.p.c., ovvero che sulla provvisoria esecuzione il g.i. provvede “alla prima udienza.

Tale udienza è individuabile nell'udienza di “prima comparizione delle parti” (art. 183, novellato, c.p.c.), nella quale, per i processi introdotti dopo il 28 febbraio 2023, va esperito tentativo di conciliazione ed interrogatorio libero delle parti. In questa sede il giudice provvede sulle istanze ex art.648 e 649 c.p.c.

In funzione correttiva del testo normativo, si è ritenuto che il giudice, col decreto ex art. 171 -bis, possa fissare un'udienza anteriormente all'udienza di cui all'art. 183 c.p.c., “al maturare delle preclusioni assertive ed istruttorie”, per provvedere sulle istanze interinali (Trib. Bologna, 23 settembre 2023, in Ius processo civile, con nota di Taraschi).

Riferimenti

Mandrioli, Carratta, Diritto processuale civile, Torno, 2022, XXVIII° ed., III, 32 e 422.

Carratta, Le riforme del processo civile, Torino, 2023, 263-264;

Garbagnati, Il procedimento d'ingiunzione, Milano, 1991;

Luiso, Dirittoprocessualecivile, IV, Milano, 2011, VI° ed.;

Masoni, in Giordano, Vaccari, Masoni, Arbitrato deflattivo, negoziazione assistita e mediazione, Milano, 2016, 280 e segg.;

Nardone, La mediazione, in AA.VV., Commentario sistematico al nuovo processo civile, a cura di Masoni, Milano, 2023, 661 e segg.

Taraschi, Nuovo rito: provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo possibile anche prima dell’udienza di trattazione dell’opposizione, in Ius processo civile, 2023.

Tedoldi, Mediazione obbligatoria e opposizione a decreto ingiuntivo, in Giur. it., 2012, 2623; Valitutti, De Stefano, Il decreto ingiuntivo e l'opposizione, Padova, 2013.

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