Licenziamenti collettivi (Dir. 98/59/CE): il difetto dell'informativa all'Autorità pubblica non incide sulla posizione individuale del lavoratore
06 Settembre 2023
Massima
La direttiva 98/59/CE del 20 luglio 1998 sui licenziamenti collettivi e la normativa tedesca attuativa della medesima prevedono che - in apertura del relativo iter procedurale - l'azienda dia comunicazione scritta alle rappresentanze dei lavoratori dei contenuti dell'iniziativa, trasmettendone copia all'Autorità pubblica preposta.
Il difetto dell'informativa all'Autorità pubblica non può essere fatto utilmente valere dal lavoratore quale motivo di impugnazione del licenziamento intimatogli (agli esiti della procedura), in quanto detta informativa si colloca in una fase del tutto preparatoria dell'iter procedurale (nella quale all'Autorità non è riconosciuto un ruolo attivo), e la sua mancanza non è in grado di produrre effetti lesivi sulle posizioni individuali dei lavoratori interessati.
Il caso: inquadramento della vicenda
La sentenza della CGUE in commento ha a riferimento una vertenza giudiziale insorta in Germania, in merito all'applicazione dell'art. 17 del Kündigungsschutzgesetz, legge di tutela contro i licenziamenti, con la quale è stata data attuazione, nell'ordinamento tedesco, alla direttiva 98/59/CE del 20 luglio 1998, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri nella materia (1).
La Corte europea viene investita dalla Corte suprema tedesca – Bundesarbeitsgericht – della questione relativa a un licenziamento collettivo impugnato da uno dei destinatari, che ne chiede la invalidazione, nei suoi riguardi, per mancata comunicazione all'autorità pubblica (da parte aziendale) dell'apertura della relativa procedura, in violazione della norma menzionata.
Al riguardo, la legge tedesca, in conformità con la direttiva europea, assoggetta i licenziamenti collettivi a un apposito iter, il cui ruolo è quello di favorire un confronto preventivo fra l'azienda e rappresentanze sindacali dei lavoratori, ma anche di assicurare l'intervento della autorità pubblica preposta al mercato e ai rapporti di lavoro. Si tratta di verificare la possibilità di individuare soluzioni alternative al licenziamento, o che ne riducano e limitino gli impatti negativi, eventualmente anche sulla base di proposte e impegni assunti dall'attore pubblico.
Tanto complessivamente evidenziato, nel caso di specie il vizio lamentato dal lavoratore si sostanziava, come accennato, nella violazione dell'art. 17 cit. nel punto in cui dispone che l'azienda, in apertura della procedura di licenziamenti collettivi, deve trasmettere all'Agenzia per il lavoro copia dell'atto di informativa già trasmesso al Comitato sindacale aziendale.
Nell'atto è prospettato una prima traccia dei (possibili) contenuti del licenziamento collettivo e cioè i motivi, la tempistica, il numero/inquadramento dei lavoratori coinvolti, i criteri di selezione degli stessi, ecc.
Il lavoratore ricorrente ha ritenuto che l'omissione della menzionata comunicazione all'autorità pubblica determinasse l'invalidità del provvedimento espulsivo intimatogli. La questione: principali spunti di interesse della decisione
Investita della vicenda agli esiti dei giudizi di merito, la Bundesarbeitsgericht, come accennato, chiamava in causa la CGUE per sciogliere i dubbi in ordine al fatto che la norma considerata, come del resto quella europea cui dà attuazione, abbia l'obiettivo di attribuire o meno una tutela individuale al lavoratore.
La CGUE evidenzia che la comunicazione in parola si colloca in una fase del tutto preparatoria dell'iter dei licenziamenti collettivi e che quindi non può aver rilevanza nelle posizioni individuali dei lavoratori (si è in una fase in cui, fra l'altro, non è ancora definito il perimetro esatto dei soggetti coinvolti).
Quanto all'analisi del dato testuale viene, in particolare, sottolineato il posizionamento della norma violata, inserita non nella sezione relativa alla “Procedura di licenziamento collettivo”, ma in quella intitolata “Informazione e consultazione: aspetto anche questo rilevante nella prospettiva indicata.
D'altra parte, osserva sempre la CGUE, nel corso della consultazione delle Organizzazioni sindacali, la normativa non conferisce alcun ruolo all'autorità, ruolo che invece le viene attribuito nella fase successiva, in cui vanno verificate possibili forme di intervento pubblico.
Tutto ciò conferma la CGUE nel convincimento che la Direttiva – e quindi la normativa nazionale attuativa – non intende, sul punto, conferire una tutela individuale ai lavoratori coinvolti nel licenziamento collettivo: pertanto, il menzionato difetto di comunicazione all'autorità amministrativa non può essere fatto utilmente valere in giudizio. Osservazioni e rilievi
La sentenza della CGUE offre spunti anche per un esame della disciplina italiana in tema di licenziamenti collettivi (anch'essa attuativa della Direttiva europea) e della rilevanza dei difetti del relativo iter procedurale, ai fini dell'impugnativa da parte del lavoratore licenziato.
Sembra, cioè, possano essere lette alla luce delle richiamate indicazioni della Corte di giustizia, le previsioni dell'art. 5, comma 3, l. n. 223/1991 e dell'art. 10 d.lgs. n. 23/2015, ai sensi delle quali l'inosservanza delle procedure – amministrative, oltre che sindacali – a monte del licenziamento (art. 4, comma 12, Legge cit.), legittima il lavoratore licenziato all'impugnativa del recesso datoriale, con il riconoscimento di tutele di ordine indennitario/risarcitorio (differentemente modulate nei due casi).
In pratica, in applicazione della pronuncia del giudice europeo, dovrebbe restare irrilevante, ai considerati effetti – per gli stessi motivi indicati più sopra nel commentare la sentenza – la violazione dell'art. 4, comma 4, l. n. 223 cit., ai sensi del quale va trasmessa all'Ufficio del lavoro copia della comunicazione con la quale l'azienda formalizza, nei confronti delle Rsa, l'apertura della procedura di licenziamento (1).
Al contrario, pare invece fondata un'impugnativa del licenziamento con la quale si denunci il mancato rispetto delle procedure di cui al comma 6 (e conseguentemente comma 7), art. 4 cit., che contempla fra l'altro una comunicazione scritta all'autorità pubblica volta a provocarne – se necessario (cioè, in difetto di intesa fra le parti) – un intervento diretto, “operativo”, di mediazione, che si sostanzi nella formulazione di proposte di accordo.
In tale evenienza, l'omesso coinvolgimento dell'ufficio del lavoro (attraverso la comunicazione in parola) produce effetti anche sulle posizioni soggettive dei lavoratori interessati, i quali potranno reagire con un'impugnativa dell'atto risolutivo del rapporto di lavoro, in vista delle previste tutele indennitarie. Note
(1) La direttiva in parola ha in sostanza riproposto, con alcune modifiche, il testo della precedente dir. 75/129/CEE, coordinato con le integrazioni apportate dalla dir. 92/56/CEE: direttive queste quindi venute meno. |