Condotte extralavorative: quando integrano una giusta causa di licenziamento?

Teresa Zappia
14 Settembre 2023

Affinché possa giustificare il licenziamento per giusta causa, la condotta extra lavorativa deve aver pregiudicato in concreto gli interessi morali e/o materiali del datore, incidendo sul rapporto di lavoro.

Può incidere sul rapporto lavoratore-datore qualsiasi condotta illecita extra lavorativa anche se questa non ha inciso sugli interessi morali e/o materiali del datore o compromesso il rapporto fiduciario qualora il comportamento sia connotato da un elevato disvalore sociale oggettivo?

La questione richiede innanzitutto di rammentare la non perfetta sovrapponibilità tra sistema penale e sistema disciplinare, dovendosi escludere pertanto che qualsiasi condotta, comunque accertata come reato, si traduca sempre in un illecito disciplinare e, quindi, in una ragione giustificante il licenziamento.

La giurisprudenza di legittimità ha ritenuto sussistente la giusta causa di licenziamento motivato da condotte extralavorative a condizione che esse abbiano un riflesso, anche solo potenziale ma comunque oggettivo, sulla funzionalità del rapporto, a causa della compromissione dell'aspettativa datoriale circa un futuro puntuale adempimento dell'obbligazione lavorativa, in relazione alle specifiche mansioni o alla particolare attività svolta dal dipendente.

Pertanto, se nel caso specifico le condotte tenute dal lavoratore non risultano aver avuto alcuna incidenza, neppure riflessa, sull'ambiente lavorativo e, quindi, sul rapporto di lavoro (ad es. assenza di eco mediatica; carattere meramente esecutivo delle mansioni) non potrebbe ritenersi giustificato il recesso del datore in forza di un'asserita rilevanza in re ipsa (i.e. per il solo fatto che la condotta extra lavorativa ha integrato un illecito penale).

Anche l'eventuale valutazione prognostica circa il pregiudizio per l'ambiente lavorativo dovrebbe, in ogni caso, essere sostenuta da elementi fattuali e non costituire il contenuto di una mera asserzione del datore, il quale non potrebbe nemmeno limitarsi ad un generico richiamo ai “costumi sociali” o, comunque, fare leva sul solo disvalore sociale della condotta.

In definitiva, pur se deprecabile, la condotta del dipendente che non sia in grado di influire concretamente sul rapporto di lavoro, neppure in via indiretta, non potrebbe costituire il fondamento giustificante il licenziamento disciplinare, essendo il grave nocumento degli interessi morali e materiali del datore un elemento indefettibile, in quanto costitutivo della giusta causa di recesso.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.