La notifica della cartella di pagamento presso un domicilio digitale non iscritto in un pubblico registro

27 Settembre 2023

La norma che autorizza la notifica elettronica prescrive che l'indirizzo del destinatario risulti da appositi registri ma non anche che la notifica sia adempiuta dall'indirizzo iscritto ai pubblici registri.
Premessa

Il domicilio digitale è una sorta di residenza online, un luogo virtuale ove gli individui, le imprese, gli enti e le istituzioni possono ricevere documenti, notifiche e comunicazioni ufficiali telematicamente. Tale sistema consente di centralizzare tutte le informazioni e la corrispondenza digitale (anche se non nativa) in un ambiente che garantisce standard di autenticità, integrità dei dati, e confidenzialità.

Secondo l'articolo 1, comma 1, lettera n-ter, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 (c.d. Codice dell'amministrazione digitaleCAD) il domicilio digitale è un indirizzo elettronico attivato mediante l'accesso a un servizio di posta elettronica certificata (PEC) o ad un servizio elettronico di recapito certificato qualificato (SERCQ), -come definito dal regolamento dell'Unione europea 23 luglio 2014 n. 910 del Parlamento europeo e del Consiglio in materia di identificazione elettronica e servizi fiduciari per le transazioni elettroniche nel mercato interno e che abroga la direttiva 1999/93/CE, di seguito "Regolamento eIDAS"-, valido ai fini delle comunicazioni elettroniche aventi valore legale.

La posta elettronica certificata (PEC) è, dunque, uno dei due strumenti previsti per l'attivazione del domicilio digitale.

Oltre alla PEC va ricordato il servizio elettronico di recapito certificato qualificato (SERCQ) il quale consente di attivare il domicilio digitale sfruttando un diverso modello telematico.

Entrambi i sistemi hanno valore legale anche se presentano diverse modalità funzionali.

La PEC corrisponde ad una casella di posta elettronica che certifica la data e l'ora di trasmissione/ricezione del messaggio tra due indirizzi PEC.

La SERCQ consente di certificare l'invio e la ricezione del messaggio -anche da piattaforme diverse dalla e-mail- nonché assicurare l'identità del mittente e del destinatario prima dell'invio del messaggio in quanto utilizza meccanismi di strong authentication. Allo stato questo secondo modello non ha ricevuto una disciplina specifica da parte del legislatore).

L'architettura del sistema consente di presumere l'avvenuta conoscenza della comunicazione ai sensi dell'art. 1335 c.c. il quale dispone che le dichiarazioni avente natura ricettizia si assumono conosciute dal destinatario nel momento in cui giungono al suo indirizzo. A tal fine il mittente può fornire la prova dell'avvenuta conoscenza del contenuto della comunicazione elettronica da parte del destinatario dimostrando di aver correttamente recapitato il messaggio al domicilio risultante da pubblici elenchi che raccolgono gli indirizzi PEC di categorie di soggetti.

La prova contraria alla presunzione di conoscenza prevista dall'art. 1335 c.c. è ammessa solo entro limiti stringenti. L'atto si considera come conosciuto e, dunque, produce effetto se il destinatario non è in grado di provare di essere stato, senza sua colpa, nell'impossibilità di averne notizia ovvero ricorra la circostanza che l'indirizzo di posta elettronica certificata non sia accessibile per cause imputabili al destinatario (Cass. 8 giugno 2018 n. 14914; Cass. 23 maggio 2019 n. 14140).

Il domicilio digitale

Le pubbliche amministrazioni, i gestori di servizio di pubblico interesse, le imprese e i professionisti, sono stati obbligati, ai sensi dell'art. 2, comma 2 del codice dell'amministrazione digitale (CAD) a comunicare l'indirizzo di posta elettronica certificata.

L'art. 37 del d.l. n. 76/2020, convertito in l. n. 120/2020, recante “Misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale” (c.d. Decreto Semplificazioni), al fine di attuare il processo di digitalizzazione nei rapporti tra le pubbliche amministrazioni, le imprese ed i professionisti, ha introdotto per i soggetti che, tenuti a avere un domicilio digitale, non avessero regolarizzato la propria posizione -comunicando e rendendo attivo il predetto domicilio- diverse sanzioni amministrative.

Le persone fisiche e gli altri soggetti privati non sono obbligati a possedere un domicilio digitale (in attesa della piena attuazione dell'art. 3-bis, comma 3-bis, del CAD), salvo la spontanea attivazione dell'indirizzo PEC e la comunicazione del proprio domicilio digitale al pubblico registro INAD ovvero l'automatica acquisizione degli indirizzi professionali nel registro INAD ai sensi dell'art. 6-quater, comma 2, del CAD. La norma prevede che il domicilio digitale dei professionisti, iscritti nell'Indice nazionale dei domicili digitali delle imprese e dei professionisti (INI-PEC), sia inserito automaticamente anche nel registro INAD. In questo modo il domicilio digitale professionale comunicato al proprio Albo o Ordine diventa ex lege il domicilio digitale personale, salvo che il professionista non scelga di eleggere un diverso domicilio digitale personale, ai sensi dell'art. 3-bis, comma 1-bis, e dell'art. 6-quater, comma 2, del CAD, così distinguendo il domicilio professionale da quello privato (cfr. G. Pasceri, Elezione di domicilio della parte presso il difensore e variazione dell'indirizzo del professionista domiciliatario, in IUS Processo telematico (ius.giuffrefl.it), 14 giugno 2023).

La notifica digitale proveniente da un recapito telematico non iscritto ai pubblici registri

Secondo il recente orientamento della giurisprudenza, le notifiche effettuate da un indirizzo PEC non iscritto nei pubblici registri non è affetto da inesistenza né da invalidità. La notifica da una diversa posta elettronica certificata, infatti, è compatibile con la disciplina prevista dall'art. 16-ter del d.l. n. 179/2012 “Misure urgenti per la crescita del Paese”, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 221/2012.

In effetti le regole della notificazione sono poste a garanzia della correttezza della notificazione da eseguire nei luoghi indicati dall'art. 43 e ss. del codice civile. Per il notificante, dunque, è irrilevante che la notifica sia inoltrata da un indirizzo diverso da quello risultante da un pubblico registro. Allo stesso tempo, anche per il destinatario, è indifferente che l'atto notificato provenga da un indirizzo non iscritto ai pubblici registi (ancorché riconoscibile e riferibile al mittente).

Invero, solo in seguito al d.l. n. 76/2020, convertito in l. n. 120/2020, recante “Misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale” (c.d. Decreto Semplificazioni), è stata introdotta una sanzione amministrativa per i soggetti che, tenuti a avere un domicilio digitale, avessero omesso di regolarizzare la propria posizione comunicando e rendendo attivo il predetto domicilio (art. 37 del d.l. n. 76/2020), sicché, osserva la giurisprudenza, non può desumersi dalla lettura del d.l. n. 179/2012 l'obbligo per la pubblica amministrazione di eseguire la notificazione di un proprio atto esclusivamente dall'indirizzo di posta elettronica certificata risultante da un pubblico registro poiché la notifica eseguita da un diverso indirizzo elettronico deve definirsi “equipollente” per il perfezionamento della conoscenza dell'atto. L'art. 16-ter del d.l. n. 179/2012, “indica come riferimento di notificazione (passiva) l'indirizzo di posta elettronica certificata primario indicato, secondo le previsioni delle linee guida di AGID, nella sezione ente dell'amministrazione pubblica destinataria, così conferendo almeno rilevanza ad indirizzi dell'ente pur se non inclusi nel registro” (così: Corte di giustizia tributaria di primo grado di Napoli Sezione/Collegio 30, sentenza 04 maggio 2023 n. 6168). In altri termini, la disciplina che autorizza la notifica elettronica nulla impone al mittente se non di eseguire le comunicazioni telematiche all'indirizzo PEC del destinatario risultante dagli elenchi pubblici. Solo tale indirizzo, infatti, il domicilio “eletto” ove il destinatario intende ricevere le comunicazioni telematiche.

L'eventuale incompletezza dell'elenco dei domicili digitali costituisce semmai una ipotesi di responsabilità dirigenziale ma non inficia il regolare procedimento notificatorio quando l'indirizzo PEC sia, comunque, riconducibile a quelli indicati dall'amministrazione pubblica stessa.

Il rigore della disciplina prevista per le notifiche digitali, infatti, si indirizza sostanzialmente nei confronti del notificante il quale ha l'obbligo di utilizzare, principalmente, l'indirizzo risultante dal pubblico registro in quanto realizza il principio di elettività della domiciliazione (Cass. sez. VI, ord., 16 gennaio 2023, n. 982).

Ne consegue che la notifica a mezzo PEC inoltrata da un indirizzo di posta elettronica diverso da quella “istituzionale”, in ogni caso, non è nulla quando abbia consentito al notificante di esercitare un proprio diritto ovvero a svolgere compiutamente le proprie difese.

Conclusioni

E' valida la notifica della cartella di pagamento da un indirizzo PEC che non risulta nei pubblici registri delle pubbliche amministrazioni, purché sia corredata dalla copia analogica della ricevuta di avvenuta consegna e della attestazione di conformità. La notifica così realizzata è idonea a documentare l'avvenuto recapito del messaggio e degli allegati, salva la prova contraria, di cui è onerata la parte che sollevi la relativa eccezione, dell'esistenza di errori tecnici riferibili al sistema informatizzato (in questo senso anche: Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana Sezione/Collegio 6, sentenza 17 luglio 2023 n. 721).

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