L'azione di classe risarcitoria nella recente giurisprudenza e negli ultimi interventi legislativi

29 Settembre 2023

Il 19 maggio 2021 è entrata in vigore la l. n. 31/2019 che ha inserito l'azione di classe all'interno del codice di rito. Nonostante lo sforzo legislativo volto ad ampliarne l'ambito di applicazione rispetto alla precedente disciplina, l'azione di classe non ha incontrato il favore degli operatori pratici: dal 19 maggio 2021 ad oggi risultano pendenti solo tredici procedimenti di cui solo uno risulta aver superato lo scoglio della fase sull'ammissibilità dell'azione.
L'azione di classe risarcitoria nel sistema del codice di rito

Il 19 maggio 2021 (e dunque dopo più di due anni dalla emanazione della legge di riforma dell'istituto) è entrata in vigore la l. n. 31/2019 che ha inserito l'azione di classe all'interno del codice di rito.

Come è noto, la l. n. 31/2019 ha abrogato le disposizioni sulle azioni collettive contenute nel Codice del consumo, trasformando l'istituto da strumento tipico di protezione dei soli consumatori a rimedio generale posto a tutela dei diritti individuali omogenei.

Stando all'art. 840-bis, 1° comma, c.p.c., la nuova azione di classe è infatti esperibile da tutti coloro che vantino pretese risarcitorie in relazione a «diritti individuali omogenei» ed è configurata nella titolarità di ciascun componente della classe, oltreché delle organizzazioni o associazioni senza scopo di lucro che hanno come finalità la tutela di tali diritti. Quest'ultime, per poter agire, devono essere iscritte nell'elenco pubblico costituito con decreto del Ministero della giustizia del 17 febbraio 2022, n. 27. Per l'iscrizione occorre il possesso di alcuni requisiti necessari per garantire che l'ente sia non solo capace di «rappresentare e tutelare i diritti omogenei azionati», ma sia anche finanziariamente solido e sia stabile.

Legittimate passive ai sensi dell'art. 840-bis, 3° comma, c.p.c. sono le imprese, nonché gli enti gestori di pubblici servizi o di servizi di pubblica utilità, con l'esclusione della Pubblica Amministrazione, giacché la norma fa espressamente salve le procedure di ricorso per l'efficienza delle amministrazioni e dei concessionari di pubblici servizi.

Nonostante lo sforzo legislativo volto ad ampliarne l'ambito di applicazione rispetto alla precedente disciplina, l'azione di classe non ha incontrato il favore degli operatori pratici: dal 19 maggio 2021 ad oggi risultano pendenti solo tredici procedimenti di cui solo uno risulta aver superato lo scoglio della fase sull'ammissibilità dell'azione. Sembra tuttavia utile svolgere una breve rassegna delle decisioni sino ad oggi edite in materia allo scopo di saggiare la ragionevolezza delle scelte legislative anche alla luce della nuova azione di classe introdotta di recente nel nostro ordinamento per effetto del recepimento della direttiva n. 2020/1828 di tutela degli interessi collettivi dei consumatori.

La nozione di diritto individuale omogeneo

Uno dei fattori che hanno determinato l'insuccesso della disciplina contenuta nell'art. 140-bis del codice del consumo è rappresentato dal fatto che l'istituto dell'azione di classe riguardava solo la tutela dei consumatori e non aveva invece portata applicativa generalizzata. Con la legge di riforma, invece, si elimina ogni riferimento a consumatori e utenti, per cui l'azione diviene esperibile da tutti coloro che avanzino pretese risarcitorie in relazione a lesione di «diritti individuali omogenei».

L'innovazione ha l'evidente scopo di superare le difficoltà di interpretazione connesse alla attribuzione della facoltà di esperire l'azione di classe alla sola categoria dei consumatori, giacché l'interpretazione restrittiva adottata in modo costante dalla giurisprudenza di merito nei confronti della nozione di consumatore (si v. per tutti App. Firenze, 15 luglio 2014, in Giur. it., 2015, 89) aveva spesso portato alla declaratoria di inammissibilità dell'azione di classe per carenza del presupposto soggettivo. Inoltre, l'azione di classe a tutela dei consumatori era esperibile solo nella materia relativa ai diritti contrattuali di una pluralità di consumatori e utenti, inclusi quelli relativi ai contratti stipulati ai sensi degli artt. 1341 e 1342 c.c., nonché in quella riguardante i diritti spettanti ai consumatori finali di un determinato prodotto o servizio nei confronti del relativo produttore.

A differenza di quanto stabilito dall'ormai abrogato art. 140-bis c. cons, l'art. 840 bis non contiene particolari indicazioni circa la tipologia dei rapporti sostanziali ai quali si riferisce, se non nella parte in cui chiarisce che il giudizio è volto all'accertamento della responsabilità, nonché alla condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni, così finendo per riguardare l'amplissima area della responsabilità civile precontrattuale, contrattuale ed extracontrattuale in tutte le sue più svariate declinazioni (De Santis A.D., I procedimenti collettivi. L'azione di classe e l'azione inibitoria collettiva nel codice di procedura civile, in GPC, 2019, 708).

Quanto alla nozione di diritti individuali omogenei, i giudici che più di recente hanno avuto modo di confrontarsi sul tema ha ribadito quanto già affermato dalla dottrina e dalla giurisprudenza formatasi sotto il vigore della precedente disciplina. Secondo l'opinione già invalsa in passato, i diritti da tutelare nelle forme dell'azione di classe si dicono omogenei quando trovano il loro fondamento nella medesima «azione o omissione o condotta abituale di un medesimo convenuto» (Giussani, Il nuovo art. 140-bis c. cons., in Riv. dir. proc., 2010, 604), sussistendo cioè tra tali diritti un collegamento o di tipo causale (identità del titolo) o di carattere improprio (identità di questioni). In sostanza, la “classe” da un lato risulta composta da più soggetti che fanno valere diritti individuali, dall'altro diventa identificativa dei soggetti legittimati a coltivare l'azione, perché il vaglio della ammissibilità della domanda è effettuato dal tribunale nella fase preliminare con riguardo non tanto alla sommatoria degli interessi individuali, quanto piuttosto all'interesse della categoria (Alpa, L'art. 140-bis del codice del consumo nella prospettiva del diritto privato. Prime note, in Vigoriti_Conte (a cura di), Futuro Giustizia Azione collettiva Mediazione, Torino, 2010, 3 ss.).

Il carattere omogeneo dei diritti fatti valere, però, opera solo sotto il profilo dell'an (il fatto generatore dell'illecito o l'inadempimento contrattuale) e non necessariamente in quello del quantum: come ribadito anche per la nuova azione di classe, «l'omogeneità tra i diritti individuali del proponente e dei potenziali aderenti, accertata nella fase di ammissibilità in cui non rilevano questioni relative alla prova del quantum, si ravvisa nel caso in cui la fonte del danno sia comune per tutti e la quantificazione del risarcimento appaia effettuabile in base a criteri uniformi» (Trib. Venezia, 2 febbraio 2023, la quale a sua volta richiama App. Milano, 3 marzo 2014).

L'omogeneità viene quindi intesa come un'identità di an debeatur, ovvero degli elementi oggettivi dell'azione, mentre può differire la specificazione del quantum dovuto a ogni singolo consumatore.

Va poi precisato che la definizione di diritti omogenei comprende «non solo i diritti lesi da un unico fatto, realizzatosi nelle medesime circostanze di tempo e di luogo, generatore di danno nei confronti di una pluralità di soggetti, ma contempla anche i diritti lesi da condotte illecite reiterate nel tempo con analoghe conseguenze dannose, tra le quali pacificamente rientrano le pratiche commerciali scorrette» (così Trib. Venezia, 2 febbraio 2023, cit.).

La nuova azione collettiva europea a tutela dei consumatori

Con il riferirsi ai diritti individuali omogenei, il legislatore del 2019 ha, all'evidenza, scelto di abbandonare l'originaria impostazione seguita con l'introduzione della class action nel nostro ordinamento. In particolare, nessuna delle disposizioni relative alle azioni di classe contenute nel codice di rito rinvia alla tutela degli «interessi collettivi». Il riferimento a tale nozione, contenuta nella prima versione dell'azione di classe introdotta nel 2007, è venuto meno nel 2009, per poi essere reinserito nel 2012, mentre ha continuato ad essere presente nella disciplina dell'azione collettiva inibitoria.

L'esigenza di protezione di siffatti interessi, tuttavia, non ha mancato di farsi sentire (critico sulla scelta legislativa operata nel 2019 si è mostrato FINOCCHIARO, Ammesse azioni nei confronti delle Pa e in sede penale, in Guida al diritto, 2019, fasc. 23, 26, per il quale è dovrebbe essere fornita tutela anche agli interessi collettivi e ciò perché sarebbe del tutto irragionevole che l'azione di classe non possa essere utilizzata come rimedio per la tutela di interessi non soltanto collettivi ma anche diffusi ove l'azione inibitoria collettiva non si riveli adeguata a tal fine); spinto non tanto dalle condivisibili osservazioni operate in dottrina quanto soprattutto dalle superiori indicazioni effettuate a livello europeo, il legislatore italiano, dando attuazione alla già citata Direttiva europea n. 2020/1828 relativa alle azioni rappresentative a tutela degli interessi collettivi dei consumatori, ha, con il d.lgs. n. 28/2023, modificato il codice del consumo.

Il provvedimento, entrato in vigore lo scorso 25 giugno, ha introdotto nel codice del consumo il Titolo II.1 rubricato “Azioni rappresentative a tutela degli interessi collettivi dei consumatori” (artt. da 140-ter a 140-quaterdecies), così determinando la reviviscenza dell'azione rappresentativa a tutela dei consumatori nel caso di violazione di norme di diritto dell'Unione Europea che ledono o possono ledere interessi collettivi.

A differenza dell'azione di classe di cui agli artt. 840-bis e seguenti c.p.c., l'azione può essere esercitata solo da associazioni di consumatori e utenti inserite nell'elenco di cui all'art. 137 del Codice del consumo, da organismi pubblici nazionali (di cui all'arti. 3, n. 8, del Regolamento UE n. 2017/2394) e da enti legittimati in altro Stato membro, iscritti in apposito elenco. Gli enti legittimati possono promuovere le azioni rappresentative senza bisogno di mandato da parte dei consumatori interessati.

Ulteriore differenza rispetto all'azione di classe disciplinata dal codice di procedura civile consiste nel fatto che l'ambito oggettivo di applicazione della nuova normativa è circoscritto alla tutela degli interessi collettivi dei consumatori per le sole violazioni di «specifiche disposizioni contenute nei regolamenti dell'Unione europea e negli atti di recepimento delle direttive in materia».

L'azione rappresentativa di cui al d.lgs. n. 28/2023, può essere transfrontaliera e nazionale.

Tramite l'azione transfrontaliera le associazioni di altri Stati membri possono promuovere una class action in Italia (del pari, le organizzazioni di consumatori italiane possono fare altrettanto nei Paesi dell'Unione, anche insieme a enti di altri Stati membri).

L'azione nazionale si sovrappone alla «disciplina generale» già presente nel nostro ordinamento, prevedendo un doppio binario di tutela collettiva per i ricorsi «domestici»; al riguardo, l'art. 140-ter del Codice del consumo, allo scopo di coordinare le due azioni, dispone che, nel caso di condotta lesive di interessi collettivi dei consumatori in una delle materie elencate nell'allegato IIsepties del Codice del consumo, gli enti legittimati non possono agire con l'azione di classe prevista dal codice di procedura civile, ma soltanto con quella di cui si discute.

Il nuovo processo di classe. A) Competenza e giurisdizione

Anche dal punto di vista procedimentale il legislatore della riforma del 2019 innova rispetto alla precedente azione consumeristica stabilendo che il procedimento non è più suddiviso in due fasi aventi ad oggetto il giudizio di ammissibilità e il successivo giudizio sul merito, ma si divide in tre fasi, di cui le prime due sono affidate al tribunale delle imprese e hanno per oggetto, rispettivamente, l'ammissibilità dell'azione (art. 840 ter) e la successiva decisione sul merito (artt. 840 quinquies e sexies) mentre l'ultima, di competenza del giudice delegato, è relativa alla verifica delle adesioni e alla liquidazione delle somme agli aderenti alla classe (artt. 840 septies e octies).

Stando all'art. 840-ter, 1° comma, c.p.c., giudice competente per l'azione di classe è la sezione specializzata in materia di impresa del luogo ove ha sede la parte resistente.

Tale criterio è stato adottato anche dal d.lgs. n. 28/2023, giacché il nuovo art. 140-septies, 4° comma del codice del consumo ribadisce la competenza del tribunale delle imprese, distinguendo a seconda della circostanza che il convenuto sia un'entità giuridica (in tal caso il riferimento è alla sede) o una persona fisica (in cui conta la residenza o il domicilio).

L'attribuzione alle sezioni specializzate in materia di impresa aveva determinato il sorgere di un dubbio, essendo controverso se la giurisdizione spettasse al giudice ordinario anche quando la domanda di classe teoricamente appartenesse alla materia di giudice diverso da quello ordinario o se, al contrario, l'art. 840-ter c.p.c. non avesse inciso le regole in tema di riparto di giurisdizione, con la conseguenza per cui, laddove la giurisdizione sulla instauranda controversia non fosse ordinaria, doveva escludersi l'azionabilità in via collettiva del diritto, restando possibile ammettere, nei casi di giurisdizione esclusiva ex art. 133 c.p.a., l'applicabilità delle norme del c.p.c. regolanti l'azione di classe davanti al giudice amministrativo, ai sensi dell'art. 39, 1° comma, c.p.a.

La scarsa giurisprudenza che si è pronunciata in materia pare aver sposato questa seconda soluzione, affermando che nel caso della proposizione di una azione di classe avente ad oggetto una materia affidata ad un giudice diverso da quello ordinario la domanda deve ritenersi inammissibile difettando la giurisdizione del giudice ordinario (Trib. Venezia, maggio 2023; Tribunale di Bari, 7 novembre 2022 entrambe in https://servizipst.giustizia.it/PST/it/pst_2_16.wp?d-8032343-p=2#).

B) Le regole procedimentali

Stabilisce l'art. 840-ter c.p.c. al 1° e 2° comma che la domanda per l'azione di classe si propone con ricorso e che esso, «unitamente al decreto di fissazione dell'udienza, è pubblicato, a cura della cancelleria ed entro dieci giorni dal deposito del decreto, nell'area pubblica del portale dei servizi telematici gestito dal Ministero della giustizia, in modo da assicurare l'agevole reperibilità delle informazioni in esso contenute» (si v. sul punto anche Trib. Roma, 3 febbraio 2023 e Trib. Milano, 1° marzo 2023, entrambe in https://servizipst.giustizia.it/PST/it/pst_2_16.wp?d-8032343-p=2#).

Secondo Trib. Milano, 28 febbraio 2022, in https://servizipst.giustizia.it/PST/it/pst_2_16.wp?d-8032343-p=2#, il resistente ha l'onere di costituirsi in giudizio almeno 30 giorni prima dell'udienza di comparizione. Egli inoltre entro tale termine deve a pena di decadenza non solo prendere posizione sui fatti affermati dall'attore a fondamento della sua domanda, sollevare le eccezioni non rilevabili d'ufficio e proporre eventuali domande riconvenzionali, ma altresì dedurre tutti i mezzi di prova che si rendono necessari a suffragio delle proprie difese e conclusioni (Trib. Perugia, 13 marzo 2023 in https://servizipst.giustizia.it/PST/it/pst_2_16.wp?d-8032343-p=2#), così confermandosi la tesi già sostenuta in dottrina, a mente della quale le istanze istruttorie e le prove precostituite vanno proposte a pena di decadenza negli atti introduttivi, non essendo configurabile a favore delle parti alcuna ulteriore “occasione” processuale per formulare, in particolare, le proprie istanze istruttorie (COSSIGNANI, L'ammissibilità della domanda nell'azione di classe, in Carratta (a cura di), La class action riformata, in Giur. it., 2019, 2301).

Stando all'art. 840-ter, 3° comma c.p.c., al procedimento si applicano le disposizioni relative al rito sommario di cognizione senza che sia possibile per il giudice disporre il passaggio al rito ordinario.

La norma – che non è stata modificata in occasione della recente riforma operata dal d.lgs. n. 149/2022 – pone oggi un problema di carattere interpretativo, in quanto, come è noto, la riforma Cartabia ha soppresso gli artt. 702-bis e seguenti c.p.c. relativi al rito sommario di cognizione introducendo in sua vece il procedimento semplificato di cognizione di cui agli artt. 281-decies e ss. c.p.c., i quali, in larga parte, riecheggiano il previgente rito ordinario di cognizione.

In merito, sembra difficile sostenere la possibilità di rinviare a norme ormai non più vigenti, apparendo sicuramente preferibile ritenere che, al pari di quanto accadde a seguito della modifica dell'art. 37 c.p.c. ad opera della l. n. 218/1995, il rinvio di cui all'art. 840-ter debba intendersi come operato in favore degli artt. 281 decies e seguenti, salvo le particolarità previste dalla legge. A conferma di quanto sostenuto si consideri che nel disciplinare la nuova azione rappresentativa a tutela degli interessi collettivi dei consumatori in ambito europeo il legislatore ha espressamente previsto il rinvio al procedimento semplificato di cognizione salvo alcuni adattamenti (art. 140-septies, 7° comma, c. cons., a mente del quale «Il procedimento è regolato dal rito semplificato di cui al libro secondo, titolo I, capo III-quater, del codice di procedura civile, in quanto compatibile»).

Il giudizio di ammissibilità della class action

All'ammissibilità della class action — e quindi del ricorso — è, come anticipato, dedicata la prima fase del procedimento: il tribunale deve delibare l'ammissibilità con ordinanza, reclamabile dinanzi alla Corte di appello, entro trenta giorni dallo svolgimento della prima udienza.

L'inammissibilità della domanda può essere dichiarata ai sensi dell'art. 840-ter, 4° comma, c.p.c. qualora la suddetta domanda risulti manifestamente infondata. Al riguardo, la nozione di manifesta infondatezza coincide quella elaborata dalla giurisprudenza con riguardo al filtro in appello, giacché si ritiene sufficiente accertare che la domanda, alla luce della prospettazione, sia palesemente sfornita di fondamento in fatto o in diritto ovvero che risulti palesemente infondata, per assoluta carenza di prova o per avere la controparte introdotto delle evidenti prove contrarie in merito alla sussistenza dell'illecito (Trib. Venezia 2 febbraio 2023, cit.).

La domanda potrà poi essere dichiarata inammissibile qualora il tribunale riscontri la carenza dell'omogeneità dei diritti di cui all'art. 840-bis o quando ravvisa che sussiste un conflitto di interessi nei confronti del resistente o, infine, quando si avvede che il ricorrente è inidoneo a curare adeguatamente i diritti (individuali omogenei) fatti valere in giudizio.

Dalla circostanza che il vaglio sull'ammissibilità della domanda spetta al tribunale delle imprese, unitamente alla previsione della reclamabilità del provvedimento innanzi alla Corte di appello (e non al collegio) e al n. 3 dell'art. 50-bis, si deduce che la relativa decisione è assunta dal collegio, come di recente ribadito anche dalla giurisprudenza di merito (Trib. Roma, 22 giugno 2022, in https://servizipst.giustizia.it/PST/it/pst_2_16.wp?d-8032343-p=2#).

Laddove al contrario il tribunale giudichi ammissibile l'azione di classe, dovrà con ordinanza disporre che la cancelleria provveda a pubblicare il provvedimento nell'area pubblica del portale dei servizi telematici gestito dal Ministero della Giustizia entro 15 giorni dal deposito dello stesso, allo scopo di permettere ai soggetti portatori di diritti individuali omogenei per come individuati dal giudice l'adesione all'azione nel rispetto delle forme previste dall'art. 840 septies c.p.c., altresì fissando l'udienza di prosecuzione del giudizio per la definizione del merito della causa.

Riferimenti
  • Consolo, L'azione di classe, trifasica, infine inserita nel c.p.c., in Riv. dir. proc., 2020, 714;
  • Consolo, Artt. 840-bis-840-sexiesdecies. La nuova azione di classe e la nuova inibitoria, in CONSOLO (diretto da), Codice di procedura civile. Commentario, Milano, 2019;
  • Consolo, La terza edizione della azione di classe è legge ed entra nel c.p.c. Uno sguardo d'insieme ad una amplissima disciplina, in Corr. giur., 2019, 737 ss.;
  • De Santis A.D., I procedimenti collettivi. L'azione di classe e l'azione inibitoria collettiva nel codice di procedura civile, GPC, 2019, 701 ss.
  • Farina P., La riforma della disciplina dell'azione di classe e l'esecuzione forzata collettiva, in Riv. esec. forz., 2019, 654 ss.;
  • Giussani, La riforma dell'azione di classe, in Riv. dir. proc, 2019, 1572 ss.;
  • Sassani (diretto da), Class action. Commento sistematico alla legge 12 aprile 2019, n. 31, Pisa, 2019.

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