Esclusa la modifica della dichiarazione doganale per errore nel quantitativo di merci dichiarate dopo lo svincolo

12 Ottobre 2023

Nella causa C-640/21 la Corte UE ha affermato che nel caso di indicazione, nella dichiarazione doganale, di un quantitativo di merci inferiore rispetto a quelle importate, è da escludersi la possibilità per il dichiarante di modificare la bolletta doganale dopo che questa sia stata presentata e la dogana abbia concesso lo svincolo delle merci. 

Pur consentendo la norma unionale rettifiche successive allo svincolo delle merci, il divieto di modifica dell’oggetto della dichiarazione per “merci diverse” va inteso nel senso di ricomprendere oltre che merci “qualitativamente” diverse, anche merci che rappresentano un quantitativo eccedente rispetto a quello indicato in bolletta. Di conseguenza è onere dell’operatore presentare una nuova dichiarazione per la merce “in eccesso” con conseguente irrogazione di una sanzione “proporzionale” da parte della Dogana.

Caso

La vicenda origina da una controversia tra una società rumena e l’autorità doganale di quello Stato, a seguito dell’irrogazione all’importatrice di una sanzione amministrativa pecuniaria nonché dell’obbligo di pagare una somma corrispondente al valore delle merci eccedenti non dichiarate. La dogana contestava di fatto all’importatrice di aver sottratto al controllo doganale un quantitativo di 5.000 pezzi di circuiti integrati elettronici non dichiarati in bolletta.

Nello specifico la società rumena aveva effettuato due ordini presso una società svizzera, per un totale di 10.000 circuiti integrati elettronici, a fronte dei quali erano state emesse due distinte fatture, in pari data, per due distinte spedizioni, ciascuna di esse per un quantitativo di 5.000 pezzi.

In sede di consegna del collo presso i propri locali, l’importatrice constatava che il pacco conteneva un quantitativo doppio (10.000 pezzi) di circuiti acquistati, rispetto alla fattura indicata nella dichiarazione doganale limitata al primo ordine di 5.000 pezzi, in uno all’emissione in pari data, da parte del fornitore svizzero, della fattura riguardante la quantità residua di merce (ulteriori 5.000 pezzi), la quale però non era stata indicata in dichiarazione.

Seguiva così una richiesta formulata alla Dogana, da parte della società rumena, di correzione dell’irregolarità constatata tramite l’adozione di una decisione di regolarizzazione della situazione e di calcolo degli obblighi doganali ad essa relativi, a cui seguiva il rigetto dell’istanza e l’irrogazione tanto di una sanzione amministrativa pecuniaria quanto di una sanzione complementare pari all’importo della merce non indicata in bolletta.

L’importatrice contestava l’operato della dogana ed il giudice del rinvio chiedeva alla Corte UE di pronunciarsi sulla questione se una dichiarazione in dogana possa o meno essere modificata per includervi una differenza quantitativa per eccesso di merci, sebbene queste siano già state svincolate.

La Corte ha argomentato circa il perimetro applicativo della nozione di “merci diverse” da quelle che costituivano l’oggetto iniziale della dichiarazione in dogana, richiamando la previsione dell’art. 173, par. 1, del Codice Doganale dell’Unione (CDU - Reg. 952/2013).

In particolare il giudice del rinvio si è chiesto se la nozione di “merci diverse” fosse riferita a merci differenti dal punto di vista quantitativo o qualitativo o da entrambi i punti di vista, in assenza di specifiche in merito a tale nozione né nel CDU, né nel Reg. delegato UE 2015/2446 né nel Reg. di esecuzione UE 2015/2447.

Come si vedrà nel dettaglio, la Corte ha fornito un’interpretazione “restrittiva” della nozione citata concludendo per l’inclusione, nella nozione di “merci diverse” (che di fatto non consente l’accesso all’istituto della modifica della dichiarazione doganale), di quelle introdotte nel territorio doganale unionale e non dichiarate in bolletta, non condividendo le argomentazioni rappresentate dall’avv. gen. J. R. De La Tour nelle proprie conclusioni, le quali (si ritiene) sono apparse più aderenti al senso della norma unionale qui applicata.

La normativa unionale di riferimento e le indicazioni della DG TAXUD

Il par. 1 dell'art. 173 del CDU prevede la possibilità, per il dichiarante, di chiedere la modifica della propria dichiarazione dopo che questa sia stata accettata dalle autorità doganali, a condizione che la modifica richiesta non abbia l'effetto di far diventare oggetto della dichiarazione in dogana “merci diverse” da quelle che ne costituivano l'oggetto iniziale.

Ai sensi del successivo par. 2, tali rettifiche non possono più essere autorizzate se la richiesta è fatta dopo che la dogana abbia informato il dichiarante che intende procedere alla visita delle merci, o dopo che abbia stabilito che le indicazioni della dichiarazione sono inesatte o dopo che abbia svincolato le merci (v. le conclusioni dell'avv. gen. P. Maduro in C‑468/03, par. 34).

Il par. 3, infine, prevede la possibilità per la dogana di autorizzare la modifica di una dichiarazione dopo lo svincolo delle merci, su richiesta del dichiarante ed entro tre anni dall'accettazione di tale dichiarazione, per consentire all'operatore doganale di adempiere ai propri obblighi riguardanti il vincolo delle merci al regime doganale in questione.

Per dichiarazione doganale, a norma dell'art. 5, p. 12), del CDU, si intende “l'atto con il quale una persona manifesta, nelle forme e modalità prescritte, la volontà di vincolare le merci a un determinato regime doganale, con l'indicazione, se del caso, dell'eventuale specifica procedura da applicare”.

La dichiarazione deve essere presentata da un soggetto “che sia in grado di fornire tutte le informazioni richieste per l'applicazione delle diposizioni che disciplinano il regime dogane per il quale sono dichiarate le merci” (v. art. 170, par. 1, CDU), e che sia stabilito nel territorio doganale dell'UE (v. art. 170, par. 2), non potendo il soggetto estero affidarsi, per gli adempimenti doganali, al proprio rappresentante fiscale ivi nominato e stabilito, per una evidente diversità dei due contesti giuridici doganale e fiscale (v. Circ. Dogane 40/2021).

Per il soggetto non stabilito, quindi, la dichiarazione doganale può essere presentata per mezzo di un rappresentante doganale stabilito in UE (art. 18 CDU) che agisca con la modalità della rappresentanza indiretta.

Come opportunamente evidenziato in dottrina (v. P. Bellante, in “Il Sistema Doganale”, Torino, 2023, 356 e ss.), la dichiarazione può essere modificata dal dichiarante (nel rispetto termine triennale dalla sua accettazione prevista dall'art. 172 del CDU), non potendo essergli “negato il diritto di adempiere ai suoi obblighi riguardanti il vincolo delle merci al regime doganale richiesto, cioè di porre rimedio ad eventuali errori commessi nella dichiarazione prima che gli errori vengano rilevati dall' autorità doganale in sede di eventuale controllo a posteriori” di cui all'art. 48 del CDU.

Internamente la previsione è codificata (parzialmente) dall'art. 7 del D.Lgs. 374/1990, che consente al dichiarante (anteriormente al rilascio delle merci), di mutare la destinazione doganale e uno o più degli elementi della dichiarazione fino a quando non abbia comunicato di voler eseguire la visita delle merci o non abbia già riscontrato la inesattezza delle indicazioni di cui si chiede la modifica.

Resta in ogni caso preclusa la modifica a favore di “merci diverse da quelle che hanno formato oggetto della dichiarazione” (v. il c. 1 dell'art. 7 cit.), oltre alla previsione di sanzioni (in caso di modifica o invalidazione della dichiarazione prevista dall'art. 174 del CDU) relative alle eventuali violazioni commesse (v. il c. 5 dell'art. 7 cit.).

Circa i “limiti” alla modifica della dichiarazione, indicazioni utili sono fornite dalla Commissione UE nel documento “Guidance Document on Customs Formalities on Entry and Import into the European Union  - Revision 4 (26.6.2023) del Customs Expert Group, Sezione “Import and Export Formalities” il quale, pur non essendo giuridicamente vincolante, funge da utile strumento di indagine per facilitare la corretta ed uniforme applicazione delle normativa doganale unionale da parte degli Stati membri nonché degli operatori economici.

Nella “Part E - Customs Declaration”, al punto 6 “Amendment Of The Customs Declaration”, si legge che “According to Article 173 UCC, which is applicable to customs declarations already accepted by customs, the declarant may request an amendment to certain data elements in the customs declaration … In principle, any data element in the customs declaration may be amended if it can be proven that the amended data element corresponds to real facts at the moment when the customs declaration was accepted”.

Ed ancora, “Therefore, the amendment of a customs declaration according to Article 173 UCC should follow the following general principles :

a) An economic operator should request the amendment of the customs declaration to reflect the reality of the goods that it originally covered , regardless whether the customs debt incurred in the original customs declaration was different (either higher or lower) from the one incurred with the amended customs declaration;

d) The amendment of a customs declaration according to Article 173 UCC should be allowed as long as the conditions established by the applicable legislation to reflect the ‘new' data in the amended customs declaration were met at the moment when the customs declaration was accepted”.

Nel documento viene quindi evidenziata la necessità di consentire al dichiarante di far coincidere la situazione rappresentata in bolletta con quella reale.

Nelle conclusioni dell'avv. gen. J. R. De La Tour in C-640/21, con un'interpretazione “meno formale” di quella della Corte in sentenza, è stata sostenuta la possibilità di modificare la dichiarazione al fine di far collimare il dato comunicato con quello effettivo, anche a fronte di una differente quantità di merci importate.

Ciò qualora il dichiarante sia in grado di dimostrare che le “seconde” merci sono “identiche” alle prime tenendo conto in particolare delle indicazioni fornite dalle quali risulti che le merci provengono dallo stesso produttore e hanno denominazione, aspetto e composizione identici (medesima classificazione NC), e che avrebbero potuto essere oggetto della medesima dichiarazione se non fosse stato commesso un errore materiale, nei limiti in cui la richiesta di modifica sia corredata di elementi che consentono di stabilire un nesso tra tale differenza quantitativa per eccesso e i documenti relativi all'importazione e purché sia escluso qualsiasi sospetto di frode. (v. p. 64 delle concl.).

Al riguardo viene richiamato il precedente C-571/12 nel quale, però, la Corte UE (v. il p. 31) aveva ritenuto possibile per la dogana procedere ad un'estensione dei risultati di una visita parziale (che nel caso odierno è mancata) delle merci comprese in una dichiarazione doganale a merci indicate in dichiarazioni doganali precedenti a cui l'autorità aveva già concesso lo svincolo.

Ciò era sostenuto sulla base dell'identità delle merci, che poteva fondarsi, secondo la Corte, “segnatamente, sul controllo dei documenti e dei dati commerciali relativi alle operazioni d'importazione e di esportazione nonché alle successive operazioni commerciali concernenti le merci stesse, e in particolare sulle indicazioni fornite dal dichiarante in dogana dalle quali risulti che le merci provengono dal medesimo produttore e hanno la stessa composizione, aspetto e denominazione, delle merci oggetto di tali dichiarazioni in dogana precedenti”.

L'avvocato generale ha poi osservato (v. p. 82) che la richiesta di modifica della dichiarazione, una volta concesso lo svincolo, “nonostante la difficoltà di effettuare controlli fisici affidabili, dovrebbe essere accompagnata da elementi idonei a escludere che l'obiettivo della lotta contro la frode sia compromesso e a consentire di stabilire un nesso tra la differenza quantitativa per eccesso di merci oggetto di tale richiesta di modifica e i documenti relativi all'importazione”.

Ciò al fine di consentire al dichiarante di poter “correggere gli errori materiali commessi all'atto della dichiarazione in dogana iniziale” (p. 87 e 90).

In merito alla nozione di “merci diverse”

Circa il divieto di una modifica intesa a valorizzare “merci diverse”, nelle indicazioni della DG Taxud la Commissione riferisce che questa “It should be permitted on the condition that it shall not render the customs declaration applicable to goods other than those that it originally covered”.

La nozione di “merci diversenon può quindi ricomprendere quelle originariamente destinate ad essere vincolate al regime doganale indicato in bolletta e che sono state messe a disposizione per i controlli doganali, essendo consentita una modifica, della quantità o del codice NC (Nomenclatura Combinata) dei beni immessi in libera pratica, solo per rifletterne rispettivamente la quantità o il codice NC corretti (v. CGT II° Genova n. 504 del 5 luglio 2023 e CTP Mantova n. 64 del 28 settembre 2020).

Di conseguenza nessuna merce aggiuntiva e nessuna merce diversa (nel senso quindi di ulteriore) da quelle che costituiscono le “merci originariamente indicate in bollettapuò essere oggetto di una modifica della dichiarazione doganale ai sensi dell'art. 173, par. 1 del CDU.

Così ragionando, nelle linee guida viene richiamato, ad esempio, il caso affrontato in C-97/19, in cui una società mandataria (in rappresentanza indiretta) per la presentazione in dogana della dichiarazione per conto dell'importatrice, aveva per errore presentato la medesima a proprio nome e per proprio conto.

La Corte UE, interrogata in merito al diritto della dichiarante di chiedere la revisione in modo che venisse indicato il (corretto) rapporto di rappresentanza indiretta, constatando l'assenza nel Codice di disposizioni che vietano la modifica di elementi quali le informazioni riguardanti la persona del dichiarante, a differenza delle informazioni relative alla natura o alle caratteristiche delle merci (v. C-468/03, p. 47 e 48) la cui revisione richiede un controllo fisico che a seguito dello svincolo non è più possibile, ha ritenuto “revisionabile” la dichiarazione qualora il mandatario sia in grado (anche dopo lo svincolo) di presentare la procura già esistente al momento dell'accettazione della dichiarazione.

Ulteriore esempio è quello di un operatore economico che voglia dichiarare 100 kg di mele per l'importazione ma che per errore ne dichiari solo 90 kg (nel senso che è consapevole del quantitativo di merce che ha ordinato e che arriverà in dogana); in tal caso “dovrebbe” essergli consentita la modifica (su sua richiesta) relativa alla quantità di merce, una volta accertato che non si tratti di un caso di non conformità ai sensi dell'art. 79 del CDU.

Ciò dal momento che tale soggetto intendeva dall'origine vincolare i 100 kg di mele al regime doganale scelto e metterle a disposizione per i controlli doganali (analogo discorso se l'errore riguardasse il codice NC delle merci, avendo dichiarato pere invece di mele).

Ipotesi diversa quella in cui il soggetto dichiari inizialmente 100 kg di mele per l'importazione e dopo la presentazione della dichiarazione decida di dichiararne un quantitativo aggiuntivo di 20 kg che non sono state messe originariamente a disposizione per i controlli doganali (il caso affrontato in C-640/21 in commento). Qui la modifica andrebbe esclusa, dal momento che tale differenza non appartiene alle merci originariamente oggetto della dichiarazione doganale (analogo discorso se l'operatore decida di sostituire 100 kg di mele con 100 kg di patate).

Emerge quindi un allineamento della Corte UE rispetto alle “indicazioni” fornite dalla DG Taxud, ribadendo i giudici unionali al riguardo come il CDU sia fondato su un sistema dichiarativo (v. C-391/19, p. 22 e C‑138/10, p. 33) al fine di limitare le formalità e i controlli doganali e a prevenire le frodi e le irregolarità che possono recare pregiudizio al bilancio dell'UE.

Tale scopo viene perseguito imponendo ai dichiaranti (v. art. 15, par. 2, CDU), in ragione dell'importanza che rivestono tali dichiarazioni per il buon funzionamento dell'Unione doganale, di fornire informazioni accurate e complete, dal momento che la determinazione degli elementi necessari all'applicazione della normativa doganale alle merci è effettuata non già sulla base delle constatazioni dell'autorità doganale, bensì sulle informazioni fornite dal dichiarante (v. C‑138/10, p. 34).

Come corollario di tale obbligo, il sistema evidenzia un principio d'irrevocabilità della dichiarazione in dogana una volta che questa sia stata accettata (v. p. 42 in sentenza), le cui eccezioni sono “rigorosamente disciplinate dalla normativa dell'Unione in materia” (v. C‑3/13, p. 43) e, in quanto tali, devono essere interpretare “restrittivamente”.

Non convince però appieno il ragionamento della Corte UE che sembra non valorizzare (se non ai soli fini della calibrazione della sanzione, v. p. 56-63) l'elemento dell'errore scusabile qui rintracciabile, per adagiarsi su un'applicazione estensiva del significato di “merci diverse”, attraendo nel divieto dell'art. 173, par. 1 del CDU qualsiasi merce purché non contemplata dalla dichiarazione iniziale, “ivi comprese merci quantitativamente eccedenti rispetto alle merci dichiarate”.

Concludendo che (v. p. 39 e 40) la modifica può riguardare solo merci portate all'attenzione delle autorità doganali mediante la dichiarazione in dogana di cui si chiede la modifica e, “anche se le merci di cui trattasi sono qualitativamente identiche alle merci contemplate da tale dichiarazione, una simile eccedenza corrisponde a merci che, per l'appunto, non sono state inizialmente oggetto di detta dichiarazione in dogana”.

L'impossibilità di ricomprendere l'errore, nel caso specifico di un quantitativo eccedente di merci identiche non dichiarate, attraverso la modifica dell'originaria dichiarazione doganale, obbliga di fatto il dichiarante a dover presentare una “nuova dichiarazione per quanto riguarda tale quantitativo eccedente” (v. p. 63 in sentenza) con naturale conseguente sanzione.

L’aspetto sanzionatorio

La conseguenza dell’obbligo di invio di una nuova dichiarazione per merci “non presentate” in dogana, è l’irrogazione della sanzione da parte della dogana, la quale deve però tener conto, “per procedere alla qualificazione giuridica dell’infrazione eventualmente commessa e per determinare, se del caso, le sanzioni relative all’inosservanza della normativa doganale da imporre, di tutti gli elementi pertinenti, ivi compresa, se del caso, la buona fede del dichiarante, al fine di garantire che tali sanzioni siano effettive, proporzionate e dissuasive” ai sensi dell’art. 42 del CDU.  

La Corte richiama in argomento (p. 60) il concetto altrove più volte espresso (v. tra i tanti C‑311/18, 180; C‑537/16, 56; C‑524/15, 46) per cui, in assenza di armonizzazione della normativa unionale nel settore delle sanzioni, gli Stati membri sono competenti a scegliere quelle che sembrano loro appropriate, con il limite di dover esercitare la loro competenza nel rispetto del diritto dell’UE e dei suoi principi generali, tra cui in particolare quello di proporzionalità dell’art. 42 richiamato (v. C‑655/18, 42, nonché da ultimo Cass., Sez. V, Ord., 13 luglio 2023, n. 20058).

Sull’approccio sanzionatorio si registra uniformità di interpretazione tra l’avv. gen. De La Tour e la Corte UE, nella misura in cui, come meglio specificato dal primo, una doppia sanzione consistente in una sanzione pecuniaria nonché nell’obbligo di pagare una somma corrispondente al valore delle merci eccedenti è apparsa sproporzionata.

Tali due sanzioni eccederebbero i limiti di quanto necessario per garantire che le merci non siano sottratte al controllo doganale, alla luce vieppiù (nel caso esaminato) della presentazione spontanea ed entro un termine ragionevole della richiesta di correzione dell’irregolarità constatata (per non tacere di una possibile violazione del bis in idem “sostanziale” di cui alla Carta di Nizza, di recente ribadito dalla Corte UE in C-97/21).

Del resto, come osservato anche dal giudice nell’ordinanza di rinvio alla Corte (v. p. 30 in sentenza), sanzionare i dichiaranti in casi analoghi li “dissuaderebbe dal chiedere la regolarizzazione della loro situazione e li incoraggerebbe a occultare ogni differenza quantitativa per eccesso di merci che non sia stata erroneamente dichiarata”, rendendo quindi la sanzione “controproducente” e, allo stesso tempo, recando “pregiudizio all’obiettivo della lotta contro le frodi e della protezione del bilancio dell’Unione” (v. p. 116-118 delle concl.).

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