La motivazione dei provvedimenti
L'esperienza maturata in questi anni dinanzi alle Corti di giustizia tributaria evidenzia che in quasi tutte le controversie viene eccepito il difetto di motivazione. Ora, a prescindere se l'eccezione sia fondata o meno è certo che, ai fini dell'esercizio dei diritti difensivi la motivazione dei provvedimenti impositivi è fondamentale in quanto soltanto se l'Amministrazione finanziaria enuncia chiaramente in presupposti, in fatto e in diritto, posti a base della pretesa impositiva il contribuente può esercitare compiutamente i propri diritti difensivi.
D'altra parte, mentre la giurisprudenza domestica, soprattutto di merito, tende a superare quasi sempre detto motivo di censura in quanto il ricorrente impugna l'atto impositivo sollevando numerose eccezioni, va considerato che, a livello di giurisprudenza internazionale, l'orientamento è parzialmente differente. Quest'ultima considerazione giustifica la riformulazione dell'art. 7 dello Statuto al fine di armonizzare il testo normativo con gli approdi più recenti della giurisprudenza interna, euro unitaria e internazionale e l'esigenza di eliminare alcune aporie indotte dal testo precedente.
D'altra parte, non può disconoscersi che le norme interne non sono tra di loro sempre armonizzate, circostanza che ha impedito il coordinamento con alcune novità normative, per ottenere un risultato sistematicamente coerente.
Si è cercato, in altri termini, di formulare dei principi che tengano conto della necessità di bilanciare l'esigenza di efficienza dell'attività amministrativa, da una parte, e non assoggettare a oneri sproporzionati i contribuenti, dall'altro.
L'obiettivo molto ambizioso posto che la riforma è finalizzata anche a contrastare l'evasione fiscale ma nel rispetto del requisito di democraticità, trasparenza, accountability della Pubblica Amministrazione.
Trattasi, ovviamente, di principi che, auspicabilmente, non vengano demoliti dalla giurisprudenza domestica con interpretazioni contrastanti se non addirittura stravaganti.
È indubbio che una motivazione chiara, che perimetri oggettivamente la fondatezza della pretesa erariale dovrebbe indurre ad una valutazione più appropriata che, da un lato, non pregiudichi il ponderato riconoscimento del diritto di azione e difesa in giudizio; dall'altro, una volta stimato che le possibilità di ottenere l'annullamento dell'atto impositivo in sede giudiziaria sono minime se non addirittura nulle, è fondato prevedere che detta chiarezza costituisca valido motivo per incentivare la definizione precontenziosa delle controversie.
Ed in tale contesto che deve essere valutata l'integrazione della norma con l'espresso riferimento ai mezzi di prova armonizzando la disciplina dettata per tutte le imposte a quella prevista in materia di IVA.
La riformulazione della norma pone fine (o almeno dovrebbe porre fine) ad un ulteriore motivo di contrasto in sede giurisprudenziale con riferimento alla motivazione per relationem.
Invero, è stato disposto che non sussiste la necessità di allegare l'atto richiamato in quanto inutile aggravio che incide negativamente sull'efficienza della azione amministrativa. Di contro, però, l'organo o l'ente che emana il provvedimento dovrà specificare che aderendo alle indicazioni della giurisprudenza di legittimità ritiene accertati i fatti riportati nell'atto richiamato o ne condivide le valutazioni.
Le modifiche in tema di motivazioni introducono anche un ulteriore elemento a rafforzamento del principio della certezza del diritto. Invero, è stato chiarito che i fatti e i mezzi di prova a fondamento del provvedimento non possono essere successivamente modificati, integrati o sostituiti se non attraverso l'adozione di un ulteriore provvedimento, ove ne rincorrano i presupposti e non siano maturate decadenze.
La riforma, poi, dovrebbe porre fine anche ad un'ulteriore problematica molto frequente attinente al rapporto tra atti impositivi ed atti della riscossione sotto il profilo della motivazione.
È stato infatti recepito l'indirizzo della giurisprudenza di legittimità per cui affermando che, quando la cartella esattoriale non segua uno specifico atto impositivo già notificato al contribuente, ma costituisca il primo ed unico atto con il quale l'ente impositore esercita la pretesa tributaria, il provvedimento censurato deve contenere gli elementi indispensabili per consentire al contribuente di effettuare il necessario controllo sulla correttezza dell'imposizione.
In merito al contenuto delle cartelle esattoriali, sempre al fine di assicurare una lettura più chiara e precisa della richiesta del fisco, è stato imposto all'Amministrazione finanziaria di specificare il tasso di interesse applicato assicurando in tal modo una motivazione “piena”.
In altri termini, nell'ottica di una migliore collaborazione con il contribuente – anche alla luce dell'art. 10 dello Statuto dei diritti del contribuente – nelle cartelle dovranno essere esplicitati anche i tassi via via applicabili per la quantificazione degli interessi richiesti.
In principi innanzi richiamati (e le relative garanzie) si estendono ai coobbligati solidali - sia paritetici, sia dipendenti - i quali ancorché non abbiano realizzato il presupposto del tributo vengono coinvolti, a vario titolo, nella responsabilità per fatto dell'obbligato principale.
Va da sé che tale estensione implica, nel contempo, anche la previsione di autonoma notifica della cartella esattoriale nei termini previsti.