La nullità della notificazione degli atti giudiziari tramite PEC

La Redazione
06 Novembre 2023

Nelle notificazioni a mezzo PEC, qualora il messaggio regolarmente pervenuto al destinatario indichi chiaramente gli estremi essenziali della notificazione (soggetto notificante, soggetto notificato, oggetto della notifica), qualsiasi anomalia che renda di fatto illeggibili gli allegati comporta la nullità della notificazione.

I fatti 

La Corte d'Appello di Palermo ha dichiarato improcedibile l'appello proposto dal Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca contro la sentenza con cui il Tribunale della stessa città, in funzione di giudice del lavoro, aveva accolto le domande di cinque impiegati amministrativi (personale A.T.A.) volte all'accertamento del loro diritto all'assunzione a tempo indeterminato a seguito dell'utile collocazione nella graduatoria di prima fascia, con il riconoscimento dei relativi diritti economici. La Corte territoriale non ha affrontato il merito della controversia, ritenendo fondata l'eccezione pregiudiziale di inesistenza della notificazione dell'atto d'appello sollevata da tre degli appellati (gli altri due essendo rimasti contumaci in appello). Contro tale decisione in rito, il Ministero ha proposto ricorso per cassazione.

Il principio enunciato nella pronuncia della Corte di cassazione 

La Corte territoriale dovrà attenersi al seguente principio di diritto: «Nelle notificazioni a mezzo PEC, qualora il messaggio regolarmente pervenuto al destinatario indichi chiaramente gli estremi essenziali della notificazione (soggetto notificante, soggetto notificato, oggetto della notifica), qualsiasi anomalia che renda di fatto illeggibili gli allegati (atti notificati e relata di notifica) comporta la nullità, e non la inesistenza, della notificazione».

Le ragioni della decisione

La Suprema Corte sottolinea che nel caso di specie, l'Avvocatura dello Stato ha provveduto a trasmettere a mezzo PEC al difensore comune dei cinque ricorrenti in primo grado un messaggio contenente la menzione degli atti notificati (“appello depositato”, “decreto fissazione udienza”, “relata”) e apparentemente allegati al messaggio. «Tuttavia, dalla indicata dimensione degli atti (“1 bytes”), la Corte d'Appello ha ritenuto provata l'allegazione dei difensori dei lavoratori (costituitisi in appello per tre soltanto di loro, stando a quanto afferma la sentenza impugnata) che si trattasse di file del tutto vuoti. Sulla base di tale accertamento di fatto, il giudice ha ritenuto inesistente, e quindi non sanabile, la notificazione dell'atto d'appello, «per la totale mancanza materiale dell'atto da notificare».

Con riferimento alle anomalie che rendono illeggibili, o parzialmente illeggibili, i file allegati al messaggio di notificazione a mezzo PEC, la Corte sottolinea come abbia già avuto modo di affermare che il destinatario ha il dovere di «informare il mittente della difficoltà nella presa visione degli allegati trasmessi via PEC, onde fornirgli la possibilità di rimediare a tale inconveniente» (Cass. civ. n. 25819/2017; conf. Cass. civ. nn. 21560/2019; 4624/2020). La Corte d'Appello - così come la difesa dei controricorrenti - ha sottolineato che il mittente avrebbe potuto facilmente accorgersi dell'anomalia, proprio perché il sistema indicava le dimensioni inverosimili degli allegati (“1 bytes”), il che escluderebbe quella incolpevolezza del notificante che, secondo la giurisprudenza di legittimità, sembrerebbe un presupposto implicito del dovere di collaborazione del destinatario.

Occorre dunque considerare se la notifica sia da considerare nulla, e quindi rinnovabile, o inesistente, e pertanto tale da rendere improcedibile il giudizio di appello. In proposito sottolinea la Suprema Corte come «assume decisiva rilevanza il fatto che il messaggio PEC trasmesso al difensore degli appellati (e riportato per esteso nel ricorso per cassazione) indicava in modo inequivocabile sia la sua provenienza dall'Avvocatura dello Stato, per conto del Ministero, sia i nomi degli appellati, sia l'oggetto della notificazione […] sia, infine, il numero di iscrizione a ruolo del processo presso la Corte d'Appello di Palermo […]. Ne deriva che la consegna del messaggio, seppure gravemente incompleta per la totale illeggibilità degli allegati, era idonea a fare conoscere al destinatario l'esatto oggetto (anche se non il contenuto) della notificazione». Ciò esclude che si possa parlare di «totale mancanza dell'atto», da intendersi come atto notificatorio, e, quindi, la sussistenza dell'ipotesi estrema e residuale della inesistenza della notificazione.

La nullità della notificazione e i doveri del giudice di appello

Esclusa l'inesistenza della notificazione, la mera nullità della stessa avrebbe dunque imposto al giudice d'appello di fissare un termine perentorio per la rinnovazione “perlomeno nei confronti degli appellati contumaci, secondo la regola generale contenuta nell'art. 291 c.p.c., che – a differenza della rimessione in termini (art. 153, comma 2, c.p.c.) – prescinde da qualsiasi valutazione sulla incolpevolezza del notificante (per quanto riguarda l'applicabilità dell''art. 291 c.p.c. anche al rito di lavoro e, in particolare, all'appello proposto secondo il rito di lavoro, v., per tutte, Cass. civ. n. 8125/2013). Ma anche con riguardo agli appellati costituiti la Corte sottolinea che rimane la valutazione essenziale che l'appello non avrebbe dovuto essere dichiarato improcedibile. In definitiva, la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio alla medesima Corte d'Appello di Palermo, perché proceda alla trattazione del processo attenendosi al sopra indicato principio di diritto da parte della Suprema Corte.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario