Il principio di vicinanza della prova nel contenzioso bancario
Fabio Fiorucci
06 Novembre 2023
Il c.d. principio di vicinanza della prova prevede che l'onere della prova debba essere ripartito tenendo conto in concreto della possibilità per l'uno o per l'altro dei contendenti di provare fatti e circostanze che ricadono nelle rispettive sfere d'azione. Nelle controversie bancarie ci si interroga se sia ragionevole gravare dell'onere probatorio il soggetto (la banca) cui è più vicino il fatto da provare, con alleggerimento (non eliminazione) del carico della prova per il cliente e atteggiamento di netto rigore per la banca, ossia prova completa, precisa e specifica.
Il c.d. principio di vicinanza della prova: nozione
Il c.d. principio di vicinanza della prova prevede che l'onere della prova debba essere ripartito tenendo conto in concreto della possibilità per l'uno o per l'altro dei contendenti di provare fatti e circostanze che ricadono nelle rispettive sfere d'azione ( così Cass., Sez. Un., n. 13533/2001 ), per cui è ragionevole gravare dell'onere probatorio la parte cui è più vicino il fatto da provare (ad esempio, nei rapporti bancari, l'intermediario creditizio, che predispone il contratto di finanziamento e gli estratti conto) .
I punti salienti del principio di vicinanza della prova (elaborati dalla Cassazione) sono riassumibili come segue:
– l'esenzione del creditore dall'onere di provare il fatto negativo dell'inadempimento in tutte le ipotesi di cui all'art. 1453 c.c. e non soltanto nel caso di domanda di adempimento, con correlativo spostamento sul debitore convenuto dell'onere di fornire la prova del fatto positivo dell'avvenuto adempimento, è conforme al principio di riferibilità o di vicinanza della prova. In virtù di tale principio, che muove dalla considerazione che il creditore incontrerebbe difficoltà, spesso insuperabili, se dovesse dimostrare di non aver ricevuto la prestazione, l'onere della prova viene infatti ripartito tenuto conto, in concreto, della possibilità per l'uno o per l'altro soggetto di provare fatti e circostanze che ricadono nelle rispettive sfere di azione. Ed appare coerente alla regola dettata dall'art. 2697 c.c., che distingue tra fatti costitutivi e fatti estintivi, ritenere che la prova dell'adempimento, fatto estintivo del diritto azionato dal creditore, spetti al debitore convenuto, che dovrà quindi dare la prova diretta e positiva dell'adempimento, trattandosi di fatto riferibile alla sua sfera di azione (C ass., Sez. Un., n. 13533/2001 );
– la distribuzione dell'onere della prova deve tenere conto, oltre che della partizione della fattispecie sostanziale tra fatti costitutivi e fatti estintivi o impeditivi del diritto, anche del principio della riferibilità o vicinanza o disponibilità dei mezzi di prova, perché la copertura costituzionale di cui gode il diritto di agire in giudizio a tutela delle proprie posizioni soggettive impone di non interpretare la legge in modo da renderne impossibile o troppo difficile l'esercizio ( Cass. 11.5.2009, n. 10744; Cass. n. 20484/2008; Cass., Sez. Un., n. 141/2006 ) ;
– nell'art. 2697 c.c. va ravvisata una disposizione in bianco, ossia destinata ad essere completata da quella, per lo più sostanziale, dettata per il caso concreto: essa non riguarda specifici tipi di domande né impone temi fissi di prova ( Cass., Sez. Un., n. 141/2006 ) . La dizione utilizzata dall'art. 2697 c.c. (« chi vuol far valere un diritto in giudizio»), che implica che sia colui che prende l'iniziativa di introdurre il giudizio ad essere gravato dell'onere di « provare i fatti che ne costituiscono il fondamento », contrasta con la stessa lettera della disposizione, poiché l'attore in accertamento negativo non fa valere il diritto oggetto dell'accertamento giudiziale ma al contrario ne postula l'inesistenza, ed è invece il convenuto che virtualmente o concretamente fa valere tale diritto, essendo la parte controinteressata rispetto all'azione di accertamento negativo ( Cass. n. 28516/2008; Cass. n. 19762/2008; Cass. n. 22862/2010 ) ;
– nelle azioni di accertamento negativo i principi generali sull'onere della prova trovano applicazione indipendentemente dalla circostanza che la causa sia stata instaurata dal debitore con azione di accertamento negativo, con la conseguenza che anche in tale situazione sono a carico del creditore le conseguenze della mancata dimostrazione degli elementi costitutivi della pretesa. Le regole di distribuzione dell'onere della prova confermano che esse sono fondate non già sulla posizione della parte nel processo, ma sul criterio di natura sostanziale relativo al tipo di efficacia, rispetto al diritto oggetto del giudizio e all'interesse delle parti, dei fatti incidenti sul medesimo ( Cass. n. 28516/2008; Cass. n. 19762/2008; Cass. n. 22862/2010 ) .
In definitiva, la ripartizione dell'onere della prova deve tenere conto, oltre che della distinzione tra fatti costitutivi e fatti estintivi od impeditivi del diritto, anche del principio - riconducibile all'art. 24 Cost. ed al divieto di interpretare la legge in modo da rendere impossibile o troppo difficile l'esercizio dell'agire in giudizio - della riferibilità o vicinanza o disponibilità dei mezzi di prova (Cass., Sez. Un., n. 13533/2001; più di recente Cass. n. 600/2012; Cass. n. 486/2016).
Il principio di vicinanza della prova nel contenzioso bancario: il dibattito giurisprudenziale
S ulla scia dei rilievi che precedono si colloca quella parte (minoritaria) della giurisprudenza di merito secondo cui, nelle controversie bancarie, è ragionevole gravare dell'onere probatorio il soggetto (la banca) cui è più vicino il fatto da provare, con alleggerimento del carico della prova per il cliente e atteggiamento di netto rigore per la banca, ossia prova completa, precisa e specifica ( App. Bari 21.5.2018; Trib. Pavia 21.4.2018; Trib. Novara 21.4.2017; Trib. Brindisi 9.8.2012 e 7.3.2014; Trib. Ancona 18.11.2014, 28.1.2015 e 12.4.2016; App. Lecce 23.9.2010 e 12.11.2015; Trib. Latina 19.6.2012 ).
Di conseguenza, nel giudizio di ripetizione d'indebito, anche se la banca non ha proposto una domanda riconvenzionale, se non sono stati depositati gli estratti conti fin dall'inizio del rapporto e il saldo contabile risulti negativo per il correntista, deve assumersi, quale base del riconteggio, un saldo di partenza pari a zero (“saldo zero”), in quanto il principio dell'onere della prova, di cui all'articolo 2697 c.c., deve essere adeguatamente temperato avendo riguardo al principio della vicinanza alla fonte della prova ( Trib. Ancona 18.11.2014, 28.1.2015 e 12.4.2016 ) .
È osservato (App. Lecce 12.11.2015) che se l'oggetto della domanda è l'accertamento dell'esatto ammontare del dare-avere tra le parti ad una certa data e, rispetto a tale accertamento, è impossibile, per mancanza di idonea documentazione, ricostruire le poste attive e passive del primo periodo, non può farsi derivare una sorta di sanatoria degli addebiti illegittimi verosimilmente operati dall'Istituto di credito in tale periodo, al pari del periodo successivo (questo sarebbe il risultato dell'adozione, come base per i conteggi successivi, del saldo risultante dal primo estratto conto disponibile). Dalla mancanza dei documenti relativi al primo periodo, secondo i principi di cui all'art. 2697 c.c., appare invece ragionevole trarre in ogni caso la conseguenza che i conteggi dovranno partire da un “saldo zero”, ovvero da una posizione in cui nessuna delle parti vanta debiti/crediti nei confronti dell'altra. Rispetto al “saldo zero”, in definitiva, ognuna delle parti resta onerata della prova di un proprio eventuale credito, derivante dalle operazioni pregresse sul conto corrente bancario, e in mancanza di elementi di prova idonei a determinare, mediante legittimi accrediti e addebiti sul conto, un diverso saldo, correttamente il “saldo zero” costituisce il punto di partenza per le operazioni di ricalcolo relative al periodo per cui sono disponibili le informazioni relative alle operazioni effettuate sul conto corrente bancario .
Alla luce del principio di vicinanza della prova, anche l'onere della dimostrazione della pattuizione scritta delle condizioni economiche del rapporto di conto corrente ricade sulla banca, essendo il correntista onerato solamente dell'allegazione e prova dei pagamenti effettuati e dell'insussistenza della causa debendi ; q uanto precede sul presupposto che l'assenza di causa, essendo fatto negativo, non può essere provato ma solo allegato dal correntista, incombendo pertanto sulla banca l'onere di fornire la prova del fatto positivo contrario, ossia la sussistenza del titolo (contratto di finanziamento). In sostanza, il debitore può limitarsi ad allegare l'inesistenza del credito, dovendo per contro la banca convenuta fornire la prova dell'esistenza della pretesa creditoria vantata (cfr. Trib. Pavia 21.4.2018: l'esistenza di una pattuizione scritta sul tasso di interesse ultralegale applicato è fatto costitutivo del diritto di credito della banca e fatto impeditivo dell'accoglimento della domanda del cliente: è quindi onere della banca provarlo documentalmente; Trib. Brindisi 9.8.2012: l'attore può limitarsi a dedurre l'illegittimità di pattuizioni e/o pratiche poste in essere dalla banca, quando la condotta della banca non trovi giustificazione in alcuna pattuizione contrattuale, seppur nulla; e cioè, che gli addebiti della banca sono sine titulo ).
Il perimetro di operatività del principio di vicinanza
L 'eccezionale rimedio probatorio rappresentato dal principio di vicinanza della prova, in quanto deroga alla regola generale sull'onere della prova, si giustifica solo in casi particolari nei quali l'onerato è in una condizione di impossibilità o grave difficoltà di adempiere; tale situazione non sussiste nei rapporti banca-cliente nei quali quest'ultimo si trova, al pari della banca, nella piena disponibilità di tale documentazione; è parimenti escluso che il principio di vicinanza della prova possa “sanare” condotte negligenti dell'attore (ancor più se questi è un imprenditore con una propria organizzazione aziendale e contabile, su cui ricadono anche obblighi di conservazione della documentazione) ( Cass., Sez. Un., n. 13533/2001 e Cass., Sez. Un., n. 141/2006; Cass. n. 6511/2016; Cass. n. 17923/2016; Cass. n. 28819/2017. V. anche Trib. Reggio Emilia 23.4.2014: il principio di vicinanza della prova può e deve guidare l'interprete nei casi in cui la ricostruzione degli oneri probatori è oggettivamente dubbia, ma non può certo essere utilizzato per scardinare le regole generali poste dall'art. 2697 c.c.; Trib. Arezzo 22.1.2016: il principio di vicinanza della prova soccorre solo una difficoltà oggettiva nel dare la prova di un fatto, non una difficoltà che dipende da una condotta negligente della parte; App. Milano 24.10 2017; Trib. Catania 17.5.2018) .
L'onere della prova ex art. 2697 c.c., secondo il già ricordato insegnamento della Cassazione, non subisce deroghe né per effetto della natura dell'azione (accertamento negativo) proposta dal correntista né avuto riguardo al c.d. principio di vicinanza della prova: « l'onere probatorio gravante, a norma dell'art. 2697 c.c., su chi intende far valere in giudizio un diritto, ovvero su chi eccepisce la modifica o l'estinzione del diritto da altri vantato, non subisce deroga neanche quando abbia ad oggetto “fatti negativi”, in quanto la negatività dei fatti oggetto della prova non esclude né inverte il relativo onere, gravando esso pur sempre sulla parte che fa valere il diritto di cui il fatto, pur se negativo, ha carattere costitutivo; tuttavia, in tal caso la relativa prova può esser data mediante dimostrazione di uno specifico fatto positivo contrario, od anche mediante presunzioni dalle quali possa desumersi il fatto negativo » (C ass. 7.5.2015, n. 9201; conf. Cass. n. 18487/2003; Cass. n. 23229/2004; Cass. n. 5162/2008; Cass. n. 7962/2009; Cass., Sez. Un., n. 18046/2010; Cass. n. 9099/2012; Cass. n. 16917/2012; Cass. n. 6511/2016; Cass. n. 29983/2017; Cass. n. 24641/2021 . Per la giurisprudenza di merito, Trib. Roma 26.2.2013; Trib. Brindisi 13.1.2014; Trib. Reggio Emilia 23.4.2014; App. Napoli 15.7.2015; Trib. Roma 13.6.2017 e 18.9.2017; App. Milano 24.10.2017 ).
La posizione della giurisprudenza di legittimità
Sulla base di questi presupposti, con espresso riferimento al contenzioso bancario, il richiamato principio di prossimità o vicinanza della prova, in quanto eccezionale deroga al canonico regime della sua ripartizione – secondo la regola ancor oggi vigente che impone un onus probandi ei qui dicit non ei qui negat – deve trovare una pregnante legittimazione che non può semplicisticamente esaurirsi nella diversità di forza economica dei contendenti (banca-cliente) ma esige l'impossibilità della sua acquisizione simmetrica, che nella specie è negata dall'obbligo richiamato dall'art. 117, comma 1, TUB, secondo cui, in materia bancaria, « I contratti sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato ai clienti » ( nei termini Cass. n. 6511/2016; conf. Cass. n. 17923/2016; Cass. n. 31667/2019, relativamente a fattispecie caratterizzata dalla mancata acquisizione di alcuni estratti conto utili alla ricostruzione dell'andamento del rapporto; Cass. n. 33009/2019; Cass. n. 6050/2021; Cass. n. 19566/2021; Cass. n. 24641/2021 ; Cass. n. 4028/2022; Cass. n. 15033/2022; Cass. n. 9972/2023) .
Quanto precede è ancor più valido allorquando il correntista (specie se un soggetto professionalmente qualificato con obblighi di conservazione della documentazione contabile: ad es. una società: Cass. n. 6511/2016 ) non si sia attivato per ottenere dalla banca la documentazione (estratti conto) mancante ex art. 119, comma 4, TUB e, successivamente, in assenza di riscontri, non abbia chiesto al giudice di ordinarne l'esibizione a norma dell'art. 210 c.p.c. ( App. Milano 24.10.2017; Trib. Arezzo 22.1.2016 ).
È stata anche valorizzata la circostanza che l'attore non abbia dedotto, all'atto della sottoscrizione del contratto di finanziamento, che non gli sia stata consegnata una copia del testo contrattuale ( Cass. n. 19566/2021 ). Occorre altresì rilevare, da ultimo, come la mancata conservazione del contratto trovi rimedio nell'art. 2724, n. 3, c.c., che ammette la prova testimoniale ove lo stipulante abbia senza colpa perduto il documento che gli forniva la prova ( Cass. n. 33009/2019;conf. Trib. Piacenza 29.4.2020; Trib. Massa 2.11.2020 ).
Il principio di vicinanza della prova non può essere invocato per il fatto che la banca non abbia ottemperato, ante causam, alla richiesta di consegna di documentazione ai sensi dell'articolo 119 TUB; la violazione dell'articolo 119 TUB da parte della banca non influisce sul riparto dell'onere probatorio di cui all'articolo 2697 c.c., ma legittima il correntista ad avvalersi in giudizio dell'ordine di esibizione di cui all'articolo 210 c.p.c. che, ove non ottemperato, conferisce al giudice, ai sensi del secondo comma dell'articolo 116 c.p.c., di trarre argomenti di prova a carico, nella massima ipotizzabile latitudine, della parte che non si sia attenuta all'ordine (Cass. n. 15033/2022).
Considerazioni conclusive
Secondo l'orientamento, anche di legittimità, maggioritario, non può essere accolta la tesi secondo cui, sulla base del cosiddetto principio di vicinanza della prova, deve sempre e comunque farsi ricadere sulla banca l'onere della produzione degli estratti conto, indipendentemente dal fatto che sia presentata dalla banca stessa domanda di pagamento ovvero sia proposta dal correntista domanda di ripetizione. Il principio di vicinanza della prova - invero poco valorizzato dall'elaborazione giurisprudenziale nell'ambito del contenzioso bancario - può e deve guidare l'interprete soltanto nei casi in cui la ricostruzione degli oneri probatori sia oggettivamente dubbia, ma non può certo essere utilizzato per scardinare le regole generali poste dall'art. 2697 c.c.
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Sommario
Il perimetro di operatività del principio di vicinanza