I limiti del procedimento di correzione dell’errore materiale
27 Novembre 2023
Massima La pronuncia che per evidente svista rechi intestazione riferita alle parti della causa e motivazione e dispositivo relativo ad altra causa è affetta da nullità insanabile, il Giudice deve procedere alla rinnovazione della decisione emanando un atto valido conclusivo del giudizio non risultando possibile ricorrere al procedimento per la correzione dell'errore materiale. Il caso Il Presidente della prima sezione civile della Suprema Corte ha formulato istanza di correzione d'ufficio, ai sensi dell'art. 391-bis c.p.c., relativamente all'ordinanza n. 10409 del 2021 pronunciata a seguito di ricorso avverso decreto di rigetto emesso dal Tribunale di Ancona in materia di protezione internazionale. A seguito di interlocuzione tra la cancelleria del Tribunale di Ancona e la cancelleria della Corte di Cassazione, era emerso, infatti, che l'ordinanza suindicata, seppure riferibile nell'intestazione al ricorrente, conteneva una motivazione ed un dispositivo relativo all'impugnazione di altro decreto emesso dal medesimo Tribunale di Ancona, in materia di protezione internazionale, nei confronti di altro ricorrente. La questione L'errore materiale è riconducibile ad una sfasatura, svista o disattenzione in cui incorre il giudice tra l'ideazione e la materiale stesura del provvedimento. In tali casi l'iter logico-giuridico seguito dal giudice risulta comprensibile senza, tuttavia, trovare corrispondenza nella stesura grafica del provvedimento; con la correzione dell'errore materiale il giudice rettifica la pronuncia così da eliminare i difetti, rilevabili ictu oculi. Nel caso di deposito di decisioni giudiziali che riportano un'intestazione relativa ad una determina lite con motivazione e dispositivo evidentemente afferente ad altra lite, risulta essenziale comprendere se il giudice, e le parti, possono ricorrere, al fine di emendare l'errore, al procedimento di correzione dell'errore materiale ai sensi degli artt. 287 e 288 c.p.c. Se per un verso estendere l'impiego dello strumento processuale in commento parrebbe conforme al principio di ragionevole durata del processo, d'altra parte, l'indiscriminato impiego del procedimento di correzione dell'errore materiale non risulta conforme al perimetro normativo di cui agli art. 287 e 288 c.p.c. e finirebbe per conferire al giudice la possibilità, in mancanza peraltro di idonei strumenti di controllo, di “ri-decidere” la controversia. Le soluzioni giuridiche Nella sentenza in commento, al fine di delineare i limiti di applicabilità del procedimento di correzione dell'errore materiale ex art. 287 e 288 c.p.c., la Suprema Corte ripercorre alcuni degli orientamenti sviluppatisi sul tema, in particolare con riguardo all'utilizzo del procedimento di correzione di errore materiale in funzione integrativa della pronuncia e relativamente allo scambio di sentenze emesse nei confronti delle stesse parti in due controversie diverse, c.d. “scambio di coppia” delle sentenze. Il procedimento di correzione dell'errore materiale risulta estensivamente impiegato in funzione integrativa allorché il giudice ometta di pronunciarsi sulla domanda di distrazione delle spese (si v. Cass. civ., sez. un., 7 luglio 2010, n. 16037) e/o sulla domanda di cancellazione della trascrizione della domanda giudiziale (Cass. civ., ord., 19 gennaio 2015, n. 730); in tali casi, risultando eccessivamente oneroso per le parti ricorrere al giudice dell'impugnazione, appare opportuno consentire al giudice di introdurre nel provvedimento, in un secondo momento, una statuizione obbligatoria; la correzione “integrativa”, non può in ogni caso determinare la sostituzione della sentenza corretta e la sostanziale ricostruzione di una sentenza diversa. E' ammessa inoltre l'applicazione del procedimento di correzione dell'errore materiale allorché il giudice emetta contestualmente due sentenze, per contenziosi diversi, nei confronti delle medesime parti invertendo la motivazione ed il dispositivo afferente a ciascuna pronuncia con quella relativa all'altra pronuncia (Cass. civ., 14 febbraio 2019, n. 4319). In tal caso l'applicabilità del procedimento di correzione è ammissibile in quanto, per le circostanze del caso concreto, la correzione con il deposito delle motivazioni e dei dispositivi riferibili a ciascuna pronuncia non integra una sostituzione e/o “ri-decisione” della controversia, atteso che non sussiste alcuna incertezza circa il contenuto che le sentenze avrebbero originariamente avuto se il giudice non avesse invertito le pronunce. La pronuncia in commento ha affermato l'inapplicabilità del procedimento di correzione dell'errore materiale ex artt. 287 e 288 c.p.c., qualora non sia possibile individuare l'iter-logico giuridico seguito dal giudice nella sentenza da emendare, come accade nel provvedimento che contiene motivazione e dispositivo di altra sentenza (non emessa tra le stesse parti). In tali casi il provvedimento è affetto da inesistenza giuridica o nullità insanabile in quanto privo degli elementi necessari per la formazione del giudicato sul rapporto controverso. Il giudice deve pertanto procedere, accertata l'inesistenza giuridica, con la rinnovazione della decisione emanando un valido atto conclusivo del giudizio. Qualora la pronuncia – giuridicamente inesistente – risulti ostativa al giudizio, in quanto contenga declaratoria di inammissibilità e/o improcedibilità, allora l'intero procedimento dovrà essere rinnovato. Contrariamente a quanto statuito nella pronuncia in commento la Suprema Corte, in una recente sentenza (Cass. civ., 9 giugno 2021, n. 16087), ha confermato l'applicabilità del procedimento di correzione di errore materiale in caso di errato invio di files informatici estranei alla fattispecie trattata in quanto errore riconducibile alla ipotesi di lapsus calami. Osservazioni L'orientamento espresso dalla sentenza in commento, conforme alla prevalente giurisprudenza di merito e di legittimità, risulta dal punto di vista teorico e sistematico il più fedele al dettato normativo di cui agli artt. 287 e 288 c.p.c. Sennonché, non potendosi costringere le parti, al fine di ottenere l'emenda, al ricorso al giudice dell'impugnazione e non potendosi esperire il più agevole procedimento di correzione dell'errore materiale ai sensi degli artt. 287 e 288 c.p.c., deve ritenersi consentito che la rinnovazione della decisione sia disposta d'ufficio e/o tragga impulso da istanza di parte, senza alcun onere di forma. |