Compatibilità tra mediazione obbligatoria e provvedimenti cautelari conservativi ante causam

27 Novembre 2023

Approda finalmente in Cassazione il controverso tema dei rapporti tra la mediazione e i provvedimenti cautelari: con la decisione in commento, il S.C. afferma che chi ha ottenuto un provvedimento cautelare conservativo ante causam non è esonerato dall’esperimento del tentativo di mediazione, per cui nell’eventualità in cui l’attore che abbia ottenuto un provvedimento di tal fatta non abbia instaurato il procedimento di mediazione obbligatoria spetta al giudice assegnare alle parti il dovuto termine per la presentazione della domanda di mediazione, per poi accertare se la condizione di procedibilità sia stata soddisfatta e trattare la causa nel merito, ovvero, in mancanza, dichiarare l'improcedibilità della domanda giudiziale.

Massima

La parte che abbia domandato ed ottenuto la concessione di un sequestro giudiziario relativo a una controversia in materia contemplata dall'art. 5, comma 1, del d.lgs. n. 28 del 2010, pur dovendo iniziare il giudizio di merito nel termine perentorio di cui all'art. 669-octies, comma 1, c.p.c., non è esonerata dall'esperimento del procedimento di mediazione.

Allorché il convenuto eccepisca tempestivamente l'improcedibilità della domanda per il mancato esperimento del procedimento di mediazione e il giudice erroneamente ritenga che la mediazione non doveva essere esperita, la conseguente nullità può essere fatta valere mediante appello; in tal caso, il giudice d'appello, dichiarata la nullità della sentenza, non potendo disporre la rimessione al primo giudice, è tenuto ad assegnare alle parti il dovuto termine per la presentazione della domanda di mediazione, per poi accertare se la condizione di procedibilità sia stata soddisfatta e trattare la causa nel merito, ovvero, in mancanza, dichiarare l'improcedibilità della domanda giudiziale.

Il caso

Ottenuto un provvedimento di sequestro giudiziario, la parte istante proponeva domanda di merito volta alla restituzione di beni mobili in ordine ai quali aveva ottenuto il sequestro giudiziario ante causam.

Nel corso del giudizio di merito il convenuto sollevava eccezione di improcedibilità per non avere l'attore esperito il previo tentativo di mediazione obbligatoria, ma il giudice adito riteneva la questione insussistente, considerando l'obbligo di tentare la mediazione incompatibile con l'osservanza del termine perentorio per l'inizio del giudizio di merito ex art. 669-octies, comma 1, c.p.c.

Avverso la sentenza veniva proposto appello con il quale veniva reiterata l'eccezione di improcedibilità, che questa volta era accolta dalla Corte territoriale, sulla scorta della considerazione che, trattandosi di una controversia in materia di diritti reali, fosse onere dell'attore instaurare il tentativo obbligatorio di mediazione contemporaneamente all'inizio del giudizio di merito. 

La questione

Avverso la sentenza di secondo grado veniva proposto ricorso per cassazione, deducendosi in prima luogo la violazione o falsa applicazione degli artt. 5, comma 1-bis, e 6, comma 1, del d.lgs. n. 28/2010 (nella formulazione vigente ratione temporis) e dell'art. 669-octies, comma 1, c.p.c., in quanto il giudice di secondo grado, imponendo all'attore in rivendica di avviare la procedura di mediazione contestualmente al giudizio di merito, non aveva considerato la discrasia fra il rispetto del termine per la proposizione del giudizio di merito «(non superiore a sessanta giorni) e la durata del procedimento di mediazione (non superiore a tre mesi)».

In secondo luogo, veniva contestata la decisione del giudice di seconde cure nella parte in cui aveva dichiarato l'improcedibilità della domanda stante il mancato avvio della mediazione senza aver prima rinviato le parti in mediazione e contestualmente fissato la successiva udienza del processo dopo la scadenza del termine per la conclusione del procedimento di mediazione.

Le soluzioni giuridiche

La Seconda sezione della Cassazione rigetta il primo motivo di ricorso, osservando che l'asserita incompatibilità tra la procedura di mediazione e la strumentalità rigida di alcuni provvedimenti cautelari «postula un inammissibile esonero dall'esperimento del procedimento di mediazione dell'autonomo giudizio di merito» in tutte le domande relative alle controversie sottoposte alla mediazione obbligatoria instaurate successivamente all'accoglimento di una domanda cautelare c.d. conservativa.

La Cassazione nonostante ritenga la ricorrente onerata all'instaurazione del procedimento di mediazione afferma, tuttavia, che in caso di mancato esperimento del procedimento di mediazione, spettava al Tribunale di primo grado «rilevare il mancato assolvimento della condizione di procedibilità e disporre conseguentemente che venisse presentata la domanda di mediazione». Tale omissione ha determinato la nullità del procedimento e della sentenza di primo grado, per cui il «giudice d'appello, preso atto della nullità del giudizio di primo grado e della stessa sentenza, non potendo disporre la rimessione al primo giudice, ai sensi dell'art. 354 c.p.c.», avrebbe dovuto rinnovare gli atti nulli, «assegnando alle parti il dovuto termine per la presentazione della domanda di mediazione, per poi accertare se la condizione di procedibilità risultasse soddisfatta e trattare la causa nel merito, ovvero, in mancanza, dichiarare l'improcedibilità della domanda giudiziale».

Osservazioni

L'art. 5, comma 6 nel testo attualmente vigente del d.lgs. n. 28/2010 prescrive che «Lo svolgimento della mediazione non preclude in ogni caso la concessione dei provvedimenti urgenti e cautelari (...)». La norma (originariamente contenuta nel comma 3 dello stesso articolo) sin dalla sua emanazione ha dato luogo a numerosi contrasti interpretativi sia in dottrina che in giurisprudenza.

Vi è tuttavia un unico dato pacifico da quale appare opportuno partire: nonostante l'infelice dettato della norma, che discorre di “svolgimento della mediazione”, deve escludersi che l'accesso alla tutela cautelare sia consentito solo a mediazione attivata e ciò anche alla luce della storica sentenza della Corte Costituzionale, n. 190/1985, dalla quale si conferma l'idea che la concessione di provvedimenti dettati da esigenze cautelari deve ritenersi completamente svincolata da qualsivoglia condizione di procedibilità, pena l'illegittimità certa di una disciplina che ciò imponesse.

Dunque, la tutela cautelare ante causam deve ritenersi «assolutamente svincolata anche dalla previa instaurazione del procedimento di mediazione, finanche nei casi in cui questo assurga a condizione di procedibilità della domanda giudiziale» (Vaccari, Questioni controverse in tema di mediazione, in Questione giustizia, 2015, p. 133).

Ciò posto, occorre chiedersi come siano regolati i rapporti tra la mediazione obbligatoria e la tutela cautelare ante causam dei diritti rientranti nella categoria di cui all'art. 5, comma 1, d. lgs. n. 28/2010, con particolare riferimento all'instaurazione della fase di merito successiva alla concessione del provvedimento cautelare stesso.

Il problema, invero, non si pone per i provvedimenti cautelari a strumentalità attenuata di cui all'art. 669-octies, comma 6, c.p.c.: non essendo previsto l'onere per la parte vittoriosa di instaurare il giudizio di merito entro un termine perentorio, ben può tale parte presentare istanza di mediazione e, in caso di esito negativo della stessa, agire in giudizio, senza alcun pregiudizio per la perdurante efficacia della misura cautelare ottenuta.

Qualora la parte abbia chiesto ed ottenuto un provvedimento cautelare conservativo, invece, occorre, pena l'inefficacia dello stesso, instaurare il giudizio di merito entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla sua pronuncia o dalla sua comunicazione. Nulla, tuttavia, stabilisce la legge laddove il diritto oggetto del provvedimento cautelare conservativo sia ricompreso fra quelli per i quali la mediazione è prescritta come obbligatoria.

Sul punto, una parte della dottrina (Minelli, Commento all'art. 5, in Aa.Vv., La mediazione per la composizione delle controversie civili e commerciali, a cura di M. Bove, Padova, 2011, p.187) ha proposto l'applicazione analogica dell'art. 669-octies, comma 4, c.p.c., il quale, con riferimento al previo tentativo obbligatorio di conciliazione in materia di controversie di lavoro pubblico, dispone tuttora che il termine per la proposizione della causa di merito successivamente alla concessione di misura cautelare «decorre dal momento in cui la domanda giudiziale è divenuta procedibile o, in caso di mancata presentazione della richiesta di espletamento del tentativo di conciliazione, decorsi trenta giorni». In tal modo, si otterrebbe il vantaggio di non costringere la parte che ha ottenuto la tutela cautelare ad introdurre sia il procedimento di mediazione che il giudizio di merito, potendo quest'ultimo essere avviato solo nel caso del fallimento del tentativo di mediazione. Tale proposta interpretativa è stata tuttavia oggetto di critiche, osservandosi che, a parte la circostanza che tale norma deve ritenersi tacitamente abrogata, essendo riferita ad una fattispecie di tentativo di conciliazione la cui obbligatorietà è venuta meno a seguito della riforma recata dal c.d. “collegato lavoro” (l. 4 novembre 2010, n. 183), è di ostacolo alla sua estensione analogica la circostanza che detta disposizione ha carattere speciale, in quanto riferita allo specifico ambito delle controversie relative a rapporti di lavoro con le pubbliche amministrazioni (Tiscini, La mediazione civile e commerciale, Torino, 2011, p. 163).

Con il medesimo scopo di affermare la necessaria previa attivazione della mediazione, vi è chi (Tiscini, op. cit., p. 164) ha risolto il coordinamento tra l'onere della necessaria instaurazione del procedimento di mediazione con il rispetto del termine perentorio per l'instaurazione del giudizio di merito di cui all'art. 669-octies c.p.c. facendo leva sul disposto dell'art. 5, ultimo comma, (ora art. 8, comma 2), d.lgs. n. 28/2010, ritenendo che nel termine perentorio di sessanta giorni debba procedersi non già all'instaurazione del giudizio, bensì all'attivazione della mediazione, per cui, in caso di fallimento del relativo tentativo, la parte sarebbe tenuta ad iniziare il giudizio di merito nei successivi sessanta giorni. Siffatta iniziativa, infatti, determina la sospensione dei termini decadenziali, i quali riprenderebbero a decorrere dalla data di deposito del verbale di infruttuosa mediazione.

Questa tesi, tuttavia, ha incontrato le critiche di quella parte della dottrina (Cuomo Ulloa, La mediazione nel processo civile riformato, Bologna, 2011, p. 139) che reputa inopportuna l'applicazione analogica alla norma appena riportata, riferendosi essa alle sole prescrizioni e decadenze sostanziali e non già o non anche a quelle processuali.

Nell'impossibilità di trovare una strada interpretativa che preveda la previa obbligatoria instaurazione della mediazione con salvezza dei termini per l'instaurazione del giudizio di merito, non resterebbe allora che imporre alla parte che ha ottenuto la tutela cautelare di introdurre il giudizio di merito, nella consapevolezza della possibile eccezione di improcedibilità dell'azione (ad opera della controparte o del giudice) per la mancata previa instaurazione del procedimento di mediazione, con la conseguente sospensione del giudizio di merito e il rinvio innanzi all'organismo di mediazione (così Cuomo Ulloa, op. ult. cit.; Trib. Brindisi, sez. dist. Francavilla Fontana, 9 gennaio 2012). 

In merito, la decisione in epigrafe, pur manifestando in motivazione una preferenza per la seconda delle soluzioni qui esposte, preferisce non prendere posizione, limitandosi a dare soluzione alla questione «nei limiti necessari ai fini della decisione del caso sottoposto» alla sua attenzione, in coerente attuazione delle funzioni attribuite alla S.C. dal legislatore. Pertanto, come già riferito, avendo rilevato che il giudice di primo grado, erroneamente esclusa la sussistenza in capo all'attore dell'onere di tentare previamente la mediazione, non aveva conseguentemente disposto che venisse presentata la domanda di mediazione», ha ravvisato il sorgere di una nullità del procedimento e della sentenza di primo grado, che avrebbe dovuto essere rilevata dal giudice d'appello, il quale avrebbe dovuto in primo luogo rinnovare gli atti nulli, ai sensi dell'art. 354, c.p.c., assegnando alle parti il dovuto termine per la presentazione della domanda di mediazione e, successivamente, accertare se la condizione di procedibilità risultasse soddisfatta e trattare la causa nel merito, ovvero, in mancanza, dichiarare l'improcedibilità della domanda giudiziale.

Riferimenti

Cuomo Ulloa, La mediazione nel processo civile riformato, Bologna, 2011, p. 139;

Dittrich, Il procedimento di mediazione nel d. lgs. 28/2010, in Riv. dir. proc., 2010, pp. 575, ss. e, in particolare, p. 587;

Minelli, Commento all’art. 5, in Aa.Vv., La mediazione per la composizione delle controversie civili e commerciali, a cura di M. Bove, Padova, 2011, p. 184;

Tiscini, La mediazione civile e commerciale, Torino, 2011, p. 163;

Vaccari, Questioni controverse in tema di mediazione, in Questione giustizia, 2015, p. 133 ss.

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