Controversie locatizie: possono essere introdotte nella forma del rito semplificato di cognizione?

28 Novembre 2023

Il giudice capitolino si domanda se una controversia involgente controversia locatizia possa essere introdotta secondo la forma del rito semplificato di cognizione.

Massima

Le controversie locatizie di cui all'art. 447-bis c.p.c., non possono essere introdotte secondo le forme del procedimento semplificato di cognizione. Pertanto, laddove erroneamente introdotte con questa modalità, il giudice (anche d'ufficio) è tenuto a disporre il mutamento del rito, fissando l'udienza di discussione.

Il caso

Il ricorrente, che aveva concesso in locazione al conduttore un immobile ammobiliato ad uso abitativo, a fronte del recesso del medesimo ed al susseguente rilascio, ha richiesto di accertare che l'ex conduttore, aveva erroneamente asportato taluni mobili di arredo dello stabile, con richiesta di condanna alla restituzione della mobilia e, in subordine, al pagamento del valore.

La domanda è stata introdotta nelle forme del rito semplificato di cognizione.

Ascoltate le parti all'udienza di discussione, il giudice si è preliminarmente riservato di valutare l'ammissibilità della domanda sotto il profilo procedurale.

La questione

Il giudice capitolino si domanda se una controversia involgente controversia locatizia possa essere introdotta secondo la forma del rito semplificato di cognizione.

Le soluzioni giuridiche 

Nell'argomentata motivazione, il giudice delle locazioni del Tribunale di Roma si pone la seguente quaestio iuris: riguardante la compatibilità tra controversia locatizia e procedimento semplificato di cognizione di cui agli artt. 281-decies e segg. c.p.c.; in particolare, domandandosi se le liti locatizie possano scontare, alternativamente rispetto al rito speciale uniforme (art. 447-bis c.p.c.), tale innovativa modalità procedurale.

Una volta evidenziato che non constano precedenti di legittimità e di merito in materia ed implicitamente scartata l'opzione di rimettere in via pregiudiziale la questione di diritto alla Corte di legittimità a norma dell'art. 363-bis c.p.c., tre sarebbero le soluzioni interpretative che l'ordinanza in epigrafe prende in considerazione.

In particolare, la compatibilità tra i due riti potrebbe argomentarsi da un punto di vista cronologico; dato che il rito ex art. 281-decies è stato introdotto successivamente rispetto a quello uniforme introdotto nel 1990 ex art. 447-bis. Da un punto di vista letterale con riguardo all'ampiezza dell' ambito applicativo; laddove la norma di nuovo conio precisa che la domanda “può sempre essere proposta nelle forme del procedimento semplificato” (art. 281-decies, capoverso, c.p.c.) per le cause di competenza del tribunale in formazione monocratica, senza distinzione di materie, implicitamente comprendendo anche quelle di tenore locatizio.

Secondo diversa ricostruzione ermeneutica, tenuto conto che il legislatore ha previsto unicamente un'osmosi tra rito ordinario e rito semplificato e viceversa, con espressa previsione di mutamento del rito (art. 183 bis e 281 duodecies, 1° comma, c.p.c.), non anche rispetto al rito locatizio, potrebbe ipotizzarsi appunto che la domanda introdotta col rito semplificato vada dichiarata inammissibile.

La soluzione viene scartata dal giudicante romano sul presupposto dell'esistenza del principio di economia processuale ed in particolare di quello di conservazione degli atti.

La soluzione prescelta dall'ordinanza è quella dell'inammissibilità dell'introduzione di causa locatizia introdotta ai sensi dell'art. 281-decies c.p.c.

A supporto della soluzione si evidenzia la specialità del rito (locatizio) rispetto a quello semplificato (cronologicamente successivo, ma caratterizzato da generale applicabilità), quest'ultimo essendo pertanto inapplicabile.

D'altro canto, ancora si evidenzia l'assimilabilità tra il ricorso ex art. 281-decies e ricorso ex art. 447-bis, da un punto di vista del contenuto-forma. Il giudicante capitolino, quindi, in ipotesi di errata scelta del rito semplificato, preferisce optare per il mutamento del rito, con conservazione degli effetti della domanda, piuttosto che per la declaratoria di inammissibilità della stessa. Per quanto il codice di rito non avrebbe espressamente disciplinato il mutamento del rito da semplificato a locatizio, il rilievo non sarebbe ostativo, soccorrendo i principi generali ed in particolare quello di conservazione degli atti che viene richiamato (art. 156,  comma 3, c.p.c.). 

Osservazioni

I. La riforma processuale del 2022  (d.lgs. n. 149/2022) ha abrogato il capo III bis, titolo I, del libro IV del codice di rito, che conteneva la disciplina del procedimento sommario di cognizione (art. 702 bis e segg. c.p.c.).

Innovativamente, ma secondo una linea di continuità rispetto al precedente istituto, nel libro II° del codice, il riformatore del 2022 ha inserito un nuovo capo, III ter, intitolato al “Procedimento semplificato di cognizione” (artt. 281-decies e segg. c.p.c.).

Il nuovo procedimento può essere introdotto per le cause di competenza del tribunale anche in formazione collegiale in presenza dei seguenti presupposti: quando i fatti non sono controversi, la domanda è fondata su prova documentale o di pronta soluzione e richiede istruzione non complessa.

Nel trasparente intento di favorire l'applicabilità dell'istituto di nuovo conio, si dispone: “nelle cause in cui il tribunale giudica in composizione monocratica la domanda può sempre essere proposta nelle forme del procedimento semplificato” (art. 281-decies, comma 2, c.p.c.).

In riferimento al novello istituto, la processualistica (ed ora anche la prima giurisprudenza edita) si è interrogata sulla compatibilità rispetto al rito locatizio.

Ebbene, gli argomenti interpretativi testuali che in passato erano stati evidenziati con riguardo al procedimento sommario e che, secondo l'opinione prevalente (Mandrioli-Carratta-Di Marzio-Carrato-Tallaro), escludevano la compatibilità rispetto al rito locatizio uniforme (in giurisprudenza, ad es., Trib. Modena 18 gennaio 2010, in Foro it., 2010, I, 1015), sono noti e vanno ribaditi in riferimento al nuovo canone procedurale.

Analogamente a quanto era previsto per il procedimento sommario di cognizione, il riformatore del 2022 ha conservato i letterali riferimenti al processo ordinario di cognizione.

In particolare, all'atto introduttivo del procedimento, che  deve contenere le indicazioni previste per l'atto di citazione (art. 163 c.p.c.), come pure il richiamo all'udienza di cui all'art. 183 di prima comparizione delle parti; disponendo che, laddove alla prima udienza il giudice si avveda della carenza dei presupposti di applicabilità del rito semplificato, il giudizio, previo mutamento del rito, prosegue “nella forma del rito ordinario di cognizione fissando l'udienza di cui all'art. 183” (art. 281-duodecies c.p.c.).

Con riguardo al nuovo procedimento semplificato si aggiunge un ulteriore testuale argomento di natura sistematica, per effetto della nuova collocazione dell'istituto, che si rivela vieppiù ostativo alla compatibilità rispetto alle controversie locative.

La neofita disciplina processuale è stata opportunamente collocata nel libro II° del codice di rito (sottraendola all'originaria collocazione del procedimento sommario nel quarto libro, che disciplina in modo disomogeneo i “procedimenti speciali”), libro che è dedicato al processo ordinario di cognizione.

Questa consapevole scelta sistematica evidenzia, ancora con maggior chiarezza rispetto al passato, che il rito semplificato di cognizione rappresenta un'alternativa rispetto al rito ordinario di cognizione, non anche rispetto al rito speciale (Miotto, Masoni, Carratta), come d'altro canto ha correttamente evidenziato la pronunzia in commento. Il rilevo assume rilevanza anche agli effetti dei provvedimento pronunziabile da parte del giudice.

II. In ipotesi di errata scelta del rito processuale, come emerso nel caso di specie, la pronunzia in esame si è domandata quali ne siano gli effetti di natura processuale.

Ci si è chiesti se il giudice possa disporre la conversione del procedimento fissando l'udienza di discussione (art. 420 c.p.c.), ovvero, debba dichiarare inammissibile il ricorso, secondo un'alternativa interpretativa che già era emersa vigendo il procedimento sommario di cognizione, ed i cui esiti interpretativi non erano stati concordanti.

In tal caso, la pronunzia in epigrafe evidenzia che potrebbe ipotizzarsi la declaratoria di inammissibilità della domanda, soluzione che il giudicante capitolino esclude in forza dell'applicabilità del principio di conservazione degli atti, evidenziando pure che il legislatore della riforma non avrebbe previsto osmosi tra procedimento semplificato e rito locatizio ex art. 281-duodecies c.p.c.

Se la soluzione dell'inammissibilità della domanda, per quanto tranchant, in passato era argomentabile sulla scorta del testo dell'art. 702-ter c.p.c. (ora abrogato) (v. Trib. Modena, 18 gennaio 2010, cit. In dottrina, concorda Di Marzio, 1097), oggi la soluzione consiste nel disporre il mutamento del rito, che oggi è argomentabile in forza dell'immutato testo dell'art. 426 c.p.c., nella specie applicabile nella sua interezza, ovvero, con previsione di integrazione degli atti introduttivi e produzione documentale.

Infatti, per il mutamento del rito da ordinario a speciale, laddove l'art. 426 richiama “una causa promossa nelle forme ordinarie”, la stessa sembra in grado di ricomprendere, mediante lettura estensiva, anche quella introdotta (erroneamente) secondo il rito semplificato di cognizione.

Tale lettura interpretativa sembra argomentabile tento conto della collocazione logistico-sistematica dell'istituto di nuovo conio, che è stato posto all'interno del II° libro della procedura, dedicato al “processo ordinario di cognizione”.

In tal modo chiarendo che il rito semplificato è null'altro che un processo ordinario di cognizione che si sviluppa secondo canoni procedurali semplificati, “in quanto strutturalmente adeguato alla sempliictà delle controversie che vi sono sottoposte”(Taraschi).

Riferimenti

Tallaro, Rito sommario e controversie locatizie: osservatorio da parte dell'utente del servizio Giustizia, in Giur. Merito, 2011, 1246.

Di Marzio, in Di Marzio-Di Mauro, Il processo locatizio, Milano, 2011, II° ed., 1096 ss.

Mandrioli-Carratta, Diritto processuale civile, Torino, 2022, XXVIII° ed., IV, 366 e nota ivi.

Carrato, in Carrato-Scarpa, La locazione nella pratica del contratto e del processo, Milano, 2015, IV° ed., 611-612.

Taraschi, Riforma processo civile: il nuovo rito semplificato di cognizione, in Ius processo civile (ius.giuffrefl.it), 2022.

Miotto, Prime osservazioni sul procedimento semplificato di cognizione, in Judicium, 16 gennaio 2023, 2-3.

Carratta, Le riforme del processo civile, Torino, 2023, 77.

Masoni, Riforma processuale: compatibilità col rito locatizio, in Giustiziacivile.com., 2023.

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