L’improcedibilità del ricorso avverso la decisione d’appello resa sul reclamo avverso la sentenza di fallimento
22 Gennaio 2024
Massima Il ricorso per cassazione contro la sentenza resa sul reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento è improcedibile, ai sensi dell'art. 369, comma 2, n. 2, c.p.c. laddove non venga depositata, insieme col ricorso, copia autentica della sentenza impugnata unitamente alla relazione di notificazione o alla equipollente comunicazione integrale della sentenza di rigetto del reclamo, ovvero laddove non venga allegato che la produzione è limitata alla sola copia della sentenza impugnata senza la relata, salvo che il ricorso sia notificato entro trenta giorni dalla pubblicazione della sentenza impugnata o altresì che la copia notificata o comunicata della sentenza medesima sia comunque nella disponibilità della Corte di cassazione, alla quale non spetta attivarsi per supplire all'inosservanza della parte al precetto posto dalla citata norma. Il caso Il soccombente in un giudizio di primo grado celebrato innanzi alla Corte d'appello di Firenze, proponeva ricorso per cassazione contro la sentenza che aveva respinto il suo reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento. Il ricorso veniva notificato decorsi quattro mesi e ventisei giorni dalla data di pubblicazione della sentenza impugnata, e cioè oltre il termine breve di trenta giorni, senza che nel corpo di esso risultasse in alcun modo allegato che la notificazione o comunicazione della sentenza impugnata non fosse stata effettuata dalla cancelleria e senza che nella disponibilità della Corte di cassazione ci fosse la copia notificata o comunicata della sentenza medesima. La questione Alla Corte di cassazione viene denunciata, con cinque mezzi di ricorso, la violazione o falsa applicazione di norme di legge ai sensi dell'art. 360, n. 3, c.p.c. e dell'art. 111 Cost., comma 7, la violazione o falsa applicazione dell'art. 2697 c.c., dell'art. 15 l. fall., dell'art. 107, comma 1 del d.P.R. n. 1229 del 1959 e degli artt. 140 e 159 c.p.c., la violazione del termine a difesa del debitore, la nullità della sentenza e del procedimento ex art. 360 , n. 4, c.p.c. la nullità della notifica dell'istanza di fallimento e del decreto di fissazione di udienza e della procedura fallimentare e, infine, l'insussistenza dei presupposti per la dichiarazione di fallimento e l'insussistenza dello stato di insolvenza. Le soluzioni giuridiche La Suprema Corte dichiara improcedibile il ricorso fondando la propria decisione sul mancato rispetto dell'art. 369, comma 2, n. 2, c.p.c. il quale impone che al ricorso vada allegata copia autentica della sentenza impugnata unitamente alla relazione di notificazione od alla equipollente comunicazione integrale, ovvero, nel caso in cui la notificazione-comunicazione non abbia avuto luogo, che la produzione è limitata alla sola copia della sentenza impugnata, senza la relata. Nel caso di specie, il ricorrente avrebbe dovuto allegare il fatto patologico della mancata notificazione-comunicazione della sentenza impugnata così da rendere applicabile il termine «lungo» di cui all'art. 327 c.p.c. (termine di sei mesi), senza essere assoggettato all'onere della prova che la notificazione-comunicazione non vi era stata. In realtà, al ricorso non è stato allegato che la doverosa notificazione-comunicazione della sentenza impugnata a carico della cancelleria non era stata effettuata e, dunque, non essendo stato notificato il ricorso entro trenta giorni dalla pubblicazione della sentenza impugnata od altresì non essendo nella disponibilità della corte il provvedimento impugnato accompagnato dalla relata, la Suprema Corte ha dichiarato improcedibile il ricorso. Osservazioni La sentenza in commento chiarisce come i principi di cui agli artt. 325-327 c.p.c. relativi all'ordinario funzionamento dei termini per le impugnazioni, secondo i quali l'operatività in alternativa del termine «breve» o di quello «lungo» discende dalla scelta della parte di notificare o meno la sentenza ancora impugnabile ex art. 170 c.p.c., si attaglino solo in parte al caso del ricorso per cassazione contro la sentenza di rigetto del reclamo avverso la dichiarazione di fallimento. Infatti, nella materia operano le previsioni di cui all'art. 18, commi 13 e 14 l. fall., secondo cui, rispettivamente, la sentenza che rigetta il reclamo è notificata al reclamante a cura della cancelleria e il termine per proporre il ricorso per cassazione è di trenta giorni dalla notificazione. Inoltre, la Suprema Corte ha in più occasioni precisato come alla notificazione da parte della cancelleria è equipollente la comunicazione integrale della sentenza di rigetto del reclamo. Dunque, la notificazione-comunicazione da parte della cancelleria ai sensi dell'art. 18, comma 13, l. fall., a mezzo della posta elettronica certificata, del testo integrale della sentenza della Corte d'appello che rigetta il reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento è idonea a far decorrere il termine «breve» per l'impugnazione in cassazioneex art. 18, comma 14, l. fall. In tal caso, il ricorrente deve dare prova della tempestività dell'impugnazione producendo la copia notificata-comunicata della sentenza resa sul reclamo, tale da rendere tempestivo il ricorso, avuto riguardo al menzionato termine di 30 giorni. Invece, il termine lungo di cui all'art. 327 c.p.c. può trovare applicazione solo nell'ipotesi in cui, in ragione del pur sempre possibile patologico svolgimento della procedura, si sia verificata l'inosservanza da parte della cancelleria del dovere di effettuare la notificazione della sentenza che rigetta il reclamo, ovvero in mancanza dell'equipollente comunicazione integrale di essa. In tal caso, il ricorrente non può limitarsi a non allegare la notificazione-comunicazione della sentenza, giacché il silenzio del ricorrente non vale a superare la naturale presunzione che l'ufficio abbia effettuato la notificazione, o la equipollente comunicazione, che per legge era tenuto a fare. Il ricorrente deve, infatti, allegare che la produzione è limitata alla sola copia della sentenza impugnata, senza la relata, perché, patologicamente, la notificazione-comunicazione non ha avuto luogo. La ratio della scelta del legislatore di derogare, in determinati casi, al modello delineato dagli artt. 325-327 c.p.c., è riconducibile ad esigenze di celerità processuale e dunque all'intento di rendere più veloce la formazione del giudicato, facendo dipendere l'applicazione del termine «breve» di trenta giorni non dall'iniziativa della parte vincitrice, ma dalla conoscenza legale della decisione impugnata che la notificazione-comunicazione determina in capo alle parti. Tale regime derogatorio non riguarda soltanto l'impugnazione contro la sentenza resa sul reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento, ma viene estesa anche ad una pluralità di temi come: il concordato preventivo, il provvedimento emesso dalla corte d'appello che decide sul reclamo avverso il decreto di omologazione, la dichiarazione dello stato di adottabilità, la protezione internazionale. Riferimenti A. Carratta, Il procedimento di apertura delle procedure concorsuali: dalla legge delega al codice della crisi e dell'insolvenza, in Dir. fall., 2019, 1057 ss.; N. Rascio e C. Delle Donne, Le impugnazioni dei provvedimenti che decidono sull'istanza di fallimento, in Trattato delle procedure concorsuali, a cura A. Jorio e B. Sassani, I, Milano 2014, pp. 559-575 e 591-597; P.C. Ruggieri, Inammissibilità del ricorso straordinario per cassazione avverso la decisione assunta dalla corte d'appello in sede di reclamo avverso la mancata dichiarazione di fallimento, nota a Cass. civ., sez. I, 20 novembre 2019, n. 30202 in www.judicium.it. Quanto alla giurisprudenza si rinvia a quella richiamata nel testo della decisione. |