Espropriazione forzataFonte: Cod. Proc. Civ. Articolo 483
10 Novembre 2020
Inquadramento
IN FASE DI AGGIORNAMENTO AUTORALE DI PROSSIMA PUBBLICAZIONE
L'espropriazione forzata è quel tipo di processo esecutivo costituito da un complesso di atti diretti a sottrarre coattivamente al debitore determinati beni facenti parte del suo patrimonio e a convertirli in danaro, con cui soddisfare il credito del creditore procedente. Essa è quindi una forma di esecuzione “indiretta”, a differenza dell'esecuzione in forma specifica, che può definirsi “diretta”, in quanto avente ad oggetto proprio il bene dovuto. L'espropriazione forzata, a seconda del suo oggetto, può essere mobiliare (v. G. Fiengo, Espropriazione mobiliare e A. Merone, Espropriazione presso terzi, su www.ilprocessocivile.it) o immobiliare (v. L. Caradonna, Espropriazione immobiliare, su www.ilprocessocivile.it). Il creditore può scegliere il tipo di espropriazione che ritiene più opportuno, a seconda dei beni presenti nel patrimonio del debitore (cfr. l'art. 2740 c.c., secondo cui il debitore risponde dell'adempimento delle proprie obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri), e la legge non impone alcun ordine di priorità, a meno che il creditore sia già titolare di una garanzia specifica su alcuni beni del debitore (v. C. Maresca, Par condicio creditorum). Prevede, infatti, l'art. 2911 c.c. che il creditore che ha pegno su beni del debitore non può pignorare altri beni del debitore medesimo, se non sottopone a esecuzione anche i beni gravati dal pegno (v. L. Caputo, Pegno, su www.ilprocessocivile.it). Parimenti, quando ha ipoteca, il creditore non può pignorare altri beni immobili, se non sottopone a pignoramento anche gli immobili gravati dall'ipoteca. La stessa disposizione si applica se il creditore ha privilegio speciale su determinati beni. Ai sensi dell'art. 483 c.p.c., il creditore può valersi cumulativamente dei diversi mezzi di espropriazione forzata previsti dalla legge, ma, su richiesta del debitore, il giudice dell'esecuzione, con ordinanza non impugnabile, può limitare la espropriazione al mezzo che il creditore sceglie o, in mancanza, a quello che il giudice stesso determina. Se è iniziata anche l'esecuzione immobiliare, l'ordinanza è pronunciata dal giudice di quest'ultima (v. R. Giordano, Cumulo dei mezzi di espropriazione, su www.ilprocessocivile.it).
L'espropriazione è diretta da un giudice che, in base alla disciplina attualmente in vigore, è sempre appartenente al tribunale, unico organo giudiziario competente (art. 9 c.p.c.). Ai sensi dell'art. 484 c.p.c., la nomina del giudice dell'esecuzione è dunque effettuata dal presidente del tribunale, su presentazione, a cura del cancelliere, del fascicolo, entro due giorni dalla sua formazione (v. R. Giordano, Giudice dell'esecuzione, su www.ilprocessocivile.it). Si applicano al giudice dell'esecuzione le disposizioni di cui agli artt. 174 e 175 c.p.c., il che comporta, da un lato, l'immutabilità di tale giudice, e, dall'altro lato, l'attribuzione allo stesso dei medesimi poteri del giudice istruttore nel processo di cognizione.
Il giudice dell'esecuzione ha la direzione del processo esecutivo e la sua funzione si esplica, in particolare, attraverso:
Il cancelliere forma per ogni procedimento di espropriazione un fascicolo (v. G. Lauropoli, Fascicolo dell'esecuzione, su www.ilprocessocivile.it), nel quale sono inseriti (art. 488 c.p.c.):
Ciò avviene dopo il momento in cui il creditore ha depositato presso la cancelleria del tribunale competente per l'esecuzione la nota di iscrizione a ruolo, con copie conformi degli atti di volta in volta indicati per le diverse tipologie di espropriazione (cfr. artt. 518, 543 e 557 c.p.c.). Gli artt. 489 e 490 c.p.c. contengono inoltre precise norme rispettivamente in tema di notificazioni e comunicazioni e di avvisi.
Per quanto riguarda il luogo delle notificazioni e delle comunicazioni (art. 489 c.p.c.), occorre distinguere tra:
Quando la legge dispone che di un atto esecutivo sia data pubblica notizia, un avviso contente tutti i dati, che possono interessare il pubblico, deve essere inserito sul portale del Ministero della giustizia in un'area pubblica denominata “portale delle vendite pubbliche”, ai sensi dell'art. 490, comma 1, c.p.c. (v. P. Farina, Portale delle vendite pubbliche, su www.ilprcoessocivile.it). Per i beni mobili registrati di valore superiore a 25.000 euro e per gli immobili, è previsto che l'avviso, l'ordinanza del giudice e la relazione di stima di cui all'art. 173-bis disp. att. c.p.c. debbano essere inseriti in appositi siti internet, almeno quarantacinque giorni prima del termine per la presentazione delle offerte o della data dell'incanto (art. 490, comma 2, c.p.c.). Il giudice, inoltre, anche su istanza del creditore procedente o dei creditori intervenuti, dispone che il medesimo avviso sia inserito, nello stesso termine sopra indicato, una o più volte sui quotidiani di informazione locali aventi maggiore diffusione nella zona interessata o, quando opportuno, sui quotidiani di informazione nazionale e, quando occorre, che sia divulgato nelle forme della pubblicità commerciale. Sono equiparati ai quotidiani, i giornali di informazione locale, multisettimanali o settimanali, editi da soggetti iscritti al registro degli operatori della comunicazione (ROC) e aventi caratteristiche editoriali analoghe a quelle dei quotidiani che garantiscono la maggior diffusione nella zona interessata; nell'avviso è omessa l'indicazione del debitore (art. 490, comma 3, c.p.c.).
Il pignoramento in generale
L'espropriazione forzata inizia con il pignoramento (art. 491 c.p.c.), il quale deve essere compiuto dopo dieci giorni dalla notificazione del precetto, salvo quanto disposto dall'art. 482 c.p.c. in caso di pericolo nel ritardo, e prima che siano decorsi novanta giorni dalla notifica del medesimo precetto (v. V. Colandrea, Precetto, su www.ilprocessocivile.it). L'unica eccezione è costituita dall'espropriazione delle cose soggette a pegno o di mobili registrati soggetti a ipoteca: per esse, infatti, l'esecuzione inizia direttamente con l'assegnazione o la vendita (art. 502 c.p.c.). Il pignoramento (su v. amplius V. Colandrea, Pignoramento – forma ed effetti, su www.ilprocesocivile.it) consiste in una ingiunzione che, su istanza del creditore procedente o anche di più creditori insieme (art. 493 c.p.c.), l'ufficiale giudiziario fa al debitore di astenersi da qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito, esattamente indicato, i beni che vi si assoggettano e i frutti di essi (art. 492 c.p.c.). La funzione del pignoramento è quella di vincolare i beni da assoggettare all'esecuzione, ossia di sottrarli alla libera disponibilità del debitore; in altri termini, assicurare determinati beni al debitore, dopo averli individuati, alla soddisfazione del creditore. Tale vincolo giuridico produce l'effetto di rendere inefficaci nei confronti del creditore procedente o dei creditori intervenuti gli atti di alienazione o di disposizione compiuti dal debitore ed aventi ad oggetto i beni pignorati. Si tratta di inefficacia relativa poiché l'atto è di per sé valido e non produce effetti soltanto nei confronti dell'espropriante o degli intervenuti. Restando, comunque, salvi gli effetti del possesso di buona fede per i mobili non iscritti in pubblici registri (art. 2913 c.c.). Inoltre, secondo l'art. 2914 c.c. non sono opponibili al creditore pignorante e ai creditori che intervengono nell'esecuzione, sebbene anteriori al pignoramento, una serie di atti (ad es., le alienazioni di beni immobili o di beni mobili iscritti in pubblici registri, che siano state trascritte successivamente al pignoramento). Ai medesimi principi si ispirano anche gli artt. 2915, 2916, 2917 e 2918 c.c.
Contro gli atti di disposizione materiale la garanzia è fornita in due modi:
L'art. 492 c.p.c. prevede, inoltre, che, oltre all'invito formulato al debitore di indicare il luogo ove intende ricevere le notifiche e le comunicazioni relative alla procedura, nel caso in cui i beni pignorati appaiono insufficienti ovvero per essi appaia manifesta la lunga durata della liquidazione, l'ufficiale giudiziario invita il debitore ad indicare altri beni suscettibili di pignoramento ed i luoghi in cui si trovano ovvero le generalità dei terzi debitori. In caso di risposta positiva (di tale dichiarazione è redatto processo verbale che il debitore sottoscrive, requisito quest'ultimo di perfezionamento del pignoramento sui beni oggetto della dichiarazione), il vincoli di indisponibilità si intende esteso anche ai diversi beni indicati: più precisamente, per i beni mobili il vincolo si intende perfezionato dal momento della dichiarazione del soggetto pignorato, mentre per gli immobili occorrerà procedere in base alle norme sull'espropriazione immobiliare.
Inoltre, il pignoramento deve anche contenere l'avvertimento al debitore circa:
In ogni caso l'ufficiale giudiziario, ai fini della ricerca delle cose e dei crediti da sottoporre ad esecuzione (su cui si vedano più dettagliatamente le R. Metafora, Ricerca dei beni da pignorare e F. Valerini, Ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare), quando non individua beni utilmente pignorabili oppure le cose e i crediti pignorati o indicati dal debitore appaiono insufficienti a soddisfare il creditore procedente e i creditori intervenuti, su richiesta del debitore procedente, rivolge richiesta ai soggetti gestori dell'anagrafe tributaria e di altre banche dati pubbliche. Peraltro, se il debitore è un imprenditore commerciale, l'ufficiale giudiziario, negli stessi casi appena sopra esaminati e previa istanza del creditore procedente, con spese a carico di questi, invita il debitore a indicare il luogo ove sono tenute le scritture contabili e nomina un commercialista, un avvocato o un notaio iscritto nell'elenco di cui all'art. 179-ter disp. att. c.p.c. per il loro esame al fine dell'individuazione di cose e crediti pignorabili.
Il pignoramento può avere ad oggetto:
La legge prevede, tra l'altro, diverse ipotesi di beni non suscettibili di essere pignorati (v. P. Vittoria, Beni impignorabili, su www.ilprocessocivile.it), in via assoluta (cfr., ad es., gli artt. 514 e 545 c.p.c.) o relativa (cfr., ad es., gli artt. 515 e 516 c.p.c.). Il debitore ha la facoltà di evitare il pignoramento, versando nelle mani dell'ufficiale giudiziario l'importo del credito e delle spese, con l'incarico di consegnarli al creditore; può altresì evitare il pignoramento di cose, depositando nelle mani dell'ufficiale giudiziario, in luogo di esse, come oggetto di pignoramento, una somma di denaro uguale all'importo del credito per cui si procede e delle spese, aumentato dei due decimi (art. 494 c.p.c.: v. anche G. Parisi, Pagamento nelle mani dell'ufficiale giudiziario, su www.ilprocessocivile.it).
Il debitore ha altresì due ulteriori possibilità:
Il pignoramento perde efficacia quando dal suo compimento sono trascorsi quarantacinque giorni senza che sia stata chiesta l'assegnazione o la vendita (art. 497 c.p.c.). Nel processo esecutivo è ammesso l'intervento di altri creditori che intendano soddisfarsi nel corso di una stessa procedura avviata dal creditore procedente (art. 499 c.p.c.).
Il codice di rito accoglie i seguenti principi generali per il caso che l'esecuzione singolare debba servire a più creditori:
Nel caso in cui i creditori non abbiano pignorato contemporaneamente (cfr. art. 523 c.p.c.) o con atti successivi (cfr. artt. 524 e 561 c.p.c.) lo stesso bene, gli stessi possono intervenire nell'esecuzione introdotta da un altro creditore quando:
Per quanto concerne i creditori titolari di un diritto di prelazione, l'art. 498 c.p.c. impone che costoro, se il loro diritto risulta da pubblici registri, debbano essere avvertiti dell'espropriazione in corso tramite notifica a cura del creditore pignorante, entro cinque giorni dal pignoramento, di un avviso contenente l'indicazione del creditore pignorante, del credito per il quale si procede, del titolo e delle cose pignorate. Allo stesso modo l'art. 158 disp. att. c.p.c., per il caso che dall'atto di pignoramento o dai pubblici registri risulti l'esistenza di un sequestro conservativo sui beni pignorati, aggiunge l'obbligo di far notificare al sequestrante avviso del pignoramento. Lo scopo delle norme che precedono è quello di provocare l'intervento di tali creditori e, in mancanza della prova di tale notificazione, il giudice non può provvedere sull'istanza di assegnazione o di vendita. Per ulteriori approfondimenti sulle forme procedimentali previste per l'intervento dall'art. 499 c.p.c. si rinvia a G. Lauropoli, Intervento (nell'esecuzione forzata), su www.ilprocessocivile.it.
Legittimati a chiedere la liquidazione dei beni oggetto di espropriazione, ossia la trasformazione dei beni in denaro sono:
I creditori hanno due possibilità, ossia:
- si tratta dell'espropriazione mobiliare di titoli di credito o di quelle cose aventi un valore determinato o determinabile da listini di borsa o mercato (mercuriali); - siano falliti gli esperimenti di vendita.
L'istanza di assegnazione o di vendita si può presentare dopo dieci giorni dal pignoramento ed entro quarantacinque giorni, pena l'inefficacia dello stesso. Per le cose deteriorabili può essere disposta l'assegnazione o la vendita immediata (art. 501 c.p.c.). Nel caso di beni dati in pegno o di mobili registrati soggetti ad ipoteca (ad es., gli autoveicoli), l'assegnazione o la vendita può essere chiesta senza che sia stata preceduta da pignoramento ed il relativo termine decorre dalla notificazione del precetto (art. 502 c.p.c.). Il giudice dell'esecuzione fissa, quindi, l'udienza per l'autorizzazione della vendita o per l'assegnazione, secondo i modi e le forme esaminati nelle singole procedure espropriative (v. anche A. Merone, Espropriazione presso terzi, su www.ilprocessocivile.it). È importante rilevare il significato che assume questa udienza per i creditori: essa, infatti, segna il momento preclusivo per l'intervento tempestivo (una volta, però, che l'ordinanza di vendita o assegnazione sia stata emessa) e costituisce inoltre il termine ultimo entro il quale, a pena di decadenza, devono essere fatte valere le opposizioni agli atti esecutivi compiuti anteriormente ad essa (cfr. artt. 530 e 569, comma 2, c.p.c.).
Si procede, quindi, alla vendita (su cui si vedano P. Farina, Vendita forzata, Vendita forzata immobiliare e A. Signorelli, Vendita mobiliare, su www.ilprocessocivile.it) che può essere:
L'art. 504 c.p.c. statuisce, al fine di evitare eccessi nell'uso del procedimento di esecuzione forzata, che se la vendita è fatta in più volte o in più lotti, deve cessare quando il prezzo già ottenuto raggiunge l'importo delle spese e dei crediti per i quali si procede. L'assegnazione (su cui si veda P. Farina, Assegnazione forzata, su www.ilprocessocivile.it) consiste invece nella attribuzione diretta del bene pignorato al creditore sulla base di un determinato valore, al fine di soddisfare il suo credito. Con l'assegnazione il bene viene trasferito al creditore, per un valore che non può essere inferiore alle spese di esecuzione e ai crediti aventi diritto a prelazione anteriori al credito dell'offerente (art. 506 c.p.c.). Il creditore pignorante può chiedere l'assegnazione dei beni pignorati, nei limiti e secondo le regole previsti per ciascuna tipologia di espropriazione forzata. Se sono intervenuti altri creditori, l'assegnazione può essere chiesta a vantaggio di uno solo o di più, d'accordo fra tutti (art. 505 c.p.c.).
La vendita e l'assegnazione sono considerati atti processuali condizionati in quanto posti in essere sotto condizione sospensiva, consistente:
Quando il giudice emette il provvedimento di trasferimento, si verificano effetti sostanziali e processuali.
Effetti sostanziali sono:
Per quanto attiene alle garanzie, la vendita forzata presenta notevoli differenze rispetto alla vendita volontaria: tali peculiarità sono disciplinate dagli artt. 2921 e 2922 c.c. e attengono, in particolare, al regime dell'evizione e alla garanzia per vizi del bene. Quanto agli effetti processuali del provvedimento di trasferimento, si consideri che l'oggetto del processo esecutivo, una volta trasferito il bene, non è più la cosa, ma il prezzo e su di esso dovrà soddisfarsi il creditore.
In caso di mancato versamento del prezzo da parte dell'aggiudicatario e dell'assegnatario:
In caso di inadempimento dell'aggiudicatario a suo carico vanno le spese del nuovo incanto, la perdita della cauzione e l'obbligo di pagare, come risarcimento dei danni, l'eventuale differenza in meno fra il prezzo ricavato della seconda vendita rispetto alla prima. Quando il nuovo incanto va deserto, gli oggetti d'oro e d'argento sono assegnati al creditore per il loro valore intrinseco e le altre cose per il prezzo di apertura del secondo incanto se il creditore lo chiede; altrimenti si passa al terzo incanto, nel quale è ammessa qualsiasi offerta (art. 538 c.p.c.). Per gli immobili si può procedere all'assegnazione su istanza del creditore ovvero (se manca o non viene accolta l'istanza) si può procedere all'amministrazione giudiziale dell'immobile o ad un nuovo incanto con diverse condizioni di vendita e con nuovo prezzo base inferiore di un quarto rispetto a quello precedente e, dopo il quarto tentativo di vendita andato deserto, fino al limite della metà (art. 591 c.p.c.). La distribuzione della somma ricavata
L'ultima fase del processo di esecuzione consiste nella ripartizione fra i creditori della somma ricavata dalla vendita forzata dei beni del debitore al fine di realizzare il soddisfacimento dei loro crediti.
La massa attiva che deve essere distribuita tra i creditori intervenuti all'espropriazione è composta da:
La distribuzione della somma ricavata (v. V. Baroncini, Distribuzione del ricavato, su www.ilprocessocivile.it) avviene secondo le seguenti regole (art. 510 c.p.c.):
- dopo aver sentito tutti creditori, viene formato un piano di riparto (su cui v. A. Crivelli, Piano di riparto, su www.ilprocessocivile.it); - se tale piano viene formato in via amichevole dagli stessi creditori, il giudice si limita ad approvarlo; - se manca l'accordo o l'approvazione del giudice, il piano è formato dallo stesso giudice.
Naturalmente in ambedue le ipotesi occorre aver riguardo alle cause legittime di prelazione, dovendo i crediti essere soddisfatti secondo il seguente ordine:
Il giudice effettua la distribuzione tra i creditori del ricavato previo accantonamento (per una durata non superiore ad un triennio) delle somme che spetterebbero ai creditori privi di titolo esecutivo, i cui crediti non siano stati in tutto o in parte riconosciuti dal debitore (art. 510 c.p.c.). Le somme rimaste dopo l'ulteriore distribuzione prevista dall'art. 510, comma 3, c.p.c. ovvero dopo che sia decorso il termine di tre anni dall'accantonamento, è consegnata al debitore o al terzo che ha subito l'esproprio. Ai sensi dell'art. 511 c.p.c., inoltre, i creditori di un creditore avente diritto alla distribuzione possono chiedere di essere a lui sostituiti mediante un'apposita domanda proposta nelle forme dell'intervento, ai sensi dell'art. 499, comma 2, c.p.c. (v. amplius V. Baroncini, Intervento del creditor creditoris nell'esecuzione forzata, su www.ilprocessocivile.it). In sede di distribuzione possono sorgere controversie fra creditori concorrenti o fra creditore ed esecutato o terzo assoggettato all'espropriazione in ordine alla sussistenza o all'ammontare di uno o più crediti o in ordine alla sussistenza di cause di prelazione (art. 512 c.p.c.; v. per ulteriori riferimenti A. Crivelli, Controversie distributive, su www.ilprocessocivile.it). Le predette controversie sono risolte dal giudice dell'esecuzione, sentite le parti e compiuti i necessari accertamenti, con ordinanza impugnabile nelle forme e nei termini di cui all'art. 617 c.p.c. Con la stessa ordinanza con cui definisce la controversia o con separato provvedimento il giudice dell'esecuzione può sospendere in tutto o in parte la distribuzione del ricavato; il provvedimento di sospensione è reclamabile ai sensi dell'art. 669-terdecies c.p.c. (cfr. art. 624, comma 2, c.p.c.). Terminata la fase della distribuzione con l'approvazione del piano di riparto, il giudice emette ordini di pagamento agli aventi diritto, da ciò derivando, quindi, il pagamento al creditore. Riferimenti
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