Distribuzione del ricavato
01 Agosto 2018
Inquadramento IN FASE DI AGGIORNAMENTO AUTORALE DI PROSSIMA PUBBLICAZIONE La distribuzione del ricavato è la fase del processo esecutivo successiva alla vendita forzata o all'assegnazione, ed è preordinata alla ripartizione della somma ricavata tra i creditori intervenuti nell'esecuzione, avuto riguardo alle cause di prelazione, ovvero alla sua assegnazione all'unico creditore procedente. Essa, in altri termini, integra la fase c.d. satisfattiva o distributiva del processo di espropriazione forzata, nella quale trova naturale attuazione il concorso dei creditori sul ricavato dell'esecuzione, e succede alla fase propriamente espropriativa, caratterizzata dall'imposizione, prima, e dall'attuazione, poi, sui beni del debitore, del vincolo di destinazione alle finalità esecutive della procedura. La distribuzione della somma ricavata rinviene la propria disciplina generale negli artt. 509, 512 c.p.c., norme da integrare con quelle speciali dettate con riguardo ai singoli tipi di espropriazione (artt. 541 e 542 c.p.c. per quella mobiliare; artt. 596, 598 c.p.c. per quella immobiliare). Giova anticipare sin d'ora come l'illustrazione delle fasi in cui si articola la distribuzione del ricavato verrà effettuata, nel presente contributo, con principale riguardo all'espropriazione immobiliare; mentre all'espropriazione mobiliare sarà dedicato un separato paragrafo. La composizione della somma ricavata
La disciplina generale in materia si apre, come accennato, con l'art. 509 c.p.c., che provvede a dettagliare la composizione della somma ricavata, ossia la “massa attiva” costituente oggetto della futura distribuzione tra i creditori (ovvero dell'attribuzione all'unico procedente). Ai sensi di tale norma, essa comprende: a) quanto proveniente a titolo di prezzo o conguaglio delle cose vendute o assegnate; b) quanto proveniente a titolo di rendita o provento delle cose pignorate; c) quanto proveniente a titolo di multa e risarcimento di danno da parte dell'aggiudicatario. Con riguardo all'ipotesi ricordata sub a), il conguaglio delle cose assegnate è costituito da quanto derivi dall'assegnazione satisfattiva dei beni pignorati al creditore assegnatario, laddove il valore delle cose medesime sia superiore rispetto all'ammontare del relativo credito: tale somma, a norma dell'art. 162 disp. att. c.p.c., deve essere depositata nelle forme dei depositi giudiziari. La fattispecie sub b), poi, è idonea a comprendere sia i frutti civili dei beni pignorati, sia il ricavato dalla vendita dei frutti naturali degli stessi. Mentre con riguardo a quella riportata sub c), essa è idonea a comprendere, da un lato, il risarcimento del danno a carico dell'aggiudicatario inadempiente, quale differenza tra prezzo offerto e quello minore per cui sia avvenuta la vendita (artt. 540, 574 e 587 c.p.c.), nonché, con riguardo alle multe: le somme versate dal debitore ex art. 495 c.p.c. ove non si concluda il procedimento di conversione del pignoramento; la perdita della cauzione prestata nelle ipotesi disciplinate agli artt. 580, 584 e 587 c.p.c.
Il progetto di distribuzione
L'attuazione del concorso dei creditori sulla somma ricavata, così come definita dall'art. 509 c.p.c., si realizza mediante la predisposizione di un progetto di distribuzione. Con riguardo a quest'ultima ipotesi, l'art. 510 c.p.c. prosegue precisando che la somma ricavata sia distribuita dal giudice dell'esecuzione tra i creditori medesimi, avuto riguardo alle cause legittime di prelazione e fatte salve le somme da destinare ad accantonamento. Con maggiore precisione, entro trenta giorni dal versamento del prezzo, il giudice dell'esecuzione è tenuto a depositare il progetto di distribuzione in cancelleria, affinché dello stesso possano prendere visione il debitore e i creditori, nonché a fissare l'udienza finalizzata alla loro audizione e all'approvazione del progetto. Nella predisposizione del progetto di distribuzione il giudice o il delegato – i quali si avvarranno, fondamentalmente, delle note di precisazione del credito, a tal fine espressamente richieste ai creditori intervenuti - sono tenuti a effettuare una graduazione dei crediti, secondo il seguente ordine: 1) le spese di procedura, ossia gli oneri sopportati per svolgere l'esecuzione, quali le spese per la custodia giudiziale, per l'effettuazione delle perizie di stima, per le imposte collegate ad atti della procedura, per l'effettuazione delle pubblicità necessarie; 2) le spese di giustizia contratte per atti conservativi o per l'espropriazione ex art. 2770 c.c., ossia quelle contratte nell'interesse comune dei creditori, quali le spese per il primo pignoramento, quelle inerenti a iscrizioni e trascrizioni, quelle inerenti alle opposizioni esecutive nonché, più in generale, tutte quelle occorrenti per la procedura
Seguono, al numero 3) i creditori assistiti da cause legittime di prelazione, secondo il relativo grado e a prescindere dal tempo dell'intervento. A questo proposito, un approfondimento merita l'ipotesi in cui il bene liquidato sia un immobile. In questo caso, infatti, dopo le spese di giustizia contratte per atti conservativi o per l'espropriazione ex art. 2770 c.c., troveranno soddisfazione i crediti muniti di privilegio speciale immobiliare ex art. 2780 c.c. e, di seguito, quelli ipotecari. Con riguardo a questi ultimi, ai sensi dell'art. 2855 c.c. sono collocati nello stesso grado del credito ipotecario anche gli accessori, ossia le spese e gli interessi, laddove siano stati oggetto di specifica iscrizione (Cass. civ., 18 febbraio 2000, n. 1869; Cass. civ., 6 marzo 2012, n. 3494).
Orientamenti a confronto
Seguono al numero 4) i creditori chirografari tempestivamente intervenuti nonché, da ultimo 5) i creditori chirografari tardivi. L'eventuale residuo, ovviamente, dovrà essere restituito al debitore esecutato ovvero al terzo che ha subito l'espropriazione. Successivamente al deposito in cancelleria del progetto di distribuzione, il giudice dell'esecuzione provvederà a fissare l'udienza di comparizione delle parti. In tale sede, lo si ricorda, il debitore esecutato e i creditori concorrenti sono legittimati a presentare le proprie contestazioni, che avranno ad oggetto, in particolare, l'esistenza e l'ammontare del credito o del diritto di prelazione; ai nostri fini, è utile ricordare come la presentazione di contestazioni può condurre alla sospensione, anche parziale, della distribuzione del ricavato, secondo la disciplina dettata all'art. 512 c.p.c.
Tale udienza è deputata all'approvazione del progetto di distribuzione. A tal fine, la mancata comparizione di un creditore, o la sua presenza senza sollevare contestazioni valgono quali manifestazioni di assenso al progetto. In presenza di contestazioni, rimane comunque possibile addivenire all'approvazione del progetto di ripartizione, attraverso la mediazione del giudice dell'esecuzione. L'approvazione del progetto di distribuzione costituisce un atto di parte e assurge ad atto conclusivo dell'espropriazione. In tale fase il giudice si limita a prendere atto dell'accordo intervenuto tra le parti e a ordinare il pagamento delle quote, senza esercitare alcun potere decisorio. Nel caso in cui si sia fatto ricorso all'istituto della delega ex art. 591-bis c.p.c., peraltro, è il professionista delegato ad ordinare il pagamento delle singole quote.
In questo contesto si inserisce l'innovativa previsione inserita dal citato d.l. n. 59/2016 nel corpo dell'art. 596 c.p.c., che consente al giudice di disporre la distribuzione, anche parziale, delle somme ricavate, in favore dei creditori aventi diritto all'accantonamento ovvero dei creditori i cui crediti costituiscono oggetto di controversia ex art. 512 c.p.c., qualora sia presentata apposita fideiussione idonea a garantire la restituzione alla procedura delle somme che risultino poi essere state ripartite in eccesso. A differenza di quanto accade nell'espropriazione mobiliare (ipotesi sulla quale ci soffermeremo nel corso del prossimo paragrafo), in mancanza di accordo tra le parti non è possibile, nell'espropriazione immobiliare, procedere a una distribuzione giudiziale: tale situazione, infatti, comporta l'insorgere di una controversia ex art. 512 c.p.c., all'esito della quale potrà allora procedersi alla distribuzione.
Se quella sin qui esposta è la disciplina destinata a trovare applicazione nell'espropriazione immobiliare, appare doveroso riservare alcuni cenni conclusivi all'ipotesi della espropriazione mobiliare. A tal riguardo, infatti, l'art. 541 c.p.c. provvede in prima battuta che la distribuzione possa aver luogo in modo amichevole. In tale ipotesi, il piano di riparto è predisposto in accordo dai creditori ed è posto a corredo dell'istanza di distribuzione amichevole, avanzata sempre su istanza di parte, al fine di essere sottoposto all'approvazione del giudice. Prima di provvedere in ordine alla distribuzione, il giudice è tenuto a sentire il debitore, anche se non vi è unanimità di vedute in ordine alla necessità dell'adesione del debitore al piano stesso. Per quanto riguarda il contenuto della valutazione che compie il giudice nella fase di approvazione del riparto, esso costituisce propriamente una omologazione, finalizzata a verificare che tutti i creditori (e, per chi lo ritenga indispensabile, il debitore) abbiano partecipato al piano di riparto. Laddove non venga presentata un'istanza di distribuzione amichevole, ovvero manchi l'accordo di uno o più debitori (nonché, per chi lo ritenga condizione necessaria, quello del debitore), ovvero ancora il giudice non approvi l'accordo presentato, si farà luogo alla distribuzione giudiziale, disciplinata al successivo art. 542 c.p.c. Riferimenti
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