Art. 2051 c.c. ed evento meteorologico abnorme idoneo a integrare l’esimente del caso fortuito

Michele Liguori
05 Febbraio 2024

La Suprema Corte torna a occuparsi della responsabilità del custode per evento meteorologico di notevole intensità (forte pioggia) e, soprattutto, come possa qualificarsi lo stesso come evento abnorme e, cioè, eccezionale e imprevedibile ai fini dell’esimente del caso fortuito.

Il caso

Un forte temporale e l’intasamento dei canali di scolo causano l’allagamento della carreggiata di una strada Provinciale.

Un veicolo in transito, a causa di ciò, perde l’aderenza, si ribalta, viene trascinata oltre la banchina e si arresta nell’alveo di scorrimento delle acque di scarico.

Nell’evento il veicolo riporta danni mentre il proprietario-conducente subisce lesioni personali di lieve entità.

Il danneggiato cita in giudizio dinanzi al competente Tribunale la Provincia, deduce la sua responsabilità ex artt. 2043 c.c. e art. 2051 c.c. e chiede il risarcimento dei danni subiti, a cose e a persona.

Radicatasi così la lite si costituisce la Provincia che resiste, deduce l’eccezionalità dell’evento atmosferico che concretizza l’esimente del caso fortuito e, comunque, chiama in causa la sua impresa di assicurazione della R.C. che resta contumace.

Il Tribunale di Viterbo, con sentenza del 25 febbraio 2015 n. 170, accoglie la domanda e condanna la Provincia a risarcire il danneggiato dei danni subiti, a cose e a persona.

La Provincia propone appello avverso detta sentenza affidato a più motivi e chiede, in riforma dell’impugnata sentenza, volersi:

- accertare l’assenza di qualsivoglia sua responsabilità nell’evento dannoso;

- accertare, in caso di sua condanna, il concorso colposo del creditore;

- accertare, sempre in caso di sua condanna, la sussistenza del rapporto contrattuale con l’impresa di assicurazione e condannare la stessa in manleva.

Radicatasi così la lite in sede di appello si costituisce il danneggiato che chiede il rigetto del gravame mentre l’impresa di assicurazione resta contumace.

La Corte di appello di Roma con sentenza del 19/4/2019 n. 2675: 

- sulla scorta della deposizione del teste e della prospettazione dei fatti contenuta nell’atto di citazione rileva che la pioggia caduta il giorno del sinistro “debba essere considerata quale evento abnorme, idoneo ad integrare il fortuito”;

- accoglie l’appello e, in riforma dell’impugnata sentenza, rigetta la domanda del danneggiato;

- condanna quest’ultimo al pagamento delle spese di lite del doppio grado di giudizio.

Il danneggiato propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

Il danneggiato, in particolare e per quello che qui interessa, con il secondo motivo lamenta “violazione e falsa applicazione di legge in relazione all’art. 2051 c.c. (in ordine alla sussistenza di un evento fortuito idoneo ad escludere la responsabilità oggettiva del custode); art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”.

Con tale motivo lamenta, sostanzialmente, che la corte territoriale ha erroneamente escluso la responsabilità oggettiva della Provincia per caso fortuito, in quanto:

- il forte temporale, avvenuto il giorno del sinistro, non integra quei presupposti di eccezionalità e imprevedibilità, da accertare con metodo scientifico in base ai cd. dati pluviometrici, che costituiscono un evento abnorme, come tale riconducibile al caso fortuito;

- lo stato di cattiva conservazione del manto stradale o, meglio, l’otturazione dei canali di scolo, è stata l’unica causa della verificazione del sinistro;

- la strada si è immediatamente allegata non perché il temporale fosse eccezionale o imprevedibile, ma perché l’acqua piovana non riusciva a defluire dai canali ivi esistenti, i quali si presentavano completamente otturati.

Radicatasi così la lite in sede di legittimità la Provincia resiste con controricorso mentre l’impresa di assicurazione della Giustizia rimane intimata.

La Suprema Corte con la decisione in commento (Cass. 23 novembre 2023 n. 32643):

  • accoglie il secondo motivo di ricorso;
  • cassa l’impugnata sentenza;
  • rinvia la causa alla Corte di merito.

La questione

La questione giuridica affrontata dal giudice di legittimità è relativa: 

  • alla responsabilità del custode per evento meteorologico di notevole intensità (forte pioggia);
  • all’onere probatorio che incombe sul custode al fine di qualificare lo stesso come evento abnorme e, cioè, eccezionale e imprevedibile ai fini dell’esimente del caso fortuito.

Le soluzioni giuridiche

La Suprema Corte dissente dalla decisione della Corte di merito e cassa la sua decisione.

La Suprema Corte rileva, in particolare, che la Corte di merito - sulla scorta della deposizione del teste e della prospettazione dei fatti contenuta nell'atto di citazione - aveva rilevato che la pioggia caduta il giorno del sinistro dovesse essere considerata quale evento abnorme, idoneo a integrare il fortuito.

Ma così facendo aveva erroneamente ignorato l'orientamento consolidato del giudice di legittimità secondo cui “Le precipitazioni atmosferiche integrano l'ipotesi di caso fortuito, ai sensi dell'art. 2051 c.c. quando assumono i caratteri dell'imprevedibilità oggettiva e dell'eccezionalità, da accertarsi - sulla base delle prove offerte dalla parte onerata (cioè, il custode) - con indagine orientata essenzialmente da dati scientifici di tipo statistico (i cd. dati pluviometrici) di lungo periodo, riferiti al contesto specifico di localizzazione della "res" oggetto di custodia, la quale va considerata nello stato in cui si presenta al momento dell'evento atmosferico, restando, invece, irrilevanti i profili relativi alla diligenza osservata dal custode in ordine alla realizzazione e manutenzione dei sistemi di deflusso delle acque piovane” (Cass. 11 febbraio 2022 n. 4588).

La Suprema Corte, pertanto, alla luce di tali pacifici principi: 

  • accoglie il motivo di ricorso del danneggiato nella parte in cui denuncia error in iudicando in riferimento all'art. 2051 c.c. atteso che i criteri di valutazione applicati nella disamina della fattispecie concreta ne hanno determinato una ricostruzione tale da non giustificare la ricorrenza del caso fortuito;
  • rinvia la causa al giudice di merito, in diversa composizione, disponendo che lo stesso dovrà riesaminare la fattispecie alla luce dei suindicati principi e tenendo presente che l'evento atmosferico, per potersi apprezzare oggettivamente come eccezionale ed imprevedibile, va accertato esclusivamente su basi scientifiche (dati pluviometrici riferiti al contesto specifico di localizzazione della res oggetto di custodia), mentre, in difetto di tale positivo accertamento, non potrà escludersi la responsabilità del custode ai sensi della richiamata norma dell'art. 2051 c.c.

Osservazioni

La decisione della Suprema Corte è certamente condivisibile e in linea con la norma di cui all'art. 2051 c.c. e l'orientamento consolidato di legittimità.

Queste le ragioni.

L'art. 2051 c.c. dispone che “Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”.

Tale norma prevede la responsabilità del custode che ha pacificamente carattere oggettivo e non presunto (anche nei confronti della P.A. in caso di beni demaniali) e, perché possa configurarsi in concreto, è sufficiente che sussista il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno arrecato, senza che rilevi al riguardo la condotta del custode e l'osservanza o meno di un obbligo di vigilanza.

Tali principi - costantemente affermati dalla Suprema Corte alla luce delle origini storiche della disposizione codicistica, dell'affermazione di fattispecie di responsabilità emancipate dal principio di nessuna responsabilità senza colpa, dei criteri di accertamento del nesso causale e dell'esigibilità (da parte dei consociati) di un'attività di adeguamento della condotta in rapporto alle diverse contingenze nelle quali entrino in contatto con la cosa custodita da altri (Cass. 1/2/2018 n. 2483; Cass. 1/2/2018 n. 2482; Cass. 1/2/2018 n. 2481; Cass. 1/2/2018 n. 2480; Cass. 1/2/2018 n. 2479; Cass. 1/2/2018 n. 2478; Cass. 1/2/2018 n. 2477) - hanno ottenuto l'autorevole avallo delle Sezioni Unite che, dopo aver diacronicamente illustrato il percorso della giurisprudenza di legittimità, hanno ribadito che “la responsabilità di cui all'art. 2051 c.c., ha carattere oggettivo, e non presunto, essendo sufficiente, per la sua configurazione, la dimostrazione da parte dell'attore del nesso di causalità tra la cosa in custodia ed il danno, mentre sul custode grava l'onere della prova liberatoria del caso fortuito, senza alcuna rilevanza della diligenza o meno del custode” (sez. un., 30/6/2022 n. 20943; conf. Cass. 15/11/2023 n. 31834; Cass. 29/9/2023 n. 27648; Cass. 8/9/2023 n. 26209; Cass. 7/9/2023 n. 26060; Cass. 8/6/2023 n. 16225; Cass. 8/6/2023 n. 16200; Cass. 8/6/2023 n. 16199; Cass. 25/5/2023 n. 14526; Cass. 27/4/2023 n. 11152).

La funzione della norma è quella di imputare la responsabilità al custode.

Custode è il soggetto, pubblico o privato, che ha l'effettivo potere sulla res e, quindi, quello che di fatto ne controlla le modalità d'uso e di conservazione e ha il potere di governo della cosa (Sez. Un. 10/5/2016 n. 9449).

Il rapporto di custodia, pertanto, postula l'effettivo potere sulla cosa e, quindi, non solo la sua disponibilità giuridica ma, insieme a essa, la disponibilità materiale alla stregua di un binomio che opera unitariamente come fattore selettivo della figura del custode, rilevante ai sensi dell'art. 2051 c.c., ossia di colui che ha "il potere di governo" della cosa, "da intendersi come potere di controllarla, di eliminare le situazioni di pericolo che siano insorte e di escludere i terzi dal contatto" con essa (Cass. 14/3/2018 n. 6141; conf. Cass. 17/6/2013 n. 15096; Cass. 12/7/2006 n. 15779).

Custode, pertanto, è (innanzi tutto, ma) non solo il proprietario, come tale gravato da obblighi di manutenzione e controllo della cosa custodita ma anche chi abbia del pari un rapporto giuridicamente qualificato come il possesso o, in determinati casi, la detenzione (legittima o anche abusiva) della cosa o la concessione (Cass. 5/5/2020 n. 8466; Cass. 14/3/2018 n. 6141; Cass. 28/7/2017 n. 18856; Cass. 25/2/2016 n. 3695; Cass. 20/2/2006 n. 3651; Cass. 20/10/2005 n. 20317; Cass. 3/6/1976 n. 1992).

Il codice civile non dà la definizione di "caso fortuito".

Esso, però, per millenaria tradizione giuridica, va identificato con l'evento estraneo alla sfera soggettiva del custode che non può essere in alcun modo previsto o, se prevedibile, non può essere in alcun modo prevenuto (Cass. 29/3/2019 n.8765; Cass. 31/10/2017 n. 25837).

L'esimente del caso fortuito, così, è tradizionalmente identificata nei seguenti fatti connotati da impulso causale autonomo, imprevedibilità, inevitabilità ed eccezionalità:

  • il fatto naturale
  • il fatto del terzo;
  • il fatto della stessa vittima (per tutte: Cass. sez. un., 30/6/2022 n. 20943).

Al caso fortuito va certamente equiparata la forza maggiore e, cioè, un evento che seppur è prevedibile non può essere impedito come, a esempio, un evento atmosferico (Cass. 31/10/2017 n. 25837).

Tale esimente della forza maggiore, mutuata dal sistema penale che la prevede nell'art. 45 c.p., è qualificabile quale “vis cui resisti non potest” (Cass. 22/8/2023 n. 24976; Cass. 5/7/2022 n. 21254; Cass. 20/6/2018 n. 16190; Cass. 7/7/2016 n. 13917; Cass. 7/7/2006 n. 15598; Cass. 16/3/2006 n. 5825; Cass. 14/12/2001 n. 15832; Cass. 5/12/1986 n. 7240).

In caso di evento meteorologico di notevole intensità, affinché lo stesso, in caso di danni, possa configurarsi caso fortuito ai fini dell'esimente di cui all'art. 2051 c.c., occorre che sia imprevedibile oggettivamente ed eccezionale.

A tal fine la relativa prova, che incombe sul custode, va fornita esclusivamente mediante dati scientifici di stampo statistico di lungo periodo e, in particolare, mediante i c.detti dati pluviometrici riferiti al contesto specifico di localizzazione della res oggetto di custodia e non è integrabile sulla scorta delle soggettive risultanze di prove orali o delle ammissioni del danneggiato.

Tali principi - costantemente affermati dalla Suprema Corte - hanno ottenuto l'autorevole avallo delle Sezioni Unite che per ben tre volte hanno ribadito che “affinché un evento meteorologico, anche di notevole intensità, possa assumere rilievo causale esclusivo, e dunque rilievo di caso fortuito ai sensi dell'art. 2051 c.c., occorre potergli riconoscere i caratteri dell'eccezionalità e della imprevedibilità…Ne deriva che il carattere eccezionale di un fenomeno naturale, nel senso di una sua ricorrenza saltuaria anche se non frequente, non è di per sé sufficiente a configurare tale esimente, in quanto non ne esclude la prevedibilità in base alla comune esperienza…In tal senso, dunque, l'imprevedibilità, alla stregua di un'indagine ex ante e di stampo oggettivo in base al principio di regolarità causale…va intesa come obiettiva inverosimiglianza dell'evento…mentre l'eccezionalità è da…identificarsi come una sensibile deviazione (ed appunto eccezione) dalla frequenza statistica accettata come "normale"…In tale ottica, dunque, l'accertamento del "fortuito" rappresentato dall'evento naturale delle precipitazioni atmosferiche deve essere essenzialmente orientato da dati scientifici di stampo statistico (in particolare, i dati c.d. pluviometrici) riferiti al contesto specifico di localizzazione della res oggetto di custodia” (sez. un., 4/6/2021 n. 15574; sez. un., 26/2/2021 n. 5422; sez. un., 14/1/2019 n. 616; conf. Cass. 11/12/2023 n. 34603; Cass. 31/10/2023 n. 30288; Cass. 29/5/2023 n. 14993; Cass. 11/2/2022 n. 4588, unica citata nella decisione in commento; Cass. 25/11/2021 n. 36715; Cass. 22/11/2019 n. 30521; Cass. 28/5/2019 n.14571; Cass. 1/2/2018 n. 2482).

Deve ritenersi, pertanto, per tutto quanto fin qui esposto che la Suprema Corte, del tutto correttamente, ha posto rimedio all'errata decisione della Corte di merito e, coerentemente con il suo consolidato orientamento in materia, ha affermato che:

  • in caso di danni conseguenti a evento meteorologico di notevole intensità, affinché lo stesso possa configurarsi caso fortuito ai fini dell'esimente di cui all'art. 2051 c.c., occorre che sia imprevedibile oggettivamente ed eccezionale;
  • a tal fine la relativa prova, che incombe sul custode, va fornita esclusivamente mediante dati scientifici di stampo statistico di lungo periodo e, in particolare, mediante i c.detti dati pluviometrici riferiti al contesto specifico di localizzazione della res oggetto di custodia;
  • tale prova non è integrabile sulla scorta delle soggettive risultanze di prove orali o delle ammissioni del danneggiato.

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