Trattazione delle procedure c.d. Pinto per l'indennizzo dei danni da irragionevole durata dei processi: le prassi della Corte d’Appello di Bari

12 Febbraio 2024

Dopo l'emanazione della legge nr. 89/2001, il tema delle prassi della trattazione delle procedure c.d. Pinto per l'indennizzo dei danni da irragionevole durata dei processi è rimasto a lungo inesplorato. La Corte d’Appello di Bari ha definito in modo esplicito gli orientamenti pratici riguardanti i numerosi ricorsi Pinto nascenti da procedure concorsuali.

All'inizio dello scorso decennio si era arrivati a numeri impressionanti, non solo nelle Corti di Appello soprattutto del Centro-sud (al 30.6.2011, in tutta Italia pendevano 46.453 ricorsi) ma anche in Cassazione, dove nel 2011 i ricorsi Pinto definiti sul totale di quelli civili furono l'11,3 % (al terzo posto dopo i tributari e di lavoro). Ne era nato persino un ampio contenzioso c.d. Pinto su Pinto, ripetutamente stigmatizzato dalla Corte EDU di Strasburgo, costituito da ricorsi per irragionevole durata di procedure Pinto e favorito dalla norma che, in analogia ai processi penali con magistrati indagati o persone offese, radicava la competenza nella sede distrettuale più vicina gravando oltre misura alcuni piccoli uffici (ad es., le Corti di Perugia e Caltanissetta si occupavano dei giudizi Pinto relativi ai processi celebrati rispettivamente nei distretti di Roma e di Palermo).

La situazione migliorò sensibilmente con la riforma della l. n. 89/2001 operata dalla legge n. 134/2012 (che convertì con modificazioni il D.L. n. 83/2012), la quale insieme ad alcune modifiche sostanziali introdusse il doppio grado “attenuato” di merito. Oggi, infatti, il ricorso viene definito con un decreto ingiuntivo emesso dalla Corte di Appello in composizione monocratica sulla base degli atti prodotti dalla parte (e non più, come in precedenza, acquisiti dall'ufficio), che è opponibile, sia in caso di accoglimento che di rigetto, con pieno contraddittorio davanti alla Corte in composizione collegiale, la quale decide con decreto ricorribile per cassazione.

In tal modo si verificò una netta riduzione della durata dei giudizi Pinto, che in misura preponderante si risolvevano nella sede monitoria, e un forte abbattimento dei ricorsi per cassazione, dovuto all'efficace filtro della fase di opposizione.

La situazione cambiò ancora con la l. n. 208/2015 che, oltre a dubbie innovazioni come gli inefficaci “rimedi preventivi” di cui all'art. 1-ter l. n. 89/2001, attribuì la competenza alla Corte d'Appello nel cui distretto si era celebrato il processo c.d. presupposto per la cui durata si chiedeva l'indennizzo, e non più alla Corte viciniore. Innovazione che nella sede di Bari, che in precedenza si occupava dei ricorsi Pinto per i processi del minuscolo distretto di Campobasso, non fu accolta esattamente con favore.

La stessa legge poi consentì ai giudici ausiliari delle Corti di Appello di occuparsi dei ricorsi Pinto, prevedendo per l'emissione di ciascun decreto ingiuntivo la corresponsione di € 25,00 lordi.

Da allora, lo sgravio sui giudici onorari del peso preponderante della materia ha finito per determinare una forte separatezza dei togati, che oggi si occupano soltanto delle opposizioni. Ne è nata una crescente anche se occulta anomia, perché il contenzioso Pinto in prima battuta viene definito da magistrati monocratici onorari che non sono tenuti a confrontarsi tra loro, per essere poi sottoposto alla verifica di collegi (non sempre) di soli togati che non sono tenuti a confrontarsi con gli onorari.

Nella primavera del 2021 si è avvertita a Bari l'esigenza di creare, in coordinamento di tutti i giudici ausiliari con i togati più esperti nella materia, una chat via whatsapp per fissare dei parametri uniformi per la quantificazione delle spese legali, che da allora sono seguiti dall'intero ufficio.

È seguito negli anni un costante scambio di opinioni e provvedimenti sulla materia, che ha ridotto le difformità di orientamenti e al tempo stesso reso consapevoli anziché casuali i dissensi residui.

Nell'ambito di questa attività, si è pensato nei mesi scorsi di definire in modo esplicito, per quanto possibile e senza ignorare i dissensi, gli orientamenti pratici riguardanti i numerosi ricorsi Pinto nascenti da procedure concorsuali: i più complessi, per durata dei fallimenti e per questioni implicate, nonché per l'esigenza di trattare in modo omogeneo le pretese dei creditori e dei falliti.

Si è così pervenuti alla redazione della scheda ”legge Pinto e procedure fallimentari: orientamenti e tabelle degli indennizzi”, che si inserisce nel “Progetto prevedibilità delle decisioni”, dal 2016 portato avanti dalla Corte di Appello di Bari.

La scheda vuole essere una guida chiara e sintetica per gli operatori, per quell'esigenza di esattezza che nelle “Lezioni americane” Calvino considera antidoto alla “perdita di forma che constato nella vita”, il dominio dell'informe oggi evidente agli operatori giuridici. La sua redazione è dedicata a un giudice ausiliario della Corte da poco scomparso, che molto apprezzava il confronto con i colleghi.

Oltre agli orientamenti su questioni di diritto controvertibili, essa contiene una tabella, ampiamente discussa tra i magistrati della Corte, degli importi che conviene liquidare ai falliti e ai creditori in ragione della durata della procedura, delle qualità personali e degli interessi in gioco, sì da rendere in una certa misura prevedibile e non arbitrario il giudizio di equità che è sotteso, nei limiti minimi e massimi previsti dall'art. 2-bis l. 89/2001, alla liquidazione dell'indennizzo.

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