Responsabilità penale del medicoFonte: Cod. Civ. Articolo 2236
09 Giugno 2014
Inquadramento BUSSOLA IN FASE DI AGGIORNAMENTO DI PROSSIMA PUBBLICAZIONE Il tema delle responsabilità penale del medico e dell'esercente una professione sanitaria è tra i più complessi e controversi della dottrina e della giurisprudenza penalistica, riguardando questioni fondamentali del diritto penale quali – tra le molte – il nesso di causalità, i presupposti e i limiti per poter considerare il trattamento medico scriminato, e quindi lecito (consenso informato), la colpa e il concorso di persone nel reato. Con specifico riferimento alla colpa, la disciplina generale prevista dall'art. 589 c.p. (Omicidio colposo) e dall'art. 590 c.p. (Lesioni personali colpose), nonché dall'art. 43 c.p. (Elemento psicologico del reato), è stata integrata dapprima dall'art. 3 del decreto Balduzzi (d.l.13 febbraio 2012 n. 158, convertito in legge dall'art.1, comma 1, l. 8 novembre 2012 n. 189) e, successivamente, dall'art.590-sexies c.p., introdotto dalla legge Gelli-Bianco (l. 8 marzo 2017 n. 24), entrata in vigore l'1 aprile 2017. La Legge Gelli-Bianco: profili controversi
L'introduzione dell'art. 590-sexies c.p. con la legge Gelli-Bianco e la contestuale abrogazione dell'art. 3 del decreto Balduzzi hanno dato luogo ad un contrasto giurisprudenziale. Una prima sentenza (Cass. pen., sez. IV, 20 aprile 2017 n. 28187, Tarabori), optando per un'interpretazione costituzionalmente conforme (in senso compatibile con la tutela del diritto alla salute), aveva affermato che l'art.590-sexies c.p., nonostante il suo tenore letterale, non prevedeva una causa di esclusione della punibilità, ma doveva piuttosto essere letto «come un atecnico riferimento» ai parametri del «giudizio di responsabilità», riconoscendo al medico il diritto «a vedere giudicata la propria condotta alla stregua delle linee guida che hanno doverosamente governato la sua azione». E ciò sempreché l'evento costituisse «espressione di condotte governate da linee guida accreditate» e che le linee guida applicate fossero «appropriate rispetto al caso concreto»,ossia che non vi fossero ragioni che suggerissero «di discostarsene radicalmente» (par. 8.1). L'avvenuta abrogazione del decreto Balduzzi, inoltre, con il conseguente venire meno della distinzione tra colpa lieve e colpa grave, posto che «la novella del 2017 non contiene alcun riferimento alla gravità della colpa», avrebbe comportato «la reviviscenza […] della previgente, più severa normativa che, per l'appunto, non consentiva distinzioni connesse al grado della colpa» (par. 11), non operando quindi alcuna causa di esclusione della punibilità per le ipotesi di colpa, lieve o grave che fosse, e neppure (implicitamente) per i casi di imperizia nell'applicazione delle linee guida. Infine, sebbene l'avvenuta abrogazione del decreto Balduzzi abbia fatto venir meno la distinzione tra colpa lieve e colpa grave, posto che «la novella del 2017 non contiene alcun riferimento alla gravità della colpa» (par. 11), tuttavia la Corte ha ritenuto ancora attuale la giurisprudenza precedente e, dunque, «il principio civilistico di cui all'art. 2236 c.c., che assegna rilevanza soltanto alla colpa grave» (par. 11.1), confidando che lo stesso possa «orientare il giudizio in una guisa che tenga conto delle riconosciute peculiarità delle professioni sanitarie» (par. 11.1). A distanza di pochi mesi, una seconda sentenza (Cass. pen. sez. IV, 19 ottobre 2017 n. 50078, Cavazza, in CED Cassazione n. 270985) aveva invece ritenuto che l'art.590-sexies c.p. prevedesse «una causa di non punibilità dell'esercente la professione sanitaria operante, ricorrendo le condizioni previste dalla disposizione normativa (rispetto delle linee guida o, in mancanza, delle buone pratiche clinico-assistenziali, adeguate alla specificità del caso), nel solo caso di imperizia, indipendentemente dal grado della colpa, essendo compatibile il rispetto delle linee guida e delle buone pratiche con la condotta imperita nell'applicazione delle stesse». Quindi, una causa di non punibilità dell'imperizia nell'applicazione di linee guida adeguate e pertinenti al caso concreto, operante indipendentemente dal grado della colpa.
Le Sezioni Unite Mariotti
La questione è stata rimessa alla Sezioni Unite (Cass. pen., Sez. Un., 21 dicembre 2017 n. 8770, Mariotti), le quali, dopo avere respinto la richiesta di sollevare la questione di legittimità costituzionale sotto il profilo degli artt. 2, 3, 24, 25, 27, 32, 33, 101, 102 e 111 Cost. avanzata dal Procuratore Generale e dalle parti civili, hanno affermato che l'art.590-sexies c.p. introduce una causa che esclude la punibilità quando «l'esercente la professione sanitaria abbia individuato e adottato linee guida adeguate al caso concreto» e l'evento si sia verificato per »colpa lieve da imperizia nella fase esecutiva delle raccomandazioni previste dalle stesse».
Individuate ed adottate le linee guida (o, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali) adeguate al caso concreto, tuttavia, il medico – per poter invocare la causa di non punibilità – deve comunque essere stato: a) «accurato e prudente nel seguire la evoluzione del caso sottopostogli»; b) «preparato sulla leges artis»; c) «impeccabile nelle diagnosi anche differenziali»; d) «aggiornato in relazione non solo alle nuove acquisizioni scientifiche ma anche allo scrutinio di esse da parte delle società e organizzazioni accreditate, dunque alle raccomandazioni ufficializzate con la nuova procedura»; e) «capace di fare scelte ex ante adeguate e di personalizzarle anche in relazione alle evoluzioni del quadro che gli si presentino» (par. 9.1). Precisano poi le Sezioni Unite: che le linee guida invocabili sono quelle che presentano i requisiti formali e sostanziali previsti dall'art. 5 della legge Gelli-Bianco; che le linee guida devono essere adeguate al caso concreto (adeguatezza da valutarsi ex ante, tenendo conto di tutti gli elementi conosciuti o conoscibili dall'agente all'atto dell'intervento, «con la ulteriore puntualizzazione che il sindacato ex ante non potrà giovarsi di una soglia temporale fissata una volta per sempre, atteso che il dovere del sanitario di scegliere linee guida ‘adeguate' comporta […] il continuo aggiornamento della valutazione» (par. 6.1); che, infine, il grado della colpa andrà determinato con il «metodo ‘quantitativo', del quantum dello scostamento dal comportamento che ci si sarebbe attesi come quello utile» (par. 10.2). Le lesioni e la morte restano invece punibili quando l'evento si sia verificato, anche per colpa lieve: a) per «negligenza o imprudenza»; b) per «imperizia quando il caso concreto non è regolato dalle raccomandazioni delle linee-guida o dalle buone pratiche clinico assistenziali»; c) per «imperizia nella individuazione e nella scelta delle linee-guida o buone pratiche clinico-assistenziali non adeguate alla specificità del caso concreto». E, infine, d) quando l'evento si è verificato «per colpa grave da imperizia nell'esecuzione di raccomandazioni di linee guida o di buone pratiche clinico-assistenziali adeguate» (par. 11). Le Sezioni Unite non mancano di dare atto «della estrema difficoltà, che talvolta si presenta, nel riuscire ad operare una plausibile distinzione tra colpa da negligenza e colpa da imperizia. Distinzione comunque da non potersi omettere in quanto richiesta dal legislatore», rilevando altresì come “non possa escludersi che le linee-guida pongano regole rispetto alle quali il parametro valutativo della condotta dell'agente sia quello della diligenza, come nel caso in cui siano richieste prestazioni che riguardino più la sfera della accuratezza dei compiti magari particolarmente qualificanti, che quella della adeguatezza professionale (par. 6.2) » (Cass. pen., sez. IV, 1 luglio 2015 n. 45527, Cerracchio, non massimata sul punto).
Brevi osservazioni generali sulla colpa medica
La punibilità del medico per i delitti di lesioni o omicidio è dunque attualmente subordinata all'accertamento: 1) che l'evento lesivo o mortale sia conseguenza della condotta (azione o omissione) del medico (art. 40 c.p.) e dell'inesistenza «di cause sopravvenute» che siano «state da sole sufficienti a determinare l'evento» (art. 41, comma 2, c.p.); 2) della sussistenza o meno del consenso informato del paziente o, quando non possa essere prestato, dello stato di necessità (requisito di liceità dell'atto medico); 3) che l'evento lesivo o mortale si sia verificato «a causa di negligenza o imprudenza o imperizia ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline» (art.43 c.p.); 4) che non sussista la causa di non punibilità prevista dall'art.590-sexies c.p. Tralasciando in questa sede le complesse tematiche dell'accertamento del nesso di causalità e del consenso informato, e fermo restando quanto illustrato in ordine all'applicazione dell'art. 590-sexies c.p., la legge Gelli-Bianco –nel solco già tracciato dal decreto Balduzzi – è certamente volta ad «una migliore delineazione della colpa medica» (par. 2.3). Ciononostante,si è dovuto rilevare che le linee guida – anche quelle rispondenti ai criteri sostanziali e formali previsti dall'art. 5 – non perdono la loro «intrinseca essenza […]. Quella cioè di costituire un condensato delle acquisizioni scientifiche, tecnologiche e metodologiche concernenti i singoli ambiti operativi, reputate tali dopo un'accurata selezione e distillazione dei diversi contributi»,ma al contempo«senza alcuna pretesa di immobilismo e senza idoneità ad assurgere al livello di regole vincolanti». Le stesse, nondimeno, offrono «una plausibile risposta alle istanze di maggiore determinatezza» in materia di responsabilità medica, fissando «parametri tendenzialmente circoscritti» per valutare «l'osservanza degli obblighi di diligenza, prudenza e perizia» da parte del medico, cui viene riconosciuta «la legittima aspettativa di vedere giudicato il proprio operato» in relazione a tali linee guida, «piuttosto che in base ad una regola cautelare legata alla scelta soggettiva, a volte anche estemporanea e scientificamente opinabile, del giudicante» (Cass. pen., Sez. Un., 21 dicembre 2017 n. 8770, Mariotti, cit., par. 3). Nell'affrontare il contrasto giurisprudenziale che ha investito l'art.590-sexies c.p., le sezioni Unite hanno poi ritenuto di poter recuperare nella ricostruzione della norma, che pure non ne fa menzione, la “colpa lieve”, innanzitutto valorizzando «il condivisibile e più recente orientamento delle sezioni penali» che ha riconosciuto «valenza di principio di razionalità e regola di esperienza a cui attenersi nel valutare l'addebito di imperizia» all'art. 2236 c.c., «qualora il caso concreto imponga la soluzione di problemi» tecnici di speciale difficoltà. Infatti, poiché l'attività del medico può «presentare connotati di elevata difficoltà per una serie imprevedibile di fattori legati alla mutevolezza del quadro da affrontare e delle risorse disponibili», al giudice sono «richieste misurazioni e valutazioni differenziate», e ciò «vuoi sotto il profilo della non rimproverabilità della condotta in concreto tenuta in tali condizioni, vuoi sotto quello di delimitare il campo dei comportamenti soggetti a repressione penale» (Cass. pen., Sez. Un., 21 dicembre 2017 n. 8770, Mariotti, cit., par. 10.1). La giurisprudenza successiva
Le sentenze della Corte di Cassazione successive hanno confermato la soluzione interpretativa proposta dalle sezioni Unite Mariotti, ribadendo dunque in più occasioni che il nuovo art. 590-sexies c.p. «prevede una causa di non punibilità applicabile ai soli fatti inquadrabili nel paradigma dell'art. 589 o di quello dell'art. 590 cod. pen., e operante nei soli casi in cui l'esercente la professione sanitaria abbia individuato e adottato linee guida adeguate al caso concreto e versi in colpa lieve da imperizia nella fase attuativa delle raccomandazioni previste dalle stesse» (cfr. da ultimo Cass. pen. sez. IV, 9 gennaio 2019 n. 8115, Risitano e altro; vedi anche Cass. pen., sez. IV, 26 aprile 2018 n. 24384, Masoni ed altro; Cass. pen., sez. IV, 27 giugno 2018 n. 41898, Pennacchietti; Cass. pen., sez. IV, 16 ottobre 2018 n. 49884, Pinto; in relazione all'adeguatezza delle linee guida cfr. Cass. pen., sez. IV, 22 giugno 2018 n. 37794, De Renzo; Cass. pen., sez. IV, 22 novembre 2017 n. 5463, Cerina). Il raffronto del contenuto precettivo dell'art. 590-sexies c.p. con quello dell'art. 3 del decreto Balduzzi – sempre secondo la citata sentenza delle sezioni Unite - evidenzia che, prima dell'entrata in vigore delle legge Gelli-Bianco, la causa di non punibilità prevista dal decreto Balduzzi ricomprendeva, tanto le ipotesi di colpa lieve derivanti da negligenza ed imprudenza nell'applicazione delle linee guida (quindi non solo quelle derivanti da imperizia), quanto “l'errore determinato da colpa lieve, che sia caduto sul momento selettivo delle linee-guida e cioè su quello della valutazione della appropriatezza della linea-guida” (Cass. pen., Sez.Un., 21 dicembre 2017 n. 8770, Mariotti, cit. par.12). In tali casi, per i fatti commessi prima dell'entrata in vigore della legge Gelli-Bianco, dovrà dunque trovare ancora applicazione il decreto Balduzzi in quanto legge più favorevole (cfr. altresì Cass. pen., sez. IV, 24 maggio 2018 n. 29133, Fallone e Fusco). Casistica
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