Non obbligatorietà della mediazione e domande riconvenzionali

08 Marzo 2024

I giudici di legittimità hanno stabilito che nel caso in cui venga proposta una domanda riconvenzionale, nell’ambito di un giudizio per il quale è prevista la condizione di procedibilità ex art. 5 del d.lgs. n. 28/2010, non è obbligatorio esperire un tentativo di mediazione se quest’ultimo è stato già effettuato per l’atto introduttivo del giudizio.

Questione controversa

Il Tribunale di Roma ha disposto il rinvio pregiudiziale degli atti alla Suprema Corte ai sensi dell'art. 363-bis c.p.c. per fare luce sulla sussistenza o meno dell'obbligatorietà della mediazione in caso di domanda riconvenzionale quando il relativo tentativo sia stato già esperito, antecedentemente alla prima udienza, sia pure in riferimento alla sola domanda attorea.

Possibili soluzioni

La questione è, da tempo, oggetto di dibattito.

Ed invero, nei precedenti giurisprudenziali relativi a controversie agrarie, la Suprema Corte aveva ritenuto, ai sensi dell'art. 46 l. n. 203/1982, che il tentativo di conciliazione dovesse essere esperito anche per la domanda riconvenzionale da parte del convenuto (1).

Parimenti, i giudici di legittimità avevano posto in essere una serie di distinguo che, tuttavia, ha incrinato il fondamentale principio di certezza del diritto. In tal senso, era stato affermato che anche il convenuto in riconvenzionale fosse onerato dal tentativo di conciliazione soltanto in determinate casistiche, come: a) quando la domanda riconvenzionale amplia l'ambito della controversia rispetto ai limiti posti alla stessa in sede di esperimento del tentativo di conciliazione di cui alla domanda principale (2); b) quando la riconvenzionale riguardi nuovi aspetti della controversia che potrebbero condurre ad una definizione bonaria della lite (3); c) quando la domanda non si ricolleghi direttamente al contrasto tra le parti e alle pretese fatte valere dall'attore che abbia esperito la procedura in questione (4); d) infine, qualora il convenuto non abbia già dedotto le relative richieste nella procedura di conciliazione sperimentata dall'attore (5). 

Ebbene, il più autorevole Collegio della Corte ha precisato che i predetti distinguo «rivelano l'imbarazzo, percepito dalle stesse decisioni che li propongono, di ritardare il processo con ulteriori oneri, quando le parti comunque non siano addivenute ad un accordo bonario palesando una indisponibilità al riguardo» con la conseguenza di non realizzare lo scopo perseguito dall'istituto in esame, causando una eccessiva incertezza del diritto.

(1Cass. civ. 11 novembre 2022, n. 33379, Cass. civ. 14 maggio 2014 n. 1164, Cass. civ. 23 agosto 2013 n. 19501.

(2Cass. civ. 26 maggio 2014, n. 11644, Cass. 23 agosto 2013, n. 19501

(3) Cass. civ. 27 aprile 1995, n. 4651

(4Cass. civ. 8 agosto 1995, n. 8685.

(5) Cass. civ. 16 novembre 2007, n. 23816, Cass. civ. 14 luglio 2003, n. 10993

Rimessione alle Sezioni Unite
Trib. Roma, 13 giugno 2023
  • Come premesso, la Suprema Corte è stata adita in virtù di un'ordinanza emessa, ai sensi dell'art. 363-bis c.p.c., dal giudice di merito in ordine alla proponibilità della domanda riconvenzionale nel caso in cui la causa rientri tra le ipotesi di mediazione obbligatoria ex art. 5 del d.lgs. n. 28/2010 ed un tentativo sia stato già ritualmente effettuato rispetto all'atto introduttivo del giudizio.
  • La Prima Presidente ha assegnato la questione sollevata con l'ordinanza di rinvio pregiudiziale alle Sezioni Unite per l'enunciazione del principio di diritto.

Principio di diritto
  • Le Sezioni Unite, con sentenza n. 3452 del 7 febbraio 2024, hanno stabilito: «La condizione di procedibilità prevista dall'art. 5 del d.lgs. n. 28/2010 sussiste per il solo atto introduttivo del giudizio e non per le domande riconvenzionali, fermo restando che al mediatore compete di valutare tutte le istanze e gli interessi delle parti ed al giudice di esperire il tentativo di conciliazione, per l'intero corso del processo e laddove possibile».

Le motivazioni delle Sezioni Unite
                                                                                                                                                                          Cass. civ., sez. un., 7 febbraio 2024, n. 3452
  • La Suprema Corte ha escluso l'operatività della mediazione obbligatoria per le domande riconvenzionali motivando in modo parzialmente differente tale decisione a seconda che si prendano a riferimento le riconvenzionali c.d. non eccentriche e quelle c.d. eccentriche.
  • Con riferimento alle prime – ossia le riconvenzionali collegate all'oggetto o alla causa petendi della domanda attorea – è stato dapprima ricordato che il legislatore non ha inteso prevedere la possibilità che la riconvenzionale sia soggetta a mediazione obbligatoria, né le modalità attraverso cui potesse esplicarsi tale eventualità e ciò coerentemente con la ratio dell'istituto, individuata nella funzione deflattiva del contenzioso e nell'incremento dell'utilizzo degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie.
  • Ed invero, gli stessi giudici di legittimità hanno ribadito che la mediazione rientra tra le disposizioni «finalizzate […] alla realizzazione dei comuni e urgenti obiettivi del miglioramento dell'efficienza del sistema giudiziario e dell'accelerazione dei tempi di definizione del processo civile» (Corte Cost., 18 aprile 2019, n. 97) e che, essendo un procedimento contraddistinto dall'obbligatorietà, condiziona l'esercizio del diritto di azione (Corte Cost., 20 gennaio 2022, n. 10). La finalità dell'istituto, dunque, è la non introduzione della causa che dovrebbe essere auspicabilmente risolta in via stragiudiziale dall'organo competente.
  • Pertanto, quando la mediazione è stata già esperita dall'attore, sia pur senza esito positivo, la condizione di procedibilità è ex se soddisfatta: un'ulteriore mediazione obbligatoria relativa alla domanda riconvenzionale non realizzerebbe il fine cui la stessa è preordinata.
  • Rispetto, invece, alle riconvenzionali c.d. eccentriche – quelle cioè che allargano l'oggetto del giudizio senza connessione con quello già introdotto da parte attrice – l'esclusione della obbligatorietà del tentativo di mediazione è stata motivata, unitamente alle predette ragioni, con il principio della certezza del diritto e con quello della ragionevole durata del processo.
  • A tal riguardo è stato osservato che alcuni precedenti giurisprudenziali hanno affermato la necessità del tentativo anche per la domande riconvenzionali secondo distinzioni casistiche che, tuttavia, hanno avuto l'effetto di essere fonte di pregiudizio all'ordinamento complessivamente considerato causando la compromissione del principio della certezza del diritto, in considerazione della molteplicità di profili e questioni dubbie causati dall'utilizzo di un linguaggio vago e di concetti controvertibili. In tal senso, come ricorda la Suprema Corte, il legislatore ha coerentemente scongiurato il c.d. eccesso di mediazione attraverso previsioni che escludono l'ipotesi del concorso di diverse procedure di conciliazione o mediazione obbligatoria o altre condizioni di procedibilità comunque denominate.
  • In definitiva, posto che l'obiettivo ultimo è quello di favorire una rapida soluzione della lite con minimo utilizzo delle risorse pubbliche giurisdizionali ai soli casi effettivamente necessari, la mediazione va utilizzata coerentemente con le suddette finalità senza diventare un motivo di intralcio al buon funzionamento della giustizia; ciò anche rispetto ad una interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 5 del d.lgs. n. 28/2010. I giudici di legittimità, da ultimo, hanno ribadito che, da un lato, è compito del giudice tentare e proporre egli stesso la conciliazione al fine di risparmiare risorse giurisdizionali così da non emettere sentenza e, dall'altro, che spetta al mediatore «esortare le parti a mettere ogni profilo “sul tappeto”, ivi comprese altre richieste del convenuto».

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