La pronuncia della Corte n. 22388/2018 (conformi: Cass. civ. n. 8881/1996; Cass. civ. n. 7027/1994; Cass. civ. n. 7500/1990; Cass. civ. n. 3177/1987; Cass. civ. n. 5063/2006; Cass. civ. n. 28238/2008) si pone in contrasto con altra giurisprudenza di legittimità relativamente alla questione dell'idoneità della convocazione e della successiva audizione del trasgressore a interrompere il termine di prescrizione per l'esercizio della pretesa in ambito di sanzioni amministrative pecuniarie.
Secondo la citata sentenza, e quelle a essa conformi, il compimento, da parte della Pubblica Amministrazione, di atti tipici del procedimento sanzionatorio (così dovendo qualificarsi anche l'audizione del trasgressore e la sua previa convocazione), essendo previsti dall'art. 18 della l. n. 689/1981, sono idonei a interrompere la prescrizione. Tale orientamento osserva che l'instaurazione del procedimento amministrativo (mediante il verbale di contestazione) e la sua prosecuzione (mediante i successivi atti previsti dalla legge, tra i quali la convocazione e l'audizione del trasgressore) esprimono tutti in uguale misura l'esercizio della pretesa sanzionatoria e, quindi, del diritto di credito nascente in capo all'Amministrazione a seguito della commissione della violazione, sicché anche la convocazione e l'audizione del trasgressore, pur se prodromiche al concreto esercizio del potere sanzionatorio, costituirebbero un comportamento positivo del tutto diverso dall'inerzia del creditore, che in via generale costituisce il fondamento dell'istituto della prescrizione.
A tale orientamento si contrappone quello espresso dall'ordinanza n. 13046/2023 (conformi: Cass. civ. n. 5798/2005; Cass. civ. n. 15631/2006) secondo cui soltanto agli atti procedimentali caratterizzati dalle prestabilite caratteristiche di contenuto e di forma previste dalla legge potrebbero assurgere a manifestazione del diritto dell'amministrazione alla riscossione della pena pecuniaria e costituirebbero, quindi, esercizio della pretesa sanzionatoria; solo a tali atti, tipizzati nelle relative norme, potrebbe quindi essere attribuita efficacia interruttiva della prescrizione, ai sensi dell'art. 28, comma 2, l. n. 689/1981. Da tanto conseguirebbe l'irrilevanza ai fini interruttivi della prescrizione di atti, come la convocazione del trasgressore e la sua audizione, che essendo atipici, in quanto non espressamente previsti dalla legge come momento di esercizio della pretesa punitiva, ma meramente prodromici alla manifestazione, non sarebbero inidonei a manifestare analoga intenzione.
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