La tutela del credito e l’interesse dei creditori nella ristrutturazione trasversale del concordato in continuità

17 Aprile 2024

L'Autore, analizzando uno degli aspetti più interessanti del concordato in continuità post riforma 2022, affronta il tema dell’incidenza della ristrutturazione trasversale e del favor della continuità sulla tutela dell’interesse dei creditori, soffermandosi sull’intervento del Tribunale nelle varie fasi del procedimento a realizzazione di una sorta di “ottimo paretiano” delle migliori aspettative collettive, pur relegato il risarcimento del creditore danneggiato alla sola fase di appello.

Introduzione

Nel concordato preventivo si incrociano, spesso scontrandosi, responsabilità patrimoniale, tutela dei creditori e interesse alla prosecuzione dell’attività d’impresa, profili di significativa complessità che hanno generato, soprattutto a seguito dell’avvento del Codice della Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza (CCII), visioni contrastanti, in particolare nel concordato in continuità come riformato dal 15 luglio 2022.

Il concordato, o meglio, a seguito delle modifiche introdotte dal CCII, i concordati, sono una procedura concorsuale prevedente la distribuzione del valore con modalità differenti e ben individuate, a seconda del percorso “concordatario” scelto dal debitore per la regolazione della crisi (continuità aziendale, liquidazione del patrimonio, attribuzione dell’attività ad un assuntore in qualsiasi forma).

Breve inquadramento della tipologia del concordato in continuità

Le varie tipologie di concordato prevedono, come finalità, il soddisfacimento dei creditori in misura non inferiore a quella realizzabile in caso di liquidazione giudiziale, come delineato dall'art. 84, comma 1, CCII.

Il concordato in continuità si qualifica tale quando “i creditori vengono soddisfatti in misura anche non prevalente dal ricavato prodotto dalla continuità aziendale diretta o indiretta” (Cass. civ., sez. I, 15 gennaio 2020, n. 734, in Fall., 2020, 477 con commento di R. Brogi), purché la continuità tuteli l'interesse dei creditori e preservi, nella misura possibile, i posti di lavoro ex art. 84, comma 3, CCII.

La regola distributiva del concordato in continuità è duplice, in quanto l'art. 84, comma 6,CCII prevede:

  • che il valore di liquidazione sia distribuito nel rispetto della graduazione delle cause legittime di prelazione, applicando la regola della priorità assoluta (A.P.R.) con una distribuzione verticale del valore;
  • che il valore eccedente quello di liquidazione (ovvero il surplus generato dalla prosecuzione dell'attività) sia distribuito in base alla nuova regola della priorità relativa (R.P.R.) con una distribuzione orizzontale del valore: “è sufficiente che i crediti inseriti in una classe ricevano complessivamente un trattamento almeno pari a quello delle classi dello stesso grado e più favorevole rispetto a quello delle classi di grado inferiore”; diviene quindi possibile la falcidia del credito di rango poziore ed il conseguente pagamento del creditore di minor rango, purché al primo sia garantito un trattamento (pagamento) comunque più favorevole rispetto al secondo.

La responsabilità patrimoniale, nel concordato in continuità, è tutelata dalla A.P.R. sul valore di liquidazione, eccetto il caso di cui all'art. 120-quater CCII relativo alle attribuzioni ai soci, ove vi sia stato il dissenso di una o più classi di creditori. In tale ipotesi “il Tribunale deve verificare se, qualora il valore complessivamente riservato ai soci fosse attribuito alle classi favorevoli di creditori di rango inferiore, queste non riceverebbero un trattamento migliore rispetto a quello riservato ai creditori della classe o delle classi dissenzienti di rango superiore. Se invece è la classe di creditori di ultimo rango a essere dissenziente non è da comparare il suo grado di soddisfazione con quello di classi inferiori, e quindi si deve procedere confrontando il valore destinato a detta classe dissenziente e quello riservato complessivamente ai soci. Ne segue che si avrà l'omologazione solo se ai soci tocca un trattamento deteriore rispetto a quello spettante alla classe dissenziente dei creditori” (così P. Riva, Il complesso ruolo dei soci nella gestione della crisi d'impresa, in DC, gennaio 2024. Si veda sul punto anche R. Rordorf, I soci di società in crisi, in Soc., 2023, 10, 1138).

Il valore di liquidazione, dunque, deve essere distribuito nel rispetto delle cause legittime di prelazione. Ove alcuni assets non vengano ceduti, in quanto funzionali alla continuità, il loro valore (da ricomprendersi nel valore di liquidazione) deve essere corrisposto ai creditori con la marginalità generata dalla continuità, ma in ogni caso nel rispetto dell'ordine delle prelazioni.

Diviene fondante dell'intera struttura del concordato individuare il valore di liquidazione realizzabile in sede di liquidazione giudiziale (A. Pezzano, Spunti riflessivi sulle interferenze tra valore di liquidazione e azioni di responsabilità nel concordato preventivo, in DC, dicembre 2023; F. Lamanna, “Valore di liquidazione” e “valori eccedenti” nel concordato preventivo: come calcolarli e distribuirli, in IUS, Crisi d'impresa, 13 ottobre 2023).

Detto elemento ha trovato recentemente un suo inquadramento giurisprudenziale in una decisione del Tribunale di Roma (Trib. Roma, 24 ottobre 2023), che ne individua i criteri distintivi: “il valore di liquidazione ex art. 84, comma 5, deve intendersi quale valore, alla data di deposito della domanda di concordato, che potrebbe trarsi dalla alienazione/realizzo in sede di liquidazione giudiziale dell'intero patrimonio della ricorrente (azienda, beni estranei al patrimonio aziendale, crediti, liquidità, eventuali utilità ritraibili da azioni risarcitorie o revocatorie); in relazione al valore dell'azienda, questo deve essere determinato con riferimento al presumibile realizzo in sede di esercizio provvisorio disposto dal Tribunale ovvero al valore di liquidazione dei singoli beni aziendali laddove si ravvisi come non prevedibile – perché non conveniente – l'esercizio provvisorio rispetto alla cessazione dell'azienda e alla vendita atomistica dei suoi beni (Trib. Milano, 5 febbraio 2024). Tale valore coincide con il valore di liquidazione cui fa riferimento l'art. 84, comma 6, CCII a proposito della regola della priorità relativa”.

Al valore di liquidazione così determinato, che va indicato specificamente nel piano di concordato ex art. 87, comma 1, lett. c), CCII “va poi sottratto il presumibile importo delle spese di procedura di liquidazione giudiziale” (Trib. Napoli, 21 febbraio 2024, in DC).

Il valore di liquidazione cui si riferisce la distribuzione secondo la regola dell'A.P.R. coincide con quello cui fa riferimento la regola della R.P.R. e con quello che consente la possibile degradazione in chirografo di una parte dei crediti privilegiati ex art. 84, comma 5, per incapienza in caso di liquidazione di quanto ricavabile dai beni e dai diritti sui quali insiste la prelazione.

In realtà, la regola della R.P.R. presuppone necessariamente la parziale degradazione dei privilegiati ex art. 84, comma 5, altrimenti non si vede come sarebbe possibile distribuire i flussi della continuità o meglio quanto si ricava in più dalla continuità, cioè il valore eccedente quello di liquidazione (c.d. surplus concordatario), garantendo che i crediti inseriti in una classe (di privilegiati) ricevano complessivamente un trattamento almeno pari a quello delle classi dello stesso grado e più favorevole rispetto a quello delle classi di grado inferiore e quindi a cascata fino alle classi dei chirografi.

Ciò significa che la regola della priorità relativa si applica solo quando il valore di liquidazione non è in grado di garantire il soddisfacimento integrale dei crediti privilegiati e solo con il valore generato dalla continuità, distribuibile con la regola della priorità relativa, è possibile consentire un soddisfacimento almeno parziale dei privilegiati di grado inferiore e dei chirografi.

Tutela eteronoma del Tribunale e tutela dei creditori

Il CCII ha introdotto un'altra regola fondamentale del concordato in continuità, ovvero l'obbligatorietà della suddivisione in classi dei creditori ex art. 85, comma 3, CCII; regola peraltro necessariamente collegata all'approvazione del concordato in continuità ex art. 109, comma 5 (regola complessa dell'espressione del voto e di classazione).

L'art. 85 CCII prevede che la creazione delle classi sia obbligatoria in determinati casi per tutte le tipologie di concordato e quindi anche in quello liquidatorio:

  • classazione del credito erariale degradato (falcidia a seguito di transazione fiscale; la previsione era già presente nell'art. 182-ter l. fall.);
  • classazione per i creditori titolari di garanzie prestate da terzi;
  • classazione per i creditori che vengono soddisfatti anche in parte con utilità diverse dal denaro e per i creditori proponenti il concordato e per le parti ad essi correlate.

Nel concordato in continuità, invece, le classi sono sempre obbligatorie.

Come sopra esposto, inoltre, vanno classati e partecipano al voto i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, interessati alla ristrutturazione, laddove non rientrino nella disciplina dell'art. 109, comma 5, CCII ed inoltre le imprese minori titolari di crediti chirografari per forniture di beni e servizi.

Una parte della  dottrina (G. Bozza, La tutela dei creditori nel concordato in continuità, in DC, giugno 2023; B. Inzitari, Le mobili frontiere della responsabilità patrimoniale: distribuzione del valore tra creditori e soci nel concordato in continuità secondo la negozialità concorsuale del codice della crisi, ivi,  febbraio 2023) ha osservato che la continuità non è più il mezzo per la soddisfazione dei creditori, ma quello per perseguire il possibile risanamento dell'impresa, la sua continuità e l'interesse dei lavoratori nella stessa occupati, valori che peraltro possono essere considerati come socialmente non dissimili e di pari valenza tra loro.

Nel CCII la continuità diviene elemento fondante e centrale.

“L'asse del concordato” si sposta sulla continuità, intesa come valore–mezzo, con una progressiva eterogenesi dei fini; quello che era valore-mezzo è diventato anche il fine attraverso cui si realizza la tutela dei creditori ed il loro interesse. Si è osservato che “quando si discute di continuità in uno scenario di crisi il primo interrogativo che ci si pone è se la continuità sia un valore-fine o sia, soltanto, il valore-mezzo per procurare il soddisfacimento dei creditori” (M. Fabiani, Un affresco sulle nuove 'milestones' del concordato preventivo, in DC, ottobre 2022).

La continuità ha un limen che consiste nell'interesse dei creditori al loro soddisfacimento come “criterio di non deteriorità” (S. Leuzzi, Il volto nuovo del concordato preventivo in continuità aziendale, in DC, settembre 2022) rispetto a quanto realizzabile in caso di liquidazione giudiziale.

Nello stesso senso la continuità è un limes, una soglia aperta per conservazione dei valori aziendali ex art. 47, comma 1, lett. b) e per la possibile tutela dei posti di lavoro (art. 84, comma 2).

Si è affermato, altresì, che nella disciplina introdotta dal CCII non vi è stato un equilibrio tra tutela del credito e tutela della continuità (G. Bozza, La tutela dei creditori nel concordato in continuità, cit.) e, soprattutto, si è ritenuto da alcuni che “la tutela del credito ne esca fortemente compromessa dalla irrilevanza del consenso”.

L'aspetto definito come “dirompente” dell'asimmetria tra la tutela dei creditori e la difesa della continuità non si concilierebbe con i principi generali del nostro diritto, sia per il calcolo delle maggioranze delle classi, sia per la possibile strumentalizzazione nella formazione delle stesse, per la moratoria ex art. 86 e, soprattutto, per l'accesso alla ristrutturazione trasversale ex art. 112, comma 2 (così anche G. D'Attorre, Dal principio di maggioranza al principio di minoranza, in Fall., 2023, 3, che parla anche di tramonto della negozialità).

Secondo un'opinione di dottrina (B. Inzitari, Le mobili frontiere della responsabilità patrimoniale: distribuzione del valore tra creditori e soci nel concordato in continuità secondo la negozialità concorsuale del codice della crisi, cit.), con il CCII vi è stato il superamento del sistema e delle regole della responsabilità patrimoniale, atteso che sarebbe stata posticipata alla fase dell'omologazione la verifica del rispetto delle regole di cui agli artt. 84, comma 6, e 85, comma 2.

Dette tesi, critiche sulle norme introdotte dal d.lgs. n. 83/2022, non tengono conto, tuttavia, che la novellata disciplina, in coerenza ed attuazione della Direttiva Insolvency, pone come fondamentale il valore del recupero dell'impresa in crisi;  che la legislazione europea “ha affrontato il tema dei creditori ostili e ha ritenuto di disciplinare il punto di equilibrio tra diritti dei creditori e diritti del debitore con la ristrutturazione trasversale” (L. De Bernardin, Ristrutturazione trasversale e transazione fiscale: non ce lo chiede il legislatore … e neanche l'Europa, in DC, gennaio 2024).

L'art. 11 della Direttiva Insolvency prevede la ristrutturazione trasversale dei debiti, che impone l'accettazione di essa anche alle classi dei creditori che hanno respinto la proposta, non approvandola con il proprio voto. Quindi il piano verrebbe in tal modo omologato grazie alla forzatura dell'autorità giudiziaria, tenendo conto della presenza di quattro presupposti essenziali per consentire l'omologazione ex lege [(di cui all'art. 112, comma 2, lett. a), b), c) e d), CCII] (Trib. Napoli, 21 febbraio 2024, cit.).

Se il voto del creditore c.d. ostile si è trasformato in “diritto di veto” (G. D'Attorre, Dal principio di maggioranza al principio di minoranza, cit.; G. Bozza, La tutela dei creditori nel concordato in continuità, cit.), ciò non significa che il diritto del creditore e la responsabilità patrimoniale non vengano ora tutelati, anche nei vari passaggi procedurali.

Il bilanciamento delle varie situazioni si attua, infatti, in modo progressivo nell'ambito del procedimento concordatario, ma con una tutela precisa dei diritti dei creditori.

Il meccanismo del cross-class cram-down è volto solo ad evitare che voti ostili di alcune classi di creditori possano impedire una ristrutturazione del debito, ritenuta come la migliore possibile (senza scomodare Leibniz), favorendo l'impresa e quindi la sua continuità, ma non per questo danneggiando l'interesse prioritario dei creditori e dei loro crediti (che la continuità deve tutelare) e con un complesso contemperamento delle varie esigenze, anche con riguardo alla posizione dei soci nel concordato con continuità diretta (P. Riva, Il complesso ruolo dei soci nella gestione della crisi d'impresa, cit.).

Per limitarci al concordato in continuità, nella fase di ammissione ex art. 47, comma 1, lett. b), secondo una prima tesi la verifica del Tribunale sarebbe circoscritta alla ritualità della proposta senza riferimenti all'ammissibilità e fattibilità del piano; “il potere del Tribunale al fine di dichiarare l'inammissibilità del concordato è limitato al solo caso di un piano manifestamente inidoneo alla soddisfazione dei creditori e alla conservazione dei valori aziendali” (B. Inzitari, Le mobili frontiere della responsabilità patrimoniale: distribuzione del valore tra creditori e soci nel concordato in continuità secondo la negozialità concorsuale del codice della crisi, cit.).

A parere di chi scrive, viceversa, l'esame del Tribunale non può ritenersi limitato a questi due aspetti manifesta inidoneità alla soddisfazione dei creditori e conservazione dei valori aziendali, in quanto occorre valorizzare le previsioni contenute nelle ulteriori norme della disciplina concordataria novellata, che consentono, sin dalla fase di ammissione, la tutela dei creditori e l'assenza di posizioni di abuso di diritto.

Il Tribunale di Bari ha inquadrato detta estesa verifica nell'ambito del “vaglio di ritualità”, ma con aspetti che investono profili di legittimità sostanziale, “rendendosi così necessario, …, esaminare i profili, propri del vaglio di ammissibilità, espressamente previsti dalla legge, tra cui anche la corretta formazione delle classi, anche con riferimento al rispetto dell'ordine delle prelazioni e al riconoscimento, per ciascun creditore, di un'utilità economicamente rilevante” (Trib. Bari, 9 gennaio 2024, Sul punto v. anche Trib. Milano, 5 febbraio 2024, cit.; Trib. Siena, 30 giugno 2023).

Specifiche disposizioni, dunque, impongono al Tribunale verifiche in ordine alla corretta suddivisione dei creditori in classi ex art. 85, comma 2, per tutti i tipi di concordato, ed ex art. 85, comma 3, per il concordato in continuità, stante il collegamento della necessaria classazione anche dei privilegiati ex art. 109, comma 5, ai fini del voto.

Il Tribunale dovrà esaminare non solo che l'ordine delle prelazioni sia rispettato (art. 85, comma 4, norma che richiama l'art. 84, commi 5, 6 e 7), ma già dalla fase di ammissione dovrà valutare (eventualmente con il ruolo di assistenza del commissario giudiziale nominato fin dalla fase con riserva ex art. 44) che il piano in continuità rispetti l'A.P.R. e la R.P.R, che sia quindi individuato il valore di liquidazione e comunque il principio cardine della finalità del concordato ovvero il soddisfacimento dei creditori in misura non inferiore a quella realizzabile in caso di liquidazione giudiziale (art. 84, comma 1) e che i crediti assistiti da privilegio ex art. 2751-bis n. 1 c.c. siano soddisfatti nel rispetto della graduazione delle cause legittime di prelazione sul valore di liquidazione e sul valore eccedente il valore di liquidazione.

Si ritiene che tali verifiche siano circoscritte solo apparentemente al giudizio di omologazione ex art. 112, comma 1, lett. f) e comma 2. Viceversa, può affermarsi che il concordato possa arrivare all'omologazione solo attraverso una prima fase di ammissione con pieno esercizio dell'eterotutela del Tribunale e il fiume del concordato, per poter sfociare nel mare dell'omologazione, deve raccogliere nel suo corso tutti questi elementi, che alla fine dei vari passaggi garantiscono la tutela dei creditori.

Anche il Tribunale di Milano si è espresso in questa prospettiva, atteso che, in sede di ammissione, ha ritenuto necessario il controllo di “ritualità e pertanto della conformità dei dati normativi di riferimento (artt. 47,84,85,86,87,88 CCII) della proposta e del piano” (Trib. Milano, 5 febbraio 2024, cit.).

Se dunque il Tribunale, ai fini dell'apertura della procedura di concordato preventivo (nello specifico in continuità), deve verificare l'ammissibilità “intesa come conformità alle norme imperative concretamente applicabili, oltre al requisito dell'art. 47, comma 1, lett. b)”, si realizzeranno in progressione i principi della miglior tutela dei diritti dei creditori e della responsabilità patrimoniale.

Si arriva alla cross-class cram-down solo a seguito dei vari controlli che assicurano ai creditori non solo un soddisfacimento non inferiore a quanto realizzabile in caso di liquidazione giudiziale, ma anche “la conformità ai dati normativi di riferimento della proposta e del piano”.

Consegue quindi a queste verifiche che la fase di adesione dei creditori alla proposta, al di là delle diverse articolazioni del voto nel concordato in continuità ex art. 109, comma 5, e la successiva istanza del debitore per il ricorso all'art. 112, comma 2, in presenza di creditori dissenzienti, non incidono sulla tutela del credito; anche il cross-class cram-down si realizza non solo quando non ci sia stata l'unanimità delle classi, ma comunque siano stati accertati nuovamente tutti i requisiti richiesti dall'art. 112, comma 2, lett. a), b), c) (con un quadro già verificato in sede di ammissione a tutela del credito e comunque in presenza di una favorevole maggioranza delle classi, purché almeno una formata da creditori titolari di diritti di prelazione).

Effettivamente l'omologazione del concordato potrebbe avvenire pur essendoci la non adesione da parte della maggioranza delle classi, in presenza del solo voto favorevole di una classe c.d. svantaggiata di creditori che sarebbero almeno parzialmente soddisfatti rispettando la graduazione delle cause legittime di prelazione anche sul valore eccedente quello di liquidazione (B. Inzitari, Le mobili frontiere della responsabilità patrimoniale: distribuzione del valore tra creditori e soci nel concordato in continuità secondo la negozialità concorsuale del codice della crisi, cit.), ma ciò non significa che i creditori non siano stati tutelati, in quanto essi ottengono in ogni caso il miglior soddisfacimento possibile.

La stessa esistenza di una classe svantaggiata (che però ha votato favorevolmente) nell'epilogo del percorso di omologazione conferma che è stato svolto tutto il percorso a tutela dei creditori (v. sul punto Trib. Napoli, 24 febbraio 2024, cit.).

In conclusione

Il favore della continuità si esprime proprio nella complessa articolazione delle maggioranze di voto e del meccanismo di cui all’art. 112, comma 2, ma con una tutela dell’interesse dei creditori (e della responsabilità patrimoniale), anche se è evidente una compressione del diritto di voto.

I creditori ottengono nel percorso della procedura non meno di quello che potrebbero ottenere nella liquidazione giudiziale, e comunque il dissenziente che ipotizza di essere stato pregiudicato, perché il suo credito risulterebbe soddisfatto in misura inferiore rispetto alla liquidazione giudiziale, può formulare opposizione ex art. 113, comma 3.

Il difetto di convenienza del concordato può essere fatto valere, infatti, da qualsiasi creditore dissenziente, nel senso che esprime il suo dissenso attivamente, anche se appartenente ad una classe assenziente.

Omologazione peraltro non definitivamente preclusa, anche se solo nella fase di appello, dall’art. 53, comma 5-bis, per cui “in caso di accoglimento del reclamo proposto contro la sentenza di omologazione del concordato preventivo in continuità aziendale, la corte d'appello, su richiesta delle parti, può confermare la sentenza di omologazione se l'interesse generale dei creditori e dei lavoratori prevale rispetto al pregiudizio subito dal reclamante, riconoscendo a quest'ultimo il risarcimento del danno” (SL. Nannipieri, Dubbi irrisolti sulla conferma del concordato illegittimo con tutela risarcitoria, in Dirittodellacrisi.it, settembre 2023).

L’interesse generale e collettivo dei creditori prevale sulla continuità e nella continuità su quello del singolo creditore pregiudicato, garantendo comunque allo stesso un risarcimento.

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