La proposta di decisione accelerata del ricorso in cassazione e la (il)legittima composizione del collegio

Pasqualina Farina
18 Aprile 2024

Le Sezioni Unite si sono pronunciate sulla questione della legittimità della composizione del Collegio giudicante, nell'ipotesi in cui di esso faccia parte il consigliere estensore della proposta di decisione accelerata del ricorso, che verserebbe in una presunta situazione di incompatibilità, in ragione del principio di imparzialità del giudice.

Questione controversa

Gli attori intraprendevano, alcuni anni addietro, un giudizio dinanzi al Tribunale di Ancona per l'accertamento dell'inesistenza di una servitù di passaggio a carico del proprio fondo nonché per ottenere la costituzione giudiziale di una servitù di passaggio pedonale in favore della «punta panoramica», interclusa e priva di collegamento alla pubblica via, individuandone tracciato e modalità di esercizio. Dal proprio canto, i convenuti, nel costituirsi, domandavano in via riconvenzionale l'accertamento dell'esistenza di una servitù di passaggio a favore di un diverso fondo di loro proprietà. Con sentenza del 22 gennaio 2018 il Tribunale rigettò le domande degli attori ed accolse, invece, la riconvenzionale. La correttezza della decisione veniva, di seguito, confermata dalla Corte d'appello. Avverso la sentenza resa dal Giudice di seconde cure è stato proposto ricorso in Cassazione, affidato a diversi motivi.   

Con il primo è dedotta la violazione o falsa applicazione degli artt. 1362 ss. c.c., rispetto all'interpretazione dell'atto di citazione del primo grado di giudizio, dove gli attori chiedevano di dichiarare l'inesistenza di servitù gravante sul loro fondo a vantaggio della «punta panoramica» (particella n. 1), e non invece, come ritenuto dai giudici del merito, a vantaggio della proprietà dell'allora convenuto ed odierno controricorrente (particelle nn. 2 e 3). Per il secondo motivo di ricorso la sentenza sarebbe nulla per omessa motivazione rispetto all'individuazione del fondo asseritamente dominante. Con il terzo motivo si lamenta la violazione o falsa applicazione degli artt. 1027,1028 e 1062 c.c., in quanto la ritenuta costituzione di servitù per destinazione del padre di famiglia, conseguente all'intervenuta divisione giudiziale tra le parti, poteva stabilirsi solo a favore della «punta panoramica», rimasta totalmente interclusa per effetto della divisione.

L'ultimo motivo di ricorso denuncia l'omesso esame circa un fatto decisivo ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. (e segnatamente del «travisamento della prova»), la violazione dell'art. 115 c.p.c. e dell'art. 2697 c.c., ed ancora la violazione o falsa applicazione dell'art. 1062 c.c., contestando cioè che al momento della divisione dei fondi vi fossero opere visibili e permanenti (in particolare, la strada) destinate all'esercizio della pretesa servitù di passaggio gravante sul fondo.

Ad avviso del Consigliere delegato i quattro motivi di ricorso costituiscono doglianze di merito inerenti all'accertamento del fatto e alla valutazione delle prove acquisite agli atti del giudizio di merito; perciò ravvisata la «inammissibilità e/o manifesta infondatezza» del ricorso stesso, ha proposto con provvedimento dell'11 marzo 2023 la definizione del giudizio ex art. 380-bis c.p.c.

I ricorrenti hanno chiesto la decisione del ricorso con istanza del 20 aprile 2023.

In seguito alla fissazione della trattazione del ricorso in camera di consiglio, ex artt. 375, comma 2, 4-ter, e 380-bis.1 c.p.c., ed alla nomina a relatore lo stesso Consigliere estensore della proposta di definizione mediante procedimento per la decisione accelerata, i ricorrenti hanno formulato istanza di rimessione alle Sezioni Unite, sollevando la questione della legittimità della composizione del Collegio giudicante. Ciò sul presupposto che di esso fa parte il Consigliere estensore della proposta di decisione accelerata del ricorso, il quale verserebbe in una presunta situazione di incompatibilità, a lume del principio di imparzialità del giudice.

Possibili soluzioni
Prima soluzione Seconda soluzione

La questione, attenendo al procedimento di cui all'art. 380-bis c.p.c., come introdotto dal d.lgs. n. 149/2022, è nuovissima; al tempo stesso il decreto della Prima Presidente ha avuto modo di evidenziare che il «filtro ex art. 380-bis c.p.c. assume una rilevanza centrale nel disegno del legislatore delegato e nella organizzazione della Corte di cassazione, essendo connotato da una potenziale definitorietà che si realizza in dipendenza del comportamento della parte interessata, con finalità deflattive del contenzioso». Per altro profilo la questione è tanto rilevante, quanto delicata perché si interseca con «il principio di imparzialità del giudice e il confronto con la giurisprudenza costituzionale». Così alcune interpretazioni (solo) dottrinali sul punto hanno dubitato della imparzialità dello stesso estensore della proposta, perché «influenzato dal suo anteriore pregiudizio sulla medesima res iudicanda».

Segnatamente si è sostenuto che «un giudice che formula una sintetica proposta di definizione del giudizio, dopo aver motivatamente rilevato una causa di improponibilità, inammissibilità o manifesta infondatezza del ricorso, e che in quello stesso processo partecipa al collegio giudicante, inficia la terzietà ed imparzialità dell'organo collegiale decidente, con grave vulnus dell'art. 111, comma 2, Cost.». La soluzione al problema potrebbe comunque raggiungersi a livello organizzativo mediante i criteri tabellari di formazione dei collegi, escludendo il magistrato che ha formulato la proposta ex art. 380-bis, comma 1, c.p.c. dalla partecipazione al collegio che deciderà la medesima lite in caso di rifiuto della proposta, salvo riconoscere lo strumento della ricusazione alle parti, ed in primis al ricorrente, ex art. 52 c.p.c., per un'ipotesi di precognizione sulla materia oggetto del contendere (art. 51, comma 1, n. 4, c.p.c.).

Per una diversa impostazione, il giudice che redatto la proposta può far parte legittimamente del collegio decidente. Si tratta di una soluzione conforme sia ai principi elaborati dalla Cedu ( il fatto che un giudice abbia già adottato una decisione nella fase pre-processuale o che abbia una conoscenza particolareggiata della causa non comporta alcun pregiudizio sulla sua imparzialità al momento della pronuncia finale, purché questa sia svolta al momento della sentenza che chiude il giudizio sulla base delle difese svolte dalle parti e non sia vincolata dalle questioni definite nella fase pregressa: ex multis Corte EDU, 24 luglio 2012, Toziczka c. Polonia); sia a quelli elaborati dalla Corte costituzionale. Segnatamente, per la Consulta l'art. 111, secondo comma, Cost. conduce ad interpretare l'art. 51, comma 1, n. 4, c.p.c., (il quale contempla l'obbligo di astensione per il giudice che «ha conosciuto» della causa «come magistrato in altro grado del processo» cui corrisponde il diritto di ricusazione delle parti: art. 52 c.p.c.), nel senso che la nozione di «altro grado» sia riferibile alla relazione di competenza funzionale fra i diversi uffici giudiziari sottordinati e sovraordinati previsti dall'ordinamento giudiziario, ed anche alla progressione fra le distinte fasi che si susseguono nel medesimo giudizio civile con carattere di autonomia e con contenuti e finalità impugnatorie, nella specie ove si tratti di dover rendere una «pronuncia che attiene al medesimo oggetto e alle stesse valutazioni decisorie sul merito dell'azione proposta nella prima fase, ancorché avanti allo stesso organo giudiziario e sia circoscritta alla cognizione di errores in procedendo o in iudicando eventualmente commessi» dal giudice del primo segmento procedimentale (sentenze n. 45/2023, n. 78/2015, n. 460/2005, n. 387/1999).

Rimessione alle Sezioni Unite
Decreto 19 settembre 2023
Così, la Prima Presidente, ex artt. 374, comma 2, e 376 c.p.c., ha disposto che la Corte pronunci a sezioni unite sulla questione di massima di particolare importanza: e cioè se, nel procedimento ai sensi dell'art. 380-bis c.p.c., il Consigliere che ha redatto la proposta di decisione accelerata opposta possa comporre, con la veste di relatore, il Collegio.

Principio di diritto

Nel procedimento ex art. 380-bis c.p.c., come disciplinato dal d.lgs. n. 149/2022, il presidente della sezione o il consigliere delegato, che abbia formulato la proposta di definizione accelerata, può far parte, ed eventualmente essere nominato relatore, del collegio che definisce il giudizio ai sensi dell'art. 380-bis.1, non versando in situazione di incompatibilità agli effetti degli artt. 51, comma 1, n. 4 e 52 c.p.c., atteso che tale proposta non rivela una funzione decisoria e non è suscettibile di assumere valore di pronuncia definitiva, né la decisione in camera di consiglio conseguente alla richiesta del ricorrente si configura quale fase distinta, che si sussegue nel medesimo giudizio di cassazione con carattere di autonomia e con contenuti e finalità di riesame e di controllo sulla proposta stessa. 

Le motivazioni delle Sezioni Unite
Cass. civ., sez. un., 10 aprile 2024, n. 9611

La decisione delle Sezioni Unite sposa la tesi della legittimità della composizione del Collegio giudicante, anche quando di esso faccia parte il Consigliere estensore della proposta di decisione accelerata del ricorso. Tra le ragioni addotte a sostegno di questa sentenza merita senz'altro un cenno quelle che - in linea con il dictum della Corte costituzionale - fanno leva sul fatto che dopo la comunicazione della proposta ai difensori delle parti, il ricorrente può chiedere la decisione del ricorso con apposita istanza.

A ben guardare da tale istanza non origina una nuova «fase» del giudizio di cassazione pendente, né determina una frammentazione del procedimento; va pertanto escluso che, per la medesima fase del giudizio, vi siano tanti giudici diversi quanti sono gli atti da compiere.

Così, nel solco di Corte costituzionale n. 142/2023 (la quale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 2, comma 1, della legge n. 89/2001)nel procedimento ai sensi dell'art. 380-bis c.p.c., non sussiste l'obbligo di astensione di cui all'art. 51, comma 1, numero 4), c.p.c. (né, specularmente, spetta alle parti il diritto di ricusazione), nei confronti del presidente della sezione o del consigliere delegato che abbia formulato la proposta, con riguardo al collegio che definisce il giudizio ai sensi dell'art. 380-bis.1. La decisione in camera di consiglio conseguente alla richiesta del ricorrente non rappresenta, infatti, una fase distinta, che si innesta nel medesimo giudizio di cassazione, con contenuti e finalità di riesame e di controllo sulla proposta di definizione accelerata, né integra un «meccanismo di reiterazione provvedimentale». Tale proposta non svolge una funzione decisoria, non equivale ad una pronuncia definitiva, né la decisione del collegio presenta un carattere impugnatorio rispetto a quella.

La conferma che l'ordinanza del collegio abbia ad oggetto la decisione sul ricorso e non la legittimità della proposta di definizione anticipata è direttamente fornita – a dire della Cassazione – dal generico rinvio operato dal terzo comma dell'art. 380-bis c.p.c. al procedimento in camera di consiglio, ove si accorda alle parti soltanto la facoltà di depositare sintetiche memorie illustrative inerenti alle censure già proposte. In conclusione, per le Sezioni Unite la legittimità della partecipazione del magistrato che ha redatto la proposta al collegio chiamato a decidere il ricorso, non confligge con il principio di terzietà del giudice, né deroga all'attuazione del principio del giusto processo, seppur utile all'abbreviazione della durata dei procedimenti di cassazione.

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