Fallimento e consolidamento dell’ipoteca concessa a garanzia del mutuo fondiario
29 Aprile 2024
Un imprenditore vende un immobile. L'acquirente, poi, iscrive ipoteca sul medesimo bene a garanzia di un proprio mutuo fondiario. Il venditore successivamente fallisce. La relativa Curatela subisce il limite alla revocatoria di cui all'art 39 TU Bancario, per il consolidamento dell'ipoteca? In primo luogo, giova inquadrare la fattispecie di cui all'art. 39 comma 4, TUB (d.lgs. n. 385/1993). Tale disposizione prevede che le ipoteche concesse a garanzia di un finanziamento non sono soggette a revocatoria fallimentare, alla condizione che siano state iscritte dieci giorni prima della pubblicazione della sentenza dichiarativa di fallimento (di apertura della liquidazione giudiziale, a seguito delle modifiche apportate dal CCII – d.lgs. n. 14/2019). Si tratta di una esenzione da revocatoria finalizzata a tutelare, e quindi a non sanzionare con la revoca dell'ipoteca concessa, soggetti che hanno contratto il mutuo con lo specifico intento di ottenere un finanziamento legittimo e non con altre finalità, quali – ad esempio – privilegiare la banca concessionaria del finanziamento rispetto agli altri creditori, in frode a questi ultimi. In diverse occasioni la Suprema Corte si è occupata di casi in cui il finanziamento era stato stipulato allo scopo di utilizzare la nuova somma accreditata ad estinzione di un preesistente credito di natura chirografaria dello stesso mutuante e, quindi, al mero fine di sostituire il precedente credito del mutuante con il nuovo credito di natura privilegiata nascente dal mutuo ipotecario: tale operazione, secondo i giudici di legittimità, costituisce di fatto un mezzo di pagamento del vecchio debito avente natura anomala; trattandosi di un'operazione unitaria posta in essere in funzione dell'azzeramento della preesistente esposizione debitoria del mutuatario, il contratto di mutuo viene revocato e l'ipoteca perde la sua qualificazione, derivante dal contratto, di ipoteca iscritta a garanzia del mutuo (cfr. Cass., sez. I, 26 luglio 2023, n. 22563; Cass., sez. I, 16 febbraio 2022, n. 5034 e Cass., sez. I, 21 febbraio 2018, n. 4202, che hanno espressamente precisato che l'inopponibilità al fallimento del mutuo per nullità, simulazione o revoca, esclude il beneficio del consolidamento di cui all'art. 39 comma 4, TUB, in quanto l'ipoteca risulta di fatto concessa per un debito preesistente). Ciò posto, la fattispecie di cui al quesito posto sembrerebbe essere diversa: il soggetto fallito risulta essere, infatti, soggetto diverso dal soggetto che ha contratto il mutuo e concesso l'ipoteca sull'immobile acquistato dal venditore (poi fallito); inoltre nessuna connessione viene riferita tra debiti preesistenti del venditore poi fallito e il contratto di mutuo ipotecario sottoscritto dal terzo. In questo caso non sembrerebbe, quindi, possibile che il contratto di mutuo subisca azione revocatoria di per sé, in quanto non essendo stato compiuto dal fallito, non sembrerebbe come tale poter ledere i suoi creditori (si evidenzia, in estrema sintesi, che è proprio la lesione delle ragioni dei creditori la ratio dell'istituto della revoca di atti compiuti dal fallito in loro spregio e a favore di un solo creditore, eventualmente – come appena visto – attraverso un nesso di collegamento funzionale tra l'atto di vendita, il mutuo ipotecario e l'estinzione di debiti pregressi). Si potrebbe, invece, porre il tema della revoca dell'atto di vendita dell'immobile dal soggetto poi fallito al terzo, qualora vi fossero, ad esempio, i presupposti sanciti dall'art. 67 l. fall. (oggi art. 166 CCII) per la sua revocatoria fallimentare, e ci si potrebbe conseguentemente interrogare se l'ipoteca iscritta sull'immobile sia opponibile al fallimento. A tale riguardo si dovrebbe ritenere che qualora l'atto di compravendita venga dichiarato inefficace nei confronti della procedura fallimentare, conseguentemente anche la garanzia ipotecaria concessa sull'immobile il cui contratto di vendita è stato dichiarato inefficace non sia opponibile al fallimento. Tuttavia, si deve considerare che la revocatoria, in quanto azione di inefficacia, non comporta l'invalidità dell'atto, ritenuto fin dall'origine valido ed efficace (in tal senso, ex multis, cfr. Cass., sez. I, 8 maggio 2015, n. 9403), bensì la sua mera inopponibilità alla massa dei creditori (cfr. Cass., 12 maggio 2015, n. 9584, che, richiamando Cass., sez. un., 23 aprile 2009, n. 9660; Cass., 15 settembre 2004, n. 18573; Cass., 31 agosto 2005, n. 17590, precisa che “l'accoglimento dell'azione revocatoria in materia fallimentare […] non determina alcun effetto restitutorio […] né, tantomeno, un effetto traslativo a favore della massa dei creditori, rendendo il bene trasferito assoggettabile all'esecuzione concorsuale, senza peraltro caducare, ad ogni altro effetto, l'atto di alienazione nei confronti dell'acquirente”). In conseguenza di tale principio, i giudici di legittimità in tempi meno recenti ed anteriormente alla riforma della revocatoria (che però non ne ha mutato la natura e le caratteristiche essenziali), hanno ritenuto in un precedente (Cass., sez. I, 26 gennaio 2007, n. 1740) che se a seguito dell'azione revocatoria il bene non torna nella massa attiva del fallito, in quanto alla declaratoria di inefficacia dell'atto di compravendita non consegue una variazione della titolarità del diritto di proprietà sul bene, di conseguenza anche il terzo a favore del quale è stata iscritta ipoteca sul bene non perde tale titolo. Non si registra tuttavia alcuna successiva pronuncia in termini. Rispondendo quindi al quesito posto, si deve considerare che la Curatela fallimentare subisce in via principale non tanto il limite del consolidamento dell'ipoteca ai sensi dell'art. 39 TUB, ma la circostanza che il bene immobile è stato venduto e che, se non vi sono motivi per esperire la revocatoria dell'atto di compravendita, l'immobile risulta ormai uscito dall'attivo fallimentare e nulla potrà fare; se invece sussistono i presupposti per la revocatoria, potrà ottenere la declaratoria di inefficacia dell'atto di compravendita, la restituzione del bene ai fini della sua vendita e del soddisfo dei creditori concorsuali con il suo ricavato. |