Un ripasso sull’improcedibilità del ricorso depositato via PEC

La Redazione
03 Maggio 2024

Nell'ambito di una controversia intentata contro una banca in merito alle perdite subite dagli attori in relazione ad alcuni contratti di gestione portafogli, la Cassazione ha avuto modo di tornare sul tema dell'improcedibilità del ricorso di legittimità depositato con modalità telematica.

Riassumendo la vicenda processuale, risulta che a seguito della notifica del ricorso, il ricorrente ha effettuato un primo tentativo di deposito telematico, ricevendo immediatamente dal sistema la prima PEC di accettazione e la seconda PEC di avvenuta consegna, mentre la c.d. terza PEC registrante l'esito dei controlli da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero della Giustizia ai sensi dell'art. 14, comma 7, Provv. DGSIA del 16 aprile 2014 riportava il messaggio "errore imprevisto nel deposito, sono necessarie verifiche da parte dell'apposito ufficio ricevente".

Il ricorrente provvedeva dunque alla rinnovazione del deposito che dava però il medesimo esito di errore. Solo diversi giorni dopo, riscontrando che la causa non era ancora stata iscritta a ruolo, il difensore provvedeva a iscrivere il ricorso in formato cartaceo, ma a quel punto risultava già decorso il termine di 20 giorni indicato dall'art. 369, comma 1, c.p.c.

La Cassazione richiama l'art. 16-bis, comma 7, d.l. n. 179/2012, convertito con modificazione dalla l. n. 221/2012, nonché l'art. 13, comma 2, d.m. 21 febbraio 2011, n. 44 e precisa che «il deposito telematico di un atto si articola in quattro fasi, che coincidono con il rilascio di altrettanti messaggi di PEC da parte del sistema informatico:

1) “ricevuta di accettazione deposito”, ossia la ricevuta di presa in carico del messaggio da parte del gestore PEC del mittente;

2) “ricevuta di avvenuta consegna” ("RdAC" - cd. "seconda PEC"), con la quale il gestore PEC del Ministero della Giustizia attesta che lo stesso è stato ricevuto nella sua casella;

3) “esito controlli automatici deposito” (cd. "terza PEC"), che viene inviata dal gestore dei servizi telematici del Ministero della Giustizia contenente l'esito dei controlli che il sistema effettua automaticamente sulla busta, all'esito dei quali possono essere segnalate al depositante anomalie che sono codificate secondo specifiche tipologie (warn, anomalia non bloccante, error, anomalia bloccante, non preclusiva dell'accettazione manuale da parte della Cancelleria; fatal, anomalia non gestibile per gravi carenze dell'atto che non consentono l'elaborazione e accettazione manuale);

4) “accettazione deposito” (cd. "quarta PEC"), che viene inviata dalla cancelleria dell'ufficio giudiziario destinatario del deposito e contiene l'eventuale accettazione o il rifiuto del deposito, previo scrutinio delle anomalie eventualmente rilevate dal sistema.

Solo a seguito dell'accettazione, il file viene caricato sul fascicolo telematico, divenendo visibile alle controparti e la relativa formalità può dirsi perciò compiuta».

In conclusione, la tempestività del ricorso depositato in forma digitale è attestata dalla ricevuta di avvenuta consegna (RdAC) (la c.d. "seconda PEC"), che però consente di ritenere perfezionato il deposito con effetto anticipato, ma pur sempre provvisorio. Alla luce della struttura del procedimento di deposito telematico che è a fattispecie progressiva, il «definitivo consolidarsi dell'effetto di tempestivo deposito prodottosi, in via anticipata, con la ricezione della ricevuta di avvenuta consegna (RdAC) è subordinato all'esito positivo dei successivi controlli, la cui prova è data dal messaggio di posta elettronica certificata contenente l'esito dell'intervento di accettazione da parte della cancelleria (cd. quarta PEC)» (Cass. civ., sez. Unite, n. 28403/2023).

Applicando tali principi al caso di specie, non vi è stato alcun deposito validamente perfezionatosi nel termine previsto dall'art. 369, comma 1, c.p.c, né tantomeno è ipotizzabile la remissione in termini richiesta dal ricorrente ai sensi dell'art. 153, comma 2, c.p.c. Non sussiste infatti nessuna delle due condizioni della presenza di un fatto ostativo oggettivamente estraneo alla volontà della parte e non da essa governabile, da un lato, e, dall'altro, della cd. "immediatezza della reazione", da intendere come tempestività del comportamento della parte di fronte al verificarsi del fatto ostativo.

(Fonte: dirittoegiustizia.it)

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