Decreto PNRR, appalti e organizzazione estesa del lavoro: prime osservazioni sulle modifiche introdotte in sede di conversione
07 Maggio 2024
È stata pubblicata sul supplemento alla Gazzetta Ufficiale n. 100 del 30 aprile 2024 la legge 29 aprile 2024, n. 56 di conversione del d.l. n. 19/2024. Come ampiamente annunciato sugli organi di stampa, la legge di conversione è intervenuta, tra le altre, sulle previsioni relative ai profili di controllo della adeguatezza e congruità retributiva dei lavoratori impiegati negli appalti e di tutela del credito retributivo e contributivo dei lavoratori irregolarmente distaccati e in somministrazione risolvendo (o tentando di risolvere) i diversi spunti critici – sotto il profilo sostanziale e operativo – che il Decreto Legge aveva sollevato nella sua originaria formulazione. Appalto Con l'obiettivo di definire criteri legislativi di individuazione della retribuzione adeguata nei contesti di filiera produttiva all'interno del parallelo dibattito parlamentare, giurisprudenziale e accademico (cfr. in questa rivista F. Pedroni: Salario minimo legale: la giusta retribuzione in rapporto a canoni costituzionali, obblighi di compliance e metriche di sostenibilità organizzativa e sociale) e di introdurre meccanismi di regolazione equitativa della retribuzione dei lavoratori impiegati negli appalti, l'art. 29 del d.l. n. 19/2024 è intervenuto sull'art. 29 d.lgs. n. 276/2003 introducendo il comma 1-bis del seguente tenore (in grassetto le modifiche apportate dalla legge di conversione): “Al personale impiegato nell'appalto di opere o servizi e nel subappalto spetta un trattamento economico e normativo complessivamente non inferiore a quello previsto dal contratto collettivo nazionale e territoriale stipulato dalle associazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, applicato nel settore e per la zona strettamente connessi con l'attività oggetto dell'appalto e del subappalto” La versione originaria del testo del decreto, nel riferirsi al CCNL maggiormente applicato nel settore e per la zona il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l'attività oggetto dell'appalto, prevedeva un criterio di rinvio nuovo rispetto alla tecnica normativa tradizionalmente utilizzata che identifica il c.d. “contratto leader” di riferimento per determinare il parametro della retribuzione adeguata come quello della contrattazione collettiva stipulata da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o della contrattazione collettiva nazionale del settore o della categoria affine (è il caso delle norme di rinvio alla contrattazione collettiva previste per i lavoratori di cooperativa dalla legge n.142/2001, d.l. n. 248/2007, degli enti del Terzo settore dal d.lgs. n. 117/2017, art. 16, comma 1; per il settore del trasporto aereo dal d.l. n. 34/2020, art. 203, comma 1; per i lavori nei contratti pubblici dal d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36, contenente il nuovo Codice dei contratti pubblici, adottato in attuazione della l. 21 giugno 2022, n. 78, art. 1). Tale originaria elaborazione alternativa potrebbe essere dovuta alla forte rivendicazione del primato di autonomia interpretativa della giurisprudenza attuata dalla Corte di Cassazione con le sei sentenze pubblicate nel mese di ottobre 2023 (Cass., 2 ottobre 2023, n. 27711; Cass., 2 ottobre 2023, n. 27713; Cass., 2 ottobre 2023, n. 27769; Cass., 10 ottobre 2023, n. 28320; Cass., 10 ottobre 2023, n. 28321; Cass., 10 ottobre 2023, n. 28323). Con tale orientamento la Corte ha ribadito che la questione interpretativa circa l'individuazione della retribuzione proporzionata e sufficiente del lavoratore subordinato resta del giudice del merito e che quest'ultimo, nel verificare se la retribuzione riconosciuta in un caso concreto risponda ai criteri costituzionali di cui all'art. 36 Cost, può disapplicare il CCNL utilizzato nella fattispecie (anche se su rinvio di una norma espressa). Sta di fatto che, non appena pubblicato il d.l. n. 19/2024, non sono tardate forti critiche alla previsione di rinvio al contratto collettivo nazionale o territoriale “maggiormente applicato nel settore e per la zona il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l'attività oggetto dell'appalto” sia in relazione al criterio comparativo utilizzato e alla connotazione settoriale e geografica che per quanto riguarda il rigido riferimento all'oggetto dell'appalto. Sotto il primo profilo, la previsione si presentava come estremamente generica in quanto non forniva alcun criterio diretto a determinare la “maggiore applicazione” del contratto collettivo (statistica di sottoscrizione, numero addetti, numero imprese, etc.), né il perimetro territoriale di riferimento (costituendo il semplice termine “zona” una variabile indeterminata). In relazione al secondo profilo, illogico e irrilevante, oltre che decontestualizzato, appariva il riferimento alla stretta connessione con l'attività oggetto dell'appalto, non comprendendosi per quale motivo l'attività svolta dai subappaltatori – non necessariamente connessa e dipendente all'oggetto dell'appalto (si pensi ad un appalto per la costruzione di un immobile che ricorra a subappaltare la realizzazione degli impianti elettrici, idraulici, il trasporto e la fornitura di materiale) – dovesse necessariamente essere attratta dal contratto collettivo applicato dal committente o dal (primo) appaltatore pur in presenza di un “contratto leader”. Proprio su questi due aspetti è intervenuta la legge di conversione con la nuova formulazione della norma che, adottando un criterio più “tradizionale”, prevede ora che la soglia minima salariale dei lavoratori impiegati nell'appalto sia rinvenibile nel trattamento economico e normativo previsto “dal contratto collettivo nazionale e territoriale stipulato dalle associazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale applicato nel settore e per la zona strettamente connessi con l'attività oggetto dell'appalto e del subappalto”. Per quanto riguarda il primo ordine di problemi, la revisione attuata in sede di conversione, recuperando la definizione tradizionale dell'art. 51 d.lgs. n. 81/2015 (1), ripropone il criterio selettivo tradizionale mutuandolo dall'art. 102, c. 2 lett. b), del Codice degli Appalti (d.lgs. n.36/2023) (2). Tale soluzione recupera una formulazione più tradizionale che ripropone però le stesse problematiche interpretative e applicative già oggetto della presa di posizione della giurisprudenza di legittimità consolidatasi, da ultimo, nelle sei sentenze di ottobre 2023 sopra citate. In relazione al secondo ordine di problemi, i riferimenti settoriali e geografici, e in particolare alla zona “strettamente connessi con l'attività oggetto dell'appalto e del subappalto” destano qualche perplessità interpretativa e applicativa, non comprendendosi per quale motivo l'estensione al (intero) settore non sia sufficiente a esplicitare il concetto di necessità di coerenza retributiva complessiva di filiera, ma necessiti dell'indicazione aggiuntiva della zona, tanto che qualcuno ha già parlato di “svista” normativa (3). Responsabilità solidale nella somministrazione e nel distacco irregolari La legge di conversione non è invece intervenuta sul terzo periodo, introdotto al comma 2 dell'art. 29 del d.lgs. n. 276/2003 dal d.l. n. 19/2024. Tale previsione estende la responsabilità solidale per i crediti retributivi e contributivi relativi ai lavoratori impiegati negli appalti anche alle “ipotesi dell'utilizzatore che ricorra alla somministrazione di prestatori di lavoro nei casi di cui all'articolo 18, comma 2, nonché ai casi di appalto e di distacco di cui all'articolo 18, comma 5-bis”, e cioè ai casi di appalto e di distacco privi dei requisiti normativi. La puntualizzazione normativa è evidentemente dettata dall'intenzione di creare meccanismi di garanzia indiretta all'interno della filiera anche nelle ipotesi di organizzazione estesa e condivisa del lavoro irregolari che erano prive di espresse previsioni normative in tal senso (al riguardo si rimanda al mio contributo sul tema in questa rivista F. Pedroni, La responsabilità per i crediti da lavoro nei casi di decentramento produttivo e di organizzazione estesa o condivisa del lavoro). Prime considerazioni critiche Riflettendo sulla finalità della norma, e cioè inibire fenomeni di dumping salariale tra le imprese appaltatrici mediante l'introduzione di regole uniformi quanto al costo del lavoro negli appalti, soprattutto laddove la filiera è complessa, dubbi permangono nell'efficacia di tale apparato normativo, sotto il profilo della certezza e uniformità normativa dei criteri di individuazione del costo adeguato del lavoro. L'obiettivo è meritorio, ma la recente posizione della giurisprudenza lavoristica sopra richiamata, rischia di trasformare la norma in commento in una inutile precauzione, soggetta ai più diversi interventi interpretativi della giurisprudenza di merito e, quindi, a variegati orientamenti dei Fori locali. La Corte di Cassazione ha già, infatti, avuto modo di ribadire espressamente che il riferimento normativo di rinvio ad un determinato CCNL ai fini della individuazione della retribuzione adeguata non è dirimente ai fini del canone dell'art. 36 Cost. e che il giudice del merito, nell'ambito della propria autonomia di disapplicazione, può
Come precisato dalla Suprema Corte nelle decisioni di ottobre 2023, il dovere di “disapplicazione” della retribuzione inidonea secondo il canone costituzionale, non riguarda solo la contrattazione collettiva minoritaria (principio già consolidato in relazione ai contratti minori) (7), ma anche quella maggioritaria, quand'anche individuata espressamente, mediante rinvio, da una norma di fonte primaria (è il caso delle norme di rinvio alla contrattazione collettiva previste per i lavoratori di cooperativa dalla legge n. 142/2001, d.l. n. 248/2007, degli enti del Terzo settore dal d.lgs. n. 117 del 2017, art. 16, comma 1; per il settore del trasporto aereo dal d.l. n. 34/2020, art. 203, comma 1; per i lavori nei contratti pubblici dal d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36, contenente il nuovo Codice dei contratti pubblici, adottato in attuazione della l. 21 giugno 2022, n. 78, art. 1). Le predette perplessità circa l'effettività dell'intervento normativo attuato in sede di conversione, aumentano, quanto al secondo profilo di problematiche, con riguardo alla decisione di mantenere, in sede di conversione quale ulteriore criterio di individuazione del contratto, il riferimento a quello applicato “nel settore e per la zona strettamente connessi con l'attività oggetto dell'appalto e del subappalto”. È chiaro l'intento di trovare uno standard di riferimento di e per l'intera filiera, ma si tratta di indicatori che aumentano esponenzialmente le soluzioni interpretative alternative, soprattutto in caso di zone ampie (ad es. appalti di costruzioni edili in cantieri estesi o appalti di servizi di trasporto) o irrilevanti (si pensi agli appalti che prevedono servizi tecnologici da remoto) o in caso di settori interconnessi. Inoltre, il rinvio alla norma collettiva di riferimento non è più limitato alla parte economica (come originariamente nel testo del decreto), ma anche a quella normativa, senza alcuna specificazione su tale ultimo punto. Sarà quindi da capire come tale richiamo giocherà nell'individuazione del costo del lavoro (e quindi della retribuzione adeguata) in sede interpretativa. Il tema ha un riflesso pratico piuttosto importante dal momento che il datore di lavoro appaltatore e subappaltatore dovrà verificare preventivamente se e come integrare la retribuzione dei propri lavoratori impiegati in un determinato appalto in modo tale da garantire il rispetto del parametro minimo fissato dalla legge considerando, a questo punto, anche eventuali elementi retributivi caratteristici della prestazione che sono presenti nel contratto collettivo leader del settore e della zona connessi all'attività appaltata, ma non presenti nella contrattazione collettiva dallo stesso applicata. Tale valutazione, peraltro, dovrebbe essere effettuata per ogni diverso appalto, contemporaneo o successivo, con riferimento ai lavoratori impiegati che potrebbero acquisire, quindi, una composizione retributiva variegata a seconda dell'appalto cui verrebbero di volta in volta adibiti. Per quanto riguarda l'intervento sull'estensione della responsabilità solidale in relazione alle ipotesi irregolari di organizzazione estesa del lavoro (somministrazione e distacchi irregolari) l'art. 29, comma 2 d.lgs. n. 276/2003 nuovo terzo periodo introduce un vincolo solidale espresso in tali casi superando, così gli schemi ricostruttivi già adottati in via interpretativa dalla prassi amministrativa (8) e dagli interventi giurisprudenziali (9). Il dibattito parlamentare che traspare dagli atti (Atti parlamentari, Camera dei Deputati, D.d.L. C. 1752, V Commissione Bilancio e Tesoro, p. 78) conferma una preoccupazione in tal senso con particolare riferimento al tema contributivo, laddove osserva che la previsione in questione “introduce una responsabilità solidale tra tutti i soggetti interessati dalla fattispecie dell'appalto illecito rispetto al quale, ad oggi, l'appaltatore fittizio non è ritenuto responsabile dal punto di vista contributivo in quanto non è il reale fruitore delle prestazioni di lavoro. […] Tale norma sana una annosa questione, per effetto della quale risultano, di fatto, meno tutelati i lavoratori oggetto di appalti o distacchi illeciti rispetto al personale impiegato in appalti e subappalti regolari”. Sanzioni penali e amministrative La legge di conversione ha lasciato inalterato l'apparato sanzionatorio introdotto dal d.l. n. 19/2024 in revisione dell'art. 18 del d.lgs. n. 276/2003 che di seguito si riassume (tra parentesi il riferimento normativo riformato).
Gli importi delle pene pecuniarie sopra indicate sono aumentati del 20% se, nei tre anni precedenti, il datore di lavoro sia stato destinatario di sanzioni penali per gli stessi illeciti (art. 18, comma 5-quater, d.lgs. n. 276/2003) e l'importo delle pene pecuniarie proporzionali in questione, anche senza la determinazione dei limiti minimi o massimi, non può, in ogni caso, essere inferiore a € 5.000 né superiore a € 50.000 (art. 18, comma 5-quinques, d.lgs. 276/2003) (11). Verifica di congruità della manodopera negli appalti La legge di conversione ha lasciato invariate anche le previsioni introdotte dal d.l. n. 19/2024 in tema di certificazione della congruità dell'incidenza della manodopera impiegata negli appalti edili. Le nuove regole prevedono che negli appalti in questione, prima di procedere al saldo finale dei lavori, il responsabile del progetto, negli appalti pubblici, e il committente, negli appalti privati, verifichino la congruità dell'incidenza della manodopera sull'opera complessiva, nei casi e secondo le modalità previste dalla legge (D.M. 25 giugno 2021, n. 143). Sotto il profilo sanzionatorio in caso di violazione del predetto adempimento, la norma modificata dal d.l. 7 maggio 2024, n. 60, pubblicato nella G.U. n. 105 del 7 maggio 2024 (c.d. “Decreto Coesione”), prevede quanto segue:
------------------------------------------- Note (1) Ai sensi del quale “Salvo diversa previsione, ai fini del presente decreto, per contratti collettivi si intendono i contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e i contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria”. (2) in base al quale la stazione appaltante richiede agli operatori economici “l'applicazione dei contratti collettivi nazionali e territoriali di settore, tenendo conto, in relazione all'oggetto dell'appalto e alle prestazioni da eseguire, anche in maniera prevalente, di quelli stipulati dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e di quelli il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l'attività oggetto dell'appalto o della concessione svolta dall'impresa anche in maniera prevalente, nonché garantire le stesse tutele economiche e normative per i lavoratori in subappalto rispetto ai dipendenti dell'appaltatore e contro il lavoro irregolare”. (3) Appalti e subappalti con il Ccnl comparativamente più rappresentativo, E. De Fusco, ilSole24Ore, 16 aprile 2024. (4) La conclusione integrale sul punto di Cass., 2 ottobre 2023, n. 27711; Cass., 2 ottobre 2023, n. 27713; Cass., 2 ottobre 2023, n. 27769; Cass., 10 ottobre 2023, n. 28320; Cass., 10 ottobre 2023, n. n. 28321; Cass., 10 ottobre 2023, n. 28323 è: “Nell'attuazione dell'art. 36 Cost., il giudice, in via preliminare, deve fare riferimento, quali parametri di commisurazione, alla retribuzione stabilita dalla contrattazione collettiva nazionale di categoria, dalla quale può motivatamente discostarsi, anche ex officio, quando la stessa entri in contrasto con i criteri normativi di proporzionalità e sufficienza della retribuzione dettati dall'art. 36 Cost., anche se il rinvio alla contrattazione collettiva applicabile al caso concreto sia contemplato in una legge, di cui il giudice è tenuto a dare una interpretazione costituzionalmente orientata”. (5) La conclusione integrale sul punto è: “Ai fini della determinazione del giusto salario minimo costituzionale il giudice può servirsi a fini parametrici del trattamento retributivo stabilito in altri contratti collettivi di settori affini o per mansioni analoghe”. (6) La conclusione integrale sul punto di Cass., 2 ottobre 2023, n. 27711; Cass., 2 ottobre 2023, n. 27713; Cass., 2 ottobre 2023, n. 27769; Cass., 10 ottobre 2023, n. 28320; Cass., 10 ottobre 2023, n. n. 28321; Cass., 10 ottobre 2023, n. 28323 è: “Nella opera di verifica della retribuzione minima adeguata ex art. 36 Cost., il giudice, nell'ambito dei propri poteri ex art. 2099 c.c., comma 2, può fare altresì riferimento, all'occorrenza, ad indicatori economici e statistici, anche secondo quanto suggerito dalla Direttiva UE 2022/2041 del 19 ottobre 2022”. (7) Si veda, tra le ultime, Tribunale di Napoli, sentenza del 7 marzo 2024, n. 1751 che ha disapplicato un contratto di prossimità e Trib. Firenze 4 giugno 2019, n. 528. (8) Cfr. ad esempio INAIL circ. 11 luglio 2018, n. 10. (9) Cass. 9782/2020; Cass. 18278/2019; Cass. 28061/2011, Cass. 463/2012, Cass. 17516/2015, Cass. 19030/2017. (10) Secondo la circ. 11 febbraio 2019, n. 3 dell'INL l'utilizzo illecito dello schema negoziale dell'appalto, il conseguimento di effettivi risparmi sul costo del lavoro derivanti dalla applicazione del trattamento retributivo previsto dal CCNL dall'appaltatore e dal connesso minore imponibile contributivo, così come una accertata elusione dei divieti posti dalle disposizioni in materia di somministrazione, risulta sicuramente sufficiente a dimostrare quell'idoneità dell'azione antigiuridica che disvela l'intento fraudolento (11) Al riguardo riterrei salvo quanto indicato dal Ministero del Lavoro secondo cui in eventuali ipotesi di appalto illecito che coinvolgano più soggetti (es. committente e più imprese appaltatrici), il limite degli € 50.000 trova applicazione in riferimento a ciascun appalto (nota 9 agosto 2016, n. 15764). Appendice normativa
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