La revoca del sequestro conservativo per carenza di giurisdizione

Vito Amendolagine
13 Maggio 2024

La quaestio juris sulla quale è chiamato a pronunciarsi il Tribunale di Ravenna verte sulla duplice eccezione relativa al difetto di giurisdizione ed al difetto di competenza territoriale del giudice adito in base all'art. 669-ter c.p.c. i quali legittimano la revoca del sequestro conservativo concesso inaudita altera parte dallo stesso giudice.

Massima

L'ubicazione della nave destinataria del richiesto provvedimento di sequestro conservativo di un carico di granturco presente a bordo della stessa, sita al di fuori dalle acque territoriali al momento del deposito del ricorso cautelare, comporta la carenza di giurisdizione del giudice italiano e con essa, la revoca del provvedimento concesso inaudita altera parte .

Il caso

La quaestio juris sottoposta al giudice ravennate nasce dall'inadempimento al contratto di compravendita per effetto del quale, la parte ricorrente lamentava l'esistenza di danni, sulla cui scorta, ritenuta l'esistenza del fumus del proprio diritto di credito, chiedeva il sequestro conservativo, anche presso terzi, del carico di granoturco giallo ucraino, attualmente a bordo della nave M/n “Imperator” nella rada del porto di Ravenna, nonché dei titoli rappresentativi di tale carico e di qualsiasi altro bene o credito riconducibile al debitore reperibile nel territorio dello Stato italiano, fino a concorrenza della somma di euro 470.000,00 a garanzia del credito, interessi e spese, deducendo, ai fini del periculum in mora, l'insussistenza di altri beni nel territorio italiano eccetto il suddetto carico di granturco, ed il rischio di imminente sottrazione ed alienazione dello stesso da parte della stessa parte.

La questione

La quaestio juris sulla quale è chiamato a pronunciarsi il Tribunale di Ravenna verte sulla duplice eccezione relativa al difetto di giurisdizione ed al difetto di competenza territoriale del giudice adito in base all'art. 669-ter c.p.c. i quali legittimano la revoca del sequestro conservativo concesso inaudita altera parte dallo stesso giudice.

Le soluzioni giuridiche

Il Tribunale di Ravenna rilevato che dalla riscontrata collocazione della nave al di fuori delle acque territoriali discende il difetto di giurisdizione e l'inapplicabilità dell'art. 669-ter, comma 3, c.p.c. invocato dalla ricorrente per ottenere la conferma del provvedimento cautelare, per effetto del carattere assorbente del rilevato difetto di giurisdizione, revoca il sequestro conservativo concesso inaudita altera parte.

Osservazioni

Il Tribunale di Ravenna in composizione monocratica revoca il proprio decreto inaudita altera parte con il quale in precedenza aveva concesso il sequestro conservativo del carico esistente a bordo della nave posta al di fuori delle acque territoriali italiane, atteso il difetto di prova della sussistenza tanto della giurisdizione quanto della competenza territoriale dello stesso giudice adito al momento della proposizione della domanda il cui onere è pacificamente posto in capo alla stessa parte ricorrente.

In tale ottica, priva di pregio risulta la contestazione della ricorrente dei documenti prodotti dalla resistente nella propria memoria di costituzione, relativi alla collocazione della nave in acque extraterritoriali, perché non chiari, né attendibili, disconoscendoli anche ex art. 214 ss. c.p.c. ed ex art. 2712 c.c.

Tali documenti si riferivano al messaggio del comandante della nave indicante la posizione della stessa nei giorni ricompresi in quelli in cui il ricorso per sequestro conservativo era stato depositato, la Relazione della Lloyd's List Intelligence, il parere del master mariner e gli screen shot relativi alla posizione della nave il giorno in cui era avvenuto il deposito dell'anzidetto ricorso.

A tale riguardo, a supporto della tesi che la nave al momento della proposizione del ricorso, si trovava nella rada del porto di Ravenna, è stata ritenuta inconferente la produzione di una comunicazione dell'Avvisatore Marittimo riferita ad una localizzazione della stessa nave risalente ad oltre un mese prima dei fatti di causa.

In buona sostanza, in assenza di un elemento preciso, riscontrabile ed univoco, tale da supportare la tesi della ricorrente circa la collocazione della nave entro le 12 miglia alle ore 16:52 del 30.01.2024 – data della presentazione del ricorso per sequestro conservativo presso la cancelleria del Tribunale di Ravenna – la resistente ha, al contrario, prodotto documentazione fondata sui dati AIS e le coordinate fornite dal capitano della nave, che la ricorrente si è limitata a contestare in maniera generica ed aspecifica.

La pronuncia di revoca del ricorso per sequestro conservativo disposta dal giudice ravennate è quindi corretta, mentre a diversa conclusione deve pervenirsi per quanto attiene all'emissione del decreto inaudita altera parte con il quale, in precedenza lo stesso giudice aveva accolto la richiesta tutela cautelare.

E' infatti evidente che la giurisdizione era carente ab origine fin dalla concessione del sequestro conservativo, circostanza quest'ultima che, il medesimo giudice non ha valutato con la dovuta attenzione nel momento in cui ha accolto la richiesta di parte ricorrente, atteso che, la revoca della misura cautelare si fonda non sulla documentazione fornita dalla resistente, ma unicamente dall'inosservanza dell'onus probandigravante sulla parte ricorrente in ordine alla esatta posizione della nave se effettivamente esistente all'interno delle acque territoriali italiane ovvero, nello specifico nella rada del porto di Ravenna.

La dimostrazione dell'abnormità del provvedimento di sequestro inizialmente concesso si evince altresì dall'inapplicabilità alla fattispecie scrutinata dallo stesso giudice ravennate del disposto dell'art. 669-ter, comma 3, c.p.c.

Infatti nell'ipotesi in cui il giudice italiano sia privo di competenza a decidere il merito della questione, sarà competente a pronunciare il provvedimento cautelare laddove questo debba trovare esecuzione in Italia.

Pertanto, ciò non toglie che laddove fosse stata ritenuta sussistente la giurisdizione, in base al comma 3 della norma da ultimo innanzi richiamata, se il giudice italiano non è competente a conoscere la causa di merito, la domanda cautelare si propone al giudice, che sarebbe competente per materia o valore, del luogo in cui deve essere eseguito il provvedimento cautelare richiesto che, dunque, non sarebbe stato il foro ravennate bensì quello barese, atteso che è in quest'ultimo distretto giudiziario che effettivamente è stato eseguito il provvedimento concesso inaudita altera parte di sequestro presso terzi.

Conseguentemente, il giudice ravennate – anche nell'ipotesi in cui fosse stata ritenuta esistente la giurisdizione – sarebbe stato territorialmente incompetente a conoscere del ricorso cautelare ante causam.

In ordine a tale ultimo aspetto della vicenda qui considerata, l'ordinanza in commento è l'occasione per svolgere alcune considerazioni, anche per evidenti ragioni di opportunità, in relazione all'orientamento emerso nella più recente giurisprudenza di merito che, in caso di opposizione nell'ambito dell'esecuzione di un sequestro conservativo presso terzi ha espresso il principio secondo cui poiché, ai sensi dell'art. 678 c.p.c., il sequestro deve essere attuato nella forma del pignoramento mobiliare, il giudice competente a trattare le questioni nascenti dall'attuazione della misura cautelare, deve essere individuato in base alle regole che sorreggono l'esecuzione forzata (Trib. Monza, 12 novembre 2020).

Ai sensi dell'art. 669 duodecies c.p.c., l'attuazione dei sequestri avviene secondo le modalità indicate dagli artt. 677 e ss. c.p.c.

Per il sequestro conservativo relativo ai beni mobili – come ad esempio un carico di merce trasportata su una nave – l'art. 678, comma 1, c.p.c., prevede espressamente l'applicabilità delle norme stabilite per il pignoramento presso il debitore o presso terzi, disponendo esclusivamente, in deroga alla disciplina ordinaria, che il giudizio sull'accertamento dell'obbligo del terzo rimanga sospeso fino all'esito del giudizio di merito, salva espressa istanza di accertamento immediato dello stesso terzo pignorato.

Dunque, in questo caso l'attuazione della misura cautelare avviene integralmente nelle forme del processo di esecuzione forzata e non sotto il controllo del giudice della cautela e/o del merito nelle forme semplificate di cui all'art. 669 duodecies c.p.c. trattandosi peraltro di forme escluse, in generale, per tutte le misure cautelari aventi ad oggetto somme di danaro (Cass. civ., sez. VI, 30 novembre 2021, n. 37583).

Tra le norme previste per il pignoramento presso il debitore o presso terzi, applicabili al sequestro conservativo in virtù del richiamo di cui all'art. 678 c.p.c., vi sono certamente anche quelle relative alle opposizioni esecutive e, tra queste, in particolare, quella che prevede la possibilità per il debitore esecutato e, quindi, sequestrato, di proporre l'opposizione all'esecuzione, ai sensi dell'art. 615 c.p.c., per fare valere l'impignorabilità e, quindi l'insequestrabilità, dei beni assoggettati al vincolo del pignoramento e, dunque, del sequestro.

Non vi è invece alcuna disposizione che impedisca di proporre tale opposizione prima della conversione del sequestro in pignoramento o che imponga la sospensione del relativo giudizio, in attesa dell'esito del giudizio di merito.

Ciò significa che l'opposizione va proposta nelle forme e secondo le ordinarie modalità previste per il processo esecutivo, sia pure con i necessari adattamenti, dunque, con ricorso proposto al giudice davanti al quale è attuato il sequestro, che, adottati eventuali provvedimenti cautelari, assegna comunque il termine per l'instaurazione del giudizio di merito, destinato a svolgersi secondo le regole della cognizione piena, a prescindere dalle vicende del giudizio di merito che abbia fatto seguito al sequestro conservativo (Cass. civ., sez. VI, 30 novembre 2021, n. 37583 cit.).

D'altra parte, l'accertamento della pignorabilità e, quindi, della sequestrabilità costituisce oggetto di un giudizio a cognizione piena, secondo la sistematica del processo esecutivo, avendo il legislatore espressamente previsto che ad esso si applichi il regime delle cd. opposizioni di merito, cioè dell'opposizione all'esecuzione di cui all'art. 615 c.p.c., atteso che, la pienezza della cognizione deve essere garantita anche in vista della futura possibile conversione del sequestro conservativo in pignoramento.

Ciò costituisce un'ulteriore conferma dell'assunto per cui le relative questioni non possono ritenersi proponibili nell'ambito del procedimento cautelare, al quale sono per definizione estranei gli accertamenti a cognizione piena, né potrebbe, evidentemente, ritenersi proponibile, direttamente davanti al giudice del merito della controversia in relazione alla quale è stato autorizzato il sequestro conservativo, una vera e propria opposizione all'esecuzione ai sensi dell'art. 615 c.p.c.

Riferimenti

V. Zancan, La competenza territoriale per l'attuazione del sequestro conservativo presso terzi, in Giur. it., 2017, 2659 e ss.;

R. Conte, Su alcune questioni ricorrenti in materia di sequestro conservativo: la competenza in materia di attuazione e la natura e struttura del sequestro correlato all'”actio pauliana”, in Giur. it., 2013, 133 e ss.;

Id., Sequestro conservativo, giudice della cautela, giudice del merito e giudice dell'attuazione, in Giur. it., 2010, 1126 e ss.;

S. Dominelli, Il sequestro conservativo della nave che ha lasciato le acque territoriali italiane, in Il diritto marittimo, 2012, 1201 e ss.;

F. Berlingieri, Considerazioni in margine al problema della competenza per la concessione di sequestro conservativo, in Il diritto marittimo, 1978, 648 e ss.

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