L’art. 581 comma 1-quater c.p.p. si applica all’impugnazione dell’ordinanza dichiarativa dell’assenza?

08 Maggio 2024

La Corte di cassazione ha affrontato il problema dell'ammissibilità del ricorso proposto dal difensore d'ufficio, posto che questi non aveva depositato lo specifico mandato a impugnare che, a norma dell'art. 581 comma 1-quater c.p.p., l'imputato nei cui confronti si sia proceduto in assenza, dovrebbe rilasciare al difensore dopo la pronuncia della sentenza.

Massima

In tema di impugnazioni, il disposto di cui all'art. 581, comma 1-quater, c.p.p., introdotto dall'art. 33 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, non è applicabile al giudizio di Cassazione, nel caso in cui formi oggetto del gravame l'ordinanza dichiarativa dell'assenza dell'imputato (in motivazione, la corte ha precisato che gli oneri di allegazione previsti, a pena d'inammissibilità, dalla norma non operano per l'impugnazione avverso le ordinanze, pur se impugnate unitamente alla sentenza, ex art. 586 c.p.p.).

Il caso

Il giudice di pace condannava l'imputata per il delitto di cui all'art. 14, comma 5-ter, d.lgs. n. 286/1998. Avverso tale provvedimento proponeva tempestivamente ricorso per Cassazione il difensore d'ufficio, deducendo quattro motivi di ricorso, tra cui la nullità della sentenza notificata al difensore d'ufficio domiciliatario in assenza di prova  di contatti tra il medesimo e l'imputato nonché la nullità dell'ordinanza con cui era stata dichiarata l'assenza dell'imputata, ritenendo presupposto sufficiente per tale declaratoria la mera elezione di domicilio presso il difensore d'ufficio. Prima di entrare nel merito di questi motivi, ritenuti strettamente connessi e, dunque, da valutare congiuntamente e prioritariamente in quanto assorbenti, la Corte di cassazione ha affontato il problema dell'ammissibilità del ricorso proposto dal difensore d'ufficio, posto che questi non aveva depositato lo specifico mandato a impugnare che, a norma dell'art. 581 comma 1-quater c.p.p., l'imputato nei cui confronti si sia proceduto in assenza, dovrebbe rilasciare al difensore dopo la pronuncia della sentenza.

Dopo una articolata disamina degli orientamenti giurisprudenziali relativi all'ambito di operatività delle previsioni di cui agli artt. 581 comma 1-quater c.p.p., un'approfondita analisi dei principi che governano la disciplina del processo in assenza, la Corte ha ritenuto, sul rilievo che l'art. 586 c.p.p. sia norma speciale rispetto all'art. 581, comma 1-quater, c.p.p., che l'impugnazione dell'ordinanza ancorchè congiunta a quella della sentenza non soggiacia alle formalità prescritte per la sola sentenza.

La questione

Occorre depositare lo specifico mandato ex art. 581 comma 1-quater c.p.p., allorché si impugna unitamente alla sentenza l'ordinanza dichiarativa dell'assenza ovvero quando l'impugnazione del provvedimento conclusivo del giudizio è strumentale alla verifica della legittimità dell'ordinanza che ha dichiarato l'assenza dell'imputato?

L'omesso deposito comporta l'inammissibilità dell'impugnazione e, dunque, impedisce anche il vaglio sulla legittimità dell'ordinanza che ha dichiarato l'assenza dell'imputato?

Le soluzioni giuridiche

La pronuncia in commento ha affermato che, avverso una sentenza emessa dal giudice di pace, impugnabile per cassazione, è ammissibile il ricorso proposto dal difensore d'ufficio ovvero nominato ex art. 97, comma 4 c.p.p., senza il deposito di specifico mandato a impugnare rilasciato dall'imputato per il quale si sia proceduto in assenza, qualora, unitamente alla sentenza, emessa dopo il 30 dicembre 2022, sia impugnata anche l'ordinanza dichiarativa della assenza dello stesso, deducendo che non risultano soddisfatte le condizioni per procedere legittimamente in tal senso.

Prima di giungere a questa conclusione la Corte ha innanzitutto provveduto a verificare quali fossero gli orientamenti della giurisprudenza in ordine all'applicabilità del comma 1-quater dell'art. 581 c.p.p. al ricorso per cassazione. Accanto ad un orientamento che ritiene che tale norma rientri tra le disposizioni generali relative alle impugnazioni e che, dunque, debba trovare applicazione anche nel giudizio di legittimità, non potendo tale impugnazione, proposta nell'interesse dell'assente, essere soggetto ad un regime meno rigoroso di quello vigente per l'appello (Cass. pen., sez. V, 4 luglio 2023, n. 39166, RV 285305; Cass. pen., sez. VI, 20 settembre 2023, n. 41309, RV 285353; Cass. pen., sez. IV, 11 ottobre 2023, n. 43718, RV 285324; Cass. pen., sez. II, 3 novembre 2023, n. 47327, RV 285444; Cass. pen., sez. III, 9 gennaio 2023, n. 46690, RV 285342; Cass. pen., sez. II, 13 settembre 2023, n. 40824, RV 285256), ha registrato l'esistenza di un diverso orientamento che esclude che tale disposizione abbia carattere generale e ritiene, pertanto, inapplicabile l'art. 581 comma 1-quater c.p.p. al ricorso per Cassazione, alle impugnazioni cautelari (Cass. pen., sez. I, 7 giugno 2023, n. 29321, RV 284996; Cass. pen., sez. IV, 3 maggio 2023, n. 22140, RV 284645), nonché alla fase esecutiva (Cass. pen., sez. I, 28 giugno 2023, n. 43523, RV285396) sul presupposto che i precetti normativi, in materia di impugnazione, settore dominato dal principio di tassatività, debbano essere considerati di stretta interpretazione, tanto più quando incidono sull'ammissibilità dell'impugnazione e, dunque, sull'esercizio del diritto di difesa. Quest'ultima soluzione è ritenuta dalla Corte ancora più corretta, allorché viene in rilievo un'ordinanza che, non essendo suscettibile di autonomo rimedio, può essere impugnata solo in un momento differito e, cioè, unitamente alla sentenza. Diversamente opinando, la parte difesa non potrebbe ottenere una delibazione sulla legittimità della dichiarazione di assenza se non assolvendo comunque l'onere documentale che da quella declaratoria discende, in violazione del diritto di difesa. Per la Corte, dunque, in via preliminare occorre verificare se sia legittima l'ordinanza dichiarativa dell'assenza dell'imputato considerato che dall'esito di tale verifica dipende il giudizio sull'ammissibilità del ricorso introdotto in difetto di uno specifico mandato ad impugnare.

Nel caso di specie, stabilito che la declaratoria di assenza si era basata unicamente sulla dichiarazione di domicilio presso il difensore di ufficio, senza che fosse fatto alcun approfondimento da parte dell'autorità procedente circa l'esistenza, alla data della verifica della regolare costituzione delle parti davanti al giudice, dell'effettivo rapporto con il difensore nominato, la Corte ha concluso per l'annullamento dell'ordinanza dichiarativa dell'assenza e della sentenza di condanna.

Secondo la prevalente giurisprudenza, infatti, l'elezione di domicilio presso il difensore d'ufficio, è solo un indice indicativo della conoscenza del procedimento da parte dell'imputato che non esime l'autorità procedente dal verificare la sussistenza, ai fini della legittima declaratoria di assenza, anche dopo l'entrata in vigore dell'art. 162 comma 4-bis c.p.p., di un effettivo rapporto professionale tra il difensore e l'imputato (Cass. pen., sez. Un., 28 novembre 2019, n. 23948,  Ismail Darwish Mhamed, RV 279420).

Osservazioni

La Corte, partendo dalla considerazione che la disposizione di cui all'art. 581 comma 1-quater c.p.p., prescrive un particolare onere ai fini dell'ammissibilità dell'impugnazione, che investe il difensore (di fiducia o d'ufficio) del solo imputato assente e sempre che l'atto abbia ad oggetto una sentenza, ha affermato che deve ritenersi pregiudiziale la verifica della legittimità dell'ordinanza dichiarativa dell'assenza rispetto alla pronuncia sull'ammissibilità dell'impugnazione proposta in difetto di specifico mandato, avente ad oggetto e l'ordinanza e la sentenza.

A tale conclusione, del tutto condivisibile, la Corte è pervenuta, ritenendo di non poter aderire all'interpretazione secondo cui il difensore dell'imputato assente dovrebbe attendere per fare valere l'illegittimità che investe la declaratoria di assenza la definitività della sentenza di condanna, ricorrendo ad altri rimedi processuali quali la rescissione del giudicato o l'istituto della restituzione nel termine per impugnare. Una tale lettura, infatti, oltre ad essere poco rispettosa del diritto di difesa, si porrebbe in contrasto con il principio della ragionevole durata del processo che – come si legge nella pronuncia – “resta indiscusso canone di indirizzo ermeneutico” e con le esigenze di efficienza ed economia processuale che, animando le più recenti riforme in materia processuale, non possono che essere prese in considerazione allorché si interpreta il dato normativo.

La correttezza della soluzione proposta trova conferma anche nella considerazione che il condannato può comunque accedere, in un secondo momento, allorché l'impugnazione dell'ordinanza e della sentenza dovesse essere rigettata o dichiarata inammissibile, al rimedio della rescissione, posto che la preclusione derivante dal giudicato copre solo le questioni dedotte e decise e non anche quelle meramente deducibili ovvero le questioni proponibili ma non dedotte o non valutate nemmeno implicitamente nella precedente decisione definitiva.

Riferimenti

  • A. Bassi - C. Parodi, La riforma del sistema penale. Commento al D.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, Milano, 2021;
  • R. Bricchetti, Prime riflessioni sulla riforma: disposizioni generali sulle impugnazioni, in IUS Il penalista, 26 ottobre 2022;
  • A. Capone, Le impugnazioni tra speditezza e garanzie, in Speciale “Riforma Cartabia”, in Dir. pen. proc., 2022, p. 184;
  • N. Rombi, Il nuovo processo in assenza, in Speciale “Riforma Cartabia”, in Dir. pen. proc., 2022, p. 126.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.