La mediazione nella class action: le principali novità del novellato art. 15 d.lgs. n. 28/2010

24 Maggio 2024

Il presente contributo si propone l’intento di tratteggiare sinteticamente i rapporti tra la mediazione (e, in particolare, la conciliazione raggiunta in quella sede) e la class action a seguito della modifica dell’art. 15 d.lgs. n. 28/2010 per effetto del d.lgs. n. 149/2022. Tra conferme applicative desumibili dal combinato disposto delle norme coinvolte e nuove questioni interpretative il rapporto tra i due procedimenti solleva non poche perplessità dal punto di vista applicativo.

L'attuale assetto normativo: l'ammissibilità della mediazione nell'azione di classe

I riferimenti normativi che qui ci interessano sono l'art. 5, comma 6, del d.lgs. n. 28/2010 - come modificato dal d.lgs. n. 149/2022 e dal d.lgs. n. 28/2023– il quale prevede che la mediazione obbligatoria (primo comma) e quella demandata dal giudice (art. 5-quater) non si applicano “nell'azione inibitoria di cui agli artt. 37 e 140-octiescod. cons. e l'art. 15 d.lgs. n. 28/2010 vigente il quale, come noto, stabilisce, che in caso di azione di classe ex art. 840-bis c.p.c. “la conciliazione, intervenuta dopo la scadenza del termine per l'adesione, ha effetto anche nei confronti degli aderenti che vi abbiano espressamente consentito”.

Una prima riflessione circa la novellazione degli artt. 5 e 15 per effetto del d.lgs. n. 149/2022 e del d.lgs. n. 28/2023 attiene all'ammissibilità della mediazione qualora si sia in presenza di un'azione di classe. In particolare, come è già stato osservato, la littera legis dell'art. 15 d.lgs. n. 28/2010, che fa espresso riferimento alla class action, “implicitamente conferma la astratta configurabilità di un procedimento di mediazione collettivo” (così Desiato, 162). Tale affermazione sembra potersi dire suffragata anche alla luce dell'art. 5, comma 6, lett “h” d.lgs. n. 28/2010 poc'anzi citato, che escludendo l'applicabilità della mediazione come condizione di procedibilità alla sola azione inibitoria di cui agli artt. 37 e 140-octies cod. cons., di fatto fa salva la possibilità di mediare in seno all'azione di classe di cui al codice di rito. La questione in argomento non era affatto scontata, non tanto in virtù dell'attuale tenore delle norme richiamate, quanto per quello che era il dettato dell'art. 15 d.lgs. n. 28/2010 ante riforma Cartabia.

Difatti, all'abrogazione degli artt. 140 e 140-bis cod. cons. da parte della legge n. 31/2019 (la medesima che ha traposto la class action nel codice di procedura civile) non era coinciso un aggiornamento dell'art. 15 in commento, il quale continuava a disciplinare gli effetti della conciliazione intervenuta dopo la scadenza del termine per l'adesione nell'ipotesi di “azione di classe prevista dall'art. 140-bis del codice del consumo, che, però, per l'appunto, era stato abrogato. Ebbene, l'abrogazione della previsione da ultimo citata aveva indotto alcuni studiosi ad ipotizzare la sopravvenuta incompatibilità tra il procedimento di mediazione e la class action (Donzelli, par. 5.7. contra Dalfino, 290 ss, 559 ss. che ha ritenuto si trattasse di una mera svista del legislatore).

L’efficacia della conciliazione (raggiunta in mediazione) in caso di class action

L’art. 15 più volte menzionato subordina l’efficacia della conciliazione raggiunta in esito alla mediazione esperita pendente l’azione di classe all’espresso consenso degli aderenti. Il dettato legislativo impone innanzitutto qualche riflessione sulle prerogative dell’aderente, che, inevitabilmente, dipendono dal ruolo che gli è proprio nella class action. Circa il secondo profilo si rileva che l’atto di adesione non ha i connotati strutturali di una domanda giudiziale, ma costituisce un semplice atto di perseguimento della tutela giurisdizionale del proprio diritto (Consolo-Zuffi) tanto che, coerentemente, l’art. 840-quinquies, comma 1, c.p.c. prevede che l’aderente non assume la qualità di parte, e l’atto di adesione non richiede per la sua proposizione il ministero di un difensore. Il riconoscimento in capo al singolo componente della classe di una legittimazione uti singulus e che solo eventualmente si avvale dell’assistenza di un’associazione cui conferisce mandato o di un comitato cui partecipa, dà vita secondo la dottrina prevalente ad un fenomeno di sostituzione processuale ex lege. Pertanto, in virtù di quel meccanismo di sostituzione processuale, l’adesione non conferisce all’aderente alcun controllo sulla conduzione del processo e così non lo rende attore in una sua propria causa (Sacchi, 799). In siffatto contesto è ragionevole aderire all’opinione secondo cui il legislatore abbia voluto creare in capo agli aderenti all’azione di classe un diritto potestativo di aderire alla conciliazione stipulata nel corso del processo, che verrebbe così a configurarsi come un contratto aperto all’adesione di terzi (Maniori 9 ss). Se i rilievi appena esplicati possono rappresentare qualche coordinata dotata di stabilità, i problemi interpretativi sorgono non appena si tenti di coordinare praticamente le disposizioni inerenti la mediazione con quelle della class action. In particolare, si affronteranno distintamente i tre momenti in cui, di regola, può darsi luogo ad una mediazione (antecedentemente la lite qualora rappresenti una condizione di procedibilità, in corso di causa e per ordine del giudice) anticipando sin d’ora la presenza di qualche incertezza esegetica. Primariamente l’art. 5, comma 6, lett “h” d.lgs. n. 28/2010, letto al contrario, sembrerebbe dire che qualora si intenda avviare un’azione di classe ex art. 840-bis ss c.p.c. in una delle materie di cui al comma 1 del citato art. 5 sia obbligatorio esperire il tentativo di mediazione, che, dunque, rappresenterebbe condizione di procedibilità. Tale interpretazione, per quanto in astratto coerente con il dettato normativo, riteniamo sia inapplicabile. Invero, tenuto conto, da un lato, che l’art. 15 fa espresso riferimento ad un procedimento di mediazione collettivo nell’ambito di un processo già instaurato che presuppone l’intervenuta adesione dei componenti della classe e, dall’altro, di come sia concretamente (im)possibile avviare una mediazione “di gruppo” in una fase antecedente al vaglio di ammissibilità della domanda, nonché prima che sia pubblicato il ricorso introduttivo nell’area pubblica del portale dei servizi telematici (adempimento quest’ultimo indispensabile per consentire le adesioni) è ragionevole escludere che la mediazione costituisca una condizione di procedibilità della class action o possa, comunque, essere esperita prima del giudizio (Desiato, 163). Di conseguenza, ogni legittimato alla promozione di una class action ed a prescindere o meno dal fatto che ricada in una delle materie in cui è prevista la mediazione obbligatoria ex d.lgs. n. 28/2010 (come nel caso di materia assicurativa, bancaria o finanziaria), potrà facoltativamente, una volta ottenuta la valutazione preliminare di ammissibilità dell’azione tentare la mediazione proponendo apposita istanza presso gli organismi accreditati presso il Ministero della Giustizia. È stato, comunque, ipotizzato (Desiato, 164) che qualora si dovesse accedere ad una diversa interpretazione (i.e. mediazione come condizione di procedibilità per le azioni di classe rientranti nelle materie di cui all’art. 5, comma 1, d.lgs. n. 28/2010) si configurerebbe un paradosso dettato dal fatto che si sarebbe in presenza di un eventuale accordo perfezionatosi anteriormente all’identificazione dei potenziali membri della classe e alla valutazione di ammissibilità dell’azione e, dunque, tale accordo avrebbe un’efficacia soggettiva limitata frustrando lo scopo del legislatore di giungere ad una risoluzione collettiva della questione (Sassani-De Santis, 158 ss). Paradosso che potrebbe essere vinto immaginando una adesione anticipata ad hoc resa possibile in virtù della pubblicazione della domanda di mediazione nell’area pubblica del portale dei servizi telematici di cui all’art. 840-ter c.p.c. (Desiato, 164-165).

Ad ogni buon conto, tornando alla norma che qui ci occupa, il problema maggiore è comprendere a quale “adesione” l’art. 15 faccia riferimento atteso che nella nuova class action l’adesione può avvenire o ex art. 840-quinquies c.p.c. nella fase immediatamente successiva all’ordinanza che ammette l’azione (e nella quale il tribunale fissa un termine per l’adesione e definisce i caratteri dei diritti individuali omogenei che consentono l’inserimento nella classe) oppure, in alternativa ex art. 840-sexies c.p.c., anche nella fase successiva alla sentenza che, in accoglimento dell’azione, definisce il giudizio (i.e. opt-in post sentenza sulla falsariga del modello statunitense). Poiché, come è stato di recente osservato, in tale ultima eventualità lo schema di accordo formulato successivamente alla pronuncia della sentenza si considera non contestato da parte degli aderenti che nulla eccepiscano entro 15 giorni dalla relativa comunicazione producendo, così, i suoi effetti nei loro confronti, il legislatore ha probabilmente voluto riferirsi alla “prima” adesione (Desiato, 164) e, perciò, a quelli aderenti divenuti tali entro il termine perentorio fissato dal tribunale con l’ordinanza di ammissione dell’azione di classe e che abbiano espressamente consentito all’esito raggiunto in mediazione. Verosimilmente il problema che stiamo trattando è destinato a complicarsi in caso di azioni rappresentative a tutela degli interessi collettivi dei consumatori sia per via dell’ulteriore onere di verifica imposto al tribunale ai sensi dell’art. 140-decies cod.cons. che della necessaria osservanza delle disposizioni e delle guarentigie a presidio della tutela dei consumatori previste dal d.lgs. n. 130/2015 attuativo della Direttiva UE 2013/11 sulla risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori (Desiato, Adr). Per converso, invece, non dovrebbero sorgere difficoltà alla possibilità per il giudice di disporre, ad azione di classe pendente, la mediazione cd. delegata ex art. 5-quater d.lgs. n. 28/2010 tenuto conto che l’art. 840-quaterdecies c.p.c. già disciplina la definizione transattiva o conciliativa della controversia a cui, pertanto, la mediazione delegata si affiancherebbe. In tale ipotesi raggiunto l’accordo in mediazione il ruolo di garanzia affidato al giudice ex art. 840-quaterdecies c.p.c. verrebbe espletato dal mediatore e dai difensori e troverebbe applicazione l’art. 15; dunque la conciliazione occorsa successivamente al decorso del termine per l’adesione vincolerebbe anche gli aderenti che vi hanno espressamente consentito (desiato, 166). In conclusione ci sia consentito esprimere qualche riserva sul novellato art. 15 nel senso che ci sembra alquanto evidente che il legislatore non si sia curato di coordinare i meccanismi di funzionamento tra l’azione di classe (anche consumeristica) e la mediazione lasciando ai soggetti che nell’esperienza pratica saranno coinvolti il compito di individuare soluzioni concrete.

Conclusioni

La parziale riscrittura dell’art. 15 d.lgs. n. 28/2010 pare dare luogo a più questioni di quante ne risolva. L’intervento adeguativo – imposto pena la permanenza di un riferimento normativo e rimediale non più in vigore – si rivela meramente formale e sembra non tener conto della concreta dinamica dell’azione di classe come elaborata nel 2019. Se è vero che le class action, al momento, non hanno avuto molta fortuna e diffusione nelle aule di giustizia, è altrettanto vero che una postilla legislativa, magari in calce alla ventilata modifica della riforma Cartabia, contribuirebbe ad una maggior chiarezza in un panorama – sotto più punti di vista – piuttosto incerto.

Riferimenti

In dottrina sul tema: Consolo-Zuffi, Lineamenti processuali dell’azione di classe ex art. 140-bis cod. cons., Milano, 2011; Maniori, Mediazione ed azione di classe: un'analisi sulla interazione tra i due istituti, in Dir. ec. ass., 2012; Sacchi, Class action e interessi collettivi, in Responsabilità civile, I, a cura di Cendon, Milano, 2017; Donzelli, Azione di classe risarcitoria, in www.treccani.it; Dalfino, Mediazione civile e commerciale, in Commentario del codice di procedura civile a cura di Chiarloni, Bologna; Desiato, Adr in materia di consumo e l’opera di armonizzazione ancora a metà del guado, in judicium.it ; Sassani-De Santis, L’inammissibilità dell’azione di classe consumeristico e il “non possum” della Cassazione, in Foro.it., 2023, I; Desiato, Mediazione e azione di classe, in La nuova giustizia complementare, a cura di Dalfino, Foro.it, 2,2023.

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