Nuovo rito semplificato, vecchio rito sommario: tutto cambia perché nulla cambi!

30 Maggio 2024

Il 28 febbraio 2023 ha segnato lo spartiacque tra vecchia e nuova disciplina processuale. Ciò ha implicato, nell'immediato, l'insorgere di questioni circa il rito da applicare ai procedimenti instaurati in prossimità di tale data e, in particolare, con riferimento alla ultrattività o meno di riti abrogati (quale il sommario di cognizione), con la conseguente esigenza di individuare il percorso processuale più corretto, al fine di definire (in rito o nel merito) il giudizio introdotto con tali non più attuali forme.

Massima 

L'erronea introduzione del processo con ricorso ex art. 702-bis c.p.c., pur dopo l'abrogazione, ad opera dell'art. 3, comma 48, del d.lgs. n. 149/2022, del Capo III-bis del Titolo I, Libro IV del codice di procedura civile, non può avere carattere impediente rispetto alla prosecuzione del giudizio nelle forme del rito semplificato, ex artt. 281-decies ss. c.p.c.

Il caso

Il Tribunale di Teramo viene investito dalla proposizione di un ricorso ex art. 702-bis c.p.c., iscritto al ruolo generale, tuttavia, successivamente al 28 febbraio 2023 e, dunque, allorché, per effetto di quanto disposto dal d.lgs. n. 149/2022, il rito sommario di cognizione era stato già abrogato, con conseguente sua non ulteriore applicabilità.

La questione

Il giudice abruzzese è, dunque, chiamato a risolvere, a monte, la questione della ammissibilità o meno della domanda introdotta nelle forme di un rito abrogato e, a valle di questa ed in caso di risposta positiva a tale preliminare valutazione, ad individuare con quale procedura, tra quelle vigenti, debba procedersi all'ulteriore trattazione della causa.

Le soluzioni giuridiche

L'art. 35, comma 1, d.lgs. n. 149/2022, come modificato dall'art. 1, comma 380, lettera a), della l. n. 197/2022, chiarisce che “Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti”: il 28 febbraio 2023 ha dunque rappresentato una sorta di deadline, il giorno “zero”, cioè, per il transito nella nuova disciplina processuale.

Ciò ha implicato che, per i procedimenti da instaurare – come nel caso in esame – con ricorso, stante la regola generale dettata, ai fini della prevenzione (e quindi della individuazione della data di pendenza della lite) dall'art. 39, ultimo comma, c.p.c., l'applicabilità (o meno) della nuova disciplina “Cartabia” è condizionata alla circostanza che il deposito dell'atto introduttivo del giudizio sia avvenuto con decorrenza dall'1 marzo 2023 a seguire (con conseguente necessità, a contrario, di riferirsi alla “vecchia” disciplina per i ricorsi depositati sino a tutto il 28 febbraio 2023 incluso), senza che assuma rilievo alcuno, invece, la data di notifica dello stesso alla controparte, unitamente al decreto di fissazione dell'udienza.

Sulla base di tale pacifica premessa (ben più complessa è la questione, infatti, per i giudizi introdotti con atto di citazione. Cfr. infra), il Tribunale “preliminarmente [osserva] che il ricorso è stato introdotto facendo riferimento all'abrogato rito sommario di cognizione, di cui agli artt. 702-bis ss. c.p.c., [sebbene questo] non [sia] più vigente a far data dal 28 febbraio 2023 [e, dunque, ad esso non possa utilmente farsi riferimento per regolare lo svolgimento del giudizio]”. Con il che si pone la prima questione affrontata dall'ordinanza in esame: la domanda in siffatti termini proposta è da dichiarare inammissibile, ovvero può comunque essere utilmente considerata ai fini della valida instaurazione del giudizio?

Orbene, è noto che l'ordinamento tende a preservare, in linea generale, la validità e l'efficacia degli atti, sulla scorta del rilievo per cui utile per inutile non vitiatur: nel diritto processuale tale principio trova conferma nell'art. 156 c.p.c. e nella declinazione di una regola – anch'essa avente carattere generale – per cui l'erronea applicazione delle regole procedurali non può pregiudicare o aggravare in modo non proporzionato l'accertamento del diritto, sicché dall'adozione di un rito errato non deriva alcuna nullità, né la stessa può essere dedotta quale motivo di gravame, a meno che l'errore non abbia inciso sul contraddittorio o sull'esercizio del diritto di difesa o non abbia, in generale, cagionato un qualsivoglia altro specifico pregiudizio processuale alla parte (cfr. Cass., sez. II, 11 aprile 2023, n. 9628; Cass. civ., sez. I, 12 maggio 2021, n. 12567; Cass. civ., sez. lav.,  5 aprile 2018, n. 8422). D'altronde, l'art. 111 Cost. assegna rilievo costituzionale al principio di ragionevole durata del processo al pari di quello del diritto di difesa, sicché il contemperamento dei due principi porta ad escludere la correttezza di interpretazioni che prevedano la regressione del processo per il mero rilievo della mancata realizzazione di determinate formalità, la cui omissione non abbia in concreto comportato limitazioni delle garanzie difensive (Cass. civ., sez. II, 17 ottobre 2014, n. 22075).

Logica e condivisibile, dunque, appare la scelta del Tribunale di Teramo, che evidenzia come “l'erronea introduzione del presente giudizio con ricorso ex art. 702-bis c.p.c. non può avere carattere impediente rispetto alla sua prosecuzione”: esclusa, pertanto, la strada della chiusura del processo in rito, per inammissibilità della domanda, resta da valutare la seconda questione e, cioè, quale rito applicare al giudizio erroneamente introdotto nei termini supra indicati.

Al riguardo, l'ordinanza in commento anzitutto puntualmente rileva come, in linea astratta, tra l'abrogato rito sommario ed il nuovo procedimento semplificato di cognizione sia riscontrabile una vera e propria continuità normativa e, ciò, in particolare (a) per le chiare indicazioni evincibili dall'art. 1, comma 5, lett. n), l. n. 206/2021, donde emerge la volontà del legislatore di modificare la collocazione topografica e la denominazione del rito ex art. 702-bis ss. c.p.c., al fine di sottolinearne la caratterizzazione in termini di cognizione piena ed esauriente e la sua alternatività rispetto al processo ordinario, (b) per la contestualità dell'abrogazione del rito sommario e dell'introduzione di quello semplificato ad opera del d.lgs. n. 149/2022, attuativo della delega di cui alla l. n. 206 cit. nonché (c) per la chiara intentio del legislatore, evincibile anche dai lavori preparatori e dalle relazioni illustrative e di accompagnamento alla c.d. Riforma Cartabia. Nel concreto, poi, il giudice abruzzese, rilevato che “quanto all'atto introduttivo…sia l'abrogato art. 702-bis, comma 1, c.p.c. che l'art. 281-undecies, comma 1, c.p.c., ne stabiliscono il contenuto in termini equivalenti, facendo rinvio alle indicazioni di cui ai nn. 1, 2, 3, 4, 5, 6 e 7 del terzo comma dell'art. 163 c.p.c., mentre la disposizione attualmente vigente prevede l'ulteriore indicazione di cui al n. 3-bis (“l'indicazione, nei casi in cui la domanda è soggetta a condizione di procedibilità, dell'assolvimento degli oneri previsti per il suo superamento”)”, ed osservato come, da un lato, sia pure essendo stato redatto nelle forme del ricorso ex art. 702-bis c.p.c.l'atto oggetto di scrutinio presenta comunque un riferimento alla condizione di procedibilità (“… rilevato che ha sortito esito negativo l'esperimento in sede di mediazione in data 27.03.2019…”) e, dall'altro, avuto riguardo alla notifica del ricorso e del pedissequo decreto, siano stati rispettati i termini a comparire ex art. 281-undecies, comma 2, c.p.c., sia pure implicitamente esclude qualsivoglia lesione del diritto di difesa o pregiudizio processuale a carico della convenuta.

Ne consegue – inevitabilmente, verrebbe da dire, e per via interpretativa – il naturale transito del procedimento erroneamente introdotto nelle forme dell'abrogato rito sommario di cognizione sotto l'ambito di operatività del vigente rito semplificato ex artt. 281-decies ss. c.p.c. (sia pure con la particolarità, propria del caso di specie, per cui, vista la complessità della lite e dell'istruzione probatoria “incompatibili con la prosecuzione nelle forme del procedimento semplificato di cognizione” – cfr. il penultimo cpv. della motivazione dell'ordinanza in commento - il medesimo tribunale ha poi disposto il mutamento di rito, ai sensi dell'art. 281-duodecies, comma 1, c.p.c. e la sua prosecuzione delle forme del rito ordinario di cognizione). 

Osservazioni

Dalla comparazione tra l'ambito applicativo del “vecchio” procedimento sommario di cognizione e quello del “nuovo” procedimento semplificato non v'è, invero, una perfetta coincidenza, anche sol considerando che mentre l'abrogato art. 702-bis c.p.c. consentiva il ricorso al rito sommario, a scelta dell'attore, per le sole cause devolute alla cognizione del Tribunale in composizione monocratica, il nuovo art. 281-decies c.p.c.dispone che il procedimento semplificato debba essere utilizzato “quando i fatti di causa non sono controversi, oppure quando la domanda è fondata su prova documentale, o è di pronta soluzione o richiede un'istruzione non complessa”, a prescindere - dunque - dalla composizione (monocratica o collegiale) dell'organo giudicante.

Si tratta, però, in entrambi i casi, di riti alternativi al procedimento ordinario di cognizione, idonei “ad impartire la tutela dichiarativa nella stessa identica misura di quest'ultimo” (così Motto, in relazione al procedimento semplificato. Per il procedimento sommario cfr. anche Cass. civ., sez. II, 11 marzo 2021, n. 6817), con l'ulteriore precisazione che siffatta alternatività non sussiste, tuttavia, rispetto alle controversie assoggettate ad un rito a cognizione piena diverso e alternativo rispetto a quello ordinario, quale quello delle cause di lavoro o locatizie, secondo un ragionamento sviluppato da Cass. civ., sez. III, 5 luglio 2023, n. 18990 per il procedimento sommario (ma valido anche per il semplificato) e per cui “da un lato, il riferimento espresso, contenuto nelle norme richiamate, all'art. 183 c.p.c., ed all'art. 163 c.p.c., [appare] indice della volontà del legislatore di limitare l'applicabilità del procedimento in questione alle controversie che possono essere promosse con il rito ordinario a cognizione piena, e, dall'altro, che non è consentita un'interferenza del procedimento sommario con i riti speciali di cognizione, contrassegnati da concentrazione processuale o da una ufficiosità dell'istruzione, in quanto espressamente considerati dal decreto di semplificazione dei riti (d.lgs. n. 150/2011) come modelli alternativi l'uno all'altro”.

Quanto, infine, al concetto di “instaurazione” del procedimento (successivamente al 28 febbraio 2023), contemplato dall'art. 35, comma 1, del d.lgs. n. 149/2022 quale discrimen ai fini dell'applicabilità del nuovo rito ordinario di cognizione cd. “Cartabia”, la questione è ancor più problematica laddove, diversamente dall'ipotesi in esame, si tratti di giudizi introdotti con atto di citazione e rispetto ai quali, pertanto, si potrebbe verificare il caso di atto introduttivo spedito per la notifica entro il 28 febbraio 2023, ma materialmente consegnato al destinatario dall'1 marzo 2023 a seguire.

Gli orientamenti in campo, sono sostanzialmente due e tendenti a valorizzare, alternativamente, la data di spedizione (così Trib. Verona, 13 aprile 2023, che rileva come, mentre la nozione di pendenza allude a processi che possono trovarsi in fasi processuali diverse, da quella iniziale, a quella di trattazione, a quella decisionale, la nozione di instaurazione si riferisce invece ad un processo che è ancora nella fase di instaurazione del contradditorio ed è quindi più circoscritta di quella di pendenza. Utilizzandola il legislatore ha inteso stabilire che, mentre per i giudizi pendenti (meglio sarebbe stato dire “già pendenti”) alla data del 28 febbraio 2023, e in qualunque fase essi si trovassero, trovano applicazione le norme previgenti, per quelli introdotti dal primo marzo, ossia per quelli per i quali, a partire da quella data sia inviato l'atto di citazione, se soggetti al giudizio ordinario, o depositato il ricorso se soggetti a rito semplificato, vengono in rilievo le nuove norme) ovvero quella di ricezione dell'atto da parte del destinatario (seguendo l'impostazione data da Cass. civ., sez. VI-2, 16 novembre 2017, n. 27236 ad analoga questione postasi con riferimento alla l. n. 69/2009 e risolta applicando i principi consolidati in tema di scissione degli effetti della notifica per notificante e destinatario, per cui la produzione degli effetti che alla notificazione stessa sono ricollegati – nella specie, l'instaurazione del giudizio - è condizionata al perfezionamento del procedimento notificatorio anche per il destinatario e che, ove a favore o a carico di costui la legge preveda termini o adempimenti o comunque conseguenze dalla notificazione decorrenti, gli stessi debbano comunque calcolarsi o correlarsi al momento in cui la notifica si perfeziona nei suoi confronti. Cfr. anche Corte cost. n. 28/2004).

Riferimenti

F. Casciaro, Dal procedimento sommario al nuovo procedimento semplificato di cognizione, in www.judicium.it, 2 gennaio 2024;

A. Motto, Prime osservazioni sul procedimento semplificato di cognizione, in www.judicium.it, 16 gennaio 2023;

R. Pezzella, Riforma del processo civile di primo grado: la difficile interpretazione della disciplina transitoria, in IUS Processo civile (ius.giuffrefl.it), 3 aprile 2023. 

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