4-bis e telefonate con i figli minori: la Consulta dichiara incostituzionali norme di sfavore
31 Maggio 2024
Massima È illegittimo l'art. 2-quinquies, comma 1, d.l. 30 aprile 2020, n. 28, convertito, con modificazioni, nella legge 25 giugno 2020, n. 70 «nella parte in cui prevede che l'autorizzazione ai colloqui con i figli minori non può essere concessa più di una volta alla settimana nel caso di detenuti per reati ex art. 4-bis ord. penit. per i quali non sussiste il divieto di concessione dei benefici ex art. 4-bis l. 26 luglio 1975 n. 354». Il caso Con ordinanza del 2 agosto 2023, il Magistrato di sorveglianza di Padova ha sollevato una questione di legittimità costituzionale rispetto all'art. 2-quinquies, comma 1, d.l. 30 aprile 2020, n. 28 (“Misure urgenti per la funzionalità dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonché disposizioni integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19”), convertito, con modificazioni, nella legge 25 giugno 2020, n. 70 «nella parte in cui prevede che l'autorizzazione ai colloqui con i figli minori non può essere concessa più di una volta alla settimana nel caso di detenuti per reati ex art. 4-bis ord. penit. per i quali non sussiste il divieto di concessione dei benefici ex art. 4-bis l. 26 luglio 1975 n. 354». Secondo il Magistrato, tale disposizione violerebbe gli artt. 3,31 e 117, comma 1 Cost., quest'ultimo in relazione all'art. 8 CEDU, nonché in relazione all'art. 3, § 1 della Convenzione sui diritti del fanciullo e in relazione all'art. 24, § 2 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Il caso specifico prendeva le mosse da un reclamo ex art. 35-bis ord. penit. di un detenuto condannato alla pena di anni trenta di reclusione in relazione a un cumulo di condanne per fatti di omicidio commessi tra il 1992 ed il 2000 per associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsione, furto, detenzione abusiva di armi e ricettazione, tutti aggravati dal metodo mafioso ex art. 7 d.l. n. 152/1991. Il detenuto si lamentava che la direzione del carcere gli avesse negato, in ragione dei suoi reati ostativi e compresi nel comma 1 dell'art. 4-bis ord. penit. (a sua volta richiamato dalla disposizione censurata) il permesso di effettuare telefonate giornaliere con il figlio minorenne. Il detenuto riferisce di essere stato ammesso a fruire dei permessi premio, durante i quali ha potuto coltivare il rapporto con il figlio minorenne e che dal punto di vista disciplinare la sua condotta è regolare e che, secondo quanto riportato dall'area trattamentale, ha compiuto una profonda revisione critica rispetto al suo passato. Riporta inoltre riferimenti di relazioni dell'UEPE piuttosto che della Questura circa l'assenza di collegamenti attuali con la criminalità e fa presente di aver fruito, durante la pandemia, di colloqui telefonici giornalieri con il figlio. Secondo il Magistrato il diniego della direzione è conforme all'art. 2-quinquies, comma 1, d.l. 30 aprile 2020, n. 28, qui impugnato, perché è in base a questa disposizione che sarebbe possibile, in aggiunta a quanto previsto dall'art. 39, comma 2 d.p.r. n. 230/2000, autorizzare telefonate aggiuntive in presenza di figli minori, eccetto per i detenuti o gli internati per reati di cui al comma 1, primo periodo, dell'4-bis ord. penit. Stante quindi tale limite normativo, è corretta la decisione della direzione, ma ciò che invece desta qualche perplessità in termini costituzionali è proprio la distinzione tra detenuti “ordinari” e detenuti con reati ostativi di c.d. prima fascia; una distinzione che genera una disparità di trattamento nonostante l'interesse comune sia quello del mantenimento dei contatti con il figlio minorenne. La questione Secondo, infatti, il Magistrato di sorveglianza tale differenziazione contrasterebbe, in primo luogo, con l'art. 3 Cost. perché crea una disciplina diversa a seconda che il detenuto sia “ordinario” oppure no, senza tuttavia prevedere possibilità di verifica del mantenimento della limitazione maggiore per i detenuti condannati per reati compresi al co. 1 dell'4-bis ord. penit.; vi sarebbe inoltre una violazione dell'art. 31 Cost. perché si va a ledere il rapporto tra genitore (detenuto) e figlio, oltre che l'art. 8 CEDU, a tutela della privacy e della famiglia. Si richiamano inoltre anche fonti internazionali previste a garanzia degli interessi del minore, al quale, sia per principi interni che unanimemente riconosciuti, viene riconosciuta una maggiore protezione, preminente rispetto ad altri interessi ugualmente meritevoli di tutela. Le soluzioni giuridiche Per la Corte costituzionale la questione è fondata ed è ancorata all'art. 3 Cost., potendosi ritenere infatti tutti gli altri parametri citati assorbiti. In particolar modo per la Corte ciò che rileva maggiormente è il fatto che il legislatore abbia previsto delle discipline differenziate tra detenuti “ordinari” da un lato, e detenuti per reati di cui al comma 1 dell'4-bis ord. penit., dall'altro, e che per quest'ultimi sia prevista una disciplina più favorevole per l'accesso ai benefici e alle misure alternative di quanto introdotto con la disposizione citata in fatto di corrispondenza telefonica in presenza di figli minori. Si contesta, in altre parole, il difetto di coerenza interna al sistema tra scelte discrezionalmente compiute dal legislatore: si tratterebbe di un vizio censurabile dalla Corte costituzionale sotto il parametro dell'art. 3 Cost., il cui contenuto minimo è quello infatti di prevedere eguale trattamenti di casi simili (v. C. cost., n. 46/2024). Il legislatore, infatti, ha previsto un sistema di preclusioni con riguardo ai reati diversamente ricompresi nei vari commi dell'4-bis ord. penit.; una disciplina che nel corso del tempo, anche grazie all'opera di erosione della Corte, si è radicalmente trasformata ed è stata riformata con il d.l. n. 162/2022. Con tale normativa, il legislatore ha eliminato la natura assoluta della preclusione all'accesso ai benefici penitenziari e alle misure alternative anche per i detenuti con reati ricompresi nel comma 1, primo periodo, dell'4-bis ord. penit. che non abbiano collaborato, purché soddisfino la prova di tutta una serie di ulteriori requisiti individuati dal legislatore e da verificarsi da parte del magistrato. Alla luce di questa modifica, risulta tanto più irragionevole la limitazione delle telefonate dei medesimi autori di reato i quali sul piano dei benefici hanno diritto ad un trattamento a loro più favorevole. Tanto più ciò è irragionevole se si tiene a mente che l'interesse tutelato dalla normativa di favore è il contatto con il minore e l'esercizio della funzione genitoriale che sono ambedue due interessi tutelati in via preminente dalla Costituzione e dalla più recente giurisprudenza costituzionale (v., per tutte, la più recente, C. cost., n. 105/2023). Osservazioni La pronuncia esaminata è molto interessante perché pur decidendo su una questione limitata e circoscritta alla normativa d'emergenza introdotta durante la pandemia introduce delle riflessioni di sistema che potrebbero potenzialmente valere come principio generale ed estendersi ad altri aspetti della disciplina differenziata, perché più complessa e gravosa, dell'accesso ai benefici penitenziari, in senso lato intesi, e delle misure alternative per tutti quei condannati che scontano la pena per un reato ostativo compreso all'interno del catalogo dell'4-bis ord. penit. |