Responsabilità civile
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Maggio 2024: responsabilità dell’appaltatore, autovelox, assicurazione RC e operatività delle cause di sospensione della prescrizione

La Redazione
03 Giugno 2024

Nel mese di maggio 2024, la Suprema Corte ha esaminato, tra l’altro, il tema della proponibilità dell'azione risarcitoria prevista dall'art. 1669 c.c. in caso di rovina o di gravi difetti di cose immobili destinate a durare nel tempo; autovelox non sottoposto a taratura annuale e illegittimità dell’accertamento della violazione dei limiti di velocità.

Manutenzione stradale: quando è responsabile la PA?

Cass. civ., sez. I, 3 maggio 2024, n. 11950

La custodia esercitata dal proprietario dal gestore della strada non è limitata alla sola carreggiata, ma si estende anche agli elementi accessori o pertinenze, ivi comprese eventuali barriere laterali con funzione di contenimento e protezione della rete stradale. Pertanto: da un lato, la Pubblica Amministrazione è onerata di svolgere adeguati interventi manutentivi sulle menzionate barrire, violando altrimenti sia le norme specifiche che impongono determinati standard di sicurezza sia i principi generali in tema di responsabilità civile; dall'altro lato, ove si lamenti un danno derivante dall'assenza o dall'inadeguatezza delle barriere laterali, la circostanza che alla causazione del pregiudizio abbia contribuito la condotta colposa dell'utente della strada non è idonea a integrare il caso fortuito, occorrendo accertare giudizialmente la resistenza che la presenza di un'adeguata barriera avrebbe potuto opporre all'urto da parte del mezzo.

Responsabilità dell'appaltatore per rovina e difetti di cose immobili e decorrenza del termine decennale

Cass. civ. sez. II, 3 maggio 2024, n. 11906

Ai fini della proponibilità dell'azione risarcitoria prevista dall'art. 1669 c.c. , in caso di rovina o di gravi difetti di cose immobili destinate a durare nel tempo, il termine di dieci anni dal compimento dell'opera previsto da tale norma attiene alle condizioni di fatto che rendono evidente la responsabilità del costruttore ovvero, in modo ancora migliore: che rendono evidente il pericolo di rovina o i gravi difetti  - scontando il tacito presupposto che la rovina totale o parziale sia di per sé evidente - . (Nel caso di specie, il grave difetto si è «presentato evidente» a distanza di quasi quindici anni dal «compimento»).

Autovelox non sottoposto a taratura annuale, l'accertamento è illegittimo

Cass. civ. sez. II, 7 maggio 2024, n. 12318

Con sentenza della Corte costituzionale n. 113/2015 è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 45, comma 6, CdS, nella parte in cui non prevedeva che tutte le apparecchiature impiegate nell'accertamento delle violazioni dei limiti di velocità fossero sottoposte a verifiche periodiche di funzionalità e di taratura; - con la citata previsione attuativa dell'art. 2 del D.M. n. 282 del 13 giugno 2017 del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, è stata emanata la disposizione (avente natura prescrittiva), secondo la quale «Tutti i decreti di approvazione del prototipo, ove non già previsto, devono intendersi modificati con l'aggiunta del seguente periodo: il presente dispositivo/sistema, per l'accertamento delle violazioni dei limiti massimi di velocità, deve essere sottoposto a verifiche periodiche di funzionalità e di taratura con cadenza almeno annuale», da intendersi applicabile anche retroattivamente (proprio perché estende la prescrizione anche ai decreti di approvazione ove tale previsione non era contemplata), oltre a doversi considerare anche l'efficacia retroattiva propria delle sentenze di accoglimento della Corte costituzionale.

Pertanto, è da considerarsi illegittimo l'accertamento fatto dall'apparecchio "autovelox" (con conseguente annullamento del relativo verbale di contestazione) sottoposto a verifica di funzionalità e taratura oltre due anni prima rispetto alla data di accertamento della violazione.

Risarcimento per la morte del prossimo congiunto: è valida la clausola a secondo rischio?

Cass. civ., sez. III, 8 maggio 2024, n. 12497

La polizza stipulata da una casa di cura "per conto proprio" a copertura della responsabilità civile (tanto per il fatto proprio quanto per quello altrui) non può "operare in eccesso" rispetto all'assicurazione "personale" del medico che in essa operi, poiché i due contratti, che sono diversi e riguardano soggetti differenti, non coprono il medesimo rischio.

Incidenza del giudicato penale nel giudizio civile: limiti oggettivi ed efficacia probatoria

Cass. civ., sez. III, 10 maggio 2024, n. 12901

I limiti oggettivi del giudicato penale di condanna sono descritti dall'art. 651 c.p.p. e attengono alla sussistenza del fatto materiale, alla sua illiceità penale e alla sua ascrivibilità all'imputato; l'efficacia probatoria del giudicato penale nel giudizio civile si estende oltre i suoi limiti oggettivi. Invero, il giudice civile può utilizzare la sentenza penale definitiva e, in generale, le prove assunte nel processo penale per accertare gli ulteriori elementi costitutivi dell'illecito civile.

Assicurazione RC e operatività delle cause di sospensione della prescrizione

Cass. civ. sez. III, 10 maggio 2024, n. 12928

Riguardo alla estensione delle cause di sospensione della prescrizione ex art. 2941 c.c. ai coobbligati solidali, la Cassazione ha affermato che l'art. 1310, comma 2, c.c., si applica alle sole obbligazioni solidali passive riconducibili ad una eadem causa obligandi. In relazione all'ipotesi di «solidarietà atipica» tra assicuratore della responsabilità civile per la circolazione stradale e responsabile civile, non riconducibile ad una eadem causa obligandi, bensì rispettivamente all'obbligazione ex delicto per il responsabile ed all'obbligazione nascente dal rapporto assicurativo per la compagnia assicurativa, la sospensione della prescrizione a favore del danneggiato, per il verificarsi delle condizioni di cui all'art. 2941, n. 1 e n. 2, c.c., nei confronti del responsabile deve ritenersi operante anche nei confronti della compagnia assicurativa, ex lege obbligata all'indennizzo del sinistro derivante dalla circolazione stradale.

L'assicuratore deve indennizzare l'assicurato appena riceve la richiesta di risarcimento

Cass. civ., sez. III, ord., 20 maggio 2024, n. 13897

L'obbligo dell'assicuratore di tenere indenne il proprio assicurato dalla responsabilità civile, regolato dall'art. 1917 c.c., nasce quando l'assicurato causa un danno a terzi, essendo tale evento oggetto del rischio assicurato. Conseguentemente, la liquidità del debito da risarcire al terzo danneggiato non è condizione necessaria della costituzione in mora dell'assicuratore, non avendo valenza nel nostro ordinamento il principio “in illiquidis non fit mora”. (Nel caso in questione, ricevuta la denuncia del sinistro, l'assicuratore, in base al parametro dell'ordinaria diligenza professionale ex art. 1176, comma 2, c.c., è rimasto inerte rispetto all'obbligo di tenere indenne l'assicurato, obbligo che non sussiste in riferimento al tempo in cui diviene liquido ed esigibile il credito del terzo danneggiato, laddove il fatto dannoso del responsabile civile non sia seriamente contestabile e l'assicuratore non si sia attivato dopo la comunicazione di sinistro da parte dell'assicurato).

Emotrasfusione e risarcimento del danno patrimoniale da limitazione della capacità lavorativa specifica

Cass. civ. sez. III, 21 maggio 2024, n. 14069

In tema di danni derivanti dalla somministrazione di sangue infetto e ammissione delle prove testimoniali per la dimostrazione di un danno permanente comprensivo anche dei profili patrimoniali (nello specifico “danno da occasione perduta” o “danno patrimoniale futuro), la Cassazione ricorda che l'ammissione di suddette prove è rimessa alla discrezionalità del giudice di merito, come è pure del merito valutare se si possa ritenere “più probabile che non” che la scelta fatta dal ricorrente per una carriera meno retribuita sia stata «necessitata o quanto meno fortemente condizionata dalla patologia contratta». (Nel caso specifico dove in Cassazione è stata dedotta violazione degli articoli 115,116 e 244 c.p.c. nonché 1223, 1226, 2043, 292, 2929, 2967 c.c. e 40 del codice penale in rapporto agli articoli 24 e 111 della Costituzione per la non ammissione delle prove testimoniali - che avrebbero potuto dimostrare la sussistenza del pregiudizio anche patrimoniale causato del danno permanente riportato - la Suprema Corte ricorda che le valutazioni sono presenti nella sentenza impugnata: il giudice di appello ha reputato il ricorrente fisicamente in grado di affrontare la carriera di commercialista ritenendo mancante la prova che la patologia è stata determinante nella scelta di intraprendere una diversa carriera che il ricorrente prospetta come di minor soddisfazione, personale ed economica). 

Diffamazione, esimente e cancellazione delle espressioni diffamatorie disposte dal giudice civile

Cass. pen. sez. V, sent., 23 maggio 2024, n. 20520

La Quinta Sezione penale, in tema di diffamazione, ha affermato che, ai fini dell'applicabilità dell'esimente prevista dall'art. 598 c.p., non rileva la cancellazione delle espressioni diffamatorie disposta dal giudice civile ai sensi dell'art. 89, comma secondo, c.p.c., essendo distinti sia i canoni valutativi cui devono conformarsi quest'ultimo e il giudice penale nell'applicazione delle diverse disposizioni, sia la portata delle stesse, atteso che per offese non riguardanti l'oggetto della causa, di cui all'art. 89 c.p.c., devono intendersi quelle “non necessarie alla difesa”, pur se ad essa non estranee, mentre per “offese che concernono l'oggetto della causa”, di cui all'art. 598 c.p., devono intendersi quelle che, benché non necessarie, siano comunque strumentali alla difesa.

Responsabilità della Regione per i danni cagionati da fauna selvatica

Cass. civ. sez. III, 24 maggio 2024, n. 14555

Qualora si invochi il risarcimento dei danni cagionati dalla fauna selvatica, trova applicazione la presunzione di responsabilità di cui all'art. 2052 c.c. Quanto agli oneri probatori, in applicazione del criterio oggettivo ex art. 2052 c.c. «il danneggiato deve allegare e dimostrare che il danno è stato causato dall'animale selvatico (e, quindi, dimostrare la dinamica del sinistro nonché il nesso causale tra la condotta dell'animale e l'evento dannoso subito, oltre che l'appartenenza dell'animale stesso ad una delle specie oggetto della tutela di cui alla legge n. 157/1992 e/o comunque che si tratti di animale selvatico rientrante nel patrimonio indisponibile dello Stato)».

(Fermo restando quanto sopra, il danneggiato ha facoltà di agire in giudizio ex art. 2043 c.c., facendosi carico del maggior onere probatorio previsto dalla norma come nel caso di specie in cui la danneggiata, ferita dal cinghiale, ha introdotto il giudizio di merito chiedendo l'accertamento della responsabilità della Regione esclusivamente ai sensi dell'art. 2043 c.c., responsabilità provata per non aver adottato «misure idonee ad arginare il progressivo e ingravescente pericolo, più volte segnalato negli articoli di cronaca locale, dell'avvicinarsi dei cinghiali alle abitazioni poste in prossimità delle zone boschive, in tal modo sottovalutando, nell'ambito della propria attività di indirizzo e pianificazione, il problema della proliferazione della specie e del conseguente crescente bisogno di procurarsi il cibo»).

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