Decreto di fissazione dell'udienza e principio del contraddittorio
18 Giugno 2024
Massima Sono infondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Tribunale di Verona con riguardo all'art. 171--bis c.p.c. in riferimento agli artt. 76 e 3 Cost. E' infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale di Verona con riguardo all'art. 24 Cost, se l'art. 171-bis c.p.c. viene interpretato nel senso che il contraddittorio non è sacrificato quando emerga l'esigenza che questo debba dispiegarsi ed il giudice adotti i provvedimenti che salvaguardano il diritto di difesa, nei modi di cui a motivazione. Il caso Il Tribunale di Verona, con ordinanza in data 22 settembre 2023, ha ritenuto che non sia manifestamente infondata la q.l.c. dell'art. 171-bis c.p.c., non avendo la legge delega 26 novembre 2021 n. 206 contemplato una fase, antecedente all'udienza di prima comparizione delle parti, deputata alle verifiche preliminari, e prevedendo detta verifica una differenza sotto il profilo dell'evocazione del contraddittorio a seconda della tipologia di questioni rilevabili d'ufficio, che contrasta con il principio della ragionevolezza, in riferimento agli artt. 76, 77, 3 e 24 Cost. La questione è stata rimessa pertanto alla Corte Costituzionale che l'ha decisa, rigettandola, con la pronunzia in commento (n. 96 del 3 giugno 2024). La questione E' costituzionalmente illegittimo l'art. 171-bis c.p.c.? Le soluzioni giuridiche I. Primo profilo di censura costituzionale rivolto dal remittente scaligero all'art. 171-bis c.p.c. concerne la violazione dei criteri di delega ex art. 76 Cost.; assumendo, in particolare, un eccesso di delega, posto che in alcuna delle disposizioni della l. n. 206/2021 il legislatore si sarebbe riferito alla possibilità per il giudice di adottare un decreto di fissazione dell'udienza di prima comparizione delle parti. Da questo punto di vista, la questione viene ritenuta infondata e rigettata dalla Corte, sulla scorta della considerazione che il legislatore delegato gode di discrezionalità, "particolarmente ampia” quando la delega abbia ad oggetto un “intervento normativo molto esteso su settori dell'ordinamento che per complessità dei rapporti e la tecnicità e interconnessione delle regole, mal si prestano ad approvazione diretta delle Camere” (§ 6.1). D'altro canto, prosegue la Corte, per verificare il rispetto dei parametri di delega, non è sufficiente il mero riscontro del dato letterale, dovendosi verificare se la delega sia osservata dal punto di vista della sua “interpretazione sistematica sulla scorta della ratio legis emergente dal contesto complessivo della legge delega e delle finalità che essa persegue”. Ecco quindi che, seppur il parametro letterale evidenzi assenza di dati normativi di supporto, non così l'interpretazione sistematica. Dato che, spiega, ancora, la pronunzia, la previsione dello scambio di memorie antecedentemente l'udienza sarebbe risultata “inutile o addirittura dannosa per l'auspicata concentrazione processuale senza un previo intervento del giudice”. Col rischio di riprodurre le criticità evidenziate nel processo societario, laddove dopo lo scambio delle memorie, all'udienza il giudice poteva essere costretto a rinviare ad altra udienza per sanare o completare attività processuali di carattere preliminare e conseguente necessità di depositare prima della nuova udienza altre memorie. II. La Corte ritiene infondata e rigetta anche la questione sollevata dal remittente, prospettata con riguardo alla violazione dell'art.3 Cost., per il diversificato trattamento che la norma impugnata riserva alle questioni di cui al primo comma (che sono decise dal giudice con decreto) rispetto a tutte le altre questioni preliminari che, a tenore del medesimo disposto, devono solo essere indicate dal giudice e non anche decise nel medesimo decreto. La Corte evidenzia che la soluzione legislativa è giustificata dalle diversificate conseguenze processuali che ne scaturiscono. Dato che solo le prime questioni (incidenti sul contraddittorio ed aventi ad oggetto la sanatoria dei vizi degli atti introduttivi) incidono sui tempi di svolgimento del giudizio, “dilatandoli, comportando di regola, un differimento dell'udienza di trattazione” (§ 7). III. In ultimo, la pronunzia esamina l'ulteriore questione sollevata dal remittente, avente ad oggetto violazione del parametro ex art. 24 Cost., sotto il profilo del principio del contraddittorio, dato che il decreto ex art. 171-bis c.p.c. viene adottato fuori udienza, in assenza di contraddittorio. La Corte premette che il contraddittorio è “momento fondamentale del giudizio” e che la disposizione censurata non garantisce il contraddittorio sulle questioni preliminari, dato che il giudice provvede con decreto ed in tal modo “viene meno il dialogo tra il giudice ed i difensori sui vizi del contraddittorio, degli atti introduttivi e della formalità di costituzione” (§ 8.4). Si evidenzia che, da questo punto di vista, la “possibile compressione del diritto di difesa” prospettata dal Tribunale, può essere ovviata mediante adozione di un'interpretazione adeguatrice. Si chiarisce che viene in rilievo il potere di direzione del processo e di fissazione delle udienze all'uopo ritenute utili (art. 175 c.p.c.), potendo sempre il giudice assicurare il rispetto del principio del contraddittorio ex art. 101 c.p.c. (v. § 8.6). Si evidenzia allora che il giudice, sua sponte, potrebbe fissare un'udienza interlocutoria, antecedentemente l'udienza di trattazione, onde provocare il contraddittorio delle parti, prima dell'adozione del decreto in parola; ovvero, potrebbero essere le parti a sollecitare la fissazione di un'udienza ad hoc, una volta comunicato il decreto alle stesse (secondo il suggerimento di autorevole processualistica: v. Biavati, 323-324, suggerimento fatto proprio dal Parere del C.S.M. adottato sullo schema del correttivo, con delibera in data 8 maggio 2024, 22. Viceversa, Carratta, 43, ritiene che la pronunzia dei provvedimenti in discorso “debba avvenire senza la preventiva instaurazione del contraddittorio fra le parti”). La pronunzia osserva ancora che l'art. 175 c.p.c. non obbliga il giudice a fissare un'udienza apposita, “essendo il suo potere direttivo essenzialmente discrezionale” (§ 8.7). Se non viene fissata un'udienza ad hoc, il decreto può sempre essere oggetto di rivalutazione successiva in sede di udienza di trattazione, potendo sempre il giudice confermare, modificare o revocare tale provvedimento, “prendendo in esame le ragioni delle parti”, nel contraddittorio d'udienza. Si precisa che, laddove il giudice abbia pronunziato il decreto in tema di verifiche preliminari senza accedere alla richiesta di fissazione di udienza ad hoc, non insorgerebbe preclusione o decadenza di sorta se la parte non abbia dato attuazione al giudiziale decreto di sanatoria. Dato che le preclusioni possono verificarsi per i provvedimenti pronunziati in sede in udienza di comparizione, a contraddittorio dispiegato: “la conferma (del decreto)comporta soltanto che la parte è onerata ad adempiere, nel termine perentorio indicato dal giudice alla stessa udienza ex art. 183 c.p.c., a detto ordine giudiziale, incorrendo solo allora, in difetto, nelle ordinarie sanzioni processuali per la propria inattività” (§ 8.9). Evidenzia, ancora, la Corte che la regressione del corso del processo, in tale ipotesi si rivela “residuale e verosimilmente eccezionale”, seppur incidendo sulla ragionevole durata del processo. Per quanto, si precisa, ancora, che la rapidità del processo ”non può pregiudicare la completezza del sistema delle garanzie della difesa e comprimere oltre misura il contraddittorio tra le parti”. In sostanza, la Corte dichiara non fondata la questione sollevata sull'art. 171-bis c.p.c., se la disposizione viene interpretata nei sensi di cui a motivazione. II. La relazione immediata tra giudice e parti sulle questioni pregiudiziali, in quest'ottica, andrebbe instaurata quando venga avanzata istanza di parte, volta alla revisione del contenuto del decreto pronunziato “solitariamente” dal giudice (ai sensi del comma 2°). Come testualmente precisa la pronunzia, la Corte ritiene che il provvedimento reso in sede di verifiche preliminari ed adottato nella forma del decreto, in presenza di istanza di parte, vada “confermato” nel contraddittorio differito d'udienza, in modo analogo a quanto è previsto per il decreto cautelare ante causam reso inaudita altera parte, che va confermato, modificato o revocato in apposita udienza (v. art. 669-sexies, comma 2, ultima parte, c.p.c.). Secondo l'indicazione fornita dalla pronunzia, in tal caso, il contraddittorio su questioni di rito può attuarsi alternativamente: 1) mediante fissazione di udienza interlocutoria ad hoc, in momento antecedente l'udienza ex art. 183 c.p.c.; oppure, 2) in apertura di quest'ultima. Solo in tale ultima ipotesi i provvedimenti adottati dal giudice in tema di contraddittorio e sanatoria di vizi procedurali sono dotati di stabilità ed i vizi sono sanabili, cosicchè la mancata ottemperanza a tali provvedimenti comporta sanzioni a carico delle parti. Si evidenzia pure che la nuova udienza ad hoc potrebbe essere cartolarizzata (art. 127-ter c.p.c.), non sussistendo impedimenti al riguardo (quali la necessaria comparizione personale delle parti). In tal modo viene garantito alle parti il contraddittorio differito, seppur nella forma scritta (su cui espressamente § 8, 6). In tal caso compete alle parti un termine a difesa per la redazione delle note, di almeno quindici giorni, termine decorrente dalla comunicazione del provvedimento di fissazione dell'udienza (art. 127-ter, comma 2, c.p.c.). Osservazioni I. La soluzione interpretativa cui è pervenuta la Corte tenta di mediare tra contrapposte esigenze, tentando di comporle in un quadro unitario, rispettoso del principio di concentrazione del processo e di quello di tutela del contraddittorio. Tuttavia la soluzione prescelta altera l'architettura originaria della fase introduttiva del giudizio di primo grado introdotto dalla recente riforma, che si regge sulla pronunzia giudiziale adottata nella forma del decreto sulle questioni processuale, così da pervenire, in tempi contingentati, all'udienza di comparizione col thema decidendum e col thema probandum già formati. Nell'ottica di assicurare il contraddittorio, criterio valorizzato dalla riforma come emerge dal testo innovato dall'art. 110 c.p.c. (principio definito dalla Corte “momento fondamentale del giudizio, quale cardine della ricerca dialettica della verità processuale”: § 8.1), suscita qualche perplessità ritenere che, sulla questione decisa con decreto, il g.i. sia tenuto (in presenza di istanza di parte) a fissare un'udienza ad hoc. Tale ulteriore adempimento si aggiungerebbe ad un calendario di adempimenti ante udienza ex art. 183 c.p.c. estremamente affollato, in particolare intersecandosi con la decorrenza dei termini di deposito delle memorie integrative. Si consideri che, in seguito alla pronunzia del decreto ex art. 171-bis c.p.c. per il quale è previsto un termine di quindici giorni per provvedere da parte del giudice, poco dopo decorrono per le parti termini processuali serrati (di ulteriori quindici giorni) per il deposito della prima delle tre memorie integrative (art. 171-ter c.p.c.). Con l'esigenza, come ha precisato la Corte (§ 8.7), nell'ipotesi di fissazione di udienza interlocutoria, di differire l'udienza di prima comparizione delle parti. Dal punto di vista temporale, una volta ricevuta la richiesta di riesaminare il decreto, il g.i. sarebbe tenuto a fissare l'udienza interlocutoria (se cartolare concedendo alle parti termine di almeno 15 gg. per predisporre la difesa), tenere l'udienza, provvedere sulla richiesta di revisione, disponendo sulla sanatoria dei vizi riscontrati, con differimento dell'udienza ex art. 183 c.p.c., e successivo decorso a ritroso dei termini di deposito delle memorie, previe nuove verifiche preliminari ante udienza. Si domanda se non sarebbe stato maggiormente funzionale per l'efficienza del neofita sistema ritenere che, sulla questione decisa solitariamente ex art. 171-bis c.p.c., costituisca sufficiente valvola di sfogo garantire il contraddittorio “differito” attuabile all'udienza di prima comparizione delle parti, come d'altro canto espressamente la Corte, in altro passo della pronunzia, ritiene: “in quella sede, il giudice, con ordinanza, potrà confermare, modificare o revocare il decreto emesso in precedenza, prendendo in esame le ragioni delle parti” (§ 8.7.). A seguito della pronunzia di ordinanza di “conferma” del decreto ex art. 171-bis resa all'udienza ex art. 183 c.p.c., l'effetto processuale consisterebbe nell'adozione del provvedimento di sanatoria ed un nuovo deposito di memorie integrative ante (nuova) udienza di comparizione delle parti, che sarà stata differita. In tal modo la struttura ed il disegno della fase introduttiva del giudizio non risulterebbe del tutto alterata, comportando, rispetto al modulo interpretativo proposto dalla Corte, unicamente un nuovo giro di memorie. II. La pronunzia interpretativa di rigetto suscita poi ulteriori perplessità. Dato che la stessa non risulta di agevole applicazione pratica, tenuto conto della sua naturale indeterminatezza. La Corte infatti non è in grado individuare in modo preciso tutte le scansioni procedurali necessarie ad attuarne il principio di diritto dalla stessa enunciato. - Anzitutto, in forza della modifica all'art. 171-bis recata dallo schema al correttivo del d.lgs. n. 149/2022, allo stato ancora in fieri, (nuovo quinto comma), i termini di deposito delle memorie ex art. 171-ter c.p.c. decorrono dalla pronunzia del decreto giudiziale. Ebbene, seguendo la proposta interpretativa formulata dalla Corte, di fissazione di un'udienza ad hoc per dibattere sulle questioni pregiudiziali decise con decreto, sarebbe giocoforza ritenere che i termini di decorrenza siano automaticamente sospesi, ovvero, che il giudice sia tenuto a disporre la sospensione del decorso dei termini di deposito delle memorie. Questa soluzione però non risulta codificata e, come tale, non sembra del tutto appagante. - La Corte neppure chiarisce i termini temporali entro i quali veicolare la richiesta di riesame del decreto reso ex art. 171-bis c.p.c. e neppure sono chiariti tipologia e natura del termine entro cui avanzare la richiesta di riesame, sia questo un termine perentorio, oppure ordinatorio. Quelle testè riferite sono non secondarie lacune, conseguenziali dell'intervento interpretativo della Corte, che è necessariamente indeterminato nelle sue linee essenziali. - Questo difetto di fondo può accrescere l'incertezza degli operatori pratici considerato che, una volta depositato il decreto ex art. 171-bis c.p.c., senza soluzione di continuità ed immediatamente, iniziano a decorre i termini di perentorio deposito delle memorie integrative ed in particolare della prima, nei quindici giorni successivi. Col concreto rischio, in ipotesi di mancato rispetto dei termini, del maturare di decadenze e preclusioni processuali a carico delle parti, un'eventualità sempre possibile in difetto di trasparente quadro normativo di riferimento ed a fronte della natura interpretativa della pronunzia n. 96. Per l'eliminazione del problema s'imporrebbe l'intervento legislativo. III. In conclusione, a fronte di un quadro ordinamentale rinnovato solo da poco più di un anno, ancora in fase di assestamento, stabilizzazione e metabolizzazione, aggiungere, per via interpretativa, nuovi, non del tutto precisati e neppure precisamente individuati, ulteriori adempimenti procedurali a carico delle parti può determinare effetti negativi sulla certezza delle regole del processo. D'altro canto, si domanda se non possa ritenersi sufficiente garanzia, secondo sistema, la previsione del contraddittorio in forma differita all'udienza di cui all'art. 183 c.p.c. sulle questioni decise solitariamente dal giudice, senza per ciò solo ritenere vulnerato il diritto di difesa in giudizio delle parti, con ripetizione delle stesse verifiche in via definitiva (v. Carratta, 42). Il legislatore ha adottato identica soluzione tecnica in materia cautelare, laddove è previsto il contraddittorio differito in udienza a fronte di pronunzia di misura cautelare resa inaudita altera parte. In tal caso, il decreto potrà essere confermato, modificato o revocato dal giudice in udienza (v.art. 669-sexies c.p.c.), senza che tale previsione normativa sia stata tacciata di profili di incostituzionalità. D'altro canto, si rifletta ancora sul fatto che il provvedimento cautelare pronunziato inaudita altera parte incide in modo particolarmente significativo e penetrante sul bene della vita (fino a quando lo stesso non sia confermato in udienza). Ebbene, lo stesso incide sui diritti delle parti come, se non concretamente di più, rispetto ad un provvedimento di integrazione del contraddittorio, oppure all'autorizzazione alla chiamata di terzo pronunziata a processo pendente. Infine, dato che le questioni di rito sono “normalmente liquide” (come osserva la Corte: § 8.11), resta l'auspicio che non siano molte, nè frequenti, le richieste avanzate dalle parti volte alla revisione del decreto con richiesta di udienza interlocutoria, nell'ottica di evitare di far gravare sulla magistratura ulteriori (e non essenziali) adempimenti procedurali. Col concreto rischio di determinare l'allungamento della durata del processo. Riferimenti Biavati, Argomenti di diritto processuale civile, Bologna, 2023, VI° ed. Carratta, Le riforme del processo civile, Torino, 2023. Pezzella, La nuova fase delle verifiche preliminari: il Tribunale di Verona solleva questioni di legittimità costituzionale, in Jus processo civile, 23 novembre 2023, la quale non ravvisa presupposti per la declaratoria di illegittimità della norma impugnata. Scarselli, Il Tribunale di Verona dubita della legittimità costituzionale dell'art. 171-bis c.p.c, in Giust. insieme, 14 novembre 2023, che ritiene infondata la questione. Capasso, Sui poteri del giudice istruttore in sede di verifiche preliminari: cambiando l'ordine degli addendi, il risultato cambia ?, in il Processo, 2023, 3, 999 e segg., secondo cui la previsione di un contraddittorio posticipato rispetto al provvedimento “non basta a rendere incostituzionale la disciplina dell'art. 171 bis”. Volpino, Il cambio di paradigma di fronte ad in giudice serio, in Giur. it., 2024, 5, 1084 e ss., con riguardo all'art. 171 bis, precisa che “si tratta evidentemente di una norma irragionevole che contrasta sia con il dettato costituzionale (art. 24 Cost), sia con l'art. 101, 2° comma, c.p.c. |