Indennità di mensa: non ha natura retributiva e non costituisce base di calcolo per la determinazione del TFR

27 Giugno 2024

In base all'interpretazione letterale dell'art. 6 del d.l. 11 luglio 1992 n. 333, conv. con modif., in l., 8 agosto 1992 n. 359, e secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza della Corte di cassazione, il valore del servizio di mensa e l'importo della prestazione pecuniaria sostitutiva di esso non fanno parte della retribuzione, salva la possibilità di una diversa previsione da parte dei contratti collettivi nazionali e aziendali. Si può quindi escludere che il servizio mensa o l'indennità sostitutiva abbiano natura ontologicamente retributiva; pertanto, dette voci non possono essere considerate nel calcolo del trattamento di fine rapporto. È tuttavia concesso all'autonomia collettiva di disporre diversamente. Si osserva, infine, che i precedenti di legittimità in materia non operano alcuna distinzione in base al rilievo della effettiva istituzione o meno del servizio mensa in azienda, ma si concentrano sulla natura in sé della indennità di mensa, escludendone, come detto, il valore ontologicamente retributivo. 

Massima

Nella disciplina dettata dall'art. 6, comma 3, del d.l. 11 luglio 1992 n. 333, conv. con modif., in l., 8 agosto 1992 n. 359, il valore del servizio mensa o l'indennità sostitutiva di mensa, salva diversa previsione dei contratti collettivi nazionali e aziendali, non costituiscono base di calcolo per la determinazione del trattamento di fine rapporto in ragione della loro natura ontologicamente non retributiva, a nulla rilevando la continuativa erogazione e la eventuale mancata istituzione del servizio mensa in azienda.

Il caso

Un caso concreto di determinazione del trattamento di fine rapporto con riferimento alla voce relativa all'indennità di mensa

Un infermiere professionale dipendente di un ospedale vinceva in primo grado, tra le altre, la richiesta di trattamento di fine rapporto integrato, nel calcolo, dalla voce dell'indennità di mensa; decisione confermata in secondo grado in quanto voce ritenuta confluita nella previsione di cui all'art. 2120, comma 2, c.c. ricomprendente nella base di calcolo del TFR "tutte le somme, compreso l'equivalente delle prestazioni in natura, corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro, a titolo non occasionale e con esclusione di quanto è corrisposto a titolo di rimborso spese".

L'Ospedale ha proposto ricorso per cassazione concluso, in senso opposto, con l'ordinanza in commento.

La questione

Indennità di mensa e calcolo del TFR

Ci si domanda se l'indennità di mensa possa essere considerata elemento utile ai fini del calcolo del TFR e che ruolo abbia, sul punto, la contrattazione collettiva applicata al rapporto di lavoro.

Le soluzioni giuridiche

L'indennità di mensa non è utilizzabile ai fini del calcolo del TFR

Il servizio mensa consiste nel mettere a disposizione dei dipendenti un servizio pasti durante l'intervallo di lavoro. In alcuni casi il datore di lavoro, in mancanza del servizio, può concedere un'indennità sostitutiva, che può essere corrisposta anche in presenza del servizio mensa quando il lavoratore non lo utilizza.

Per risolvere la questione in esame occorre far riferimento all'art. 6, comma 3, del d.l. 11 luglio 1992 n. 333, conv. con modif., in l., 8 agosto 1992 n. 359, e al C.C.N.L. del Comparto Sanità.

L'art. 6, comma 3, del d.l. n. 333/1992, cit. prevede che: “Salvo che gli accordi ed i contratti collettivi, anche aziendali, dispongano diversamente, stabilendo se e in quale misura la mensa è retribuzione in natura, il valore del servizio di mensa, comunque gestito ed erogato, e l'importo della prestazione pecuniaria sostitutiva di esso, percepita da chi non usufruisce del servizio istituito dall'azienda, non fanno parte della retribuzione a nessun effetto attinente a istituti legali e contrattuali del rapporto di lavoro subordinato.”.

Di conseguenza, il servizio mensa e l'eventuale indennità sostitutiva non possono essere considerati elemento retributivo in grado di avere effetti su altri istituti retributivi legali e contrattuali, tra cui il trattamento di fine rapporto, considerato come una quota di retribuzione differita che matura progressivamente nel corso del rapporto in proporzione alla retribuzione.

L'istituto del TFR  viene disciplinato dall'art. 2120 c.c. che al comma 2, “comprende (nel calcolo del TFR n.d.r.) tutte le somme, compreso l'equivalente delle prestazioni in natura, corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro, a titolo non occasionale e con esclusione di quanto è corrisposto a titolo di rimborso spese”, facendo salva ogni “diversa previsione dei contratti collettivi”.

I requisiti richiesti dalla norma alle somme per poter essere ricomprese nel suddetto calcolo sono:

(i) la dipendenza, ossia il collegamento tra prestazione lavorativa e somma erogata;

(ii) la non occasionalità, ossia dal punto di vista temporale, gli emolumenti devono essere erogati abitualmente o almeno in modo ricorrente e, dal punto di vista causale, non devono essere collegati a necessità aziendali contingenti.

Il criterio dell'onnicomprensività della retribuzione utile ai fini del calcolo del TFR costituisce un canone generale che può essere però derogato dai contratti collettivi di lavoro.

Per tornare all'indennità di mensa quest'ultima non può essere considerata elemento avente natura retributiva e non può confluire nel calcolo del TFR, salvo che gli accordi collettivi stabiliscano se ed in quale misura la mensa costituisca elemento retributivo.

Nel caso di specie, la contrattazione collettiva applicata al rapporto di lavoro esclude espressamente l'indennità di mensa quale elemento utile ai fini del calcolo del TFR Il CCNL integrativo del CCNL del personale del Comparto Sanità stipulato il 7 aprile 1999, al tempo vigente, nell'elencare le voci della retribuzione utili ai fini del TFR non menziona l'indennità di mensa.

E infatti all'art. 46 del citato CCNL intitolato Trattamento di fine rapporto di lavoro” si legge: “1. La retribuzione annua da prendersi a base per la liquidazione del trattamento di fine rapporto di lavoro ricomprende le seguenti voci:

a) trattamento economico iniziale di cui alla tabella B, colonna E, prospetto n. 2 del CCNL relativo al II biennio economico 2000-2001;

b) fasce economiche di sviluppo professionale in godimento ai sensi dell'art. 30, comma 1 lettera b) del CCNL 7 aprile 1999;

c) indennità integrativa speciale;

d) tredicesima mensilità;

e) retribuzione individuale di anzianità;

f) eventuali assegni ad personam, ove spettanti, sia non riassorbibili che riassorbibili limitatamente alla misura ancora in godimento all'atto della cessazione dal servizio;

g) indennità di funzione per posizione organizzativa;

h) indennità professionali specifiche;

i) indennità di coordinamento di cui all'art. 10 del CCNL relativo al II biennio economico 2000-2001. 2. Il presente articolo entra in vigore dal 31 dicembre 2001.”.

La Corte di cassazione con l'ordinanza in esame arriva così ad escludere dal computo del TFR l'indennità di mensa.

La detta decisione è conforme ai precedenti orientamenti di legittimità. La Suprema Corte, già pronunciandosi in passato, aveva statuito che: "Nella disciplina dettata dall'art. 6, terzo comma, decreto legge 11 luglio 1992 n. 333, convertito con modificazioni in legge 8 agosto 1992 n. 359, il valore del servizio mensa e l'importo della prestazione sostitutiva percepita da chi non usufruisce del servizio aziendale non fanno parte della retribuzione a nessun effetto attinente ad istituti legali e contrattuali del rapporto di lavoro, salva la possibilità di una diversa previsione - nel senso che il servizio mensa debba considerarsi come retribuzione in natura - da parte dei contratti collettivi nazionali e aziendali, anche se stipulati anteriormente all'entrata in vigore del citato decreto" (Cass. n. 15767/2001).

La precedente sentenza n. 3623/1994, sempre della Corte di cassazione, aveva attribuito alla Legge n. 359/1992: "un valore sostanziale di norma di interpretazione autentica, di guisa che, allo stato, e con valore retroattivo, soltanto in quanto la volontà collettiva si sia espressamente manifestata nel senso del valore retributivo del pasto o della indennità sostitutiva, questi sono computabili ai fini del trattamento di fine rapporto. Al riguardo è certo significativo, e l'interprete deve tenerne conto, che avendo la giurisprudenza nel passato dichiarato la nullità degli accordi sindacali che privavano la mensa o l'indennità retributiva di valore retributivo, la novella legislativa fosse imperniata proprio nella riaffermazione della validità di quegli accordi, anche se assunti in epoca anteriore alla approvazione della legge".

Nella decisione n. 7824/2001 della Corte di cassazione si era ulteriormente precisato che: "le Sezioni Unite di questa Corte, con sentenza n. 3888 del 1993, hanno escluso che il servizio mensa o l'indennità sostitutiva della stessa abbiano natura ontologicamente retributiva, ribadendo che è rimessa alla fonte legale o contrattuale l'individuazione delle voci da includere nella retribuzione base per il calcolo degli istituti di retribuzione indiretta o differita". Inoltre, la detta pronuncia precisava che, a seguito della disciplina dettata dall'art. 6 del d.l. 11 luglio 1992 n. 333, cit., "l'indennità sostitutiva della mensa:

  • non è computabile a nessun effetto attinente a istituti legali e contrattuali;
  • gli accordi collettivi che stabilivano tale principio, in vigore prima dell'introduzione della nuova legge, sono fatti salvi (anche se in contrasto con disposizioni di legge) nella parte in cui prevedevano limiti e valori convenzionali del servizio mensa […] e dell'importo della prestazione sostitutiva di esso … a qualsiasi effetto attinente a istituti legali e contrattuali del rapporto di lavoro subordinato);
  • è tuttavia possibile all'autonomia collettiva disporre diversamente, vale a dire includere il valore reale o l'importo della relativa indennità sostitutiva nella base di calcolo di qualsiasi istituto".

Osservazioni

Natura non retributiva dell'indennità di mensa indipendentemente dall'esistenza o meno del servizio mensa

Le considerazioni fin qui svolte confermano la natura non retributiva dell'indennità in questione che, difatti, come i buoni pasto, non costituisce un elemento della retribuzione normale, bensì una agevolazione di carattere assistenziale collegata al rapporto di lavoro da un nesso meramente occasionale (Cass. 8 agosto 2012, n. 14290), pertanto non rientrante nel trattamento retributivo in senso stretto (Cass. 19 maggio 2016, n. 10354Cass. 18 settembre 2019, n. 23303).

E non rileva stabilire se il servizio mensa sia stato o meno attivato presso l'azienda affermando che l'indennità debba essere esclusa dal TFR solo nei casi in cui il servizio è presente in azienda.

Tale impostazione, seguita da taluna giurisprudenza di merito, si fonda sulla circostanza che l'art. 6, comma 3, del d.l. n. 333/1992, sembrerebbe attenere soltanto all'ipotesi in cui il servizio di mensa sia stato attivato presso l'azienda in quanto in esso vengono adoperati termini come “gestito”, “erogato” ed “istituito” (“… il valore del servizio di mensa, comunque gestito ed erogato [...]"; "[...] percepita da chi non usufruisce del servizio istituito dall'azienda [...]"), i quali lascerebbero intendere come l'esclusione dal novero delle voci retributive valga solo per l'indennità sostitutiva del servizio in concreto istituito (cfr. Trib. Foggia, sez. lav., 26 gennaio 2023, n. 315).

In realtà, i precedenti giurisprudenziali di legittimità, citati dal giudice dell'ordinanza in commento e in questa sede ripresi, non operano alcuna distinzione in base al rilievo della effettiva istituzione o meno del servizio mensa, ma si concentrano sulla natura in sé della indennità di mensa, escludendone il valore ontologicamente retributivo, salva diversa previsione da parte dei contratti collettivi.

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