Vendita “in blocco”: esclusione del diritto di prelazione e di riscatto in capo al conduttore

27 Giugno 2024

In tema di locazione di immobili urbani adibiti ad uso diverso da quello abitativo, allorché la vendita riguardi un intero edificio ovvero più unità immobiliari - ivi compresa quella locata - costituenti un complesso strutturalmente e funzionalmente unitario, non spetta al conduttore il diritto di prelazione legale “commerciale” ex art. 38 L. 392/1978.

Il caso

Tizio aveva acquistato in affitto un'azienda esercente l'attività di bar e ristorante subentrando, altresì, nel contratto di locazione del relativo immobile, avente originariamente ad oggetto l'«osteria» posta al piano terra (sub. 3), ma successivamente integrato - a mezzo di scrittura privata registrata - delle parti esterni e di un'unità immobiliare (sub. 2) posta al piano primo.

In seguito, l'affittante Caio subentrava nella titolarità del bene locato per successione del padre locatore, addivenendo con la società Alfa alla stipulazione di un contratto di vendita dei suddetti beni.

Presentato ricorso, con cui Tizio adduceva la violazione del diritto di prelazione spettantegli ai sensi dell'art. 38 L. 392/1978, proponendo conseguentemente azione di riscatto, il Tribunale di Treviso, con sentenza n. 2603/2018, rigettava la domanda. 

Successivamente, la Corte d'Appello di Venezia, con sentenza n. 2996/2020, confermava la decisione di primo grado, ritenendo che:

i) si trattasse, nella specie, di una vendita “in blocco”, come tale avente ad oggetto un unicum, e non di una vendita “cumulativa” di singole unità immobiliari a sé stanti;

ii) la scrittura privata, oltre a mancare di dati catastali, durata e riferimenti all'originario contratto di locazione, non presentava i requisiti necessari per poterne essere considerata un'integrazione, posto che le parti esterne ed i locali al piano primo venivano - oltretutto, ad un prezzo irrisorio - «concessi in uso, salvo comodato», e che l'unità immobiliare al sub. 2 corrispondeva ad un appartamento ad uso abitativo;

iii) al preliminare di vendita risultava allegato il solo contratto di locazione originario;

iv) dalle prove testimoniali non emergeva l'effettivo utilizzo dei locali al piano primo, che si sarebbero potuti prestare a finalità diverse (magazzino, piuttosto che alloggio precario del conduttore).

Avverso la pronuncia della Corte d'Appello la parte soccombente ricorreva in Cassazione, denunciando la violazione e/o falsa applicazione delle disposizioni di cui:

  1. agli artt. 1362,1363 e 1366 c.c., rilevando che il giudice di secondo grado avesse ricostruito il contenuto del contratto di locazione - contenente il riferimento ad un solo subalterno, e non all'intero fabbricato ad uso commerciale, come da successiva integrazione - senza valutare il complessivo rapporto contrattuale. Né poteva ritenersi - come si è ritenuto - che il canone previsto nella scrittura privata fosse irrisorio, dal momento che integrava quello precedentemente convenuto, e che non fossero stati indicati dati catastali e durata, tutti elementi comunque desumibili;
  2. agli artt. 38 e 39 L. 392/1978, non rilevando, ai fini dell'esercizio del diritto di riscatto, che il contratto di locazione abbia data certa, richiesta invece ai (diversi) fini di cui all'art. 1599 c.c.;
  3. all'art. 1600 c.c., la quale norma impone in ogni caso il rispetto della locazione in essere e dei diritti dalla stessa derivanti, quali la prelazione ed il riscatto del conduttore;
  4. agli artt. 1599 e 2704 c.c., nonché all'art. 115 c.p.c., stante l'opponibilità della scrittura privata all'acquirente, essendone stato fatto cenno nel contratto preliminare di vendita;
  5. all'art. 818 c.c., in quanto, a prescindere dalla scrittura privata, il collegamento pertinenziale avrebbe già di per sé dovuto far intendere il primo piano ed i locali esterni compresi nel rapporto di locazione, con conseguente coincidenza tra l'immobile locato e l'immobile compravenduto.

La Corte di Cassazione, dal canto suo, ha ritenuto anzitutto inammissibile far valere in sede di legittimità la violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale, essendo del resto sufficiente che quella fornita dal giudice di merito sia anche solo una - e non necessariamente l'unica - interpretazione plausibile. Il che rendeva conseguentemente marginali, assorbendoli, i motivi del ricorso fondati sull'opponibilità del contratto di locazione alla parte acquirente.  

La circostanza che l'intero fabbricato fosse da sempre asservito all'esercizio commerciale, per di più, risultava essere meramente fattuale e non trovava riscontro alcuno nel contratto di locazione né nella successiva scrittura privata. Dei locali al piano primo, peraltro, si sarebbe dovuta opportunamente proporre, a suo tempo, domanda di riconoscimento dell'estensione originaria del primo contratto.

In ultimo, l'asserito carattere pertinenziale dei beni di cui alla scrittura privata esorbitava dal giudizio di legittimità, in quanto questione non precedentemente sottoposta al vaglio del giudice di merito.

La questione

La questione in esame è se dunque, in una tal fattispecie, spetti al conduttore il diritto di prelazione di cui all'art. 38 L. 392/1978, nonché, in caso positivo, il conseguente riscatto del complesso immobiliare dall'acquirente, e, preliminarmente, se - a tal fine - il rapporto tra le parti del contratto di locazione (e della successiva scrittura privata) possa valutarsi nel suo complesso al punto di far coincidere il bene locato con il bene compravenduto.

Le soluzioni giuridiche

Prima di entrare nel merito delle questioni sopra esposte, risulta opportuno un breve cenno in ordine alla prelazione (legale) urbana c.d. commerciale, la quale, disciplinata dall'art. 38 e s. L. 392/1978, compete al conduttore di immobili utilizzati per lo svolgimento di attività che comportino contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori, per tale intendendosi una generalità indifferenziata - e non una sola ristretta categoria - di clientela (art. 35 L. 392/1978).

La relativa ratio risiede, evidentemente, nel far sì che la titolarità dell'immobile coincida con quella dell'attività aziendale, nonché nella tutela dell'avviamento e nel preservare il “modo di essere” di una determinata zona attraverso il mantenimento degli esistenti punti di vendita.

Un ulteriore cenno merita la nozione di vendita in blocco”, che ricorre qualora si tratti di alienare un intero edificio (di cui l'unità immobiliare locata è parte), ovvero più unità immobiliari (ivi compresa quella locata) strutturalmente e funzionalmente connesse al punto di perdere ciascuna la propria autonomia ed individualità; in questi casi, il bene trasferito, avendo una configurazione sua propria, è diverso da quello oggetto di locazione, ed il presupposto stesso della prelazione viene pertanto a mancare.

Dicasi, invece, vendita cumulativa”, o “ad oggetto plurimo”, il negozio giuridico mediante il quale vengano cedute più unità immobiliari (ivi compresa quella locata) che, invece, per la loro connotazione e funzione, rimangano distinte le une dalle altre, venendosi a configurare tanti atti dispositivi quanti sono gli immobili.

Accertamento - in entrambe le ipotesi - da compiersi sulla base di circostanze oggettive e normalmente rimesso, come tale, alla consulenza tecnica d'ufficio.

Nella fattispecie de quo, i giudici di merito risultavano concordi nel ritenere escluso il diritto di prelazione del conduttore; del resto, pareva trattarsi di vendere unità immobiliari costituenti un unicum strutturalmente e funzionalmente inscindibile, di talché la singola unità immobiliare al sub. 3 sarebbe risultata inseparabile dal “tutto” e il compendio unitario trasferito non sarebbe coinciso con il bene locato.

Ciò, come del resto già ripetutamente sancito dalla Cassazione, anche in tempi meno recenti (fra le tante, , ; Cass. 24 febbraio 2015 n. 3713, Cass. 16 dicembre 2010 n. 25448, Cass. 14 gennaio 2005, n. 682, Cass. 19 ottobre 1998 n. 10340, Cass. 12 ottobre 1998 n. 10087).

Al contrario, il diritto di prelazione sarebbe risultato configurabile ove il bene locato avesse conservato la propria individualità, vale a dire ove si fosse trattato di vendita “plurima”, avente ad oggetto la mera somma delle singole unità immobiliari.

In effetti, a parte la considerazione che non risulta possibile, in sede di legittimità, far valere vizi della motivazione della sentenza impugnata senza precisare in che modo il giudice di merito si sia discostato dalle regole legali dell'ermeneutica contrattuale, l'argomentazione da cui muove il ricorrente pareva dare per assodata una situazione fattuale che non trovava, invece, alcun riscontro testuale. L'immobile posto al piano primo, peraltro, risultava essere un appartamento destinato ad uso abitativo, e che fosse anch'esso oggetto di locazione non risultava né dalla successiva scrittura privata, né dalle prove raccolte.

Osservazioni

Nella fattispecie in commento non era dunque configurabile la prelazione del conduttore, salvo che lo stesso avesse dimostrato il trattarsi, piuttosto, di una vendita “cumulativa” (nel qual caso il diritto sarebbe stato esercitabile almeno con riferimento all'unità immobiliare al piano terra), visto che secondo una recente giurisprudenza spetterebbe a costui fornire la prova che le parti del contratto di cessione avessero considerato gli immobili in oggetto quali unità distinte (Cass.  31 maggio 2010 n. 13223).    

Tra gli altri motivi di ricorso in Cassazione, il ricorrente asseriva il carattere pertinenziale delle parti esterne e dei locali al piano primo: in effetti, il diritto di prelazione, ove spettante, si estende anche alle unità immobiliari accessorie e strumentali rispetto al bene principale, a condizione che - come nella specie - si trovino nel medesimo stabile e costituiscano anch'esse oggetto di vendita (così, Cass. 17 giugno 1986 n. 4042). A precludergli, tuttavia, tale facoltà - oltre alla circostanza che la domanda già di per sé esorbitava dal giudizio di legittimità, in quanto non precedentemente sottoposta al vaglio dei giudici di merito - la mancata estensione del contratto di locazione al piano primo. Diversamente, il bene locato sarebbe coinciso con quello compravenduto.

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