L’istituto del collocamento fuori servizio nella magistratura tributaria professionale

19 Luglio 2024

Prosegue l'analisi dell'istituto del collocamento fuori ruolo nella magistratura alla luce delle modifiche di cui al d.lgs. 28 marzo 2024, n. 45, volgendo il focus, in questo caso, sulle novità che riguardano la magistratura professionale tributaria.

Premessa

Nella cornice sull'applicazione degli ordinari istituti volti ad introdurre una sospensione del rapporto di servizio di lavoro, quali l'aspettativa ed il fuori ruolo, nell'ordinamento particolare delle magistrature, un particolare approfondimento merita la tematica della importazione di tali istituti nell'ordinamento particolare della magistratura tributaria professionale.  

Il collocamento fuori ruolo costituisce un istituto modificativo del rapporto di impiego comportante una diversa modalità di svolgimento della prestazione lavorativa, con diretta ed immediata incidenza sull'amministrazione di appartenenza (cfr. Corte dei Conti, sez. contr., 19 gennaio 1996, n. 12).

Nello scenario delle magistrature, l'istituto assume una peculiare conformazione in ragione della indipendenza del rapporto di servizio che lega il giudice allo svolgimento di una funzione pubblica infungibile e della correlata necessità di minimizzare il rischio di cedimento (apparente o reale) del profilo di autonomia e terzietà, che rappresenta il proprium della funzione giurisdizionale.

Richiamate le differenze strutturali e funzionali fra il collocamento in fuori ruolo disposto per gli incarichi di collaborazione e consulenza presso le strutture di vertice delle amministrazioni e quello relativo ad incarichi di natura politica ed elettorale (in cui lo stesso è funzionale all'esercizio del diritto fondamentale di elettorato passivo o di accesso agli uffici pubblici di natura politica – articolo 51 della Costituzione), giova rammentare che l'istituto importa in generale una attenuazione del rapporto di impiego con conseguente sospensione del disimpegno delle prestazioni nell'Amministrazione di appartenenza cui fa riscontro l'esercizio di funzioni diversificate da quelle di istituto, per cui il dipendente è collocato al di fuori della struttura burocratica cui istituzionalmente appartiene, al fine di svolgere presso un'amministrazione diversa da quella di appartenenza compiti speciali che presentano un qualche interesse per l'amministrazione originaria (Cons. Stato, sez. IV, 15 febbraio 2002, n. 914).

Dalla disamina del complesso normativo che si occupa dell'istituto del collocamento in fuori ruolo (si vedano, per tutti, gli articoli 13 e 50 del d.lgs. 5 aprile 2006, n. 160) si può ricavare il principio di tendenziale non incidenza del suddetto collocamento sullo status del magistrato, e quindi sul regime dei diritti e dei doveri del pubblico dipendente, nonché del trattamento economico (si veda, anche in giurisprudenza, Cons. Stato, sez. VI, 31 ottobre 1997, n. 1549); con il corollario  che il magistrato collocato in fuori ruolo ha diritto a godere dell'intero trattamento economico a lui spettante, ivi compreso, l'importo dei contributi previdenziali ed assistenziale e delle ritenute, anche ai fini del trattamento di fine rapporto (cfr. art. 57 del d.p.r. 10 gennaio 1957, n. 3articolo 17 della legge n. 71/2022 – cd. Legge Cartabia). Inoltre, l'attività del magistrato fuori ruolo, che continua a maturare l'anzianità nella funzione, va equiparata – tramite una fictio iuris – all'esercizio delle ultime funzioni giurisdizionali svolte, con conseguente «neutralità» del periodo così trascorso; per converso, la circostanza che lo stesso sia temporaneamente posto al di fuori dall'ordinamento giudiziario per tutta la durata dell'incarico, comporta che non può essere considerato destinatario delle previsioni normative rivolte a magistrati permanenti nel ruolo.

L'istituito del fuori ruolo nella magistratura tributaria professionale

Il complesso delle regole che disciplinano l'istituto del collocamento del magistrato al di fuori del ruolo sono state da sempre calibrate sugli ordinamenti giudiziari tradizionali (giudice ordinario, giudice amministrativo, giudice contabile e giudice militare), in relazione ai quali il giudice è legato da un rapporto organico di servizio, di natura speciale rispetto a quello alla dipendenza delle pubbliche amministrazioni.

La riforma della giustizia tributaria approvata con la legge 31 agosto 2022, n. 130 ha dato vita ad una nuova magistratura tributaria specializzata. Si tratta di una riforma strutturale, di portata rivoluzionaria, tesa a configurare una magistratura caratterizzata da un elevato livello di specializzazione e da una vocazione ad essere ed apparire terza ed imparziale, in ossequio all'articolo 111 della Costituzione, con il superamento dell'assetto onorario della giustizia tributaria. A tale nuova magistratura è affidato il compito di innalzare la qualità della giustizia e del diritto tributario, grazie alla istituzione del giudice togato a tempo pieno, figura certamente più coerente con il rispetto dei valori costituzionali dell'indipendenza e imparzialità connessi allo svolgimento della funzione dello jus dicere.

Prima della riforma ordinamentale di cui alla legge 31 agosto 2022, n. 130, il sistema era ispirato per intero ad un modello di giustizia onoraria, in cui la qualificazione professionale necessaria all'esercizio delle relative funzioni era assicurata da quella posseduta nei rispettivi ambiti di carriera. In altri termini il pregresso sistema giurisdizionale era basato sull'impiego di “professionalità” già esistenti, tra l'altro, nel settore del pubblico impiego in virtù della disponibilità di quest'ultime ad espletare un “servizio” aggiuntivo (con conseguente mancanza di operatività del cd. principio dell'“esclusività” vigente per i dipendenti pubblici – già fissato dall'art. 60 del d.p.r. n. 3/1957, ora richiamato dall'art. 53 del d.lgs. n. 165/2001).

La complessità nel traghettare una riforma di portata così epocale, in tempi relativamente ristretti (anche in ossequio al rispetto degli obiettivi PNRR), si disvela nella difficoltà di reperire, in questo nuovo ordine giudiziario, un quadro normativo ordinamentale esaustivo e dettagliato.

Nell'impianto introdotto dalla legge n. 130/2022 manca una disciplina del rapporto di servizio del magistrato tributario. In particolare manca unindicazione analitica sulla disciplina applicabile ai magistrati tributari, sugli incarichi extragiudiziari, sulle incompatibilità e su aspetti come le ferie o la maternità; tutti profili che non possono che essere riservati ad una normativa di rango primario e che, dunque, devono essere ricostruiti pazientemente attraverso una delicata operazione di esegesi ermeneutica.

Le norme che concernono lo status di magistrato tributario, non prive di elementi di indeterminatezza, riguardano:

— la materia del trattamento economico (articolo 13-bis del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, introdotto dall'articolo 1 comma 1, lett. p) per i magistrati tributati di concorso e art. 1 comma 8, per i magistrati professionali transitati dalle altre magistrature): è previsto il rinvio alle norme sull'ordinamento giudiziario dei giudici ordinari “in quanto compatibili”;

— l'anzianità di servizio (con il rinvio alla tabella F-bis allegata al d.lgs. n. 545): è prevista una progressione nelle qualifiche basata sulla mera anzianità;

— le incompatibilità (articolo 8 comma 01, del d.lgs. n. 545): è previsto un rinvio all'ordinamento giudiziario dei giudici ordinari, in quanto compatibili, salve le ulteriori norme già contenute nel medesimo articolo 8.

Con specifico riferimento all'istituto oggetto della presente riflessione, la principale difficoltà risiede nella circostanza che non vi sono norme direttamente indirizzate all'ordine giudiziario tributario di recente formazione. È evidente che tutte le disposizioni antecedenti l'entrata in vigore della legge n. 130/2022 non avrebbero potuto fare alcun riferimento ad un corpo magistratuale illo tempore inesistente. In questa prospettiva soccorre certamente il criterio dell'interpretazione evolutiva, sia pure temperata da una prudente verifica della esportabilità delle norme sul collocamento in fuori ruolo alla giurisdizione professionale tributaria. Qualche perplessità può nascere in relazione all'altrettanto recente riordino della disciplina del collocamento fuori ruolo, ai sensi dell'articolo 1 comma 1, della legge 17 giugno 2022, n. 71 e del correlato decreto legislativo 20 marzo 2024, n. 45; disciplina che si applica espressamente «ai magistrati ordinari, amministrativi e contabili». Approfondendo il punto, l'articolo 16 d.lgs. 20 marzo 2024, n. 45 precisa che le disposizioni di cui all'articolo 1 comma 68, primo periodo, e commi da 69 a 72, della legge 6 novembre 2012, n. 190, non si applicano ai magistrati ordinari, amministrativi e contabili, con la conseguenza che il regime ivi previsto continua ad applicarsi ai giudici militari (nonché agli avvocati e procuratori dello Stato). Questa eccettuazione trova la sua ragione nella circostanza che per i magistrati militari (ed ancor più per gli avvocati dello Stato) le esigenze di evitare contaminazioni e indebolimenti alla terzietà del giudice sono intrinsecamente meno significative. 

Pertanto, ad avviso di chi scrive, la mancata indicazione della magistratura tributaria può trovare una più ragionevole spiegazione nella circostanza che, al momento del varo della Legge Cartabia, essa non era ancora concretamente operativa (i primi magistrati professionali hanno preso servizio nel febbraio del 2024), mentre il decreto legislativo, anche se successivo, non poteva che rispettare l'orizzonte applicativo fissato dalla legge delega.

In questa prospettiva, non dovrebbe esserci alcun dubbio sulla tendenziale estensibilità di questa nuova disciplina del collocamento in fuori ruolo ai magistrati tributari; converge verso tale soluzione il principio generale (che sorregge le poche norme in materia di status dei magistrati tributari) della applicazione delle disposizioni dell'ordinamento giudiziario dei magistrati ordinari, in quanto compatibili. Naturalmente, la circostanza che essa sia una neo-nata magistratura, impone inevitabili adeguamenti e correttivi alle regole ordinarie, alla luce del principio generale – valevole quanto meno per i magistrati tributari transitati – del pieno riconoscimento della pregressa anzianità nelle magistrature di provenienza come parte integrante dell'anzianità maturata quale magistrato tributario professionale (l'articolo 1 comma 8, della n. 130 del 2022 stabilisce: «In caso di transito nella giurisdizione tributaria di cui all'articolo 1-bis del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 545, i magistrati conservano a tutti i fini giuridici ed economici l'anzianità complessivamente maturata secondo quanto previsto dal comma 7(…)»: vale a dire l'anzianità maturata nella magistratura di provenienza, a cui va sommata l'anzianità convenzionale maturata quale giudice tributario – e cioè limitatamente al periodo eccedente i cinque anni di iscrizione nel relativo ruolo e considerando ciascun anno o frazione di anno superiore a sei mesi del collocamento in tale ruolo unico come diciotto mesi di anzianità).

Proseguendo lungo questa linea direttrice, le regole sopra sinteticamente esposte sull'istituto generale del fuori ruolo dei magistrati possono senz'altro essere applicate anche alla giurisdizione tributaria, con le specifiche eccezioni che saranno trattate di seguito.

Regime del fuori ruolo nella magistratura tributaria professionale

L'ordinamento tributario non professionale non conosce l'istituto del collocamento in fuori ruolo, essendo i giudici tributari incardinati presso altre magistrature (ovvero presso gli ordini professionali ovvero le Università). Pertanto laddove essi sono chiamati a svolgere incarichi incompatibili con lo svolgimento del munus tributario è prevista la figura dell'aspettativa. Ed invero per i giudici tributari non professionali non esiste il ruolo di anzianità del personale (come previsto dall'art. 55 del d.p.r. n. 3/1957 per gli impiegati civili dello Stato): il comma 39-bis dell'articolo 4 della legge n. 183/2011 ha istituito, a più limitati fini, il ruolo unico nazionale dei componenti della Corti di Giustizia tributarie, inseriti secondo la rispettiva anzianità di servizio nella qualifica.

L'articolo 8, del d.lgs. n. 545/1992 – oltre a prevedere i casi di sospensione facoltativa e obbligatoria – al comma 4 disciplina la “sorte” dei giudici tributari mediante la «sospensione dell'incarico fino alla data di cessazione dell'incompatibilità»; inoltre, non appena venuta meno la causa di sospensione dall'incarico, prescrive che essi riassumono le «rispettive funzioni anche in soprannumero» presso la corte di giustizia tributaria di appartenenza.

Già da questo riferimento normativo si ricava che il giudice tributario non perda la sua qualità durante la sospensione, con la conseguenza che resta soggetto al regime delle ulteriori incompatibilità, al potere disciplinare dell'organo di autogoverno e continua a maturare l'anzianità nella funzione.

In tema la Risoluzione n. 11 del 30 novembre 2010 adottata dal CPGT ha svolto delle precisazioni riguardanti gli effetti della sospensione dall'incarico di giudice tributario per i motivi di cui all'articolo 8 comma 1, lettera a) e lettera b) del d.lgs. n. 545/1992 e s.m.i., chiarendo che il giudice tributario sospeso – alla stessa stregua di quanto previsto per il lavoratore dipendente in aspettativa – continua a maturare l'anzianità nella funzione proprio perché il periodo di sospensione viene considerato come servizio effettivamente prestato “per una fictio iuris”. Nello stesso senso depone la risoluzione n. 6 del 2012 adottata dal CPGT, secondo cui «l'incarico di componente del Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria non interrompe il calcolo dell'anzianità di servizio».

Tali regole devono a maggior ragione valere per i magistrati tributari, i quali, oltre al rapporto di servizio con l'amministrazione giudiziaria, vantano un rapporto (sia pure speciale) di pubblico impiego.

Tale soluzione vale a maggior ragione in caso di aspettativa per motivi elettorali, in cui occorre evitare una penalizzazione per i soggetti che ricoprono cariche pubbliche elettive, in attuazione del precetto costituzionale di cui all'art. 51 comma 3, Cost., il quale sancisce che «chi è chiamato a funzioni pubbliche elettive ha diritto di disporre del tempo necessario al loro adempimento e di conservare il suo posto di lavoro».

Più in generale, dunque, si può enucleare una ratio in materia, consistente nell'esigenza di assicurare al giudice tributario collocato in fuori ruolo/aspettativa una tutela che si inscrive in un'ottica di “conservazione” delle utilità che già compongono il proprio patrimonio giuridico, dunque comprensiva del diritto al mantenimento dello status di giudice tributario e anche del computo, sebbene fittizio, del periodo di sospensione ai fini dell'anzianità nella funzione, in modo da evitare che il soggetto chiamato a ricoprire un incarico anche nell'interesse della magistratura di provenienza (ovvero una carica pubblica elettiva) possa essere penalizzato nei confronti degli altri (Tar Roma, sez. I, 24 maggio 2024, n. 10504).

Progressione in carriera

Sul versante della progressione in carriera, secondo un paradigma non dissimile a quello valevole per le altre magistrature, la medesima risoluzione specifica che, una volta rientrato, il giudice ha diritto, nei concorsi interni, a vedersi riconoscere ai fini dell'anzianità della funzione tutto il periodo svolto in aspettativa. 

Tuttavia il giudice (come pure il magistrato) tributario collocato in aspettativa/fuori ruolo non può partecipare alle procedure per l'assegnazione di un nuovo incarico e, dunque, accedere alla corrispettiva nomina, poiché l'attribuzione dell'incarico deve intendersi legata allo status “in servizio” del candidato, vale a dire all'esercizio effettivo della funzione. In questa direzione milita l'art. 11 comma 4-ter, lett. a) del d.lgs. n. 545/1992 (rimasto sostanzialmente immutato a seguito della legge n. 130/2022), il quale prevede, con riferimento ai criteri di assegnazione degli incarichi, che la vacanza nei posti di presidente, di presidente di sezione, di vice presidente e di componente delle corti di giustizia tributaria è portata dal Consiglio di presidenza a conoscenza di tutti i componenti “in servizio”, limitando solo a costoro la legittimazione a partecipare alla procedura per l'assegnazione dell'incarico. Tale disposizione «assume una notevole rilevanza in chiave sistematica, poiché la comunicazione dei posti vacanti ai soli giudici tributari “in servizio” non può che essere interpretata nel senso che solo costoro possono partecipare alla procedura per l'assegnazione dell'incarico e, dunque, accedere alla corrispettiva nomina. In altri termini, l'attribuzione dell'incarico deve intendersi indissolubilmente legata al collocamento “in servizio” del candidato, vale a dire all'esercizio effettivo della funzione» (Tar Roma, sez. I, 24 maggio 2024, n. 10504).

Sul punto, in ragione del rispetto del principio generale, dotato di rango costituzionale  – art. 97 comma 2, Cost.), di buon andamento della pubblica amministrazione, si è ritenuto che l'assegnazione di un incarico «postuli necessariamente la possibilità concreta di svolgerlo al fine di salvaguardare il buon andamento dell'ufficio giudiziario nel quale è stata registrata la vacanza del posto, ciò che evidentemente costituisce l'interesse pubblico sotteso al bando di concorso che resterebbe, invece, radicalmente frustrato qualora si consentisse al candidato, già sospeso dall'esercizio effettivo della funzione giurisdizionale ex art. 8 comma 4, del d.lgs. n. 545/1992, di ottenere ciò nondimeno la nomina all'incarico messo a bando, peraltro consistente in una progressione “verticale” di carriera» (ancora Tar Roma, sez. I, 24 maggio 2024, n. 10504), in tema di sospensione per mandato elettorale, ma con considerazioni suscettibili di essere estese a tutti i casi di sospensione/fuori ruolo dal servizio).

D'altra parte l'assegnazione di un nuovo (e superiore) incarico implica la possibilità concreta di svolgerlo al fine di salvaguardare il buon andamento dell'ufficio giudiziario nel quale è stata registrata la vacanza del posto, ciò che evidentemente costituisce l'interesse pubblico, sotteso alla procedura di progressione in carriera, a non lasciare privo di copertura per un tempo indefinito il posto vacante per il quale è stato approvato il bando di concorso.

Incompatibilità

L'articolo 8 del d.lgs. n. 545/1992 si occupa del regime della incompatibilità, le quali, fino all'introduzione della magistratura professionale tributaria, erano prevalentemente orientate ad evitare conflitti di interesse fra i professionisti (principalmente avvocati e dottori commercialisti) e lo svolgimento dell'incarico giurisdizionale. Ad esse si sono poi aggiunte, per i magistrati tributari, le incompatibilità previste dall'ordinamento giudiziario  articoli 16 e ss. del r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, in quanto compatibili (comma 01).

Oltre alle incompatibilità assolute – previste dal comma 1 dalla lettera c) alla lettera m-bis), le lettera a) e b) dispongono una incompatibilità temporanea per: i membri del Parlamento nazionale e del Parlamento europeo; i consiglieri regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali e gli amministratori di altri enti che applicano tributi o hanno partecipazione al gettito dei tributi indicati nell'art. 2 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, nonché coloro che, come dipendenti di detti enti o come componenti di organi collegiali, concorrono all'accertamento dei tributi stessi. Ai sensi dell'art. 8 comma 4, del medesimo d.lgs. n. 545/1992, l'incompatibilità relativa si configura come causa non già di decadenza bensì di sospensione «dall'incarico fino alla data di cessazione dell'incompatibilità», con diritto del giudice tributario ad essere riassunto nelle rispettive funzioni anche in sovrannumero presso la corte di giustizia tributaria di appartenenza.

Pertanto in questa ipotesi, al di là delle previsioni contenute nella Legge Cartabia, il magistrato tributario è necessariamente posto in posizione di fuori ruolo (per motivi elettorali). Più delicato è l'aspetto del trattamento economico (aspetto che il decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 non affronta perché diretto ad una magistratura onoraria), il quale dovrebbe essere normato, per estensione, sulla falsariga delle altre magistrature. In questa prospettiva per i magistrati eletti a livello nazionale l'articolo 17 comma 1, della Legge Cartabia esclude la cumulabilità dei trattamenti economici (fermo restando la possibilità di optare per quello più favorevole); per gli incarichi elettivi di livello locale, in cui il citato articolo 17 non trova spazio, dovrebbe trovare applicazione la regola generale (valevole per il collocamento in fuori ruolo) del mantenimento del trattamento economico in godimento: l'articolo 81 del TUEL non pare concretamente appiccabile in quanto prevede, per il dipendente pubblico, una aspettativa non retribuita a richiesta dell'interessato, e dunque facoltativa; è evidente che questa regola, proprio a seguito della riforma Cartabia, non è più valida per tutto il personale della magistrature.

Numero dei magistrati collocabili in fuori ruolo

La circostanza che l’organico di diritto della magistratura tributaria (in cui sono previsti oltre cinquecento magistrati tributari) sia in corso di formazione progressiva (allo stato l’organico di fatto consiste in appena una ventina di giudici), rende palese che la mancata indicazione per legge di un numero massimo di magistrati collocabili in fuori ruolo è funzionale ad assicurare il graduale assestamento dell’organico definitivo, per cui sembra ragionevole ritenere che, allo stato, non siano previste limitazioni numeriche (fatto salvo il potere del CPGT di tributari di fissare una percentuale massima nel momento in cui il corpo magistratuale professionale assuma una significativa consistenza).

Anni di servizio

La regola ordinaria, secondo cui – per gli incarichi in fuori ruolo di seconda fascia – occorre aver maturato almeno dieci anni di servizio, essendo espressione di un valore comune (garantire la primarietà dell'impegno nella magistratura) può senz'altro trovare spazio nella magistratura tributaria, con la specificazione che, per i magistrati transitati, il periodo prestato nelle magistrature di provenienza concorre alla maturazione del termine decennale. Converge verso tale soluzione il richiamato comma 8 dell'articolo 1, della l. n. 130/2022, poiché essi «conservano ai fini giuridici» l'anzianità pregressa.

Poteri dell'organo di autogoverno (CPGT)

Come per le altre magistrature, ad eccezione delle ipotesi di incarichi politici ed elettivi (cd. fuori ruolo necessario), la relativa autorizzazione al collocamento fuori ruolo, affidata al Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria (CPGT), è rimessa ad un'ampia valutazione discrezionale, nel rispetto delle norme che fissano i presupposti di fatto ed i limiti temporali del suddetto istituto. Ciò vale anche nei casi in cui il collocamento in fuori ruolo è obbligatorio, poiché resta ferma la funzione istituzionale degli organi di autogoverno di valutare la concedibilità dell'incarico extraistituzionale ad esso correlato, secondo un criterio anche di opportunità in relazione all'incidenza del provvedimento sull'efficienza dell'organizzazione giudiziaria (si veda Cass., sez. un., 9 novembre 2009, n. 23673).

Nell'ambito del potere di apprezzamento ad esso riservato, il CPGT può predeterminare le condizioni di astratta autorizzabilità degli incarichi da svolgersi in fuori ruolo – in assenza delle quali non vi è spazio per il conferimento dell'incarico, concretando tale assenza specifiche e tipizzate condizioni ostative – residuando nel delineato ambito di autorizzabilità del collocamento in fuori ruolo il potere valutativo discrezionale dell'Organo con riferimento a tutti i profili connessi con la sottrazione di un magistrato al naturale esercizio delle funzioni giudiziarie tributarie, senza alcun automatismo tra la ricorrenza delle previste condizioni e l'accoglimento della richiesta di collocamento fuori ruolo; in questo ambito un delicato compito valutativo concerne le situazioni di possibile conflitto di interesse fra l'incarico autorizzato e la funzione giurisdizionale tributaria.

Naturalmente è del tutto auspicabile che, tenuto conto della progressiva costituzione del ruolo professionale dei magistrati tributari, il CPGT autodefinisca, in via generale e preventiva, le modalità di svolgimento del proprio potere discrezionale nei limiti definiti dalle norme, evitando così di indicare in concreto e caso per caso elementi ostativi allo svolgimento dell'incarico, prassi foriera di notevoli dubbi di legittimità e di consequenziale contenzioso.

Conclusioni

Ogni volta che nell’ordinamento nasce una nuova istituzione occorre un ragionevole arco di tempo nel quale la stessa possa trovare una sua più definita collocazione. La magistratura professionale tributaria, la quale muove solo ora i primi passi, è costellata da una serie di lacune normative ed incertezze interpretative, le quali consegnano in prima battuta all’organo di autogoverno (in attesa dell’intervento del legislatore) un delicato compito di ricostruzione dell’ordito normativo in cui la magistratura tributaria deve essere collocata. È una sfida che dovrà avere come faro il pieno riconoscimento della pari dignità della magistratura tributaria rispetto alle altre magistrature.

Per un'analisi del collocamento fuori ruolo nella magistratura, si rinvia al focus L’istituto del collocamento fuori servizio nelle magistrature: nuove prospettive alla luce del d.lgs. 28 marzo 2024, n. 45, in questo Portale.

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