Il regime fiscale "impatriati" alla luce del d.lgs. n. 209/2023
22 Luglio 2024
Un contribuente, in possesso di laurea specialistica conseguita all'estero, nel gennaio del 2021 si trasferisce in Italia per motivi di studio e nel maggio del 2022 inizia un'attività lavorativa alle dipendenze di una società italiana. Ha diritto di usufruire del regime fiscale riservato ai cd. “impatriati”? Il regime fiscale “impatriati” è un regime di tassazione agevolata (temporaneo) introdotto per la prima volta nell'ordinamento dall'art. 16 del d.lgs. n. 147/2015, riconosciuto ai lavoratori (o studenti) che trasferiscono la residenza in Italia e che si impegnano a risiedervi per un determinato periodo di tempo, svolgendo nel territorio italiano la propria attività lavorativa. La ratio legis del beneficio, sin dalla sua prima formulazione normativa, è stata quella di favorire il trasferimento in Italia di quei soggetti che, grazie alla qualificata esperienza acquisita all'estero, potessero favorire lo sviluppo economico, culturale e tecnologico del Paese. Prima della recente novella, che ha abrogato il precedente regime e riscritto l'istituto (d.lgs. n. 209/2023), l'accesso era subordinato al possesso di determinati requisiti: — essere in possesso di un titolo di laurea; — aver svolto continuativamente un'attività di lavoro o studio fuori dall'Italia negli ultimi ventiquattro mesi o più; — essere cittadini dell'Unione europea o di uno Stato extraeuropeo con il quale risulti in vigore una convenzione contro le doppie imposizioni ai fini delle imposte sui redditi ovvero un accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale; — svolgere attività di lavoro autonomo o dipendente in Italia. Anche se la norma non indica il tempo che deve intercorrere tra il trasferimento della residenza e l'inizio dell'attività lavorativa, come si evincerebbe dalla rubrica della stessa «Regime speciale per lavoratori impatriati», i benefici non sono riservati a tutti i soggetti ma ad una determinata categoria di cittadini rendendosi, quindi, necessario un nesso di strumentalità tra il trasferimento in Italia e l'inizio di un'attività lavorativa. Nel caso rappresentato, in costanza degli altri requisiti richiesti dalla norma agevolativa, parrebbe venir meno il citato nesso (i.e. uno dei requisiti) per due motivi: a) il trasferimento in Italia per motivi di studio; b) il decorso di arco temporale ampio (16 mesi) fra il trasferimento in Italia e l'inizio dell'attività lavorativa. In tal senso anche la prassi dell'Agenzia delle Entrate (circ. 17/E del 23 maggio 2017, par. 3.1) in cui è stato chiarito che possono accedere ai benefici coloro che trasferiscono la residenza in Italia prima ancora di iniziare lo svolgimento dell'attività lavorativa, «a condizione che sia ravvisabile un collegamento tra i due eventi». Al contrario e a favore di un accesso all'agevolazione, il noto brocardo latino «Ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit», nel senso che nella precedente legge n. 238/2010, parimenti contenente incentivi fiscali per il rientro dei lavoratori in Italia, il legislatore pro tempore aveva espressamente previsto un requisito temporale ovvero il trasferimento del domicilio e della residenza entro tre mesi dall'assunzione o dall'avvio dell'attività in Italia. Giova ricordare che, a partire dal periodo d'imposta 2024, l'articolo 5 del decreto sulla fiscalità internazionale (d.lgs. 27 dicembre 2023, n. 209) ha riscritto il regime e parzialmente ridotto il perimetro dei benefici fiscali escludendo il reddito d'impresa tra le categorie di reddito agevolato (ora limitato ai redditi di lavoro dipendente e autonomo). Queste le condizioni previste dalla recente novella, che consentono di accedere all'agevolazione con abbattimento del 50% del reddito complessivo fino al limite annuale di 600 mila euro: — il lavoratore si impegna a risiedere fiscalmente in Italia, per un periodo di tempo minimo di 4 periodi d'imposta (anziché i 2 richiesti dalla precedente normativa); — il lavoratore non deve essere stati fiscalmente residenti in Italia nei 3 periodi d'imposta precedenti il trasferimento (anziché i 2 richiesti dalla precedente normativa); — l'attività lavorativa deve essere prestata per la maggior parte del periodo d'imposta in Italia (come per la precedente disciplina); — il lavoratore deve essere in possesso dei requisiti di elevata qualificazione o specializzazione (condizione non richiesta dalla precedente normativa). |