Diritto di riscatto: alienazione a terzi del bene locato e oneri del conduttore

22 Luglio 2024

Il disposto di cui all'art. 39 della l. n. 392/1978 contempla espressamente, nell'ottica di una specifica tutela in favore del conduttore di immobili ad uso non abitativo, due distinte ipotesi di esercizio del diritto di riscatto, ossia, da un lato, quando il proprietario non provveda alla denuntiatio nei confronti dello stesso conduttore e, dall'altro, quando la denuntiatio rechi l'indicazione di un corrispettivo superiore a quello risultante dall'atto di trasferimento a titolo oneroso dell'immobile. Si ritiene, però, che l'elencazione abbia carattere meramente esemplificativo, per cui la giurisprudenza ha ammesso un'interpretazione estensiva della norma, facendosi cura anche di analizzare come il conduttore, quanto a tempi e modalità, possa esercitare correttamente tale diritto di riscatto, succedaneo al diritto di prelazione, che consente di unire la proprietà dell'immobile locato all'attività imprenditoriale ivi svolta, nell'ottica di salvaguardare l'avviamento commerciale.

Introduzione. Il quadro normativo

L'art. 39 della l. n. 392/1978 (rubricato “Diritto di riscatto”), stabilisce che:

a) qualora il proprietario non provveda alla notificazione dell'atto di denuntiatio di cui al precedente art. 38, o il corrispettivo indicato sia superiore a quello risultante dall'atto di trasferimento a titolo oneroso dell'immobile, l'avente diritto alla prelazione può, entro sei mesi dalla trascrizione del contratto, riscattare l'immobile dall'acquirente e da ogni altro successivo avente causa;

b) ove sia stato esercitato il diritto di riscatto, il versamento del prezzo deve essere effettuato entro il termine di tre mesi che decorrono, quando non vi sia opposizione al riscatto, dalla prima udienza del relativo giudizio, o dalla ricezione dell'atto notificato con cui l'acquirente o successivo avente causa comunichi prima di tale udienza di non opporsi al riscatto;

c) se, per qualsiasi motivo, l'acquirente o successivo avente causa faccia opposizione al riscatto, il termine di tre mesi decorre dal giorno del passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio.

Innanzitutto, va rilevato che l'azione di riscatto - che rientra nel novero delle controversie attribuite alla competenza per materia del tribunale del luogo in cui si trova l'immobile (art. 21 c.p.c.) e va introdotta nelle forme di cui all'art. 447-bis c.p.c. - ha natura reale, e non personale, atteso che il conduttore agisce contro il terzo acquirente non perché costui è subentrato al cedente nella posizione di locatore, bensì perché il terzo ha illegittimamente acquisito la proprietà del bene in violazione della prelazione, e fa valere il proprio diritto ad essere riconosciuto proprietario dell'immobile nei confronti di chiunque (v., ex multis, Cass. civ., sez. III, 21 novembre 1994, n. 9849).

Inoltre, preme sottolineare che il diritto di riscatto spetta al soggetto titolare del diritto di prelazione, nei cui confronti il riscatto svolge funzioni di tutela succedanea (di recente, Cass. civ., sez. III, 15 dicembre 2021, n. 40252, ha precisato che, in caso di cessione del contratto di locazione di immobili urbani ad uso non abitativo, il diritto di riscatto previsto dal citato art. 39 a favore del conduttore si trasferisce al cessionario per effetto della successione di questo nel diritto già esercitato dal suo dante causa, a differenza di quanto previsto per la prelazione nel settore agrario, che è caratterizzata da una tendenziale stabilità dei rapporti, mentre l'ambito delle attività commerciali svolte in immobili condotti in locazione è oggetto di una specifica disciplina volta a tutelare l'avviamento commerciale in caso di sublocazione o cessione del contratto).

Il trasferimento effettuato prima e nonostante l'esercizio della prelazione

La giurisprudenza tende ha ritenere le due ipotesi di riscatto contemplate dalla norma come meramente esemplificative, per cui, in tale prospettiva estensiva, al conduttore di immobile urbano avente diritto alla prelazione  ex art. 38 della l. n. 392/1978, si è riconosciuto il diritto di riscatto, ai sensi del successivo art. 39, anche nell'ipotesi in cui il proprietario-locatore, dopo aver provveduto alla notifica di rituale denuntiatio, abbia trasferito a terzi la proprietà dell'immobile locato (eventualmente insieme ad altri beni) in pendenza del termine di sessanta giorni concesso allo stesso conduttore per l'esercizio del diritto di prelazione, a nulla rilevando che il medesimo conduttore non abbia entro detto termine dichiarato di esercitare la prelazione.

Tale conclusione - accolta, in particolare, da Cass. civ., sez. III, 25 marzo 1991, n. 3211 - è sorretta dalle seguenti considerazioni:

a) anche per le norme speciali, mentre è vietata l'interpretazione analogica, è consentita quella estensiva, la quale riconduce, entro l'ambito di applicazione della disposizione, ipotesi che solo apparentemente ne sembrano escluse, ma che, in rapporto all'effettiva ratio, il legislatore ha inteso comprendervi;

b) l'art. 39, posto a tutela del diritto di prelazione del conduttore, non contiene enunciazioni incompatibili con la prospettata estensione;

c) l'ipotesi di alienazione del bene locato in pendenza del termine per l'esercizio della prelazione è riconducibile nell'ambito della disposizione in esame, non solo perché il diritto di riscatto costituisce l'unico mezzo di tutela specifica accordata al conduttore, ma soprattutto perché vi è equivalenza tra vendita a terzi senza denuntiatio e vendita dopo la comunicazione, ma prima della scadenza del termine concesso al conduttore, atteso che, in entrambi i casi, si verifica l'inosservanza dello stesso fondamentale obbligo del proprietario di preferire il conduttore ed il sostanziale impedimento della vicenda acquisitiva a favore di questo ultimo voluta dalla norma;

d) la dichiarazione di esercizio della prelazione non costituisce presupposto formale ed indefettibile del diritto di riscatto, come è dimostrato dalla mancata previsione della stessa in relazione alle ipotesi di riscatto menzionate nell'art. 39;

e) un'interpretazione strettamente letterale condurrebbe a conclusioni illogiche ed in netto contrasto con la ratio legis, perché verrebbe a consentire al proprietario locatore di eludere facilmente il diritto di prelazione del conduttore, ed il succedaneo diritto di riscatto, mediante la notifica di una denuntiatio puramente formale ed il successivo immediato trasferimento a terzi dell'immobile locato senza attendere la scadenza del termine concesso al conduttore.

A fortiori , deve ritenersi ammissibile - secondo Cass. civ., sez. III, 3 marzo 1997, n. 2872; Cass. civ., sez. III, 26 giugno 1992, n. 7998 - l'esercizio del diritto di riscatto una volta che il diritto di prelazione sia stato esercitato ed il locatore si sia sottratto al vincolo legale di addivenire alla conclusione del contratto con il conduttore, vendendo ad altri l'immobile, perché, anche in questo caso, si verifica l'inosservanza dello stesso fondamentale obbligo del proprietario di preferire il conduttore ed il sostanziale impedimento della vicenda acquisitiva a favore di quest'ultimo voluta dalla norma.

La concessione di condizioni più vantaggiose rispetto a quelle della denuntiatio

È stato, altresì, riconosciuto - Cass. civ., sez. III, 9 dicembre 1997, n. 12459; Cass. civ., sez. III, 20 febbraio 1997, n. 1570; Cass. civ., sez. III, 1° luglio 1991, n. 7241 - il diritto di riscatto non solo nell'ipotesi, contemplata espressamente nel comma 1 dell'art. 39 della l. n. 392/1978, in cui, nella denuntiatio, sia stato indicato al conduttore un prezzo superiore a quello risultante dalla vendita stipulata con il terzo, ma anche qualora, a parità di prezzo, siano state concesse al terzo acquirente delle condizioni di pagamento più vantaggiose, senza che delle stesse ne sia data tempestiva ed esatta comunicazione al conduttore avente diritto alla prelazione.

Nella stessa ottica, si è affermato (Cass. civ., sez. III, 6 giugno 1992, n. 6999) che il conduttore ha diritto di esercitare il riscatto non solo nei casi in cui il locatore che ha alienato a terzi l'immobile abbia omesso di comunicargli tempestivamente il suo proposito di alienazione, ma anche quando, nella comunicazione, sia stato non solo omesso ma anche erroneamente indicato il prezzo e le condizioni che, anche indirettamente, influiscono sui termini e le modalità del suo pagamento, come nel caso in cui la stipulazione dell'atto di vendita con il terzo sia stata effettuata in data successiva e diversa da quella indicata nella denuntiatio, comportando uno spostamento della data di pagamento del prezzo rispetto a quella che il conduttore, a norma dell'art. 38, comma 4, avrebbe dovuto osservare in base alla denuntiatio.

E ancora, il diritto di prelazione va riconosciuto (ad avviso di Cass. civ., sez. III, 16 aprile 1993, n. 4532) anche quando, nella denuntiatio, non siano state specificate le condizioni del contratto rilevanti per la valutazione della convenienza dell'acquisto, come nel caso in cui si sia omessa la precisazione che il bene sarebbe stato frazionato per la vendita a due diversi acquirenti o che il contratto definitivo sarebbe stato stipulato in breve termine, con conseguente dilazione del termine di pagamento dovuto dall'acquirente.

Anche la giurisprudenza di merito si è posta su questa lunghezza d'onda: si è, infatti, ritenuto (Trib. Milano 15 ottobre 1981) che il diritto di riscatto è attribuito al conduttore non solo nell'ipotesi in cui il prezzo indicato nella proposta sia stato numericamente maggiore, ma anche quando, a parità di importo, le modalità di pagamento siano più vantaggiose nel contratto con il terzo rispetto alla proposta, come, ad esempio, il pagamento in contanti del corrispettivo, a fronte delle condizioni riconosciute al terzo con cui, oltre al versamento immediato della maggior parte del prezzo, si conveniva, per il pur modesto residuo, l'accollo del debito da mutuo nei confronti di un istituto bancario; parimenti, a fronte di un pagamento in contanti previsto nella denuntiatio, si è stimato (Trib. Lucca 4 aprile 1992) più vantaggioso, e perciò minato dal riconoscimento del diritto di riscatto a favore del conduttore, l'accordo con il terzo acquirente di frazionare il pagamento parte in contanti e parte con l'accollo di un mutuo decennale; e così (secondo Trib. Roma 2 febbraio 1990) anche nella previsione, nell'ambito del contratto di vendita con il terzo, del pagamento rateale rispetto al pagamento in contanti specificato nella denuntiatio, oppure la concessione di fatto al terzo di un rinvio di una certa consistenza (nella specie, di tre mesi) per il pagamento del prezzo, rispetto al termine entro cui, in base alla denuntiatio, il conduttore avrebbe dovuto provvedervi nel caso di esercizio della prelazione.

Il giudicato di annullamento dell'atto di trasferimento dell'immobile locato

Il diritto di riscatto attribuito al conduttore di immobile destinato ad uso diverso da quello abitativo dall'art. 39 della l. n. 392/1978 presuppone la sussistenza di un atto di trasferimento a titolo oneroso dell'immobile stesso, sicché l'eventuale giudicato di annullamento di tale atto, formatosi in pendenza dell'azione diretta all'esercizio del riscatto, nel giudizio instaurato dal locatore nei confronti dell'acquirente, produce i suoi effetti riflessi nei confronti del conduttore, precludendogli il soddisfacimento del suo diritto, salva la possibilità di quest'ultimo di tutelarsi, ricorrendone i presupposti, con l'azione di terzo revocatoria (Cass. civ., sez. III, 3 settembre 1999, n. 9294, in una fattispecie di annullamento del contratto di compravendita per incapacità naturale del venditore ex art. 428 c.c.: in particolare, l'azione di riscatto era stata promossa nel 1986, mentre la sentenza intervenuta tra il locatore ed il terzo, che aveva dichiarato la nullità della compravendita, era passata in giudicato nel 1989, quando la causa di riscatto era ancora in corso).

In pratica, la sopravvenuta sentenza di annullamento della compravendita risulta opponibile al conduttore, in quanto incide, caducandolo, sul presupposto del diritto di riscatto: invero, il giudicato, oltre ad avere una sua efficacia diretta nei confronti delle parti, degli eredi e degli aventi causa, è dotato anche di un'efficacia riflessa, nel senso che esso, come affermazione oggettiva di verità, produce conseguenze giuridiche nei confronti di soggetti rimasti estranei al processo in cui la pronuncia è stata emessa, allorquando questi siano titolari di un diritto dipendente dalla situazione definitiva di quel processo o, comunque, di un diritto subordinato a tale situazione (v., ex multis, Cass. civ., sez. III, 24 gennaio 1995, n. 792), precisando che si configura dipendenza o subordinazione del diritto, qualora, nella fattispecie costitutiva dello stesso, sia compresa l'esistenza o l'inesistenza della situazione oggetto del giudicato stesso (Cass. civ., sez. III, 10 ottobre 1991, n. 10654).

Atteso che, nella fattispecie costitutiva del diritto di riscatto ai sensi dell'art. 39, è compreso l'avvenuto trasferimento a titolo oneroso dell'immobile locato, del quale il riscatto modifica gli effetti sostituendo il riscattante all'acquirente, il giudicato che determina il venir meno di tale trasferimento, intervenuto in pendenza del giudizio di riscatto, produce effetti riflessi nei confronti del conduttore riscattante, ancorché estraneo al giudizio di annullamento, atteso che l'eliminazione dell'atto di trasferimento determina il venir meno della ragione stessa del riscatto, ossia l'eliminazione in radice del presupposto per l'esercizio del diritto di riscatto.

In proposito, si è avuto modo di statuire, riguardo all'ipotesi della simulazione dell'atto di trasferimento, che, in tema di riscatto urbano disciplinato dall'art. 39, poiché l'accertamento della sussistenza o meno di una delle condizioni previste in via alternativa per il suo esercizio dalla suddetta norma incide sul diritto del conduttore, questi subisce gli effetti riflessi della sentenza che accerti la simulazione, assoluta o relativa, dell'alienazione dell'immobile locato, ancorché pronunciata tra locatore e terzo acquirente, ferma restando la possibilità per il conduttore di proporre l'opposizione di terzo revocatoria, ove ne ricorrano gli estremi (Cass. civ., sez. III, 14 novembre 1991, n. 12168; contra, nel senso dell'inopponibilità, traendo peraltro argomento dall'art. 1415, comma 1 c.c., v., invece, Cass. civ., sez. III, 29 aprile 1992, n. 5181).

Non vale , sul punto, opporre che il riscatto si era già perfezionato, per effetto della sola dichiarazione del retrattante, contenuta nella citazione introduttiva del relativo giudizio, in epoca antecedente alla proposizione della domanda di annullamento, atteso che, nella specie, il convenuto nel giudizio di riscatto aveva manifestato la sua opposizione, sicché la sussistenza o meno dei presupposti condizionanti la fondatezza del diritto azionato era ancora sub iudice alla data di instaurazione del giudizio di annullamento del contratto, ed il riscatto non aveva, quindi, prodotto effetti, occorrendo la pronuncia del giudice, recante l'accertamento della sussistenza delle condizioni dell'azione.

Né si rivela pertinente il richiamo all'art. 2653, n. 3, c.c., atteso che tale disposizione considera l'ipotesi del patto di riscatto convenzionalmente apposto alla compravendita, laddove, nella specie, si verte in tema di riscatto legale ex art. 39 della l. n. 392/1978; ai sensi dell'art. 1445 c.c., l'annullamento, che non dipende da incapacità legale, non pregiudica i diritti acquistati a titolo oneroso dai terzi di buona fede, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di annullamento; la norma va, quindi, coordinata con l'art. 2652, n. 6, c.c., secondo il quale, nel caso di trascrizione, entro cinque anni dalla trascrizione dell'atto impugnato, della domanda volta a far pronunciare l'annullamento per una causa diversa dall'incapacità legale, la sentenza che accoglie la domanda non pregiudica i diritti acquistati a titolo oneroso dai terzi in buona fede in base ad atto trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione della domanda.

L'intangibilità della posizione dei terzi di buona fede riguarda, pertanto, soltanto i diritti acquistati a titolo oneroso con atto a sua volta trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione della domanda di annullamento, ma tale ipotesi qui non ricorre, poiché il conduttore non era titolare di un acquisto a titolo oneroso perfezionatosi anteriormente alla trascrizione della domanda di annullamento, stante che l'opposizione dell'acquirente al riscatto aveva impedito che la dichiarazione di riscatto producesse i suoi effetti di sostituzione del riscattante agli acquirenti, rendendo necessaria una sentenza favorevole al riscattante.

Né può assumere rilevanza, ai fini in esame, l'avvenuta trascrizione della domanda di riscatto anteriormente a quella della domanda di annullamento; pur volendo ritenere che la trascrizione della domanda giudiziale di riscatto legale sia consentita, in ragione dell'interpretazione estensiva dell'art. 2653, n. 1, c.c., per essere volta l'azione di riscatto all'accertamento della proprietà in capo al riscattante per effetto della sostituzione ex lege all'acquirente, occorre considerare che gli effetti della trascrizione delle domande sono esclusivamente quelli espressamente previsti dalla legge, sicchè unico effetto della trascrizione della domanda di cui trattasi è quello di attribuire efficacia alla sentenza pronunciata contro il convenuto anche contro coloro che hanno acquistato diritti dal medesimo, in base ad un atto trascritto successivamente.

Il termine a quo

Innanzitutto, si è ritenuto che l'art. 39, comma 1, della l. n. 392/1978, il quale, per il riscatto da parte del conduttore dell'immobile non abitativo venduto dal locatore, fa decorrere dalla trascrizione della vendita il termine semestrale di decadenza - e, dunque, dalla conoscenza legale dell'evento e non dalla sua conoscenza effettiva - non impone un onere eccessivamente gravoso e, perciò, non contrasta con gli artt. 3 e 24 Cost.

In proposito, il giudice delle leggi (Corte Cost. 8 maggio 1990, n. 228) ha osservato che la norma de qua è il frutto di un bilanciamento spettante al legislatore, nel senso che si è inteso contemperare il favor conductoris con l'interesse più generale della circolazione dei beni immobili, stabilendo termini di decadenza per l'esercizio del diritto di prelazione e del diritto di riscatto, rispettivamente, di sessanta giorni e di sei mesi.

Le dimensioni temporali scelte non appaiono incongrue, nel primo caso, per la decorrenza da un dato di conoscenza soggettivamente certo, quale la comunicazione notificata per ufficiale giudiziario, e, nel secondo, da un dato oggettivamente certo di pubblicità legale, quale, appunto, la trascrizione dell'atto di compravendita nei registri immobiliari.

Si potrebbe opinare che la vanificazione della durata del termine semestrale per la decadenza dal diritto di riscatto può essere impedita solo da un'assidua vigilanza, da parte del conduttore, mediante ispezioni dei registri immobiliari (prima presso la relativa Conservatoria e attualmente presso l'Agenzia del territorio) e che tale onere di visura potrebbe aggravare la sua posizione ai fini dell'esercizio del diritto di riscatto, vulnerando la garanzia costituzionale del diritto di azione, ma i giudici della Consulta - Corte Cost. 17 marzo 1988, n. 311, a proposito dell'art. 184, comma 2, c.c., il quale stabilisce che l'azione di annullamento di contratti di alienazione di beni comuni stipulati da un coniuge senza il consenso dell'altro va proposta nel termine di cinque anni dalla trascrizione - hanno, al contrario, ritenuto che “periodiche ravvicinate ispezioni dei registri immobiliari costituiscono un onere che, pur fastidioso, non può dirsi eccessivamente gravoso al punto di offendere l'art. 24 Cost.”.

Né può richiamarsi il diverso principio - affermato da Corte Cost. 18 febbraio 1988, n. 185, in relazione all'art. 80, comma 1, della l. n. 392/1978 - circa l'indispensabilità della conoscenza effettiva del termine iniziale di decorrenza, senza il quale l'azione si intende inutiliter data, perché ivi si trattava di mutamento di destinazione dell'immobile ad opera del conduttore, cioè di uno stato di fatto, per accertare il quale, “non essendo predisposti né ipotizzabili strumenti di conoscenza legale, non poteva non esigersi la conoscenza soggettiva del locatore” (così Corte Cost. n. 228/1990, cit.).

Nel caso di specie, far decorrere il termine semestrale di decadenza del diritto di riscatto dall'effettiva conoscenza del conduttore dell'avvenuta compravendita a lui non denunciata o, se denunciata, con indicazione di prezzo maggiorato che lo ha distolto dall'esercitare il diritto di prelazione, significherebbe spingere il favor conductoris fino a creare incertezza ed intralcio al traffico commerciale degli immobili, restando il terzo acquirente permanentemente esposto per un tempo indeterminato all'esercizio del diritto di riscatto del conduttore; d'altra parte, imporre al terzo acquirente un onere di comunicazione verso il conduttore, a supplenza della mancata denuntiatio del locatore-venditore, postulerebbe un vizio del trasferimento qualora esso non fosse adempiuto.

Fugati i dubbi di costituzionalità della norma de qua, va sottolineato che, in tema di vendita a terzi dell'immobile locato, nel caso che il proprietario-locatore non abbia provveduto a comunicare al conduttore la propria intenzione di vendere l'immobile, indicando il relativo prezzo, come prescritto dall'art. 38 della l. n. 392/1978, il successivo art. 39 prevede che il conduttore debba, a pena di decadenza, esercitare il diritto di riscatto entro sei mesi dalla trascrizione del contratto di vendita dell'immobile a terzi.

Ad avviso di alcuni, trattandosi di un termine di decadenza, non possono valere ad interrompere il decorso del relativo periodo le cause che danno luogo alla sospensione della prescrizione, neppure qualora sussista un fraudolento accordo tra locatore ed acquirente, dal che può solo derivare l'obbligo di questi ultimi, se sussistono i presupposti, di risarcire il danno.

In tal senso, si è precisato - v., altresì, Cass. civ., sez. III, 22 aprile 1999, n. 3985; Cass. civ., sez. III, 3 aprile 1993, n. 4039; Cass. civ., sez. III, 14 gennaio 1984, n. 310, in relazione all'analoga disposizione di cui all'art. 8 della l. n. 590/1965 in materia di retratto agrario - che l'effetto preclusivo del diritto di riscatto del conduttore a seguito del decorso del termine di decadenza è assoluto e prescinde da ogni considerazione dei motivi, per i quali il conduttore non sia venuto tempestivamente a conoscenza della trascrizione della vendita e non abbia, quindi, potuto evitare, senza colpa, la decadenza, e ciò anche se la suddetta ignoranza del conduttore trovi giustificazione in un comportamento fraudolento del proprietario.

La ratio di tale disciplina, così rigorosa per quanto riguarda la tempestività dell'esercizio di riscatto, appare evidente, considerando che il legislatore, stabilendo un termine, peraltro non incongruo, di decadenza, ancorato al fatto obiettivo della trascrizione della vendita dell'immobile locato, e prescindendo dall'ignoranza anche incolpevole di tale trascrizione da parte del conduttore, ha inteso soddisfare l'esigenza di una rapida definizione delle situazioni connesse all'esercizio del diritto di riscatto, nel quadro di un'equilibrata tutela degli interessi del conduttore, favorito con la predisposizione degli strumenti idonei a fargli conseguire la proprietà della cosa locata, e del locatore che, per effetto di tale predisposizione, vede in qualche modo limitata la facoltà di disporre liberamente di essa.

Ultroneo potrebbe rivelarsi - a giudizio di Cass. civ., sez. III, 19 agosto 1989, n. 3734 - il richiamo alle norme del codice civile in materia di prescrizione (artt. 2935 e 2941, n. 8, c.c.), atteso che, ai sensi dell'art. 2966 c.c., la decadenza non è impedita da una non colpevole ignoranza del fatto, a cui è ricollegato l'inizio del termine di decadenza, ma solo dal compimento dell'atto che va posto in essere nel suddetto termine.

Il termine semestrale per l'esercizio del diritto di riscatto è destinato ineluttabilmente a spirare anche nel caso in cui l'azione di riscatto richieda l'esperimento di altra azione, come quella di simulazione del prezzo risultante dall'atto di trasferimento.

Un identico problema era stato già affrontato dalla giurisprudenza di vertice - Cass. civ., sez. III, 11 novembre 1988, n. 6089; Cass. civ., sez. III, 15 luglio 1982, n. 4155 - in tema di applicazione dell'art. 8 della l. n. 590/1965, nella materia della prelazione agraria, dove si era pervenuti alla conclusione che la tutela concessa dal legislatore all'affittuario del fondo rustico, al quale il comportamento del concedente abbia impedito di concretamente avvalersi del diritto di prelazione, consiste fondamentalmente nell'esercizio del diritto di riscatto, mentre le altre azioni (di nullità, dichiarazione di inefficacia, simulazione) sono dal coltivatore esperibili in quanto funzionalmente collegate ad un contemporaneo esercizio dell'azione di riscatto, sicché il termine perentorio di un anno dalla trascrizione del contratto previsto per tale azione non può ritenersi spostato, nell'inizio del suo decorso, dal previo esperimento di una delle altre azioni.

È stato conseguenzialmente affermato (Cass. civ., sez. III, 18 luglio 1981, n. 4669) che il conduttore, il quale non abbia validamente esercitato il diritto di riscatto, difetta di interesse alla declaratoria della simulazione del contratto di compravendita; d'altronde, l'art. 39 della l. n. 392/1978 riprende la formulazione del comma 5 dell'art. 8 della l. n. 590/1965, che pure non contiene l'espressa previsione del caso della simulazione.

Né può sostenersi che il locatore, il quale non adempie all'obbligazione di comunicare al conduttore le effettive condizioni della vendita programmata, sì da impedirgli di esercitare il diritto di prelazione, è tenuto a risarcire al conduttore il danno che gliene sia derivato, da cui si evincerebbe l'interesse ad agire per l'accertamento della simulazione relativa, ancorché sia mancato l'esercizio del diritto di prelazione nella forma del riscatto.

Invero, l'art. 1415, comma 2, c.c. dispone che i terzi possono far valere la simulazione in confronto delle parti, quando essa pregiudica i loro diritti; l'interesse che, secondo la norma, consente ai terzi di agire per far accertare la simulazione, è nel pregiudizio che il negozio simulato può determinare in rapporto all'esercizio di un diritto dei terzi, pregiudizio che l'accertamento della simulazione è in grado di rimuovere o impedire; ne deriva che il terzo, per dimostrare l'esistenza di un interesse ad agire per l'accertamento della simulazione, deve allegare quale sia il proprio diritto ed il pregiudizio cui è esposto.

Non è questa, però, la situazione sopra delineata: l'assunto su cui si basa la suddetta obiezione non è che l'accertamento della simulazione valga ad elidere o impedire il pregiudizio al diritto del ricorrente, suscettibile di essere poi esplicato senza incontrare ostacolo nel negozio simulato, bensì che la simulazione abbia provocato al conduttore un danno e che, in questo giudizio, possa esser intanto accertato il fatto della simulazione, mentre in un successivo giudizio potrà esser accertato che dalla simulazione è derivato un danno.

Tuttavia, “una siffatta scissione non è ammissibile, in quando il conduttore avrebbe dovuto agire proponendo una domanda di risarcimento del danno e che, in funzione di tale domanda, avrebbe potuto chiedere l'accertamento della simulazione del prezzo, dedotto come fatto, nel caso, illecito” (così Cass. 17 luglio 1991, n. 7947, aggiungendo, comunque, che l'esperimento, da parte del conduttore, dell'azione di accertamento della simulazione del prezzo di vendita dell'immobile ad un terzo non comporta lo spostamento del termine per l'esercizio del riscatto).

In quest'ottica, una pronuncia di merito (Trib. Milano 6 giugno 1994) ha ritenuto che il termine per l'esercizio dell'azione di riscatto decorre dalla trascrizione dell'atto di trasferimento anche qualora il conduttore di un immobile ad uso commerciale ritenga leso il suo diritto di prelazione in seguito alla vendita a terzi dell'intero stabile, in cui l'immobile è sito, ad una pluralità di acquirenti in comproprietà indivisa, assumendo il carattere simulato della vendita in blocco, a nulla rilevando il successivo atto di divisione, con cui gli acquirenti abbiano proceduto ad assegnarsi le varie unità immobiliari dell'edificio in ragione delle rispettive quote di proprietà ideale.

Il termine ad quem

Il diritto di riscatto previsto dall'art. 39 l. n. 392/1978 può essere fatto valere - secondo la giurisprudenza (v., tra le altre, Cass. civ., sez. III, 22 aprile 1999, n. 3985; Cass. civ., sez. III, 3 aprile 1993, n. 4039) - non soltanto per via giudiziale, ossia con la citazione in giudizio, ma anche al di fuori del processo, con atto stragiudiziale ricevuto dall'acquirente entro sei mesi dalla trascrizione della compravendita, con il quale il conduttore comunichi per iscritto la volontà di riscattare l'immobile locato.

Da ciò discende che il termine semestrale per l'esercizio del diritto di riscatto non è assoggettato alla sospensione dei termini feriali: in proposito, si è ritenuta manifestamente infondata l'eccezione di legittimità costituzionale dell'art. 1 della l. n. 742/1969, nella parte in cui non contempla fra i termini soggetti a sospensione nel periodo feriale quello - comunque di natura sostanziale - di sei mesi previsto per l'esercizio del diritto di riscatto di cui innanzi, in riferimento all'art. 24 Cost. (Cass. civ., sez. III, 19 maggio 2010, n. 12280; Cass. civ., sez. III, 17 novembre 1988, n. 6222).

L'atto di esercizio del diritto di riscatto ha natura ricettizia e, dunque, deve essere portato a conoscenza del retrattato entro il previsto semestre dalla trascrizione della compravendita, sicché, ove la dichiarazione di riscatto sia contenuta nell'atto introduttivo del giudizio finalizzato a far valere il relativo diritto, non è sufficiente il mero deposito del ricorso nel termine semestrale, occorrendo che l'atto venga anche notificato al compratore, non trovando applicazione, nella specie, il principio di scissione degli effetti della notificazione per il notificante e per il destinatario (Cass. civ., sez. III, 20 luglio 2016, n. 14833).

In conclusione

Pertanto, qualora il retraente opti per l'esercizio del diritto di riscatto per via giudiziale, occorre che l'atto introduttivo del giudizio sia notificato al retrattato, sicchè, nell'ipotesi di adozione della forma del ricorso ex art. 447-bis c.p.c., il ricorrente non può dolersi che il giudice non abbia provveduto alla fissazione dell'udienza di discussione entro il termine di cinque giorni di cui all'art. 415 c.p.c., precludendo così la possibilità di tempestiva notifica: invero, poiché, ai sensi dell'art. 39 - a differenza di quanto previsto dal successivo art. 79, comma 2 - la decadenza non è impedita esclusivamente ed unicamente da un'azione proponibile fino a sei mesi dalla trascrizione del contratto, essendo, invece, richiesta, a tal fine, una dichiarazione negoziale recettizia che non necessariamente deve essere posta in essere con un'azione giudiziale e che deve, quindi, essere comunicata all'acquirente entro il predetto termine semestrale, qualora il conduttore, anziché comunicare con qualsiasi atto scritto all'acquirente la dichiarazione di riscatto, opti per un'azione giudiziaria, lo stesso non può sostenere di non aver potuto rispettare il termine predetto per il suddetto fatto a lui non imputabile, atteso che, in tal caso, il mancato rispetto del termine è stato determinato dal fatto dello stesso conduttore che, nella sua autonomia, ha ritenuto di avvalersi, nell'esercizio della facoltà di riscatto, di uno strumento risultato, in concreto, “non idoneo a garantire la conoscenza da parte dell'acquirente dell'atto negoziale recettizio di riscatto entro il termine di legge” (così Cass. civ., sez. III, 8 novembre 2007, n. 23301).

Sempre nel caso in cui il retraente eserciti il diritto di riscatto per via giudiziale, occorre che il difensore sia munito di apposita procura, se l'atto non è sottoscritto anche dalla parte personalmente: invero, il riscatto di cui all'art. 39, integrando un diritto potestativo, si esercita tramite una dichiarazione unilaterale recettizia di carattere negoziale, attraverso la quale si determina autoritativamente ex lege l'acquisto dell'immobile a favore del retraente, e tale dichiarazione può essere effettuata anche con l'atto di citazione diretto a far valere il diritto di riscatto; in quest'ultima ipotesi, in particolare, la procura speciale ad litem, conferita al difensore per promuovere il relativo giudizio, non gli conferisce anche la legittimazione sostanziale per effettuare, in rappresentanza del titolare del diritto, la dichiarazione unilaterale recettizia di retratto, salvo che tale procura sia redatta in calce o a margine dell'atto di citazione, nel cui testo sia contenuta la dichiarazione di riscattare l'immobile, in quanto la parte, con la sottoscrizione della procura, fa proprio il suddetto contenuto (Cass. civ., sez. III, 27 settembre 2006, n. 20948; cui adde Cass. civ., sez. III, 17 luglio 1996, n. 6465, secondo cui la dichiarazione di voler riscattare l'immobile locato ex art. 39 è valida ed efficace anche se contenuta nella citazione sottoscritta dal solo procuratore ad litem, cui sia stata conferita la procura a margine della citazione stessa, poiché, per effetto di tale procura, l'atto introduttivo del giudizio è direttamente riferibile alla parte, anche laddove contiene una manifestazione di volontà negoziale).

Invero, il fatto che tale dichiarazione possa effettuarsi anche con l'atto con cui si introduce il giudizio diretto a far valere il diritto di riscatto non induce a ritenere che, in quest'ultima evenienza, non sia necessaria l'osservanza dell'onere di comunicare alla controparte la dichiarazione de qua entro il termine di sei mesi dalla trascrizione del contratto; del resto, se in caso di riscatto esercitato mediante l'atto introduttivo di un giudizio, la circostanza non esclude che la volontà di voler esercitare il retratto provenga dallo stesso retraente o da un suo procuratore ad negotia, analogamente deve affermarsi che un tale atto è idoneo a produrre i suoi effetti e, in particolare, ad impedire la decadenza prevista dall'art. 39, solo nell'eventualità che sia portato a conoscenza del retrattato entro il termine di legge, senza che rilevi che il giudice adito, che, palesemente, non può identificarsi con il retrattato, abbia avuto conoscenza dell'atto sin dal momento in cui lo stesso è stato posto nella sua disponibilità, ad esempio, mediante il deposito in cancelleria ex art. 415 c.p.c.

Riferimenti

Ballerini, Violazione della prelazione urbana e diritto di riscatto: trascrizione della domanda ex art. 2652, n. 3, c.c., e decorrenza del termine per il retratto, in Nuova giur. civ. comm., 2010, I, 166;

Izzo, La natura negoziale della comunicazione di riscatto e il perfezionamento della decadenza, in Giust. civ., 2008, I, 660;

De Tilla, Diritto di prelazione e simulazione del prezzo, in Riv. giur. edil., 2003, I, 120;

Groppi, Simulazione dell'alienazione e diritto di riscatto, in Arch. loc. e cond., 1992, 278

Confessore, Trascrizione e termine di decadenza per l'esercizio del diritto di riscatto, in Giur. cost., 1990, 1428;

Padovini, Decorrenza del termine per l'esercizio del riscatto da parte del conduttore (di immobile adibito ad uso non abitativo) e pubblicità dell'atto di trasferimento, in Giur. cost., 1990, 3325;

Carusi, La natura del riscatto urbano ex art. 39 l. 392 del 1978 e il termine per il suo esercizio, in Riv. dir. civ., 1990, II, 291;

Spagnuolo, Decorrenza del termine per la tutela dell'esercizio del diritto di riscatto, in Rass. equo canone, 1990, 75;

Triola, Questioni in tema di termini per l'esercizio del riscatto nella prelazione urbana, in Vita notar., 1989, 70;

Criscuolo, Esercizio del retratto ex art. 39 l. 27 luglio 1978, n. 392 e sistema pubblicitario tavolare, in Rass. dir. civ., 1988, 969.

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